Lectio divina sul Libro di Qoelet - 2

2 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

1, 12Io, Qoèlet, fui re d'Israele a Gerusalemme. 13Mi sono proposto di ricercare ed esplorare con saggezza tutto ciò che si fa (è stato fatto) sotto il cielo. Questa è un'occupazione gravosa (brutta) che Dio ha dato agli uomini, perché vi si affatichino. 14Ho visto tutte le opere che si fanno sotto il sole, ed ecco: tutto è vanità e un correre dietro al vento.
15Ciò che è storto non si può raddrizzare
e quel che manca non si può contare.

16Pensavo e dicevo fra me: "Ecco, io sono cresciuto e avanzato in sapienza più di quanti regnarono prima di me a Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza". 17Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho capito che anche questo è un correre dietro al vento. 18Infatti:
molta sapienza, molto affanno;
chi accresce il sapere aumenta il dolore.

v. 12 Qoelet, che si definisce re d'Israele (è stato e lo è ancora?) e la tradizione lo ha identificato con Salomone, parla con la saggezza che gli deriva dall'aver già percorso il cammino dell'esperienza, senza la quale, per lui, non c'è alcuna conoscenza. "Fui re" nel senso non dopo la vita, ma dopo l'esperienza fatta.

v. 13 Qoelet insiste che egli ha indagato sul reale in modo personale con la sapienza-saggezza. Questo atteggiamento di Qoelet rivela il legame dell'autore con la mentalità greca di ricerca e di studio della realtà. Che cosa è la sapienza? È una facoltà umana attraverso la quale si compie un'indagine, una ricerca di qualsiasi tipo. Essa sembra anche indicare tutte le facoltà umane intellettive che corrispondono alla nostra "ragione", ma con un'area semantica più grande perché include anche la capacità di destreggiarsi nella vita e fare le scelte giuste (discernimento?). Egli quindi si è interessato di tutto ciò che avviene sotto il cielo. "Ciò che è stato fatto" rimanda a Dio creatore.
"E' una occupazione gravosa (brutta)" ricercare perché (cfr. v.17) la presa di coscienza del reale non serve ad aumentare la gioia, ma il dolore. La facoltà di conoscere è attribuita a Dio. Quindi Dio ha creato l'uomo e la donna "per conoscere", ma questo non è una gioia ma un dolore. Qui emerge subito un primo elemento dell'idea di Dio di Qoelet: è il creatore. Egli dona la sapienza perché le persone se ne occupino (gravosa?) con la ricerca. Tutta l'opera dell'uomo si esercita su ciò che Dio ha creato, perché l'uomo deve curarsene per tutta la vita. L'opera dell'uomo si esercita sull'opera di Dio e la presuppone. Dio e l'uomo sono all'opera nel mondo. La loro attività si incrociano, si incontrano e si scontrano. Spesso Qoelet ritorna su questo tema.

v. 14 La ricerca di Qoelet e la sua esperienza lo portano a concludere che tutto è vanità e tutto è un lavoro senza senso.

v. 15 Vengono ora elencati degli elementi che in natura si trovano storti e che l'uomo non può raddrizzare o delle carenze che non si possono colmare. Le leggi della natura sono immodificabili anche se per l'uomo sono gravi da sopportare. "Non si può contare" nel senso che non tutto ciò che esiste può essere sperimentato e conosciuto. Di conseguenza la possibilità di sperimentare ha un limite e quindi anche la conoscenza è limitata.

v. 16-18 L'autore esterna delle sue riflessioni elaborate. Inizia constatando che il suo impegno l'ha reso superiore ai suoi predecessori e la sua mente ha guadagnato in sapienza e scienza. Era l'obiettivo del saggio conoscere tutti gli aspetti della realtà. Questa era la sapienza tradizionale che includeva anche la scienza cioè ricercare l'opera di Dio nella creazione per raggiungere la sapienza. Egli però vuole andare oltre e sperimentare ed indagare anche ciò che era considerato pericoloso e cioè stolto e folle. Che cosa era stolto e folle? Acquistare case, vigne, ville, giardini, servi e serve, tutto ciò che era desiderabile e non rinunciare a nulla. Infatti "chi è veloce a diventare ricco non sarà senza colpa" dice Proverbi 28,20. Tutto questo esercizio è molto stressante e al limite delle capacità umane. Il saggio cerca di mettere distanza dalla sapienza e dalla stoltezza ma anche questo è vanità. La tensione degli opposti tenuti insieme, senza rifiutare l'uno o l'altro è un lavoro pesante e inutile. La conclusione però sembra amara in quanto il risultato della sua ricerca l'ha portato a concludere che sperimentare e ricercare è una occupazione assurda. Infatti "dove c'è molta sapienza c'è molta tristezza (affanno) e aumentando la scienza si aumenta il dolore". Il pensiero comune ritiene che aumentando l'impegno e lo sforzo di conoscere ci sia un guadagno. Invece diminuisce la gioia anche spiritualmente e questo è assurdo. Qui resta non chiarito in che cosa consista il dolore. Esso probabilmente è da identificarsi nella conseguenza immediata della presa di coscienza del reale che si rivela assurdo e vano: tanto più l'uomo è sapiente, e più sa che il mondo è cosa vana, senza nessuna utilità o guadagno possibile per l'uomo. È la sofferenza che deriva dal tenere insieme le cose, dal fallimento di questa operazione e dalla inutilità di tutto questo.

- Ritorna l'affermazione che la conoscenza vera arriva dopo l'esperienza
- Tutto ciò che esiste rimanda a Dio e l'uomo deve scoprire le sue leggi
- Il lavoro è impegnativo, stressante e a volte senza risultati
- Non si raggiunge nessun obiettivo senza impegno e dolore

La vita
Cerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?