LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 8 ottobre 2023 – XXVII Domenica del Tempo Ordinario
L'amore produce frutti di salvezzaIsaia 5, 1-7 . Salmo 79 . Filippesi 4, 6-9 . Matteo 21, 33-43
Lettura
Continua la lettura del capitolo ventunesimo di san Matteo. Gesù è entrato solennemente a Gerusalemme ed ora si trova nel tempio dove, nei cortili antistanti il santuario, il confronto polemico con i capi si fa sempre più vivo.
Mt 21,33-4333Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!". 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: "Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!". 39 Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?". 41Gli risposero: "Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo".42 E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:La pietra che i costruttori hanno scartatoè diventata la pietra d'angolo;questo è stato fatto dal Signoreed è una meraviglia ai nostri occhi?43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.CommentoDopo la parabola letta domenica scorsa, troviamo l'invito rivolto da Gesù ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo perché ascoltino un'altra parabola. Il testo si articola in due parti: il racconto parabolico dei vignaioli ribelli e omicidi (21, 33b-39) e la sua applicazione mediante un dialogo tra Gesù ed i suoi interlocutori (21, 40-43). Il testo liturgico lascia cadere i versetti 44-46 che presentano una sentenza di Gesù e la reazione dei capi e dei farisei, i quali capiscono che Gesù si riferisce a loro. La parabola si apre presentando un padrone che con somma cura pianta una vigna in un podere, attrezzandola di tutte le strutture necessarie, e poi l'affida in affitto a dei vignaioli perché la coltivino con impegno e raccolgano di conseguenza frutti abbondanti. Segue l'altra parte della parabola tutta dedicata alle iniziative intraprese dal padrone per avere dai vignaioli i frutti della vigna. Dapprima manda i servi "da quei vignaioli a ritirare il raccolto", ma questi vengono uccisi. Poi invia altri servi che subiscono la stessa sorte dei primi. Infine manda il figlio, perché risolva definitivamente la questione, ma il dramma si acutizza. I vignaioli, vedendo a portata di mano la possibilità di impossessarsi dell'eredità, prendono il figlio, "lo cacciano fuori della vigna e lo uccisero". Con la domanda: "quando dunque verrà il padrone della vigna che cosa farà a quei contadini?", Gesù inizia ad applicare la parabola ai suoi ascoltatori. Infatti la risposta data dagli ascoltatori diventa una sentenza che ricade su loro stessi. Le parole di Gesù poi riprendono il tema della risposta data e lo definiscono: "perciò io vi dico: a voi vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un altro popolo che ne produca frutti". Nel versetto precedente Gesù ha indicato anche quale deve essere l'innesto sicuro per portare frutti: "la pietra che i costruttori hanno scarta è diventata la pietra d'angolo".
Attraverso Gesù Cristo, la pietra angolare, Dio Padre cura i rapporti col suo popolo. Questo, di conseguenza, deve dare frutti come segno di comunicazione efficace col suo Dio. I frutti da produrre si collocano nell'ambito della salvezza che viene dal Signore e che si realizza nel seguire fedelmente i suoi insegnamenti. L'amore a Dio Padre e alla sua volontà, per mezzo di Gesù Cristo, garantisce una messe abbondante di frutti di salvezza.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'immagine della vigna ritorna nelle letture di questa domenica. Essa diventa immagine del popolo eletto e rimanda al rapporto di salvezza e all'alleanza che Dio ha realizzato col suo popolo. Nella prima lettura abbiamo il noto "canto della vigna" di Isaia. L'autore si presenta amico dello sposo che canta per lui "un cantico d'amore per la sua vigna". Il canto di Isaia si articola in tre momenti. Dapprima si presentano le cure particolareggiate riservate dal viticoltore alla sua vigna e la delusione finale per i frutti non avuti: "egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica". Poi c'è la decisione di abbandonare la vigna sterile perché diventi pascolo per gli animali: "toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo". Infine il profeta applica tutto il discorso precedente alla casa d'Israele: "la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita". Dal suo popolo Dio "si aspettava giustizia, ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudini ed ecco grida di oppressi". Anche il brano evangelico, partendo dalla parabola della vigna, focalizza il discorso sui suoi frutti, che il padrone vuole raccogliere. La seconda lettura si collega con le altre in quanto indica atteggiamenti e scelte pratiche che permettono di essere vigna del Signore e di portare frutti per il Signore, seguendo l'esempio di Paolo.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 1 ottobre 2023 – XXVI Domenica del Tempo Ordinario - A
Nella volontà del Padre si è figli e fratelliEzechiele 18, 25-28 . Salmo 24 . Filippesi 2, 1-11 . Matteo 21, 28-32
Lettura
Il capitolo ventunesimo di san Matteo ci presenta Gesù a Gerusalemme. Dopo aver lasciato Gerico giunge a Betfage. Da qui inizia l'ingresso messianico nella città santa, cavalcando un'asina, mentre la gente lo acclama e stende mantelli sulla strada. Entrato nel tempio, scaccia coloro che vendono e comprano, perché la sua casa è di preghiera e non un covo di ladri. È proprio qui che si acutizza il contrasto con i capi dei sacerdoti ed i notabili del tempio. Questo è il contesto immediato del brano odierno.
Mt 21, 28-3228"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". 29Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Risposero: "Il primo". E Gesù disse loro: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.CommentoIl brano si apre con la parabola dei due figli, incorniciata da due domande rivolte agli ascoltatori. "Che ve ne pare?" dice Gesù, chiedendo così un parere esplicito ai suoi interlocutori. Egli presenta poi il caso di un padre con due figli. Al primo figlio comanda di andare a lavorare nella vigna di famiglia e subito egli reagisce dichiarando di non voler andare perché non ha voglia. Poi ritorna sulla sua decisione, si pente della risposta data e va al lavoro nella vigna. Il secondo davanti alla proposta del padre sembra aderire con entusiasmo all'invito e dice: "si, Signore". Ma il racconto prosegue annotando che invece non andò. La seconda domanda chiude la parabola di Gesù: "chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". La risposta corale degli uditori di ieri e di oggi è a favore del primo figlio e "tutti dicono il primo". Questa risposta non è soltanto un'affermazione verbale, ma nell'intenzione di Gesù, coinvolge esistenzialmente tutti i suoi ascoltatori e diventa giudizio per la vita di ciascuno. Infatti le parole di Gesù che seguono diventano estremamente chiarificatrici. I pubblicani (cioè gli imbroglioni ed i ladri istituzionalizzati) e le prostitute, che sembrano aver detto di no al regno di Dio e alle sue regole, di fatto precedono in esso i notabili del tempio ed i capi dei sacerdoti, perché queste categorie di persone rispecchiano i due atteggiamenti dei due figli presentati dalla parabola. La prova concreta di quanto Gesù sta affermando è data dall'atteggiamento che le persone hanno avuto nei confronti di Giovanni il battista. Egli, il profeta del deserto, ha invitato alla conversione, ma nessuno lo ha preso sul serio se non i pubblicani e le prostitute. La stessa cosa capita anche a Gesù che è accolto, seguito e amato da coloro che erano messi al bando nella società del tempo. La conclusione del brano è molto realistica e segnata da un velo di amarezza: "voi (che siete i prediletti) pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti così da credergli".
Non sono le strutture religiose e nemmeno i comportamenti esteriori e formali che salvano, ma la logica del Padre celeste insegnata da Gesù. Egli infatti invita i suoi a non accontentarsi di una fede verbale e teorica. I veri discepoli, quelli che costituiscono la nuova comunità dei figli e dei fratelli, sono quelli che fanno la volontà del Padre che è nei cieli.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema della volontà di Dio Padre collega la liturgia della Parola di questa domenica. È la volontà del Padre, rivelata da Gesù e accolta nella vita di ciascuno, che rende figli fedeli. Non contano le strutture e nemmeno i comportamenti esteriori. Dio guarda soprattutto la fedeltà di ciascuno agli insegnamenti da lui lasciati. In questa prospettiva va letta la prima lettura. Non è la condotta di Dio che va messa in discussione, ma quella degli uomini. "Se il giusto si allontana dalla giustizia (dalla salvezza portata da Dio) ... egli muore appunto per l'iniquità che ha commesso". Per questo è necessario vigilare per non allontanarsi dalla fonte della giustizia, per evitare le colpe e così vivere in Dio. La lettera ai Filippesi di san Paolo indica il criterio di fondo per fare sempre la volontà di Dio Padre: "abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù". Solo così si può essere obbedienti al Padre, non si fa nulla per spirito di vanagloria, si considerano gli altri superiori a se stesso, non si cerca il proprio interessa ma quello degli altri.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 24 settembre 2023 – XXV Domenica del Tempo Ordinario A
Gli ultimi saranno primiIsaia 55, 6-9 . Salmo 144 . Filippesi 1, 20c-27 . Matteo 20, 1-16
Lettura
Dopo il discorso sulla vita interna della comunità, san Matteo inserisce diversi brani sul vero discepolo. Costui, per essere veramente tale, come un bambino è chiamato a rifiutare qualsiasi accomodamento o compromesso e ad essere coerente fino in fondo. Non è possibile vantarsi di aver sempre osservato i comandamenti e poi essere attaccati alle proprie ricchezze, da non saperci rinunciare per amore di Gesù Cristo.
Mt 20, 1-16In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna".Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo".Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».CommentoIl racconto parabolico di questa domenica si struttura in due momenti successivi: Il padrone della vigna assume operai (20, 1-7) e la paga data ad essi dall'amministratore con una discussione chiarificatrice (20, 8-15). La vicenda si sviluppa attorno ad un viticoltore che per l'intera giornata assume operai a lavorare nella sua vigna. La simbologia della vigna ritorna frequentemente nella tradizione ebraica per denunciare la storia delle infedeltà di Israele, la vite-vigna, che ha tradito gli impegni di fedeltà all'alleanza col suo Dio. Colpisce nel racconto il fatto che tutti sono chiamati a lavorare nella vigna, anche quelli incontrati all'ultima ora e che nessuno aveva preso a giornata. La seconda parte della parabola tratta della paga consegnata agli operai. Soltanto con i primi il padrone ha stipulato un contratto chiaro e preciso (un denaro è la paga giornaliera di un operaio e corrispondeva a 50 euro odierni), agli altri invece promette di dare a tutti il giusto. Sorprende notevolmente il comportamento del fattore che, eseguendo le indicazioni ricevute dal padrone, consegna a tutti gli operai un denaro come ricompensa della giornata. È sicuramente grande la gioia e lo stupore degli ultimi arrivati per la retribuzione ricevuta, mentre i primi, che hanno lavorato tutto il giorno, restano profondamente delusi. Essi, che si aspettano molto di più, in base a quanto dato agli ultimi e in rapporto alle loro ore di lavoro, mormorano contro il padrone. La risposta del padrone risolve la questione. Egli, con i primi assunti, ha rispettato il patto stipulato e con gli altri ha usato del suo denaro per compiere un gesto di magnanimità e di generosità. Dal racconto emerge con chiarezza un modo diverso di intendere la giustizia da parte degli uomini e da parte di Dio. La sentenza finale chiude il racconto e collega agli ascoltatori la parabola: "gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi".
È facile per tutti, nella comunità cristiana, pensare di avere dei diritti o dei privilegi, perché da tempo si cerca di seguire il Signore. A noi piace anche creare graduatorie e gruppi di merito proprio nella stessa comunità. Gesù insegna invece uno stile diverso di comportamento, che nasce da Dio stesso e che ha nell'amore gratuito e generoso, che dona e fa credito anche a chi non ha diritti, il suo principio ispiratore. Gli ultimi arrivati possono prendere il posto dei primi; quelli considerati ultimi, i piccoli tra i fratelli, nella prospettiva di Dio saranno i primi.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 17 settembre 2023 – XXIV Domenica del Tempo Ordinario A
Perdonare col cuore del PadreSiracide 27, 33-28,9 . Salmo 102 . Romani 14, 7-9 . Matteo 18, 21-35
Lettura
La liturgia propone oggi un altro passo del capitolo diciottesimo del vangelo di san Matteo. Dopo aver presentato chi è il più grande nella comunità, la correzione fraterna e la preghiera in comune, ora Gesù affronta la questione del perdono.
Mt 18, 21-35
21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?". 22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. 23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. 31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello".CommentoIl brano si apre con un quesito posto da Pietro: Signore quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?. Egli pensa, probabilmente, di ricevere l'approvazione di Gesù per le parole dette in quanto, ponendo il limite del perdono a sette volte, indica una misura che supera grandemente quella prevista dalla prassi raccomandata dai rabbini. Costoro invitano, infatti, a dare il perdono per tre volte. La risposta di Gesù si pone completamente su di un altro livello e dice: "non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". Egli insegna così a perdonare sempre, secondo lo stile di Dio. Il lungo racconto parabolico che segue allarga la risposta data a Pietro e serve ad illustrare meglio la prospettiva del perdono insegnata da Gesù. La parabola inizia con una frase d'apertura che presenta la ragione da cui si sviluppa poi tutta la vicenda: "un re che volle fare i conti con i suoi servi". La scena si sviluppa in tre momenti. Dapprima si ha la presentazione del padrone che incontra il primo servo (18, 24-27). Costui, che gli è debitore di "diecimila talenti" (un talento corrispondeva circa a 300.000 euro), dopo aver supplicato il padrone, ottiene il condono del debito. Poi è descritto l'incontro del servo condonato con un suo collega che gli deve "cento denari" (18, 28-30) (un denaro corrispondeva circa a 50 euro). Anche costui implora il collega per ottenere comprensione e per poter rimandare la scadenza fissata per pagare il debito. Egli però non viene esaudito. È arrestato e messo in carcere fino a quando non ha pagato il debito. L'ultimo momento (18, 31-34) presenta il padrone che, informato dagli altri servi sull'accaduto, chiama l'uomo a cui aveva condonato il debito. Rimprovera severamente il servo perché non ha avuto pietà del collega, ritira il condono concesso e lo condanna alla stessa sorte da lui inflitta al suo collega. La conclusione (18, 35) si collega alla domanda di Pietro e suggella l'insegnamento dato da Gesù: "Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore ciascuno al proprio fratello".
Il perdono è un'altra caratteristica che qualifica la vita della comunità cristiana. Gesù infatti insegna ai suoi il perdono fraterno senza misura. Il perdono tra i cristiani nasce dal perdono gratuito ed insperato ricevuto da Dio Padre e fattoci conoscere da Gesù Cristo. Occorre vigilare perché nel giudizio ultimo la prassi della misericordia, esercitata nella forma del perdono fraterno, occuperà un posto decisivo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema che collega le letture odierne è il perdono di Dio, fonte e criterio del perdono tra gli esseri umani. Nella prima lettura, il testo del Siracide vuole inculcare nei giovani la fedeltà alla religione dei padri e l'arte di vivere bene. Per questo inizia presentando il tema: "Il rancore e l'ira sono un abominio, il peccatore li possiede". È il peccatore o lo stolto colui che cede sotto l'impulso dell'ira e del rancore, che portano poi alla vendetta. Inoltre il peccatore, che si vendica dei torti ricevuti non può chiedere ed ottenere il perdono dei suoi peccati davanti a Dio. Anche la preghiera e la guarigione sono esperienze significative davanti a Dio per il credente se sono supportate dalla misericordia e dal perdono verso i suoi simili. Il passo del vangelo riporta le parole di Gesù, che rivela il perdono del Padre. Infatti egli, in obbedienza al Padre, insegna ai sui amici a perdonare sempre, perché il Padre si comporta così. Paolo nella Lettera ai Romani presenta la motivazione del perdono: "nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso... sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore". Per questo allora nella comunità nessuno può considerarsi padrone di un altro, erigendosi a giudice del suo modo di vivere e agire.
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Goito 10 settembre 2024 – XXIII Domenica del Tempo Ordinario A
Chiesa riconciliata e oranteEzechiele 33,7-9 . Salmo 94 . Romani 13,8-10 . Matteo 18,15-20
Lettura
Il capitolo diciottesimo contiene le regole date da Gesù per la vita interna della comunità. Egli affronta alcune questioni nodali: chi sono "i più grandi" nella comunità, quale comportamento si deve avere nei confronti dei piccoli di età e di stato sociale, come vivere la pratica del perdono. Il nostro testo è costituito da una serie di sentenze sulla riconciliazione fraterna; esso segue immediatamente la parabola del pastore che cerca la pecora smarrita.
Mt 18, 15-2015Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.CommentoIl brano si divide in due parti. In 18,15-17 abbiamo una regola disciplinare, seguita dalle sue motivazioni teologiche presentate in 18,18-20. La regola di comportamento nei confronti del fratello che pecca prevede tre istanze successive e progressive. Dapprima la questione va risolta a livello personale: "va e ammoniscilo fra te e lui solo". Se il primo intervento non produce affetti di riconciliazione, è necessario avvicinare chi pecca con "una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni". Infine, se la persona persevera nel suo errore, sia coinvolta tutta la comunità la quale deve mettere in atto tutte le strategie necessarie per recuperare il fratello peccatore. Se ciò non si realizza, il componente della comunità, che da essa si è separato col peccato, è da considerarsi non escluso o emarginato, ma ancora come un pagano, il quale ha bisogno di intraprendere nuovamente un cammino di conversione. Per quale peccato è necessario attuare questa procedura? È difficile identificare concretamente la tipologia di peccato in questione. Dal contesto del capitolo si può però sicuramente ricavare che si tratta di un comportamento a danno della comunità o di un suo componente. Chi è chiamato a mettere in atto questa procedura nei confronti del peccatore? Ogni discepolo è invitato da Gesù a svolgere con autorità nella comunità questo ministero di riconciliazione, sull'esempio del Padre celeste che ricerca e recupera tutti i fratelli persi. Egli deve servirsi del dialogo fraterno per ricostruire i rapporti con i fratelli separatisi dalla comunità col peccato. Infine nella comunità alcuni fratelli, tramite un ministero specifico ad essi conferito, hanno il compito di riconoscere la conversione avvenuta e di riammettere il peccatore a pieno titolo nella comunità. Il v. 19 può essere letto allora in due modi. Prima di tutto al Padre va chiesto continuamente e soprattutto l'accordo fraterno nella comunità. Tale richiesta è sicuramente concessa dal Padre. Occorre poi chiedere di vigilare perché al Padre non può essere innalzata una preghiera significativa ed efficace se non si è uniti e se persistono fratture nella fraternità. La ragione profonda dell'unità nella comunità è data dall'ultimo versetto. I fratelli riuniti nel nome del Signore Gesù costituiscono la Chiesa, luogo dove Cristo è presente e si realizza l'incontro salvifico col Padre: "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
La comunità radunata insieme è il luogo dove è presente il Signore e dove lo si incontra risorto. Non è comunità autentica se in essa vi sono persone compromesse col peccato, cioè che si sono allontanate dalla volontà del Padre o che hanno rotto i rapporti fraterni di amore reciproco. Per questo ognuno è chiamato a vigilare per non cadere nel peccato e ad attivarsi per ricondurre a riconciliazione chi si è allontanato dal progetto di Dio rivelatoci da Gesù Cristo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREI temi della presenza del Signore nella sua comunità e della responsabilità dei discepoli nel portare a conversione chi sbaglia intersecano le letture odierne. Nella prima lettura il profeta Ezechiele é posto in mezzo al popolo di Dio per trasmettere la sua parola e per essere "sentinella per gli israeliti". La sentinella deve prestare attenzione a quanto gli dice il Signore e nello stesso tempo deve vigilare sulla comunità degli israeliti perché non si allontanino dal loro Dio, che vive con loro. Questo compito Gesù lo affida nel vangelo ad ogni discepolo. Tutti i cristiani sono invitati ad attivarsi, perché chi ha sbagliato possa ritornare nella comunità oppure ricostruire la comunione con essa. Solo così la preghiera dell'assemblea, radunata nel nome del Signore, avrà significato ed efficacia. Nella lettera ai Romani Paolo traccia in sintesi quale deve essere la scelta e l'atteggiamento di fondo che impediscono di cadere nel peccato e quindi nella separazione dalla comunità: "Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 3 settembre 2023 – XXIII Domenica del Tempo Ordinario
Discepoli di Cristo morto e risorto
Geremia 20, 7-9 Salmo 62 Romani 12, 1-2 Matteo 16, 21-27
Lettura
Continua il dialogo tra Gesù ed i discepoli. Tra questi emerge la figura di Pietro come loro rappresentante e portavoce, come abbiamo visto domenica scorsa. Nel brano odierno si intensifica la rivelazione di Gesù ai discepoli e troviamo anche reazioni impensate da parte loro.
Mt 16, 21-2721Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai". 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: "Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!".24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.CommentoGesù comunica ai discepoli il suo destino di sofferenza e di morte che lo attende a Gerusalemme ad opera dei notabili, degli alti funzionari del tempio e degli scribi. Egli annuncia anche che, dopo la morte, risorgerà "il terzo giorno". Abbiamo poi la reazione immediata e profondamente umana di Pietro alle parole di Gesù. Egli, che aveva intravisto in Gesù l'opera potente dell'Inviato di Dio, non può accettare che tutto finisca in una bolla di sapone, per questo, dopo aver protestato con rimproveri dice: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai". Alla reazione unilaterale di Pietro, che non tiene conto dell'annuncio della resurrezione, fa seguito la risposta dura e severa di Gesù. Pietro, che poco prima è stato definito da Gesù "roccia" e fondamento della comunità, ora è respinto come pietra d'inciampo ("tu mi sei di scandalo"); lui che prima è stato beatificato da Gesù ora è considerato "satana" e avversario. Per questo non può dare alcun consiglio al maestro. La ragione della "caduta" di Pietro è indicata dallo stesso Gesù: "non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Col suo intervento Pietro si mostra estraneo ed ostile al progetto di Dio e alla sua volontà, che Gesù vuole realizzare. Infine abbiamo l'istruzione di Gesù ai discepoli sulla sequela. Costoro, se vogliono seguire il maestro, devono essere disposti a percorrere la sua stessa strada, che si caratterizza nel rinnegare sé stessi, nel prendere la croce e nel perdere la vita. "Rinnegare sé stessi" significa essere disposti a rinunciare ad una certa identità personale o sociale che gratifichi e permetta di "contare". "Prendere la croce" vuol dire essere disposti ad identificarsi col condannato alla morte più infame e degradante, riservata alle persone più pericolose. "Perdere la vita" significa mettere in conto, nella propria esistenza, anche la possibilità concreta della morte violenta. Tutto questo va accolto e vissuto per Gesù e per il vangelo. È la venuta gloriosa del Figlio dell'uomo che renderà giustizia ai discepoli e darà "a ciascuno secondo le sue azioni".
I discepoli non riescono a capire il destino doloroso e fallimentare del loro maestro. Essi infatti hanno sempre nostalgie trionfalistiche e di potenza temporale. La questione si complica ulteriormente quando Gesù coinvolge, in tutti gli aspetti della sua vita, anche i discepoli, che sono pure chiamati a portare la croce. Il discorso sfocia in una soluzione positiva se si cerca di affrontare l'esperienza del discepolato non alla maniera umana, come ha fatto Pietro, ma affidandosi alla volontà del Padre, rivelata da Gesù. Il discepolo, perseverante nelle prove che gli capitano nel cammino della vita, vive la solidarietà effettiva col maestro crocefisso ed attende con speranza la venuta "del Figlio dell'uomo nella gloria del Padre", per accedere con lui alla gloria eterna della resurrezione.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa difficoltà di coniugare la chiamata di Dio e le realtà umane, in cui essa deve realizzarsi, sembra unificare le letture di questa domenica. La prima lettura, presa dalle "confessioni" di Geremia, presenta da un lato il rapporto appassionato e coinvolgente vissuto dal profeta col suo Dio ("mia hai sedotto, Signore, ed io mi sono lasciato sedurre") e dall'altro le difficoltà che tale esperienza genera nei confronti degli altri e di se stessi: "ognuno si fa beffe di me" e "non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!". Ma l'esperienza vissuta con Dio non può essere dimenticata o abbandonata: "ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente...; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo". Anche il vangelo rivela la difficoltà dei discepoli di essere solidali col maestro nella sua esperienza della croce. Eppure "portare la croce" è la sintesi delle condizioni necessarie per seguire Gesù. La seconda lettura contiene alcune indicazioni per consolidare e mantenere stabile il rapporto con Dio: "non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente per poter discernere la volontà di Dio...". Paolo afferma anche che nella liturgia, celebrata dai credenti, si supera la distanza e l'apparente inconciliabilità che esiste tra il mistero di Dio ed il mistero dell'uomo.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 27 agosto 2023 – XXI Domenica del Tempo Ordinario A
Nel volere del Padre la gioia del servizioIsaia 22, 19-23 . Salmo 137 . Romani 11, 33-36 . Matteo 16, 13-20
Lettura
Tra il discorso delle parabole, al capitolo tredicesimo, e quello successivo al capitolo diciottesimo, l'evangelista san Matteo ha raccolto una serie di episodi di conflitto e di rivelazione. Famosi sono il rifiuto degli abitanti di Nazaret, che non vogliono ascoltare Gesù, e le situazioni in cui egli prende un atteggiamento polemico nei confronti degli esponenti più significativi della religione giudaica, che fanno di essa un legalismo rituale più che un rapporto personale con Dio. Alcuni episodi attraverso i quali Gesù si fa conoscere sono la moltiplicazione dei pani, i miracoli di guarigione e la trasfigurazione. Nei quattro capitoli si delinea progressivamente il gruppo dei discepoli, tra i quali emerge sempre più la figura di Pietro. In questo contesto si colloca il brano odierno.
Mt 16, 13-2013Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: "La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". 14Risposero: "Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". 15Disse loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". 16Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". 17E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". 20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.CommentoIl testo inizia con una nota di cornice che dà l'ambientazione geografica e presenta gli interlocutori: Gesù ed i discepoli a Cesarea di Filippo oggi Banias al nord della Galilea. Poi abbiamo la prima parte (Mt 16,13b-16) costituita dal dialogo tra Gesù ed i discepoli, stimolato da due sue domande. Alla prima ("la gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?") i discepoli rispondono coralmente, riportando i pareri popolari su Gesù: "alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Alla seconda domanda, rivolta a loro ("voi chi dite che io sia?") risponde a nome di tutti Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Nella seconda parte del brano si incontrano le parole di Gesù rivolte a Pietro (Mt 16, 17-19). Dapprima Gesù proclama beato Pietro perché, attraverso la professione di fede espressa poco prima, manifesta di essere entrato nel rapporto privilegiato col Padre, che Gesù è venuto a realizzare per tutti i suoi discepoli. Poi Gesù delinea la missione futura di Pietro: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa...". Egli non solo è il primo ed il modello del discepolo, è anche il fondamento, la roccia sicura su cui nasce e si costruisce il nuovo popolo di Dio. Di esso fanno parte tutti coloro che, come Pietro, riconoscono Gesù come "Cristo, il Figlio del Dio vivente", che opera attivamente nella storia per la salvezza di tutti. Infine Gesù dà l'investitura solenne a Pietro: "a te darò le chiavi del regno dei cieli...". Il potere delle chiavi affidato a Pietro consiste nell'accogliere e vivere la volontà del Padre, rivelata da Gesù, affinché tutti gli uomini la possano conoscere e vivere a loro volta. L'ordine finale, dato da Gesù i discepoli, che chiude il brano, può sembrare in contrapposizione con quanto espresso fino a questo punto. Egli, infatti, invita i suoi a non dir nulla per ora. Soltanto dopo la sua Pasqua i discepoli riceveranno l'attrezzatura necessaria per realizzare quanto è avvenuto profeticamente a Cesarea di Filippo.
Si partecipa al regno dei cieli nella misura in cui si accoglie Cristo e la volontà del Padre, che lui è venuto a far conoscere. Non esistono altre possibilità, scorciatoie o raccomandazioni particolari. Chi si inoltra in questa "divina avventura" deve essere consapevole che per mezzo suo altri saranno chiamati a seguire Cristo e a conoscere la volontà del Padre. I frutti ci saranno se ciascuno sarà ben radicato nella comunità di Gesù Cristo, pur con tutti i limiti che essa può manifestare, perché solo lì c'è la certezza dell'opera potente di Cristo risorto.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa liturgia della Parola di questa domenica inizia col testo di Isaia che, a nome di Dio, annuncia l'investitura di Eliakìm, al posto di Sebna, alla carica di sovrintendente del palazzo regale nel regno di Giuda, al tempo del re Ezechia. L'investitura di Eliakìm nel nuovo compito prevede nell'abbigliamento non solo la tunica e la sciarpa, che gli cinge la vita, ma anche che sulla spalla gli sia posta la chiave della casa di Davide. Questo segno gli conferisce l'autorità di aprire e chiudere, nella prospettiva della paternità, il rapporto con Dio per gli abitanti di Gerusalemme. Anche nel vangelo troviamo Gesù che con stile profetico annuncia a Pietro il suo nuovo compito nella chiesa e promette di dargli le chiavi del regno dei cieli. Queste diventano segno del sevizio scaturito dalla volontà del Padre, accolta e vissuta dal discepolo. La lettera ai Romani sottolinea il "mistero" cioè il segreto del progetto salvifico di Dio. Da un lato Dio è fedele alle sue promesse e dall'altro si assiste alle continue infedeltà dell'uomo. Per cui veramente occorre concludere dicendo: "O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 20 agosto 2023 – XX Domenica del Tempo Ordinario A
La fede ottiene tuttoIsaia 56,1. 6 – 7 . Salmo 66 . Romani 11,13 – 15. 29 – 32 . Matteo 15, 21 – 28
Lettura
Gesù, arrivato a Genesaret, è circondato da persone che desiderano essere sanate da lui. In questa località, partendo da una contestazione che gli viene fatta dagli scribi e dai farisei sul comportamento dei discepoli (costoro avrebbero trascurato la tradizione degli antichi), Gesù istruisce la folla su ciò che è puro e ciò che non lo è. Il cuore dell'uomo è la sede della volontà, delle decisioni e degli affetti, che rende pura o impura un'azione. Qui si inserisce il brano odierno che presenta il Regno sei cieli che si diffonde.
Mt 15, 21-2821Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio". 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: "Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!". 24Egli rispose: "Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele". 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: "Signore, aiutami!". 26Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". 27"È vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni". 28Allora Gesù le replicò: "Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita.CommentoL'episodio narrato avviene nella Fenicia, dove si trovano Tiro e Sidone (oggi Libano), territorio sicuramente abitato da non ebrei e quindi considerato pagano. Anche la donna che si avvicina a Gesù è pagana perché cananea. Ella invoca pietà da parte di Gesù e chiede il suo intervento nei confronti della figlia in grave difficoltà. Va sottolineato che la donna pagana riconosce subito Gesù come Signore e facente parte della stirpe davidica. Gesù dapprima non si lascia coinvolgere nel dialogo con la donna: "egli non le rivolse neppure una parola". L'atteggiamento di Gesù trova spiegazione nelle parole, da lui stesso pronunciate, dopo l'intervento dei discepoli, che gli chiedono di esaudire la domanda della donna. Gesù dichiara che la sua missione è primariamente rivolta "alle pecore perdute della casa d'Israele". Egli, Figlio di Davide, ha il compito di guarire e risanare il popolo d'Israele, perché ritorni a Dio. La donna insiste nel chiedere aiuto. Nasce così un breve colloquio tra Gesù e la cananea, che sottolinea la salvezza da lui portata. Il nuovo intervento di Gesù valorizza tale dimensione. La missione di Gesù è prima di tutto per Israele. La donna risponde riconoscendo il privilegio d'Israele e affermando la possibilità che anche altri (i cagnolini) possano partecipare al banchetto della salvezza, cibandosi soltanto "delle briciole che cadono dalla tavola". Gesù riconosce nelle parole della donna una grande fede, capace di ottenere tutto: "avvenga per te come desideri". Ella non solo riceve la guarigione della figlia, ma con lei si apre la missione di Gesù Cristo verso i pagani.
E' la fede che permette di partecipare alla salvezza portata da Gesù Cristo! Davanti a lui non conta più essere ebrei o pagani, ma è determinante la modalità credente attraverso la quale ci si accosta a lui. E' ancora la fede il criterio che determina l'esclusione o l'appartenenza al Regno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema della salvezza, destinata a tutte le genti, percorre la liturgia della Parola di questa domenica.
Il profeta Isaia, nella prima lettura, anticipa l'universalità della salvezza. Anche gli stranieri, "che hanno aderito al Signore per servirlo... e per essere suoi servi", saranno partecipi della benedizione di Dio. Nel Vangelo, attraverso il colloquio di Gesù con la donna cananea la salvezza viene presentata come possibilità per tutti, anche per i pagani, a condizione che abbiano fede. Infine Paolo, scrivendo ai romani, li esorta ad essere testimoni coerenti, per diventare motivo di stimolo nei confronti degli ebrei, affinché qualcuno si possa salvare. L'apostolo poi sottolinea che la chiusura dei suoi consanguinei a Cristo e al vangelo ha portato la misericordia di Dio a tutti gli uomini. Forse gli ebrei torneranno all'obbedienza sollecitati dalla fede dei pagani diventati tutti discepoli di Cristo? Per ora conclude Paolo tutti siamo segnati dalla disobbedienza per fare esperienza della misericordia di Dio.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 15 agosto 2023 – Assunzione della Beata Vergine Maria
Maria, primizia della Chiesa gloriosaApocalisse 11, 19a; 12, 1-6a. 10ab
Salmo 44
1 Corinzi 15, 20-26
Luca 1, 39-56
Lettura
L'evangelista s. Luca, dopo il prologo, nel primo capitolo del vangelo narra dapprima l'inizio dell'esistenza di Giovanni Battista e poi l'annuncio a Maria della nascita di Gesù. A coronamento del dittico precedente, troviamo il brano presentato dalla Solennità odierna, che si articola attorno alla figura delle due madri.
Lc 1, 39-56
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo . Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo . 45E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto".46Allora Maria disse:"L'anima mia magnifica il Signore47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,48perché ha guardato l'umiltà della sua serva.D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.49Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotentee Santo è il suo nome;50di generazione in generazione la sua misericordiaper quelli che lo temono.51Ha spiegato la potenza del suo braccio,ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;52ha rovesciato i potenti dai troni,ha innalzato gli umili;53ha ricolmato di beni gli affamati,ha rimandato i ricchi a mani vuote.54Ha soccorso Israele, suo servo,ricordandosi della sua misericordia,55come aveva detto ai nostri padri,per Abramo e la sua discendenza, per sempre".CommentoIl racconto inizia con una cornice introduttiva che riporta la notizia del viaggio di Maria verso la città di Giuda, del suo ingresso nella casa di Zaccaria e del saluto rivolto alla cugina Elisabetta. Col v.41 si apre la prima parte della pericope che è dominata dall'esperienza e dalle parole di Elisabetta. All'inizio si afferma che "il bambino sussultò nel suo grembo" dopo aver "udito il saluto di Maria". Poi il racconto continua rilevando il dono dello Spirito Santo concesso ad Elisabetta: "fu colmata di Spirito Santo". Infine ella, sotto ispirazione, comincia a parlare profeticamente: benedice Maria per la sua maternità ("Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo"), la manifesta madre del Signore, in virtù dell'esperienza vissuta nell'incontro con lei, proclama "beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto". Col v.46 inizia la seconda parte che vede in scena Maria, la quale canta a Dio il "Magnificat". Questo è un cantico tratto dalla preghiera tradizionale ebraica. Con genere letterario diverso, Maria riprende le parole di Elisabetta pronunciate poco prima, collocandole profondamente nel mistero di Dio suo Salvatore. Maria si fa interprete di tutti i poveri della terra e con riconoscenza canta le grandi opere compiute da Dio, suo Signore e salvatore. Dio manifesta le sue azioni grandi in chi è umile e semplice, donando a loro la sua misericordia. Il Signore è sempre fedele alle sue promesse: "Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre".
L'incontro delle due madri narrato da Luca, le quali a titolo diverso stanno vivendo un particolare rapporto col mistero di Dio, suggerisce alcune importanti indicazioni. Prima di tutto Maria trova nel dialogo con Elisabetta la conferma del progetto in cui il mistero di Dio l'aveva inserita. Poi Maria esercita, nei confronti della cugina, un ministero di mediazione in ordine al dono dello Spirito Santo. Infatti, Elisabetta lo riceve dopo aver udito la voce della madre del Signore. Infine Elisabetta, ricevuto lo Spirito, è da lui guidata e riesce così a percepire il mistero che si sta compiendo nella cugina. In conclusione si può affermare che nell'incontro interpersonale, vissuto nella volontà di Dio e nella comunione ecclesiale, non solo si chiarisce e si comprende la propria vocazione, ma si ha pure il dono sovrabbondante dello Spirito che permette una lucida e penetrante comprensione del mistero di Dio. Il dono dello Spirito è anche anticipazione e garanzia della vita eterna. Il dono dello Spirito rende consapevoli dell'opera di Dio, della sua fedeltà e della sua misericordia, ed orienta verso il Regno eterno, meta definitiva della vita.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 13 agosto 2023 – XIX Domenica del Tempo Ordinario
Vivere con fede nel SignoreI Re 11,9a. 11 – 13 . Salmo 84 . Romani 9,1 – 15 . Matteo 14, 22 – 33 (anno A)
Lettura
Continua la lettura del capitolo quattordicesimo del vangelo di Matteo. Dopo le parabole del capitolo tredici, l'evangelista ha raccolto episodi importanti di autorivelazione di Gesù. Egli cerca di comunicare agli amici più affezionati la sua identità più profonda.
Mt 14, 22-3322Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: "È un fantasma!" e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". 28Pietro allora gli rispose: "Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque". 29Ed egli disse: "Vieni!". Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!". 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: "Davvero tu sei Figlio di Dio!".CommentoIl racconto inizia presentando Gesù che manda i suoi discepoli sull'altra sponda del lago e che congeda la folla. Va sottolineato poi la scelta compiuta da Gesù: "salì sul monte a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo". E' per lui tappa decisiva e fondamentale la preghiera in solitudine, che ritma la sua giornata e la sua vita. La narrazione poi riprende presentando l'attraversata del lago da parte dei discepoli sulla barca. Il lago è agitato a causa delle onde provocate dal "vento contrario" e quindi per i discepoli si profila un momento di difficoltà. Alla fine della notte essi sono ancora sulla barca. Molto probabilmente, dopo aver attraccato all'altra riva del lago, hanno ripreso la navigazione nella notte per la pesca. E' in questo momento che Gesù si avvicina a loro "camminando sul mare". Il modo insolito scelto da Gesù per raggiungere i suoi, suscita in loro paura e turbamento tanto da essere scambiato per un fantasma. Le parole di Gesù chiariscono l'equivoco: "coraggio, sono io, non abbiate paura". A questo punto abbiamo una scena dedicata all'apostolo Pietro. Egli, dopo aver sentito le parole del maestro, titubante ed incredulo, chiede un'ulteriore prova: Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque". Gesù acconsente e Pietro inizia il suo cammino sulle acque verso il maestro. Però la paura, l'incertezza ed il dubbio prevalgono nell'apostolo, che non si sente sicuro sulle acque agitate. Cominciando a sprofondare chiede aiuto al Signore: "Signore, salvami!". Gesù lo solleva e lo toglie dal pericolo, però nello stesso tempo lo rimprovera: "uomo di poca fede, perchè hai dubitato?". Il brano si chiude presentando la nuova situazione di tranquillità e di pace creatasi quando Gesù sale sulla barca. Allora tutti i discepoli si prostrano davanti al Signore, riconoscendolo Figlio di Dio: "Davvero tu sei Figlio di Dio!".
La vita dei discepoli è sempre l'attuazione di una missione a loro affidata da Gesù Cristo. Tale missione, per essere colta nelle sue implicanze più complesse e per essere attuata con fedeltà, richiede ai discepoli l'impegno della preghiera e della riflessione silenziosa. La difficoltà ed i problemi, che si incontrano lungo il tragitto, si possono superare se si ha consapevolezza che il Signore è sempre accanto a noi, anche attraverso modalità non immediatamente percepibili, e se si crede nella sua azione costante a favore dei suoi amici. Senza la fede si sprofonda nel buio e nella disperazione.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
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Goito 6 agosto 20203– Trasfigurazione del Signore
Chiamati a vedere il SignoreDn 7,9-10.13-14; Sal. 96; Rm 8, 35. 37-39; Mt 17,1-9 (Anno A).
Lettura
Gesù sta compiendo il suo ministero in Galilea. Egli predica e guarisce, chiama i discepoli a seguirlo e sorgono i primi contrasti con gli avversari. Dopo aver scelto i dodici tra i discepoli, li manda in missione. A loro un giorno chiede di dire un parere sul pensiero delle folle su di lui; anch'essi sono invitati ad esprimersi al riguardo. Pietro, a nome di tutti, dichiara la loro fede; questa però è subito messa in difficoltà dal primo annuncio della passione e dalla dichiarazione sulla necessità per il discepolo di portare la croce dietro a Gesù. Qui si colloca la pericope detta della Trasfigurazione.
Mt 17, 1-91Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: "Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo". 6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: "Alzatevi e non temete". 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. 9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: "Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti".Commentol racconto inizia presentando Gesù che, prendendo "con sé Pietro, Giovanni e Giacomo", sale "su un alto monte". Nel mondo antico, l'immagine del monte era abituale per richiamare un luogo dove s'incontrava la divinità, perché lì Dio aveva la sua dimora. Di conseguenza sottolineare il riferimento al monte, come luogo della manifestazione di Dio e della comunione con Lui, rimanda all'esperienza caratteristica di ogni civiltà: la preghiera. Mentre Gesù prega il suo volto si trasforma "e le sue vesti divennero candide come la luce", in quanto simbolo della persona divina. L'evangelista Matteo è particolarmente interessato al colloquio tra Gesù ed i due uomini, identificati poi con Mosé ed Elia. Essi diventano espressione dell'antica alleanza, che Gesù è venuto a portare a compimento. Mosè rappresenta la "Torà-Legge" ed Elia rimanda a tutti i profeti. A questa scena così intensa, in quanto manifestazione della gloria di Cristo, incastonata nella storia della salvezza, fa da contrasto la non comprensione dei discepoli, che assistono al fatto. Pietro, con le parole rivolte a Gesù, occupa la parte centrale del racconto. Egli propone di costruire tre tende, e l'idea è sicuramente inadeguata al momento. Gesù, infatti, non può essere assimilato ai due mediatori dell'antica alleanza. Quanto i discepoli non riescono a raggiungere con le proprie forze la comprensione dell'evento, è possibile sperarlo dall'opera di Dio e dalla sua rivelazione attraverso Gesù. A questo punto avviene un nuovo evento: "una nube luminosa che li coprì con la sua ombra". La nube è sempre segno della presenza di Dio, sia nell'Antico Testamento come nel Nuovo. E dalla nube esce la parola autorevole del Padre che rivela la vera identità di Gesù: "Questi è il figlio mio, l'amato". La presenza di Dio sul monte e la sua parola, spingono i discepoli a fidarsi di Gesù Cristo e a credere ai suoi insegnamenti: "ascoltatelo". Alla fine resta solo Gesù con i discepoli, perché solo lui è l'unico e definitivo rivelatore del Padre.
La trasfigurazione di Gesù è per i discepoli occasione di conoscere la vera identità di Gesù. È un'esperienza che avviene nella preghiera. Ed è Gesù che li aiuta ad entrare nel mistero della rivelazione antica e nuova, e li mette decisamente sulla strada del discepolato che li porta a superare la distanza che li separa dal mistero di Dio. Dio che si rivela è realmente accolto dai discepoli quando diventano capaci di ascoltare e recepire fino in fondo gli insegnamenti di Gesù, che culminano nel portare la croce con lui. Chi nella preghiera crede e ascolta, facendo della croce la regola della vita, cammina con Cristo verso la gloria della Pasqua eterna.
Legami fra le lettureLa Trasfigurazione del Signore invita a riflettere sul tema della visione di Dio. Tutti un giorno vedremo Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Il profeta Daniele, attraverso immagini prese dal linguaggio apocalittico, cerca di descrivere l'esperienza da lui fatta: "il suo trono era come vampe di fuoco... mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano". Colui che è "simile ad un figlio d'uomo", che ha ricevuto "potere, gloria e regno" è Gesù Cristo. La profezia di Daniele si realizza sul Tabor, con la trasfigurazione, e si compirà definitivamente a Gerusalemme con la sua esaltazione gloriosa, dopo avere attraversato il buio della passione e della morte. Pietro afferma di aver conosciuto, udito e sperimentato Gesù Cristo e dichiara di non aver seguito favole, ma la salvezza di Dio. Per questo, attraverso la sua testimonianza, tutti sono invitati a volgere l'attenzione a Gesù Cristo, "lampada che brilla in un luogo oscuro" fino a quando "la stella del mattino", Gesù Cristo, illuminerà per sempre il cuore di ogni donna e di ogni uomo.
Dn 7,9-10.13-14; Sal 96; 2 Pt 1,16-19; Mt 17,1-9
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 30 luglio 20203– XVII Domenica del Tempo Ordinario
Accorgimenti per vivere nel Regno di DioI Re 3,5. 7 – 12 . Salmo 118 . Romani 8, 28 – 30 . Matteo 13, 44 - 52
LetturaContinua la lettura del capitolo tredicesimo del vangelo di Matteo. Del "discorso parabolico" oggi sono presentate tre parabole (il tesoro, la perla e la rete) e la conclusione di tutto il discorso contenuto nel capitolo.
Mt 13, 44-5244Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.51Avete compreso tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". 52Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".CommentoNei primi versetti abbiamo due parabole tra loro collegate. La prima (v. 44) presenta il ritrovamento di un tesoro che era stato nascosto in un campo. Lo scopritore, pieno di gioia vende tutto quello che ha per acquistare il campo col tesoro nascosto. La seconda (v. 45) illustra l'attività di un mercante di perle preziose. Quest'uomo, sempre alla ricerca del pezzo raro, trovatolo, vende tutto per impossessarsene. Le due parabole sono collegate col regno di Dio, lo illustrano e presentano le conseguenze per chi lo trova. Il Regno di Dio è la vita che si sceglie seguendo Gesù ed i suoi insegnamenti, così si fa parte della famiglia di Dio, cioè il suo Regno. La terza parabola (vv. 47 – 50) descrive ciò che fa una rete a strascico gettata nell'acqua. Tutto entrano nella rete senza distinzione. In essa restano impigliati pesci di ogni genere. La selezione di quanto è stato pescato avviene sulla spiaggia ad opera dei pescatori: "raccolgono i pesci buoni... "(v. 48). Segue l'interpretazione della parabola (vv. 49 – 50). Alla fine del mondo Dio attuerà la stessa operazione compiuta dai pescatori dopo la pesca. Che cosa stabilisce la bontà o la cattiveria? Non certo il carattere di una persona, ma lo sforzo che uno compie ogni giorno di essere discepolo del Signore, superando le difficoltà ed impegnandosi seriamente.
La conclusione del discorso mette in risalto i destinatari con una domanda rivolta direttamente a loro: "Avete capito tutte queste cose?". La risposta dei discepoli è positiva, senza riserve o limitazioni. Così la domanda posta a Gesù nel v. 36 ha avuto a questo punto piena soddisfazione. Il testo si chiude con la piccola parabola dello scriba diventato discepolo del regno dei cieli. Costui, non deve accontentarsi di capire, ma è necessario che compia un ulteriore passo. Tutto quanto ha assimilato dall'esperienza cristiana trova la sua vitalità in Gesù Cristo e viene manifestato pubblicamente attraverso la sua testimonianza. La liturgia lascia cadere il v. 53 dove è indicato uno spostamento geografico di Gesù: "Terminate queste parabole, Gesù partì di là".
Per incontrare il Regno di Dio, cioè per vivere un rapporto autentico con Dio, è necessario ricercarlo e vigilare per discernere e cogliere l'occasione giusta nella quale si manifesta a noi. La sua manifestazione definitiva è avvenuta ed avviene attraverso Gesù. Chi incontra Dio nella sua vita, anche se l'evento può essere frutto del caso, deve possedere l'attrezzatura necessaria per cogliere la grandiosità dell'avvenimento e deve essere pronto a mettere in atto ogni strategia possibile per non perdere l'occasione, anche a costo di vendere tutto. Nel corso della storia si nota la convivenza dei buoni e dei cattivi, di coloro che seguono Dio e di coloro che l'hanno rifiutato. Alla fine però Dio li separerà definitivamente. I buoni riceveranno il premio ed i cattivi il castigo. I discepoli non possono accontentarsi di sapere queste cose, ma la loro gioia sta nel metterle in pratica.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa preziosità del "regno di Dio" e l'appartenenza ad esso è il filo conduttore che unisce le letture. Nel vangelo, con le prime due parabole, si sottolinea la decisività dell'incontro con Dio nella vita dell'uomo e la necessità di perseverare nel rapporto con lui. E' questo il "cuore docile", che Salomone chiede a Dio e solo la relazione con Lui può aiutare a "distinguere il bene dal male" e metterlo in pratica nella vita. Chi non si comporta così, alla fine dei tempi sarà giudicato per il premio o per la condanna. Nella lettera di Paolo ai Romani si sottolinea che coloro che amano Dio sono orientati in modo decisivo verso il bene. Dio infatti, porta i suoi eletti a conformarsi sempre più "all'immagine del Figlio suo" in lui si realizza ogni chiamata, giustificazione e glorificazione: "quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 23 luglio 2020 – XVI Domenica del Tempo Ordinario
Solo Dio può giudicare tra bene e maleSapienza 12, 13.16-19; Salmo 85; Romani 8, 26-27; Matteo 13, 24-43
LetturaLa liturgia continua a proporre la lettura del capitolo tredicesimo di san Matteo, denominato "discorso parabolico". Dopo la parabola del seminatore, letta domenica scorsa, e la sua spiegazione data da Gesù stesso, oggi accostiamo altre tre parabole: il grano e la zizzania seminati nello stesso campo, il seme di senapa ed il lievito.
Mt 13, 24-4324Espose loro un'altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: "Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?". 28Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". 29"No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio"".31Espose loro un'altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami ".33Disse loro un'altra parabola: "Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata".34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo". 37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!CommentoLa prima parabola si sviluppa in tre tempi. Il primo è quello della semina del grano e della zizzania in mezzo al grano. Il secondo tempo è costituito dalla crescita. In mezzo al grano, che gradualmente va verso la maturazione, compare anche la zizzania. A questo punto nella narrazione si ha una parentesi, costituita dall'intervento dei servi che chiedono al padrone da dove venga la zizzania e quindi il male che convive col bene. Gesù risponde affermando che il male non viene dal padrone del campo ed è a lui completamente estraneo, esso deriva soltanto dall'avversario: "un nemico ha fatto questo". I servi propongono poi di togliere subito l'erba cattiva dal campo. Questa sembra la soluzione più naturale e corrispondente anche alle abitudini agricole dell'ambiente palestinese. Ma il padrone del campo ha un altro progetto. Egli rimanda la separazione del grano dalla zizzania al tempo della mietitura. La mietitura è il terzo momento del racconto parabolico. In questa fase decisiva non sono più i servi gli esecutori degli ordini del padrone, ma i mietitori ai quali il padrone dice: "raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio". È evidente che le immagini della parabola rimandano a Dio che agisce nella storia, dove anche il maligno è all'opera, impedendo alla Parola, gettata con abbondanza, di portare frutto. Prima di riportare la spiegazione della parabola fatta da Gesù ai discepoli in casa, l'evangelista inserisce due brevi parabole affini. La prima fa leva sul contrasto tra il piccolo seme di senapa posto nel terreno e l'arbusto relativamente grande che ne deriva. Anche la parabola del lievito ruota sulla sproporzione esistente tra la grande massa di pasta fermentata da un poco di lievito. L'azione di Dio nel mondo ed il suo regno non procedono con spettacolarità o trionfalismo, caratteristici delle opere dell'uomo, ma operano silenziosamente dal di dentro oppure con interventi che possono sembrare insignificanti, come la missione di Gesù. I risultati finali sono però inimmaginabili per l'uomo, perché soltanto Dio li conosce e ne è il garante. L'evangelista chiude la prima parte del discorso in parabole con un breve commento rivolto alla folla che rimane estranea alla cerchia dei discepoli. Questo succede non a causa delle parabole di Gesù, che corrispondono allo stile della comunicazione di Dio, ma dei destinatari che si chiudono alla parola di Dio proclamata da Gesù. Infatti, per cogliere nelle parabole il disegno di amore di Dio Padre, si deve stare con Gesù, "entrare in casa" e lasciarsi istruire da lui come fanno i discepoli.
Dio Padre continua ad operare con larghezza nella storia. Qui è presente ed opera anche il maligno in completa autonomia. I discepoli devono evitare il rischio della intolleranza o dell'indifferenza nei confronti del male, sicuri della presenza di Dio, lasciando a lui il compito del giudizio finale. Nel frattempo, la certezza che il regno di Dio è all'opera, anche se in modo nascosto e non appariscente, porta i cristiani a vivere con fiducia perseverante e con misericordia, in continua conversione guidata e stimolata dagli insegnamenti di Gesù.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 16 luglio 2020 – XV Domenica del Tempo Ordinario
La Parola produce sempre frutti abbondantiIsaia 55, 10-11 . Salmo 64 . Romani 8, 18-23 . Matteo 13, 1-23
LetturaNel capitolo dodicesimo l'evangelista san Matteo continua a presentare le posizioni assunte dalla gente davanti a Gesù e al suo ministero. Anche i discepoli, come il maestro, subiscono contestazioni e persecuzioni. Gesù però non si lascia condizionare e continua a compiere la sua missione. Egli si presenta con la stessa autorevolezza e dignità delle figure storiche e profetiche del passato. Qui l'evangelista inserisce il terzo grande discorso di Gesù, che raccoglie le parabole del regno.
Matteo 13, 1-23Mt 13, 1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti". 10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché a loro parli con parabole?". 11Egli rispose loro: "Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. 15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! 16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! 18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno".Commento.
La liturgia propone oggi la prima parte del discorso in parabole di Gesù. Il brano si suddivide in tre parti: la parabola del seminatore (13, 1-9), le motivazioni del discorso in parabole (13, 10-17) e la rilettura della parabola del seminatore (13, 18-23). Il testo si apre con una introduzione che presenta il protagonista. Gesù abbandonato la casa dove ha dato istruzioni ai discepoli, siede ora su una barca e dal mare si rivolge ad una folla numerosa, venuta per ascoltarlo. Per san Matteo la folla è composta da tutte quelle persone che non sono discepoli ed in particolare da coloro i quali ancora non hanno deciso di seguire il maestro e che spesso sono refrattari nei suoi riguardi. A questi destinatari Gesù parla in parabole, cioè con un linguaggio simbolico, il quale, se capito, ha la possibilità di svelare il mistero e mettere in comunicazione profonda con la rivelazione. La parabola è come una finestra che si apre sul mistero di Dio e dalla quale è possibile intravedere la grandezza della salvezza donata all'uomo. La prima parabola pronunciata da Gesù è quella del seminatore. Il racconto si ispira alle condizioni ambientali e alle tecniche agricole della Palestina al tempo di Gesù. Ma del racconto occorre sottolineare l'abbondanza della semente gettata, che rimanda all'azione di Dio sempre carica di speranza anche se le situazioni sono, dal punto di vista umano, difficili o segnate dalla crisi. Un altro punto che merita attenzione è il contrasto tra il fallimento di una maggioranza, che riceve il seme ma non da frutto, e una minoranza la quale accoglie il seme, produce frutti abbondanti e diventa segno e annuncio di speranza. Poi Gesù, stimolato da una domanda dei discepoli, spiega perché parla in parabole alle folle dei giudei ostili verso di lui. Costoro devono aprire gli orecchi e gli occhi per sentire e vedere, come fanno i discepoli e non comportarsi come i loro antenati che hanno vissuto col cuore indurito, cioè non disponibile all'azione di Dio. Se essi vogliono, le parabole di Gesù possono portare alla conversione. Infine Gesù spiega ai discepoli la parabola del seminatore. È questa l'occasione per indicare ancora una volta le caratteristiche del discepolo e del vero ascoltatore della parola evangelica.
Con la parabola del seminatore o meglio dei semi abbondanti gettati nel terreno, Gesù insegna che l'opposizione ed il rifiuto della maggioranza della gente nei confronti del Regno dei cieli è inconsistente davanti ai frutti abbondanti e significativi prodotti da un gruppo di discepoli che accolgono con entusiasmo e fiducia la sua parola. I discepoli sono coloro che cercano di superare le crisi che capitano nel cammino della vita e procedono con perseveranza, ascoltando veramente e comprendendo la parola di Gesù, cioè mettendola in pratica attivamente.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema dell'ascolto fruttuoso della parola di Dio collega le letture di questa domenica. Il brano del vangelo presenta le condizioni indispensabili per un ascolto adeguato della parola del Signore. Anche la prima lettura, tratta dal profeta Isaia, presenta il tema dell'efficacia della parola di Dio mediante la similitudine della pioggia e della neve che irrigano la terra. Così la parola che viene da Dio produce sicuramente effetti ed opera ciò che lui desidera, raggiungendo gli obiettivi desiderati: "la parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero, e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata". La seconda lettura, con altra immagine, indica la stessa realtà. Il seme della gloria futura, immesso nella creazione per mezzo della resurrezione di Cristo, come il seme della parola, prima o poi si rivelerà in pienezza ed il progetto di Dio si manifesterà in tutta la sua grandezza. Nel frattempo è necessario imparare a convivere con l'imperfezione ed i limiti costituiti dalla natura umana.
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APOCALISSE
Ventottesima Lettura
Vediamo ora gli ultimi due capitoli dell'Apocalisse. Pur restando come sottofondo la presenza del male ormai vinto, l'autore si sofferma sulle realtà nuove ed eterne che scaturiscono dalla salvezza portata da Dio per mezzo di Gesù Cristo. Egli viene invocato perché la sua presenza continui a sostenere la Chiesa.
LetturaAp 211E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. 2E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: "Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. 4E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate".5E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose". E soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe e vere". 6E mi disse: "Ecco, sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell'acqua della vita.7Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio.8Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte".9Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: "Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello". 10L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 12È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. 13A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 14Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.15Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. 16La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono uguali. 17Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. 18Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. 19I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, 20il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. 21E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.22In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. 23La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. 24Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. 25Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. 26E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni. 27Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.Ap 221E mi mostrò poi un fiume d'acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. 2In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall'altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all'anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni. 3E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello: i suoi servi lo adoreranno; 4vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. 5Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli.6E mi disse: "Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. 7Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro".8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le mostrava. 9Ma egli mi disse: "Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli, i profeti, e con coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare". 10E aggiunse: "Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. 11Il malvagio continui pure a essere malvagio e l'impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.12Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. 13Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine. 14Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all'albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. 15Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! 16Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino". 17Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta, ripeta: "Vieni!". Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l'acqua della vita.18A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; 19e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.20Colui che attesta queste cose dice: "Sì, vengo presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù. 21La grazia del Signore Gesù sia con tutti.CommentoIl testo inizia presentando tutta una realtà nuova: Cielo e terra. Scompare il mare, il luogo dove vive ed ha sede il male. L'aggettivo nuovo non indica qui una realtà cronologica, appena arrivato, o appena formato. Esso indica qualcosa di definitivo, di perfetto ed escatologico (che riguarda l'escaton cioè le realtà definitive ed eterne). Infatti si parla di "Novissimi" per designare le realtà ultime, l'eternità, la vita dopo la morte. Anche il vangelo lo chiamiamo Nuovo Testamento, in quanto compimento del Primo Testamento. Quante volte troviamo nel NT l'aggettivo "n uovo"! In Isaia 65,17 e 66,22 si presentano i cieli nuovi e la terra nuova. Poi una voce che proviene dal trono dichiara finito il vecchio mondo e l'inizio del nuovo. È un canto liturgico di lode e di speranza. La rappresentazione della Nuova Gerusalemme è la celebrazione di una meta, di un fine pieno e glorioso a noi destinato da Dio. Dio stesso interviene per ribadire con una dichiarazione solenne la sua opera di novità assoluta. In opposizione ai cittadini della Gerusalemme nuova e santa, coloro che hanno vinto il male, che partecipano della stessa vita di Dio, perché suoi figli ed eredi, sono presentati gli esclusi.
Nella descrizione della Nuova Gerusalemme l'autore si ispira a Ez 40-48, Is 60-66 e Zc 14. Prima viene presentata la città sposa che poi diventa la città santa ed è Dio che la rende sposa e santa. Tutta la descrizione della città è perfetta ed è un degno luogo dove abita Dio. Nella nuova Gerusalemme non ci sarà più bisogno di un tempio perché la "gloria" di Dio abiterà tutta la città. Ora nella città tempio tutto è consacrato; il male provocato dalla bestia è stato annientato; l'unica liturgia è quella di Dio e dell'Agnello. L'anagrafe della Gerusalemme nuova coincide con gli elenchi del "libro della vita".
Nella città santa scorre il fiume della vita che è costeggiato dall'albero della vita. L'autore si ispira sicuramente a Ez 47,1-12 che diventa il commento dei primi due versetti. Gli alberi miracolosamente fruttificano ogni mese e hanno potere terapeutico. Ritorna l'albero della vita già incontrato precedentemente (cfr. Gn 2,9 e 3,24). Entra ora in scena Gesù che ripete la frase: "ecco io vengo presto". È la venuta di Gesù nella celebrazione liturgica della comunità. È la venuta di Gesù a liberare i cristiani perseguitati e oppressi. È la venuta di Gesù a salvare i suoi amici. Ed è Giovanni che ha visto e udito, e che si prostra per adorare l'angelo; l'angelo però si rivolge a Giovanni e gli dice di alzarsi perché solo Dio occorre adorare e tutti gli altri esseri celesti o terrestri sono creature di Dio; solo Lui bisogna adorare. Gesù poi si presenta come l'autore della salvezza, dall'inizio fino alla fine della storia e anche all'interno del popolo ebraico. Per questo motivo lo si invita a "venire", come abbiamo detto sopra. Nel frattempo i cristiani hanno il mandato di custodire, conoscere e mettere in pratica la Scrittura, così come è stata consegnata. Gesù sicuramente viene e verrà per salvare i suoi amici.
Conclusione- Nel mondo esiste il male ed imperversa
- Chi lo accoglie ne è succube e perde la comunione con Dio
- Dio ha vinto il male per mezzo di Gesù Cristo
- Chi resta unito a lui nell'assemblea dei credenti non deve temere nulla
- La salvezza è donata a tutti coloro che seguono Gesù Cristo
- È una salvezza donata individualmente e comunitariamente e la dimensione comunitaria è fondamentale e costitutiva
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 9 luglio 2023 – XIV Domenica del Tempo Ordinario
Gesù è l'unico rivelatore autorizzatoZaccaria 9, 9-10 . Salmo 144 . Romani 8, 9.11-13 . Matteo 11, 25-30
LetturaDopo le parole relative al discepolato del capitolo decimo, abbiamo ora una sezione che presenta le posizioni assunte dalle persone davanti a Gesù e al suo ministero (Mt 11-12). All'inizio incontriamo la perplessità del Battista che, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, si chiede se lui sia veramente colui che deve venire oppure se si debba aspettare un altro inviato. Per questo invia una delegazione ad intervistare Gesù. Poi si ha il giudizio durissimo di Gesù sulle città, che hanno assistito e partecipato al suo ministero e non hanno risposto con la conversione. A questo punto abbiamo le parole di Gesù sui discepoli (Mt 11, 25-30), il brano di questa domenica.
Mt 11, 25-3025In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".CommentoIl testo può essere suddiviso in tre parti. Dapprima incontriamo la preghiera di Gesù diretta al Padre (vv. 25-26) attraverso la quale lo ringrazia e lo benedice con una formula presa dalla tradizione spirituale ebraica: "ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra". L'accento cade poi sulla motivazione della preghiera di lode. Il Padre ha scelto liberamente e gratuitamente "i piccoli" come destinatari privilegiati della rivelazione, escludendo "i sapienti e gli dotti". I piccoli sono coloro che Gesù chiama anche poveri e vanno identificati con i discepoli credenti, che accolgono con disponibilità e generosità la rivelazione del Padre offerta per mezzo di Gesù. I sapienti e i dotti invece sono coloro che non accolgono la rivelazione di Dio oppure dicono di accoglierla ma, attraverso comportamenti e scelte particolari, pongono invece al centro della vita se stessi e non la volontà del Padre. Nella seconda parte (v. 27) Gesù si presenta Figlio del Padre e suo unico rivelatore autorizzato. Egli infatti, in virtù della relazione col Padre e della sua conoscenza, può far conoscere Dio agli uomini: "tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo". Ne consegue che solo in una relazione vitale con la persona ed il messaggio di Gesù si può entrate nel cuore del cristianesimo ed incontrare veramente il mistero di Dio. Infine (vv. 28-30) Gesù invita tutti coloro che sono "stanchi ed oppressi" ad andare con lui. Queste categorie di persone sono da identificare immediatamente in coloro che sono oppressi, sovraccaricati e schiacciati dal regime farisaico della interpretazione della legge. Ma anche ogni persona di ogni tempo stanca e schiacciata può sentire rivolta a lei le parole di Gesù. A tutti costoro Gesù offre ristoro perché propone un modo nuovo di portare il "giogo" dell'alleanza, della legge del Signore e di vivere la prova. Queste non sono più un peso connotato legalisticamente, o che schiacciano soltanto, ma attraverso Gesù, che vive con amore il rapporto col Padre, i comandamenti di Dio e le prove della vita sono la possibilità unica e concreta di essere in comunione con lui. Egli, a differenza dei farisei, non solo fa conoscere la volontà di Dio, ma è il primo ad attuarla in modo pieno con amore generoso. Per questo Gesù può dire: "imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".
In conclusione, Gesù rivolgendosi ai piccoli, ai discepoli del vangelo, dichiara che Dio Padre fa conoscere e fa vivere per mezzo di lui tutto il mistero della salvezza. È attraverso Gesù Cristo che si ha la sicurezza di entrare e partecipare alla relazione di amore col Padre. Imitando Gesù ed imparando da lui, gli insegnamenti evangelici non sono da vedere come imposizione autoritaria da sopportare, ma manifestazione dell'amore del Padre. Se il vangelo è accolto con amore e vissuto con generosità, diventa la possibilità concreta che oggi abbiamo di vivere la comunione diretta col mistero di Dio.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
APOCALISSE
Ventisettesima Lettura
L'Apocalisse dopo aver descritto i lamenti innalzati sulla terra dai re, dai mercanti e dai naviganti, a causa della caduta di Babilonia, la città del male, ora si descrivono i canti di festa che si spiegano in cielo. Anche altre visioni vengono descritte (cfr. cap. 20).
LetturaAp 201E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. 2Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; 3lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo. 4Poi vidi alcuni troni - a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare - e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; 5gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. 6Beati e santi quelli che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni. 7Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere 8e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magòg, e radunarle per la guerra: il loro numero è come la sabbia del mare. 9Salirono fino alla superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. 10E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.11E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. 12E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. 13Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. 14Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. 15E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.CommentoCome nella seconda parte del capitolo 19, anche nel ventesimo sono presentate delle visioni e precisamente tre, introdotte dal verbo "vedere": vv. 1. 4. 11. Queste visioni dobbiamo leggerle bene perché nel corso dei secoli hanno attirato molta attenzione con la cifra dei "mille anni". Nacque da questa indicazione la tesi del "millenarismo"[1] . Abbiamo davanti a noi un trittico ed il primo si apre con un angelo che ha in mano "la chiave dell'abisso". Questo simbolo rimanda al potere sull'area infernale (cfr. 1,18 e 9,1; Mt 16,18 "le chiavi del regno dei cieli"). Solo Cristo, attraverso il suo angelo, può disporre della città dell'Abisso, cioè del luogo del castigo. Il male pur essendo ancora vivo e terribile è però incatenato. È questo un messaggio di fiducia e speranza rivolto alla chiesa. Il fatto che il male sia lasciato libero forse allude alla passione e morte di Cristo e dei Cristiani. Con la presenza di Dio e di Cristo accanto a noi è possibile non temere più il male, anche quando apparentemente imperversa. Le sue armi non sono invincibili ma spuntate, la sua forza è reale ma incatenata e bloccata. Nella seconda visione si presenta una specie di corte celeste che forse viene ripresa da Dn 7. Al regno e al giudizio partecipano i testimoni di Gesù e della Parola, i martiri che non si sono piegati alla Bestia. Essi hanno perso la vita per ottenerla in pienezza (cfr. Mc 8,35). Si parla poi di "prima risurrezione". Con questa espressione si intende lo stato dei credenti che hanno già ricevuto il premio eterno e sono in attesa del giudizio definitivo. Loro continueranno a vivere in Cristo e gli altri subiranno la seconda morte. Forse si può anche intendere che i cristiani, prima che si concluda la vicenda umana, partecipano come sacerdoti alla gloriosa liturgia celeste, nel consesso della corte divina. Alla conclusione del tempo simbolico dei mille anni, il tempo della storia della salvezza, si ha lo scontro finale tra bene e male. Esso sfocia nel giudizio ultimo. Già si è parlato di ciò in 19,11 ma l'autore non fa un racconto consequenziale ma procede ad immagini che ritornano continuamente su se stesse. Terminato il millennio simbolico Satana sarà liberato dalla prigione in cui Cristo l'aveva rinchiuso e scatena il suo ultimo assalto (v. 7). Raduna da tutta la terra i suoi seguaci pronti a schierarsi con lui e li chiama con una coppia di nomi presi a Ezechiele: Gog e Magog (cfr. Ez 38-39). Che significato abbiano questi nomi è incerto, sicuramente incarnano le potenze storiche nemiche del popolo di Dio. Il male ha un numero di adepti sterminato e puntano sull'"accampamento dei santi". Vi è una allusione a Israele pellegrino nel deserto e alla Gerusalemme dei giusti: la città amata. Questa azione dei malvagi è ostacolata da un intervento del cielo che col fuoco li distrugge e confina il diavolo, la bestia ed il falso profeta (il potere ingiusto, il peccato e la devianza religiosa) nell'area infernale. Il male quindi soccombe e per lui non c'è via di scampo. Si passa ora al giudizio finale vero e proprio descritto nell'ultimo quadro. È l'ultimo atto che avviene nella storia che inaugura l'eternità. È Dio che giudica in base a quanto è scritto nei libri celesti, sui quali sono registrate le azioni ed i segreti di tutti gli uomini. Dio ribalterà tutte le falsità umane, le ipocrisie e giudicherà con rettitudine ogni persona. Dio è indicato dal trono bianco su cui egli siede. Tutta l'umanità passa davanti a Dio per essere giudicata secondo le opere compiute. Si parla ancora anche del libro della vita, dove saranno registrati i salvati. I morti che devono essere giudicati provengono da tre ambiti diversi: il mare, la morte e gli inferi. Il mare è simbolo del caos e del dominio del male; la morte rappresenta la realtà che tutto divora; gli inferi (lo sheol) indica la realtà dove sono i morti in attesa del giudizio, Ade per i greci. Chi non è scritto nel libro della vita è destinato allo "stagno di fuoco". È una raffigurazione simbolica per raffigurare l'allontanamento definitivo da Dio, la "seconda morte".
- Che idea abbiamo di Dio? È un distruttore che penalizza o è amore che salva?
- Il male è stato vinto per sempre però occorre vigilare per non esserne condizionati.
- Il mondo è stato bonificato dal male, però è necessario che sia continuamente rinnovato.
[1] Già nel mondo giudaico alcune tradizioni religiose apocalittiche ritenevano che dopo settemila anni del mondo ci sarebbe stato l'avvento del Messia con un regno da lui fondato. Questo regno era spesso indicato con un periodo di mille anni. Nei primi secoli del cristianesimo molti pensavano che l'Apocalisse proponesse, prima della venuta definitiva del Regno di Dio, un tempo del Messia di mille anni. Questa teoria dei mille anni del Messia, prima della fine della storia, fu condannata dal Concilio di Efeso del 431, ma non si spense ed emerse con alcuni movimenti radicali del Medioevo ed è presente anche ai nostri giorni nei gruppi religiosi e nelle sette apocalittico-fondamentalistiche. I Padri della Chiesa in particolare Origene ed Agostino proposero fondamentalmente una interpretazione simbolica del millennio, cioè i mille anni sono un simbolo di una fine che ci sarà ma non si sa quando. Sostanzialmente si possono individuare due interpretazioni. La prima vede in questi mille anni, che accompagnano la prima vittoria sulla bestia, l'antica Alleanza, cioè la storia della salvezza rappresentata dall'Antico Testamento, alla quale poi subentra la piena vittoria di Cristo, che ha il suo culmine nella nuova Gerusalemme. L'altra interpretazione vede in questi mille anni la definizione simbolica del tempo della chiesa, che va dalla Pasqua di Cristo alla pienezza finale. In questo arco il male non è annientato, ma è incatenato e lo si vince con la lotta quotidiana della comunità dei giusti che è unita a Cristo.
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 2 luglio 2023 – XIII Domenica del Tempo Ordinario
Nell'accoglienza si gioca la missione2 Re 4, 8-11.14-16° . Salmo 88 . Romani 6, 3-4.8-11 . Matteo 10, 37-42
LetturaContinua la lettura del capitolo decimo di san Matteo in cui si raccolgono le istruzioni date da Gesù ai suoi discepoli. Dopo il passo di domenica scorsa, troviamo una serie di sentenze pronunciate da Gesù (10, 34-42). Le prime (vv. 34-36) riguardano l'ostilità familiare incontrata dal discepolo. Le altre (vv. 37-42) toccano il tema della sequela del discepolo, che ha accettato di seguire il maestro.
Matteo 10, 37-42In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".CommentoIl brano di questa domenica si apre con una affermazione di Gesù sulla sequela, utilizzando l'immagine della relazione familiare e filiale. Nella vita del discepolo è prioritaria la fedeltà a Cristo e tutto dipende da questa scelta di fondo: "chi ama padre o madre più di me non è degno di me". A questa prima indicazione di Gesù è strettamente correlato l'invito a prendere e portare la croce con lui. Non esiste discepolato evangelico autentico senza che vi sia condivisione con la croce del maestro: "chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me". Ciò significa che per essere discepoli occorre lottare e soffrire per essere fedeli al vangelo e nello stesso tempo si è provati a causa delle difficoltà che il regno incontra nell'impatto col mondo. Seguono due sentenze imperniate sull'antitesi trovare e perdere la vita: "chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà". Chi cerca di possedere la vita, diventando lui il protagonista assoluto attraverso prospettive e scelte egoistiche, l'annulla e la rende inutile. Il discepolo invece, che è invitato a donare la vita gratuitamente agli altri, percorrendo le infinite strade indicate dall'amore, sull'esempio di Cristo Signore, dà ad essa senso e non la spreca inutilmente. Le ultime sentenze sono accomunate dal verbo accogliere, che sottolinea la prospettiva missionaria a cui è chiamato il discepolo. Tutta l'evangelizzazione si gioca nella dinamica dell'accoglienza di Dio e delle persone. Se da un alto i discepoli sono uguali al Figlio, perché hanno accettato di seguirlo, e chi accoglie loro accoglie il Figlio ed il Padre che lo ha mandato, dall'altro gli inviati, consapevoli della loro identità acquisita e della missione ricevuta, devono usare tutte le strategie per essere accolti e per accogliere. L'evangelizzazione non è uno sportello pubblico a disposizione di chi ne ha bisogno, ma un dono indispensabile da offrire alle persone, partendo dai bisogni concreti di tutti ai quali i discepoli cercano di venire incontro con vero amore disinteressato. Chi accoglie i discepoli, che sono i bambini del regno ed i piccoli delle beatitudini, i quali si sforzano di modellare la loro vita sugli insegnamenti del Signore, riceve ricompensa sicura, cioè partecipa direttamente e subito alla comunione ecclesiale e alla vita trinitaria col Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
In conclusione, le coordinate che orientano l'esistenza del discepolo sono la fede radicale in Dio, il Padre, e la solidarietà irreversibile di destino con il Cristo crocefisso. Da questa relazione vitale deriva l'identità del discepolo e l'impegno incondizionato per l'annuncio del vangelo. Questo è da portare a tutti, offrendolo come dono che sgorga da amore solidale.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 25 giugno 2023 – XII Domenica del Tempo Ordinario
Tu vali molto davanti a Dio!Geremia 20, 10-13 . Salmo 68 . Romani 5, 12-15 . Matteo, 10, 26-33
LetturaSiamo ancora nel secondo grande discorso di Gesù, presentato dall'evangelista san Matteo, in cui si indicano le regole per essere suoi discepoli. Dopo il brano della domenica precedente, sulle coordinate della missione, troviamo un passo decisivo riguardante la persecuzione e la sofferenza dei discepoli. Queste sono caratteristiche intrinseche alla vita e alla missione evangelica. A questo punto è inserito il brano di oggi.
Mt 10, 26-3326Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.CommentoIl testo inizia con un invito esplicito rivolto ai discepoli: "non abbiate paura". Poco prima Gesù aveva infatti parlato della persecuzione dei discepoli e della loro solidarietà col maestro crocefisso: "sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia... è sufficiente per un discepolo essere come il suo maestro" (Mt 10, 16-25). Ora sostiene i suoi con una accorata esortazione, prevedendo le persecuzioni, che nel corso dei secoli avrebbero incontrato a causa del vangelo. L'invito a non temere ritorna poi in altri due punti del brano. "Non abbiate paura..." si legge all'inizio del v. 28 e al v. 31: "non abbiate dunque paura". Gesù, dicendo di non temere gli uomini, intende suggerire ai suoi di non lasciarsi condizionare dalle persone che seguono il male. Infatti, prima o poi tutto diventerà palese e ogni segreto sarà svelato. Cioè il male sarà smascherato ed annientato ed il bene si affermerà definitivamente. Per questo il vangelo va proclamato anche se procura sofferenza, persecuzioni ed insuccessi. È necessario però una precauzione. Non bisogna lasciarsi irretire dal maligno, che lavora subdolamente permeando gradualmente la vita dei cristiani con ragionamenti, scelte ed atteggiamenti che svuotano dal di dentro la forza del vangelo. Il maligno va combattuto perché "ha il potere di far perire e l'anima e il corpo". La motivazione di tale comportamento complessivo dei cristiani, animato dalla speranza e dalla fiducia nel Signore, sta nella consapevolezza che il Padre si prende cura direttamente di ciascuno. Come infatti Dio si interessa personalmente dei passeri e dei capelli del capo dell'uomo, così egli guarda con più attenzione alle persone, le quali valgono molto più dei passeri, in quanto create a sua immagine. Il brano si conclude con due sentenze che ruotano attorno ai verbi riconoscere e rinnegare. Chi testimonia il vangelo con coerenza, senza lasciarsi condizionare da paure o da giudizi che vengono dal maligno, sarà accolto ed approvato da Gesù e dal Padre. Chi invece si sottrarrà, per qualsiasi ragione, alle sue responsabilità di credente, non riceverà giustificazioni da Dio.
In conclusione, chi accetta di seguire Gesù Cristo non può lasciarsi condizionare dalla paura che nasce dal confronto o dallo scontro con gli uomini. La forza del vangelo ha sempre la meglio anche se immediatamente può sembrare una scelta debole e perdente. La paura è una tentazione del maligno. Per superarla occorre rafforzare la consapevolezza e l'esperienza diretta della vicinanza di Dio Padre. Egli, infatti, si interessa realmente e personalmente di ciascuno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema che unisce le letture di questa domenica è espresso dall'invito di Gesù a "non temere". Si tratta di ritrovare le ragioni profonde della fiducia e della speranza, da mantenere e consolidare anche in mezzo alle prove che nascono dall'annuncio e dalla testimonianza del vangelo. Questa scelta di fiducia coraggiosa e serena è suggerita dalla prima lettura di Geremia. Egli viveva in un ambiente che gli era ostile in quanto sosteneva la riforma religiosa messa in atto dal re Giosia. Infatti sono stati soppressi i santuari locali per favorire il culto centralizzato a Gerusalemme. Questa operazione tocca gli interessi di molte persone e quindi nella regione di Ananot, dove vive Geremia, si arriva al punto di minacciarlo di morte. Le posizioni del profeta contro la corruzione del suo ambiente non solo gli alienano gli amici e conoscenti, ma gli attirano addosso scherni ed insulti. Egli però si fida del Signore ed a lui affida la sua causa. Per questo la situazione si capovolge. Non è il profeta a cadere, ma i suoi persecutori. La vittoria finale è attribuita al Signore che ha liberato "la vita del povero dalle mani dei malfattori". La seconda lettura invita a non temere soltanto gli avversari, ma anche il peccato. Se questo sembra a volte dominare l'umanità, il credente è invitato ad essere certo che dopo "il dono di grazia", che è Gesù Cristo, la salvezza di Dio è riversata "in abbondanza su tutti gli uomini".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 18 giugno 2023 - XI Domenica T.O.
Tutti missionari con le parole e con i fattiEsodo 19, 2-6 . Salmo 99 . Romani 5, 6-11 . Matteo 9, 36 - 10, 8
LetturaDopo il "discorso della montagna" (cc. 5-7), l'evangelista raccoglie in due capitoli (cc. 8-9) materiali che presentano le opere potenti compiute dal Messia. Egli non solo proclama la parola di salvezza, ma la realizza concretamente nella vita delle persone. Un segno di cui Gesù si serve per testimoniare la sua opera è il miracolo. La liturgia odierna ci riporta gli ultimi versetti di questa parte del vangelo ed i primi del secondo grande discorso di Gesù: le istruzioni date ai discepoli (c. 10).
Mt 9, 36-10,836Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore . 37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!".10, 1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.ContenutoIl brano odierno inizia con una nota redazionale contenente la reazione emotiva di Gesù nei confronti del popolo ("Gesù, vedendo le folle, sentì compassione... ") ed una sua sentenza riguardante i discepoli: "la messe è molta, ma gli operai sono pochi". Alla condizione miserevole del popolo corrisponde la compassione di Gesù, che è all'origine della missione allargata poi ai discepoli. Poiché vi è contrasto tra l'abbondanza della messe e la scarsità degli operai addetti alla mietitura, Gesù chiede ai discepoli di pregare perché molti operai possano continuare la sua missione. Inizia poi il cosiddetto "discorso di missione", che si divide in due parti: la chiamata dei discepoli-apostoli (10, 1-4) e il loro invio in missione con le relative istruzioni (10, 5-15). Nel testo liturgico quest'ultima parte non è riportata per intero; abbiamo soltanto l'indicazione dei destinatari della missione ed il programma consegnato ai discepoli. Matteo inizia il capitolo presentando Gesù che chiama a sé i dodici discepoli per affidare loro la sua stessa autorità. Questa autorità messianica, donata da Gesù ai suoi, li abilita all'annuncio autorevole del vangelo accompagnato da segni, che rendono credibile la loro predicazione. Il numero dodici si collega alle dodici tribù d'Israele, che rappresentano il popolo di Dio. Nel gruppo dei dodici, di cui sono riportati i nomi ed alcune caratteristiche personali, è da sottolineare il posto preminente occupato da Pietro. Nel gruppo poi, passano in secondo piano l'appartenenza alle antiche tribù d'Israele e la militanza religiosa degli individui. Infatti convivono ebrei osservanti, un "pubblicano", considerato collaborazionista col potere dominante, e un nazionalista ("Simone il cananeo", che significa zelota o nazionalista) che si era impegnato a combattere gli stranieri dominatori. Dopo la presentazione dei dodici abbiamo le istruzioni affidate da Gesù agli inviati. Colpisce la delimitazione del loro ambito d'azione: "non andate tra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele". Come Gesù, anche gli apostoli, collaboratori diretti del maestro, sono mandati ad annunciare il regno prima di tutto agli ebrei. Solo dopo la sua passione, morte e resurrezione di Gesù la loro missione si aprirà a tutte le genti. Infine troviamo indicato il programma missionario scandito in due momenti: l'annuncio del regno ("strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino") ed il suo compimento nei segni autorevoli e credibili ("guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni").
Senza preconcetti Gesù chiama i discepoli a collaborare con la sua missione e a prolungarla dopo la sua Pasqua. A fondamento dell'incarico ricevuto i discepoli sanno che vi é la condivisione, da parte del Signore, delle necessità dell'umanità. Per questo ogni servizio, ispirato al vangelo, deve proclamare in modo forte la presenza di Dio nella storia e dichiarare con le opere che il Signore, attraverso la Chiesa, continua a risollevare le miserie dell'umanità. È allora conseguenza irrinunciabile la preghiera incessante, perché sempre ci siano operai per il vangelo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'immagine biblica del "popolo di Dio" dà unità alle tre letture. Nella prima lettura troviamo le radici del popolo di Dio, quando il Signore promette ai figli d'Israele di costituirli come suo popolo, "un regno di sacerdoti e una nazione santa". Per mezzo di Mosé il Signore presenta la condizione fondamentale per entrare e vivere nell'alleanza: "ora, se voi vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza". Questa proposta è preceduta dall'azione gratuita ed efficace di Dio che ha fatto uscire il popolo dalla condizione di schiavitù in Egitto e lo ha condotto fino alla montagna dell'alleanza. L'immagine del nuovo popolo di Dio si ritrova anche nel vangelo, quando Gesù associa alla sua missione di pastore messianico il gruppo dei dodici, inviato alle "pecore perdute della casa di Israele". Essi dovranno guidare, nel nome del Signore, il gregge che vaga senza pastore. La seconda lettura manifesta il criterio di fondo attraverso il quale si partecipa al popolo di Dio: "Dio dimostra il suo amore per noi perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". La vita piena, donata da Gesù Cristo, è anche la meta del cammino del popolo di Dio.
PER ATTUALIZZARE- I discepoli del Signore condividono con lui la missione di portare il vangelo a tutti.
- L'umanità è da guardare con comprensione, così come ha fatto Gesù, condividendone le ansie e le sofferenze ed offrendo percorsi di ripresa e di speranza.
- Necessità persistente di pregare perché nella comunità non manchino mai gli "operai" necessari per il vangelo.
PER APPROFONDIRECdA nn. 432-435: La Chiesa definitivo popolo di Dio; nn. 560-561: La missione di ogni cristiano