Durante l'ultimo incontro abbiamo analizzato in dettaglio le domande guida per un inizio di riflessione. Presentiamo ora una sintesi di tutto quanto emerso trattando le attività essenziali necessarie per la nostra unità pastorale e una soluzione al possibile problema futuro dell'insufficienza numerica dei sacerdoti per svolgere nella loro totalità le loro mansioni.
Abbiamo delineato per quanto riguarda il ruolo dei sacerdoti una DUPLICE INDISPENSABILE PRESENZA: la prima riguarda tutte quelle attività che contraddistingue il MINISTERO LITURGICO. In primo luogo la celebrazione della messa, la quale dovrebbe ampliare sempre più il suo raggio d'azione; ciò sarà possibile se verrà estesa alle periferie della nostra unità pastorale, sia geografiche che digitali. In secondo luogo, il vostro ministero tra noi laici è figura di riferimento per i laici stessi.
Ecco le principali attività: ascolto, catechesi (in modo particolare dei genitori) e modelli di fede e maestri di vita per tutte le età e in tutte le attività della parrocchia. In previsione di una possibile carenza di sacerdoti, ci sentiamo prima di tutto di riporre questa drammatica eventuale mancanza nelle mani del Signore, anche tramite momenti di preghiera dedicati. Nella nostra inutilità, ci sentiamo per adesso di formare i laici per poter poi, in un momento futuro se si presenterà questa eventualità, di contare su persone che possano sostituirvi nei compiti che non competono esclusivamente al vostro ruolo.
Trattiamo nel dettaglio i punti principali di quanto riassunto. Pensiamo che le messe, le cerimonie e manifestazioni principali siano da allargare ai confini della nostra unità pastorale. In secondo luogo, l'accoglienza dei bambini dei giovani e adolescenti, in modo particolare nel periodo estivo, sia un concetto imprescindibile. La figura del sacerdote in questo compito può aiutare ragazzi e animatori ad impostare la riflessione e a dare l'esempio di fede. In aggiunta, il centro liturgico dovrà essere ben organizzato: bisognerebbe che un sacerdote sia sempre presente a dirigere spiritualmente i laici, in vista anche di un maggiore impegno di questi ultimi nella vita attiva della parrocchia.
Per far ciò sarà necessario un'attività di formazione che possa avere come obiettivo l'interiorizzazione dei capisaldi diocesani. In aggiunta, c'è il pericolo di una genericità d'affermazione. Essa consiste nel rischio di concetti astratti che poi non si traducono in qualcosa di più concreto. Una seconda difficoltà è la mancanza di una visione d'insieme dei laici.
Per far ciò bisogna rompere gli schemi precostituiti per la maggiore coinvolgimento di tutti. E' altresì indispensabile un collegamento attivo con le altre parrocchie ed enti esterni (come centro anziani o RSA) con fatti concreti. Oppure strutture già presenti sul territori come la "Casa della Rosa".
Inoltre bisognerebbe puntare sulla valorizzazione delle famiglie, nuclei essenziali della comunità. E' imprescindibile saper essere punto di riferimento sulle tematiche attuali della società, altrimenti i primi ai quali andrebbe a discapito sarebbero i giovani. Per incentivare la partecipazione dovrebbero essere fatte attività, ad esempio, per i giovani crediti formativi scolastici. In più, il creato è un tema che oltre ad essere già stato trattato dal papa, è un argomento che coinvolge tutti noi nel futuro.
Nel susseguirsi dei parroci non c'è mai stata continuità. Nell'ultimo periodo si sente poco l'azione pastorale soprattutto in linea coi problemi dati dal Covid.
VERBALE RIUNIONE SOLAROLO 6 gennaio '21
Punti emersi durante l'incontro:
1. Si rileva l'esigenza di rinnovare alcune attività pastorali che in questi ultimi anni hanno evidenziato diverse criticità: Catechismo, Coro, Gruppo ministranti, Gruppo Giovani. Quest'ultimo è praticamente assente ormai da diverso tempo, gli altri registrano una buona partecipazione, ma sarebbe opportuno istituzionalizzare le attività che rischiano di procedere grazie alla buona volontà di chi si mette in gioco, con il rischio di esaurirsi come è accaduto per il Gruppo Giovani.
2. Emerge il desiderio di un maggiore coinvolgimento della comunità nelle scelte liturgiche e pastorali, anche mediante una relazione più diretta e capillare fra sacerdoti e famiglie, che potrebbe far scaturire direttamente bisogni e potenzialità nell'ottica della condivisione.
3. L'ipotesi, assai probabile, di una ulteriore riduzione dei preti nell'Unità Pastorale e il calo demografico della nostra comunità ci inducono a chiedere, per il futuro (remoto!), solamente la celebrazione eucaristica festiva. Tuttavia rimane forte il desiderio di un rapporto personale fra sacerdote e famiglie; una conoscenza reciproca più ampia dell'attuale che perlopiù si limita alle persone che svolgono qualche servizio in parrocchia.
Oltre a questi punti condivisi dalla riunione sono scaturiti alcuni spunti che potrebbero costituire uno stimolo di riflessione:
• Opportunità di collegarsi a gruppi diocesani (ad esempio Azione cattolica o altri) per la realizzazione di alcune esperienze forti: campo estivo, ritiro spirituale,...
• Necessità di spostarsi a Goito per alcune attività e nello stesso tempo difficoltà logistiche oltre a resistenze psicologiche (campanilismo...)
• Più occasioni di preghiera comunitaria che ha valore e forza indipendentemente dalla partecipazione numerica.
Alberto, Arianna, Vittorio.
1)Considerando nel concreto la storia e il presente della tua comunità parrocchiale, cosa in essa ritieni essenziale e quali scelte pastorali potrebbero essere fatte per promuovere l'annuncio del Vangelo e la vita della comunità?
- La parrocchia di Vasto da oltre 30 anni non è più guidata da un parroco residente, i parroci che successivamente sono stati incaricati di amministrare la parrocchia hanno accompagnato la comunità ad organizzare le varie attività parrocchiali sollecitando e favorendo l'impegno concreto dei fedeli nella gestione pastorale e amministrativa della parrocchia.
L'appartenere a un ambito sovra parrocchiale ha certamente contribuito a valorizzare l'importanza delle attività organizzate in comunione con le altre comunità che costituiscono la U.P.
Riteniamo che siano importanti gli incontri di catechesi con gli adulti per approfondire anche la conoscenza dei documenti che la chiesa, tramite il Papa e i Vescovi, propone all'attenzione dei fedeli.
Conoscere il messaggio e lo spirito dei sopra citati documenti può sicuramente contribuire a formare fedeli in grado di rapportarsi meglio e attivamente con le realtà sociali, in continua evoluzione, nelle quali ogni cittadino è inserito
2) Ipotizzando nei prossimi anni una riduzione dei preti nell'Unità Pastorale, cosa ritieni giusto, opportuno e ragionevole chiedere al loro ministero per il bene dell'Unità Pastorale?
- Delegare quanto più possibile le attività che possono essere svolte da altre figure impegnate nell'attività della U.P., e tenere presente, come momento di partecipazione comunitaria, l'importanza della celebrazione della S. Messa nei giorni festivi in tutte le parrocchie.
RIFLESSIONE DEI MEMBRI DEL CONSIGLIO DI UNITA' PASTORALE DI CERLONGORIFLESSIONE DEI MEMBRI DEL CONSIGLIO DI UNITA' PASTORALE DI CERLONGO
Questa riflessione nasce oltre che da un confronto tra noi membri del CUP anche e soprattutto dall'ascolto di aspettative, desideri, emozioni e pensieri dei membri della parrocchia che in questa fase particolare della nostra vita comunitaria si è riscoperta sensibile e attratta dal messaggio del Vangelo.
Riteniamo che un'analisi della storia pastorale della nostra comunità sia necessaria per comprendere meglio la situazione attuale e per fare le scelte pastorali che riguarderanno il nostro futuro.
La storia della parrocchia di Cerlongo è caratterizzata da un periodo in cui vi era un parroco residente che ben conosceva la realtà di questa vivace comunità e che indirizzava le scelte dei diversi gruppi laici nella vita della parrocchia.
Con l'istituzione dell'Unità Pastorale, "subita" ma non compresa fino in fondo dai fedeli sono emerse delle criticità che perdurano sino ad oggi.
• L'avvicendarsi dei sacerdoti nel corso degli ultimi dieci anni ha creato disorientamento nella comunità che ha visto i gruppi che animavano i diversi ambiti della vita parrocchiale impegnarsi a prestare il proprio servizio cercando di modulare l' attività nella costante ricerca di un equilibrio tra l'indirizzo del nuovo sacerdote e l'esigenza reale della parrocchia. Le iniziative e le proposte di questi anni, appaiono ad una riflessione posteriore come tanti tentativi isolati e frammentati, lasciati alla buona volontà delle persone attive, di mantenere vive le proposte pastorali ma purtroppo privi di un orientamento chiaro e definito e caratterizzato dalla totale assenza di un momento di analisi organica.
• Questo forte disorientamento ha fatto emergere nella realtà concreta due punti deboli: da una parte un irrigidimento dei gruppi nel tentativo di preservare il lavoro fatto, con la conseguenza di isolarsi e non rendersi più aperti e accessibili alla comunità e dall'altra in un progressivo scoraggiamento e demotivazione per cui alcune proposte vive in quegli anni si sono raffreddate e hanno perso di vivacità.
• Chi ha guidato in questi anni l'Unità Pastorale ha attivato tutte le modalità necessarie per creare un dialogo e uno scambio continuo tra le varie parrocchie, tuttavia nella nostra comunità è stata avvertita con sofferenza la centralità della Parrocchia di Goito come luogo primario sia nella presa delle decisioni sia nell'offerta delle proposte pastorali. Tale disagio si è manifestatone l concreto in una partecipazione debole e discontinua alle diverse iniziative proposte presso la sede della parrocchia di Goito.
Ci siamo resi conto di queste criticità proprio nel momento in cui, negli ultimi tempi, abbiamo avuto a Cerlongo la presenza stabile di un sacerdote a cui ci siamo sforzati di far comprendere la nostra identità e questo ci ha messi nelle condizioni di riflettere su noi stessi riscoprendo le nostre peculiarità e i nostri limiti.
In questi ultimi tempi, nonostante le difficoltà legate alla pandemia, è visibile una rinascita dell'interesse da parte della comunità alle proposte pastorali suggerite dal sacerdote referente e accolte con entusiasmo dai laici attivi in parrocchia. La presenza di un sacerdote referente nella nostra comunità che vive la sua quotidianità in mezzo alla gente e che si prende cura delle relazioni accogliendo lui per primo la comunità, permette anche alle persone più stanche e più lontane un movimento di attrazione verso l'annuncio del Vangelo e la spinta a tradurlo con audacia e creatività in azioni concrete.
Per questo siamo convinti che per mettere in moto le forze e le energie assopite e rivitalizzare la vita della nostra comunità sia indispensabile una figura che garantisca continuità negli indirizzi e nelle scelte dei mezzi già messi in campo per raggiungere gli obiettivi condivisi.
Siamo finalmente fiduciosi che il parroco di questa U P possa a seguito di questa riflessione tener conto degli aspetti identitari fondanti della nostra comunità e farsene garante nel futuro.
In una riflessione sul futuro della nostra UP siamo ben coscienti che noi laici saremo chiamati operativamente ad aprirci maggiormente al servizio nei diversi aspetti della vita comunitaria.
In particolare da un'analisi della realtà concreta della nostra vita parrocchiale abbiamo individuato dei punti nodali che coinvolgono direttamente noi laici:
Formazione di un'èquipe di persone che sia referente dell'attività dei vari gruppi di laici e che si relazioni con il parroco dell'U.P.
Ripensare a una catechesi che coinvolga tutte le fasce di età dai bambini agli anziani secondo modalità e metodi creativi e coraggiosi.
Acquisire maggiore consapevolezza e spazio attivo nella liturgia.
Individuare e potenziare modalità per coinvolgere le giovani famiglie e i ragazzi nell'attività di servizio alla comunità.
Proporre un'azione di accoglienza delle famiglie extracomunitarie che fanno parte integrante della nostra realtà.
Far rifiorire un'attenzione verso le povertà che ci riguardano ormai da vicino ma che spesso si nascondono e che necessitano di uno sforzo maggiore per essere individuate.
Noi siamo convinti che tutto questo sia realizzabile per noi oggi e proseguito con continuità nel futuro anche grazie alla testimonianza autentica di un sacerdote referente che nei limiti di tempo e di spazio che in futuro potranno presentarsi, possa comunque garantire la sua missione di pastore e guida per noi laici attivi e per tutti i membri della comunità.
Ripercorrendo alcuni passi di Evangelii Gaudium siamo confortati da questo brano che ci ha colpiti: "(La parrocchia)Sebbene non sia l'unica istituzione evangelizzatrice se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere -la chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie- questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi."
Cerlongo, dicembre 2020
I membri del Consiglio di Unità Pastorale della Parrocchia di Cerlongo
Annamaria Maddalena, Luciano Cerini, Emanuela R. Berta
Introduzione di don MarcoDiverse volte ci siamo ritrovati a parlare insieme di queste dimensioni offerte dalla segreteria pastorale per preparare l'incontro di questa sera. In vista della costituzione del Consiglio Pastorale di Unità abbiamo avuto diverse opportunità per riflettere e confrontarci.
Il Consiglio è stato costituito fondandolo su Gesù Cristo che è al centro attraverso la preghiera personale e comunitaria. Abbiamo intrapreso un lavoro fatto insieme e nel primo periodo abbiamo scelto di riflettere sulla catechesi-annuncio dl vangelo attraverso un rilievo di situazione e successivamente ci confronteremo con proposta di Papa Francesco del 30 gennaio 2021 e col progetto catechistico diocesano. Tutto il consiglio lavorerà ed approfondirà questo tema. Oggi è cruciale l'annuncio del vangelo che si deve realizzare non solo in chiesa o nelle realtà ad essa collegate, ma è necessario che risuoni in tutte le realtà di vita. Le nostre celebrazioni liturgiche sono fatte bene e aiutano a pregare e ad incontrare Cristo Signore. Punti deboli sono la formazione degli adulti e la loro presenza nel sociale, tranne il servizio prezioso che opera la Caritas in collaborazione con le istituzioni pubbliche. In prospettiva è urgente la costituzione e la formazione di gruppi ministeriali a sostegno e come riferimento delle diverse parrocchie dell'Unità Pastorale.
Due componenti del Consiglio hanno letto la sintesi del dibattito che aveva preparato l'incontro.
Sogniamo la "nostra" Chiesa
Chiesa di domani, Chiesa da generare
Sintesi del lavoro preparatorio del CPPU
Le schede inviate dal Centro Pastorale in preparazione della visita pastorale del Vescovo alla nostra Unità Pastorale, condiviso con il CPPU, pone una serie di interrogativi e ci chiama a riflettere su alcuni aspetti della vita cristiana, in particolare sulla visione di Chiesa che potrebbe riguardare le nostre comunità.
È un messaggio forte quello proposto, che ci invita a trasformare ogni momento della nostra giornata in un servizio reso alla Chiesa. Nonostante qualcuno di noi abbia trovato l'espressione "sperimentazioni coraggiose" inquietante, siamo consapevoli che dobbiamo uscire dagli schemi, affinché tutti i battezzati vengano coinvolti. La Chiesa in uscita deve cogliere la presenza di Dio anche in altre realtà. Per questo non dobbiamo stravolgere l'identità del nostro territorio, ma è utile partire dal nostro passato e attualizzarlo. Fondamentale perciò è il contributo dei laici, spronati a essere testimoni della fede e missionari nei luoghi che abitano ogni giorno e nelle relazioni che vivono.
Siamo consapevoli che tutti i laici, in virtù del fondamento battesimale, e ciascuno secondo la propria vocazione, debbano sentirsi corresponsabili e generativi nella nostra unità pastorale, grazie a una fede rinnovata, coraggiosa e ricca di entusiasmo.
Abbiamo assoluto bisogno di rendere proficuo anche questo periodo di pandemia per camminare insieme, vivendo un autentico protagonismo nel volontariato e non arroccandoci in atteggiamenti di chiusura. Per questo esistono iniziative che vanno verso la direzione della missionarietà in stile familiare cristiano, che faccia della quotidianità, della semplicità e della vicinanza a tutti i propri pilastri.
Le nostre celebrazioni sono belle, appassionate e coinvolgono l'assemblea, ma non per questo dobbiamo accontentarci. È necessario avere davanti a noi delle prospettive e assumere atteggiamenti evangelici che sappiano coltivare con pazienza un atteggiamento ottimista.
Come Tommaso ha riconosciuto Gesù mettendo le mani nel suo costato, noi possiamo riconoscere Gesù nei malati e nei poveri attraverso gesti semplici e umili e testimoniare il nostro coraggio e la nostra creatività anche incontrando i numerosi stranieri della comunità. Finché non saremo in grado di adattarci alle esigenze del territorio, non riusciremo a creare interesse e curiosità in ambienti in cui ancora regna il pregiudizio nei confronti dell'ambiente cattolico.
È altresì importante che i nostri giovani siano sempre più coinvolti attraverso proposte aggregative, di gioco, di riflessione e di incontro affinché abbiano la percezione che l'adulto ha trovato il tempo di esserci per prendersi cura di loro e per loro.
Sogniamo la "nostra" Chiesa
Chiesa di domani, Chiesa da generare.
Sintesi della serata col Vescovo
15 aprile 2021
Il Consiglio Pastorale di Unità si è recentemente incontrato col Vescovo per preparare la futura visita pastorale. Il Vescovo Marco ha condiviso l'interpretazione del dipinto "Il sogno di Giuseppe", opera del Centro Aletti, e ha sottolineato come Dio usi i sogni quali mezzo per trasmettere il proprio messaggio agli uomini e svelare i propri progetti. Il sogno in questo caso fornisce una guida e Giuseppe, nel sonno, non parla, ma sa ascoltare il proprio profondo, i sogni che lo abitano per superare le difficoltà.
In risposta all'interrogativo posto dal Vescovo sulla nostra visione di Chiesa, siamo consapevoli che è difficile essere testimoni della fede al di fuori della Parrocchia, ma è necessario addentrarci nel territorio per scoprirne gli aspetti culturali, valorizzare la vita sacramentale e coltivare la dimensione spirituale. È importante infatti camminare insieme nonostante le diversità e le differenti vocazioni per raggiungere un'armonia di doni e carismi e mettere a frutto il dono di Dio.
Come riporta il documento, "Ogni comunità nella quale è costituito il popolo di Dio non è una cittadella arroccata in difesa, ma soprattutto attraverso i laici è Chiesa in uscita". La nostra comunità quindi dovrebbe essere aperta e visibile nei tre classici ambiti della carità, della catechesi e della liturgia. In seguito al confronto tra i membri del Consiglio Pastorale di Cerlongo, per essere visibili e credibili di fronte alle nostre comunità, si propone di istituire dei ministeri relativi ai diversi ambiti in ciascuna parrocchia. Il ruolo di un presbitero di riferimento diventa dunque fondamentale per far crescere nella coscienza dei laici la corresponsabilità. Noi crediamo che nella nostra realtà ci siano già in atto i processi per l'individuazione dei gruppi ministeriali e di referenti di comunità. Con il discernimento, l'accompagnamento, la presenza e la testimonianza dei presbiteri, la comunità tutta porterà con gioia il peso della responsabilità della vita della comunità cristiana.
Alcune categorie di persone che svolgono un ruolo decisivo nell'attività comunitaria sono anche i catechisti-animatori che continuano ad annunciare la "buona notizia" ai più giovani e li accompagnano all'incontro personale con Gesù. Non si tratta solo di conoscerlo intellettualmente, ma vuol dire soprattutto incontrarlo nella Bibbia, che è Parola di Dio, e pregarlo nelle celebrazioni. Talvolta però molte famiglie hanno l'idea di delegare la formazione religiosa alla Parrocchia, come se fosse una lezione scolastica in più. Noi dovremmo costruire con loro un percorso comunitario, dove la famiglia si interessi attivamente e partecipi al percorso dei propri figli comprendendo il significato della S. Messa e dell'Eucaristia.
È emersa anche l'importanza della Caritas locale. Poiché la povertà non è solo materiale, ma è un fenomeno più complesso che spesso fa sentire inadeguati, chi si affida ai volontari per beni e servizi ritenuti essenziali al soddisfacimento dei bisogni primari, crea in realtà una relazione con loro e instaurano rapporti che vanno ben oltre il servizio che viene loro elargito.
I laici, "megafoni di Dio", come li ha definiti il Vescovo, devono impegnarsi a invitare anche chi non partecipa regolarmente alla S. Messa attraverso il loro stile di vita cristiano attraente e le parole adatte. Il Vangelo non deve essere solo ascoltato, ma anche visto nell'integrità personale, nell'onestà, nella pazienza, ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la "buona notizia". Insomma, le occasioni non mancano, basta a volte vincere la pigrizia di starsene appartati in casa, per scoprire che serve poco per portare la Parola nel nostro vicinato, sul posto di lavoro o a scuola, nei nostri contatti professionali, in ogni posto in cui i non credenti o non praticanti hanno l'opportunità di osservare la nostra vita.
Prima di concludere l'incontro, il Vescovo ci ha ricordato che il Battesimo, il primo dei Sacramenti, sancisce la vera nascita di un cristiano. È grazie al Battesimo che diventiamo parte della Chiesa e del corpo di Cristo.
Le sensazioni che ci animano e grazie alle quali riusciremo a superare le fatiche o sentimenti di malumore o di rassegnazione rimangono la fiducia e la speranza.
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO DALL'UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Sala Clementina
Sabato, 30 gennaio 2021
Cari fratelli e sorelle,
vi do il benvenuto e ringrazio il Card. Bassetti per le sue cortesi parole. Ha ripreso le forze, grazie!
Saluto il Segretario Generale, Mons. Russo, e tutti voi, che sostenete l'impegno della Chiesa italiana nell'ambito della catechesi. Sono contento di condividere con voi il ricordo del 60° anniversario della nascita dell'Ufficio Catechistico Nazionale. Istituito ancora prima della configurazione della Conferenza episcopale, esso è stato strumento indispensabile per il rinnovamento catechetico dopo il Concilio Vaticano II. Questa ricorrenza è un'occasione preziosa per fare memoria, rendere grazie dei doni ricevuti e rinnovare lo spirito dell'annuncio. A questo scopo, vorrei condividere tre punti che spero possano aiutarvi nei lavori dei prossimi anni.
Il primo: catechesi e kerygma. La catechesi è l'eco della Parola di Dio. Nella trasmissione della fede la Scrittura – come ricorda il Documento di Base – è «il Libro; non un sussidio, fosse pure il primo» (CEI, Il rinnovamento della catechesi, n. 107). La catechesi è dunque l'onda lunga della Parola di Dio per trasmettere nella vita la gioia del Vangelo. Grazie alla narrazione della catechesi, la Sacra Scrittura diventa "l'ambiente" in cui sentirsi parte della medesima storia di salvezza, incontrando i primi testimoni della fede. La catechesi è prendere per mano e accompagnare in questa storia. Suscita un cammino, in cui ciascuno trova un ritmo proprio, perché la vita cristiana non appiattisce né omologa, ma valorizza l'unicità di ogni figlio di Dio. La catechesi è anche un percorso mistagogico, che avanza in costante dialogo con la liturgia, ambito in cui risplendono simboli che, senza imporsi, parlano alla vita e la segnano con l'impronta della grazia.Il cuore del mistero è il kerygma, e il kerygma è una persona: Gesù Cristo. La catechesi è uno spazio privilegiato per favorire l'incontro personale con Lui. Perciò va intessuta di relazioni personali. Non c'è vera catechesi senza la testimonianza di uomini e donne in carne e ossa. Chi di noi non ricorda almeno uno dei suoi catechisti? Io lo ricordo: ricordo la suora che mi ha preparato
alla prima Comunione e mi ha fatto tanto bene. I primi protagonisti della catechesi sono loro, messaggeri del Vangelo, spesso laici, che si mettono in gioco con generosità per condividere la bellezza di aver incontrato Gesù. «Chi è il catechista? È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in sé stesso – è un "memorioso" della storia della salvezza – e la sa risvegliare negli altri. È un cristiano che mette questa memoria al servizio dell'annuncio; non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore, della sua fedeltà» (Omelia per la giornata dei catechisti nell'Anno della Fede, 29 settembre 2013).
Per fare questo, è bene ricordare «alcune caratteristiche dell'annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l'amore salvifico di Dio previo all'obbligazione morale e religiosa – tu sei amato, tu sei amata, questo è il primo, questa è la porta –, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà – come faceva Gesù –, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, e un'armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall'evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l'annuncio – e quali sono queste disposizioni che ogni catechista deve avere? –: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 165). Gesù aveva questo. È l'intera geografia dell'umanità che il kerygma, bussola infallibile della fede, aiuta a esplorare.
E su questo punto – il catechista – riprendo una cosa che va detta anche ai genitori, ai nonni: la fede va trasmessa "in dialetto". Un catechista che non sa spiegare nel "dialetto" dei giovani, dei bambini, di coloro che... Ma con il dialetto non mi riferisco a quello linguistico, di cui l'Italia è tanto ricca, no, al dialetto della vicinanza, al dialetto che possa capire, al dialetto dell'intimità. A me tocca tanto quel passo dei Maccabei, dei sette fratelli (2 Mac 7). Per due o tre volte si dice che la mamma li sosteneva parlando loro in dialetto ["nella lingua dei padri"]. È importante: la vera fede va trasmessa in dialetto. I catechisti devono imparare a trasmetterla in dialetto, cioè quella lingua che viene dal cuore, che è nata, che è proprio la più familiare, la più vicina a tutti. Se non c'è il dialetto, la fede non è tramessa totalmente e bene.
Il secondo punto: catechesi e futuro. L'anno scorso ricorreva il 50° anniversario del documento Il rinnovamento della catechesi, con cui la Conferenza Episcopale Italiana recepiva le indicazioni del Concilio. Al riguardo, faccio mie le parole di San Paolo VI, rivolte alla prima Assemblea Generale della CEI dopo il Vaticano II: «Dobbiamo guardare al Concilio con riconoscenza a Dio e con fiducia per l'avvenire della Chiesa; esso sarà il grande catechismo dei tempi nuovi» (23 giugno 1966). E tornando sul tema, in occasione del primo Congresso Catechistico Internazionale, egli aggiungeva: «È un compito che incessantemente rinasce e incessantemente si rinnova per la catechesi l'intendere questi problemi che salgono dal cuore dell'uomo, per ricondurli alla loro sorgente nascosta: il dono dell'amore che crea e che salva» (25 settembre 1971). Pertanto, la catechesi ispirata dal Concilio è continuamente in ascolto del cuore dell'uomo, sempre con l'orecchio teso, sempre attenta a rinnovarsi.
Questo è magistero: il Concilio è magistero della Chiesa. O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l'interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa. Dobbiamo in questo punto essere esigenti, severi. Il Concilio non va negoziato, per avere più di questi... No, il Concilio è così. E questo problema che noi stiamo vivendo, della selettività rispetto al Concilio, si è ripetuto lungo la storia con altri Concili. A me fa pensare tanto un gruppo di vescovi che, dopo il Vaticano I, sono andati via, un gruppo di laici, dei gruppi, per continuare la "vera dottrina" che non era quella del Vaticano I: "Noi siamo i cattolici veri". Oggi ordinano donne.
L'atteggiamento più severo, per custodire la fede senza il magistero della Chiesa, ti porta alla rovina. Per favore, nessuna concessione a coloro che cercano di presentare una catechesi che non sia concorde al magistero della Chiesa.
Come nel dopo-Concilio la Chiesa italiana è stata pronta e capace nell'accogliere i segni e la sensibilità dei tempi, così anche oggi è chiamata ad offrire una catechesi rinnovata, che ispiri ogni ambito della pastorale: carità, liturgia, famiglia, cultura, vita sociale, economia... Dalla radice della Parola di Dio, attraverso il tronco della sapienza pastorale, fioriscono approcci fruttuosi ai vari aspetti della vita. La catechesi è così un'avventura straordinaria: come "avanguardia della Chiesa" ha il compito di leggere i segni dei tempi e di accogliere le sfide presenti e future. Non dobbiamo aver paura di parlare il linguaggio delle donne e degli uomini di oggi. Di parlare il linguaggio fuori dalla Chiesa, sì, di questo dobbiamo avere paura. Non dobbiamo avere paura di parlare il linguaggio della gente. Non dobbiamo aver paura di ascoltarne le domande, quali che siano, le questioni irrisolte, ascoltare le fragilità, le incertezze: di questo, non abbiamo paura. Non dobbiamo aver paura di elaborare strumenti nuovi: negli anni settanta il Catechismo della Chiesa Italiana fu originale e apprezzato; anche i tempi attuali richiedono intelligenza e coraggio per elaborare strumenti aggiornati, che trasmettano all'uomo d'oggi la ricchezza e la gioia del kerygma, e la ricchezza e la gioia dell'appartenenza alla Chiesa.
Terzo punto: catechesi e comunità. In questo anno contrassegnato dall'isolamento e dal senso di solitudine causati dalla pandemia, più volte si è riflettuto sul senso di appartenenza che sta alla base di una comunità. Il virus ha scavato nel tessuto vivo dei nostri territori, soprattutto esistenziali, alimentando timori, sospetti, sfiducia e incertezza. Ha messo in scacco prassi e abitudini consolidate e così ci provoca a ripensare il nostro essere comunità. Abbiamo capito, infatti, che non possiamo fare da soli e che l'unica via per uscire meglio dalle crisi è uscirne insieme – nessuno si salva da solo, uscirne insieme –, riabbracciando con più convinzione la comunità in cui viviamo. Perché la comunità non è un agglomerato di singoli, ma la famiglia in cui integrarsi, il luogo dove prendersi cura gli uni degli altri, i giovani degli anziani e gli anziani dei giovani, noi di oggi di chi verrà domani. Solo ritrovando il senso di comunità, ciascuno potrà trovare in pienezza la propria dignità.
La catechesi e l'annuncio non possono che porre al centro questa dimensione comunitaria. Non è il momento per strategie elitarie. La grande comunità: qual è la grande comunità? Il santo popolo fedele di Dio. Non si può andare avanti fuori del santo popolo fedele di Dio, il quale – come dice il Concilio – è infallibile in credendo. Sempre con il santo popolo di Dio. Invece, cercare appartenenze elitarie ti allontana dal popolo di Dio, forse con formule sofisticate, ma tu perdi quell'appartenenza alla Chiesa che è il santo popolo fedele di Dio.
Questo è il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. È il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è al margine. È il tempo di comunità che guardino negli occhi i giovani delusi, che accolgano i forestieri e diano speranza agli sfiduciati. È il tempo di comunità che dialoghino senza paura con chi ha idee diverse. È il tempo di comunità che, come il Buon Samaritano, sappiano farsi prossime a chi è ferito dalla vita, per fasciarne le piaghe con compassione. Non dimenticatevi questa parola: compassione. Quante volte, nel Vangelo, di Gesù si dice: "Ed ebbe compassione", "ne ebbe compassione". Come ho detto al Convegno ecclesiale di Firenze, desidero una Chiesa «sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. [...] Una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza». Quanto riferivo allora all'umanesimo cristiano vale anche per la catechesi: essa «afferma radicalmente la dignità di ogni persona come Figlio di Dio, stabilisce tra ogni essere umano una fondamentale fraternità, insegna a comprendere il lavoro, ad abitare il creato come casa comune, fornisce ragioni per l'allegria, l'umorismo, anche nel mezzo di una vita tante volte molto dura» (Discorso al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, Firenze, 10 novembre 2015).
Ho menzionato il Convegno di Firenze. Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convengo di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c'è proprio l'intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per quanto fate. Vi invito a continuare a pregare e a pensare con creatività a una catechesi centrata sul kerygma, che guardi al futuro delle nostre comunità, perché siano sempre più radicate nel Vangelo, comunità fraterne e inclusive. Vi benedico, vi accompagno. E voi, per favore, pregate per me, ne ho bisogno. Grazie!