Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 27

APOCALISSE
Ventisettesima Lettura

L'Apocalisse dopo aver descritto i lamenti innalzati sulla terra dai re, dai mercanti e dai naviganti, a causa della caduta di Babilonia, la città del male, ora si descrivono i canti di festa che si spiegano in cielo. Anche altre visioni vengono descritte (cfr. cap. 20).

Lettura
Ap 20
1E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. 2Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; 3lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo. 4Poi vidi alcuni troni - a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare - e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; 5gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. 6Beati e santi quelli che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni. 7Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere 8e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magòg, e radunarle per la guerra: il loro numero è come la sabbia del mare. 9Salirono fino alla superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. 10E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.
11E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. 12E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. 13Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. 14Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. 15E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.

Commento
Come nella seconda parte del capitolo 19, anche nel ventesimo sono presentate delle visioni e precisamente tre, introdotte dal verbo "vedere": vv. 1. 4. 11. Queste visioni dobbiamo leggerle bene perché nel corso dei secoli hanno attirato molta attenzione con la cifra dei "mille anni". Nacque da questa indicazione la tesi del "millenarismo"[1] . Abbiamo davanti a noi un trittico ed il primo si apre con un angelo che ha in mano "la chiave dell'abisso". Questo simbolo rimanda al potere sull'area infernale (cfr. 1,18 e 9,1; Mt 16,18 "le chiavi del regno dei cieli"). Solo Cristo, attraverso il suo angelo, può disporre della città dell'Abisso, cioè del luogo del castigo. Il male pur essendo ancora vivo e terribile è però incatenato. È questo un messaggio di fiducia e speranza rivolto alla chiesa. Il fatto che il male sia lasciato libero forse allude alla passione e morte di Cristo e dei Cristiani. Con la presenza di Dio e di Cristo accanto a noi è possibile non temere più il male, anche quando apparentemente imperversa. Le sue armi non sono invincibili ma spuntate, la sua forza è reale ma incatenata e bloccata. Nella seconda visione si presenta una specie di corte celeste che forse viene ripresa da Dn 7. Al regno e al giudizio partecipano i testimoni di Gesù e della Parola, i martiri che non si sono piegati alla Bestia. Essi hanno perso la vita per ottenerla in pienezza (cfr. Mc 8,35). Si parla poi di "prima risurrezione". Con questa espressione si intende lo stato dei credenti che hanno già ricevuto il premio eterno e sono in attesa del giudizio definitivo. Loro continueranno a vivere in Cristo e gli altri subiranno la seconda morte. Forse si può anche intendere che i cristiani, prima che si concluda la vicenda umana, partecipano come sacerdoti alla gloriosa liturgia celeste, nel consesso della corte divina. Alla conclusione del tempo simbolico dei mille anni, il tempo della storia della salvezza, si ha lo scontro finale tra bene e male. Esso sfocia nel giudizio ultimo. Già si è parlato di ciò in 19,11 ma l'autore non fa un racconto consequenziale ma procede ad immagini che ritornano continuamente su se stesse. Terminato il millennio simbolico Satana sarà liberato dalla prigione in cui Cristo l'aveva rinchiuso e scatena il suo ultimo assalto (v. 7). Raduna da tutta la terra i suoi seguaci pronti a schierarsi con lui e li chiama con una coppia di nomi presi a Ezechiele: Gog e Magog (cfr. Ez 38-39). Che significato abbiano questi nomi è incerto, sicuramente incarnano le potenze storiche nemiche del popolo di Dio. Il male ha un numero di adepti sterminato e puntano sull'"accampamento dei santi". Vi è una allusione a Israele pellegrino nel deserto e alla Gerusalemme dei giusti: la città amata. Questa azione dei malvagi è ostacolata da un intervento del cielo che col fuoco li distrugge e confina il diavolo, la bestia ed il falso profeta (il potere ingiusto, il peccato e la devianza religiosa) nell'area infernale. Il male quindi soccombe e per lui non c'è via di scampo. Si passa ora al giudizio finale vero e proprio descritto nell'ultimo quadro. È l'ultimo atto che avviene nella storia che inaugura l'eternità. È Dio che giudica in base a quanto è scritto nei libri celesti, sui quali sono registrate le azioni ed i segreti di tutti gli uomini. Dio ribalterà tutte le falsità umane, le ipocrisie e giudicherà con rettitudine ogni persona. Dio è indicato dal trono bianco su cui egli siede. Tutta l'umanità passa davanti a Dio per essere giudicata secondo le opere compiute. Si parla ancora anche del libro della vita, dove saranno registrati i salvati. I morti che devono essere giudicati provengono da tre ambiti diversi: il mare, la morte e gli inferi. Il mare è simbolo del caos e del dominio del male; la morte rappresenta la realtà che tutto divora; gli inferi (lo sheol) indica la realtà dove sono i morti in attesa del giudizio, Ade per i greci. Chi non è scritto nel libro della vita è destinato allo "stagno di fuoco". È una raffigurazione simbolica per raffigurare l'allontanamento definitivo da Dio, la "seconda morte".
- Che idea abbiamo di Dio? È un distruttore che penalizza o è amore che salva?
- Il male è stato vinto per sempre però occorre vigilare per non esserne condizionati.
- Il mondo è stato bonificato dal male, però è necessario che sia continuamente rinnovato.

[1] Già nel mondo giudaico alcune tradizioni religiose apocalittiche ritenevano che dopo settemila anni del mondo ci sarebbe stato l'avvento del Messia con un regno da lui fondato. Questo regno era spesso indicato con un periodo di mille anni. Nei primi secoli del cristianesimo molti pensavano che l'Apocalisse proponesse, prima della venuta definitiva del Regno di Dio, un tempo del Messia di mille anni. Questa teoria dei mille anni del Messia, prima della fine della storia, fu condannata dal Concilio di Efeso del 431, ma non si spense ed emerse con alcuni movimenti radicali del Medioevo ed è presente anche ai nostri giorni nei gruppi religiosi e nelle sette apocalittico-fondamentalistiche. I Padri della Chiesa in particolare Origene ed Agostino proposero fondamentalmente una interpretazione simbolica del millennio, cioè i mille anni sono un simbolo di una fine che ci sarà ma non si sa quando. Sostanzialmente si possono individuare due interpretazioni. La prima vede in questi mille anni, che accompagnano la prima vittoria sulla bestia, l'antica Alleanza, cioè la storia della salvezza rappresentata dall'Antico Testamento, alla quale poi subentra la piena vittoria di Cristo, che ha il suo culmine nella nuova Gerusalemme. L'altra interpretazione vede in questi mille anni la definizione simbolica del tempo della chiesa, che va dalla Pasqua di Cristo alla pienezza finale. In questo arco il male non è annientato, ma è incatenato e lo si vince con la lotta quotidiana della comunità dei giusti che è unita a Cristo.