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Lectio divina Santissima Trinità - A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 4 giugno 2023 - Santissima Trinità

Padre, Figlio e Spirito: mistero di salvezza per tutti
Esodo 34, 4b-6..8-9 . Daniele 3, 52-56 . 2 Corinzi 13, 11-13 . Giovanni 3, 16-18

Lettura
Il terzo capitolo del vangelo secondo san Giovanni si apre con la presentazione della visita notturna fatta da Nicodemo a Gesù. Il capo dei giudei era rimasto colpito dai segni compiuti dal Rabbì e, dialogando con lui, spera di conoscere meglio il "maestro venuto da Dio". Di questa lunga conversazione fa parte il brano della solennità odierna.

Gv 3, 16-18
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

Commento
Il testo inizia presentando il protagonista: Dio. È lui la causa prima dell'innalzamento del "Figlio dell'uomo" (v.14) ed è lui la fonte inesauribile di "vita eterna" (v.15) per chiunque crede in Gesù Cristo. Il posto di Dio Padre diventa a questo punto preminente. Il suo amore è la ragione sia del dono del Figlio, che salva dalla morte eterna ("perché chiunque crede in lui non vada perduto"), come del dono dello Spirito Santo, che genera alla vita eterna, la vita di Dio, tutti i suoi figli ("ma abbia la vita eterna"). La salvezza però non è soltanto per i credenti. Essa è offerta dal Padre anche al "mondo perché sia salvato per mezzo" del Figlio. La presenza del Figlio nel mondo non è una condanna del luogo in cui abitualmente domina il demonio, ma è un giudizio nel senso che provoca gli uomini a decidersi con urgenza a favore di Gesù Cristo o contro di lui: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo". Il brano si chiude affermando già presente nell'oggi la salvezza portata da Cristo a coloro che credono in lui. Mentre gli uomini che non credono nel Figlio e persistono nella loro scelta, anche se lui è venuto incontro a tutti, la condanna è già stata decretata da loro stessi. Il dono del Figlio è per il superamento della morte, causata dal peccato, e per ottenere la vita di Dio attraverso l'azione dello Spirito. I vv. 19-21 (che non fanno parte del nostro testo, ma che è bene considerare) presentano, con affermazioni di non immediata comprensione, l'idea che chi crede vive nella "luce" e "le sue opere sono state fatte in Dio". Al contrario colui che preferisce "le tenebre", fa di tutto "perché non siano svelate le sue opere" e questo diventa segno della sua mancanza di fede.

In conclusione, l'incontro con Gesù è decisivo per i singoli, per chi fa parte della Chiesa e per l'umanità intera presente in tutto il mondo. Egli è il dono del Padre per la vita eterna nello Spirito. Con Gesù si rianima la speranza nella misericordia e nel perdono di Dio. Lo stare con lui diventa allora discriminante in ordine al proprio comportamento etico. Le scelte concrete di ogni giorno dovrebbero di conseguenza essere illuminate dalla luce di vita che da Gesù scaturisce. La sequela di Gesù Cristo è pure condizione indispensabile per accedere alla vita dello Spirito, che introduce nella dimensione dell'eterno.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
Le letture odierne presentano il mistero della fede cristiana, che oggi si celebra, e l'atteggiamento spirituale necessario per accostarsi ad esso. Il testo dell'Esodo riporta nei suoi tratti essenziali la scena dell'ultimo incontro di Dio con Mosé, dove egli scopre il volto nascosto di Dio "misericordioso e pietoso". A questa lettura del Primo testamento corrispondono quelle del Nuovo testamento, dove l'apertura al mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito diventa esplicita. L'espressione di questa fede cristiana si incontra nella breve formula di saluto che chiude la Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi". Il brano del Vangelo di Giovanni, che commenta il dialogo tra Gesù e Nicodemo, riflette sulla rivelazione dell'amore di Dio Padre. La realtà dell'amore di Dio si fa presente nel dono del Figlio unigenito per la salvezza eterna, nello Spirito, di chiunque crede. Dio, che era, è e sarà, abbraccia con la sua presenza e la sua azione il passato, il presente ed il futuro.

La vita
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio Divina Pentecoste - A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale - Madonna della Salute
Goito 28 maggio 2023 – Pentecoste

Lo Spirito Santo guarisce dal peccato
Atti 2, 1-11 . Salmo 103 . 1 Corinti 12, 3b-7.12-13 . Giovanni 20, 19-23

Lettura
Il brano del vangelo di san Giovanni della solennità di Pentecoste si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e di Giovanni e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambia per il giardiniere. Il testo fa parte di un testo più ampio in cui sono presentati anche la figura di Tommaso ed una seconda apparizione del Risorto ai discepoli, quando tutti erano radunati in casa.

Gv 20, 19-23
19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".

Commento
Il testo si apre con la manifestazione di Gesù risorto nel cenacolo il giorno stesso di Pasqua. Dopo essere entrato a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei", li saluta donando loro la pace: "Pace a voi!". Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, genera gioia nei discepoli che vedono e riconoscono il Signore. L'accento posto sulle ferite di Gesù serve a stabilire continuità tra crocefissione e resurrezione. Gesù risorto, che sta davanti ai discepoli nel cenacolo, è lo stesso Gesù che morì sulla croce e da lui essi ricevono il frutto della resurrezione. Prendendo nuovamente la parola Gesù invia i suoi a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". I discepoli devono continuare l'opera del Figlio e per questo è necessaria la sua costante presenza tra loro. Ciò diventa possibile per mezzo del dono dello Spirito Santo, che il Padre manda nel nome di Gesù e che Gesù stesso manda ai suoi. Con un gesto simbolico, che si collega con la creazione primordiale ("soffiò e disse loro..."), Gesù rinnova l'essere umano col soffio vivificante di Dio. Ai discepoli Gesù conferisce anche l'autorità di perdonare i peccati nel suo nome: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". I discepoli possono perdonare o non assolvere i peccati degli uomini, perché adesso continuano nella storia quanto ha operato Gesù, mandato dal Padre. Egli, infatti, ha smascherato il peccato, in qualsiasi ambito si trovasse, ed ha indicato con decisione la via del bene, espressa dalla volontà del Padre. I discepoli poi, attraverso il dono dello Spirito Paraclito ricevuto, sanano l'umanità dai morsi del peccato e da esso gradualmente la liberano.

In conclusione Gesù risorto continua ad essere accanto ai suoi discepoli e non li abbandona sulle strade del mondo. Egli opera assiduamente in mezzo a loro i prodigi che scaturiscono dalla sua resurrezione. Ora però essi sono chiamati ad esporsi in prima persona e ad assumersi tutte le responsabilità necessarie, per continuare in ogni tempo la missione del Risorto. Il dono dello Spirito Santo, concesso abbondantemente alla comunità dei credenti, permette di realizzare la volontà del Padre, di lottare col male, vincendolo, e di sanare tutti gli uomini feriti dal peccato.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
Il dono dello Spirito Santo, dato alla Chiesa, è il tema unificante le tre letture odierne. La Chiesa continuamente prega dicendo: "Vieni, Santo Spirito"; l'invocazione è sinonimo di "Vieni, Signore Gesù". Il dono che Gesù ha promesso a quelli che pregano il Padre nel suo nome è lo Spirito Santo. L'effusione dello Spirito fa nascere la Chiesa come santa convocazione dei credenti, capaci di proclamare nelle lingue e nelle culture dei popoli le "grandi opere di Dio". Lo Spirito Santo è il dono che Gesù ha promesso ai discepoli e che egli stesso comunica alla sera di Pasqua con un gesto simbolico. L'esperienza di Pentecoste accompagna la vita della comunità credente perché tutti sono immersi "in un solo Spirito per formare un solo corpo". La vitalità del corpo di Cristo, che è la Chiesa, si esprime nella varietà e molteplicità dei doni spirituali che sono dati a ciascuno per l'utilità comune. Le tre letture della solennità di Pentecoste offrono notevoli spunti per la contemplazione e la preghiera.

La vita
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Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 24

APOCALISSE
Ventiquattresima Lettura

L'Apocalisse si avvia ora verso il suo culmine, cioè la descrizione del giudizio divino sul male incarnato in una donna-metropoli, prostituta e chiamata Babilonia, alla quale subentrerà la rappresentazione della salvezza dei giusti nella città-sposa, la Gerusalemme celeste. Nei capp. 17 e 18 impera la figura di Babilonia la storica nemica d'Israele.

Lettura
Ap 17
1E uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe, venne e parlò con me: "Vieni, ti mostrerò la condanna della grande prostituta, che siede presso le grandi acque. 2Con lei si sono prostituiti i re della terra, e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione". 3L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era coperta di nomi blasfemi, aveva sette teste e dieci corna. 4La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle; teneva in mano una coppa d'oro, colma degli orrori e delle immondezze della sua prostituzione. 5Sulla sua fronte stava scritto un nome misterioso: "Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli orrori della terra". 6E vidi quella donna, ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore. 7Ma l'angelo mi disse: "Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, quella che ha sette teste e dieci corna. 8La bestia che hai visto era, ma non è più; salirà dall'abisso, ma per andare verso la rovina. E gli abitanti della terra il cui nome non è scritto nel libro della vita fino dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era, e non è più; ma riapparirà. 9Qui è necessaria una mente saggia. Le sette teste sono i sette monti sui quali è seduta la donna. E i re sono sette: 10i primi cinque sono caduti; uno è ancora in vita, l'altro non è ancora venuto e, quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco. 11La bestia, che era e non è più, è l'ottavo re e anche uno dei sette, ma va verso la rovina. 12Le dieci corna che hai visto sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale per un'ora soltanto, insieme con la bestia. 13Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia. 14Essi combatteranno contro l'Agnello, ma l'Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re; quelli che stanno con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli".
15E l'angelo mi disse: "Le acque che hai visto, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, nazioni e lingue. 16Le dieci corna che hai visto e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco. 17Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si compiano le parole di Dio. 18La donna che hai visto simboleggia la città grande, che regna sui re della terra".

Commento
Babilonia è la città storica nemica di Israele (Is 13-14; Ger 50-51; Sal 137) che diventa simbolo personificato del male e del potere demoniaco. Molti però pensano che il riferimento sia a Roma e al suo impero che perseguitava i cristiani e che è vista come l'incarnazione della idolatria. Altri pensano che sia una raffigurazione generale del male e non identificabile con una città specifica. Con Ravasi ritengo che qui si intenda Babilonia come la Roma imperiale. Sicuramente in quell'immagine si possono vedere anche degli elementi di portata più generale che indicano lo scontro tra giudaismo ufficiale e cristianesimo delle origini. Gerusalemme che ha ucciso i profeti e crocifisso Cristo incarna il male e sarà giudicata da Dio. La distruzione della città ad opera dei romani nel 70 dC ne è la prova concreta. Ma dalle ceneri della città infedele (prostituta) Dio farà sorgere la nuova Gerusalemme abitata dai giusti di tutti i tempi (cfr. 21-22). Con il titolo di grande prostituta nei testi biblici si è soliti indicare le grandi potenze votate ad altri idoli (Tiro, Babilonia, Ninive). In queste città oltre ad adorare divinità pagane erano previsti riti della fertilità comprendenti apparati celebrativi orgiastici e sessuali. Anche Roma rientrava in questa descrizione. È il fascino del male e della perversione. L'autore si ispira a Ger 51,13 dove Babilonia è collocata su fiumi che sono anche simbolo del male e del caos. Poi Giovanni è condotto dall'angelo nel deserto, simbolo dell'intimità con Dio e della tentazione nello stesso tempo. Il deserto è anche simbolo della ribellione d'Israele a Dio. Nel deserto la prostituta è assisa sulla bestia, figura ben nota dai capitoli precedenti. Si sottolinea la connessione tra Babilonia e Satana. La donna è ammantata di porpora imperiale e adornata di gioielli, come il principe arrogante di Tito (cfr. Ez 28,13) e regge il calice contenente tutte le sue nefandezze, che fa ingurgitare ai suoi seguaci drogandoli. Il male è descritto in tutta la sua malvagità: potere (porpora), ricchezza (oro), lusso unito al piacere (pietre preziose e perle) che sono le grandi forze seduttrici. Al v.5 sulla fronte della donna appare la sua identificazione. Il nome scritto sulla fronte rimanda ad una usanza di Roma dove le prostitute avevano scritto il nome su un nastro avvolto attorno alla testa. Ma qui si può anche pensare al marchio satanico inciso sulla fronte opposto al sigillo divino che già abbiamo visto. Giovanni resta stupito di fronte ala potenza del male e alla sua arroganza. Ci sarà una risposta a questa meraviglia con l'indicazione del senso e dello scopo. Sarà l'angelo interprete a spiegare tutto, egli illuminerà il senso trascendente della storia umana così solcata dal sangue e così inquinata dal male (v.7). proprio perché abbiamo a che fare con il mistero la descrizione sarà enigmatica ed oscura. La bestia è una presenza incombente e potente nella storia, ma non è incrollabile ed eterna. I sette colli sarebbero i famosi sette colli di Roma? I sette re sarebbero i re di Roma succedutesi prima dell'autore dell'apocalisse e il settimo non ancora venuto perché contemporaneo all'autore sarebbe Nerone? C'è una certezza che l'ultima parola non sarà del male ma del bene. Il potere oppressivo ha la sua origine nella bestia satanica, ma si ramifica in tanti sovrani e potenti di questo mondo. Forse l'autore indirettamente afferma che il potere umano è sempre male? Si se non è purificato dall'Agnello. Le ore del male sono limitate e la sua fine è ormai imminente perché eterno è soltanto Dio. V. 15 Babilonia diventa simbolo di tutta l'umanità che fa il male. Ben presto sulla donna si scatenerà il giudizio e la condanna del Signore dei signori e del Re dei re, il vero e unico Onnipotente.

- Essere consapevoli che il male è tra noi e facilmente si può aderire ad esso anche in modo inconsapevole o subdolo.
- Nell'esercizio del potere si nasconde una grande tentazione satanica.
- Dio è il Signore e stare con lui attraverso l'Agnello si partecipa alla vittoria finale.

Lectio Divina Ascensione - A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 21 maggio 2023 - Ascensione del Signore

Evangelizzando s'incontra il Risorto!
Atti 1, 1-11 . Salmo 46 . Efesini 1, 17-23 . Matteo 28, 16-20

Lettura
Siamo alla conclusione del vangelo secondo san Matteo. Le donne al sepolcro, trovato vuoto, hanno avuto l'annuncio della resurrezione di Gesù. Egli stesso per via va loro incontro e, dopo essere stato adorato, affida ad esse l'incarico di andare dagli altri fratelli ad annunciare di recarsi in Galilea, perché là lo avrebbero incontrato risorto.

Mt 28, 16-20
16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

Commento
I cinque versetti, che chiudono il primo vangelo, possono essere suddivisi in due sequenze. La prima (28, 16-17) presenta l'azione degli undici discepoli che, obbedendo alle parole di Gesù dette alle donne, si recano al luogo dell'appuntamento, "sul monte che Gesù aveva loro fissato". Troviamo anche descritta la loro reazione alla vista di Gesù: "gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano". Va sottolineato che i discepoli, pur nella solennità dell'avvenimento e nella prospettiva pasquale in cui si colloca, non sono esenti dal dubbio. La seconda sequenza (28, 18-20) ha Gesù per protagonista. Egli si avvicina ai discepoli e pronuncia le ultime parole, articolandole in tre sentenze. Dapprima incontriamo una dichiarazione sulla sua autorità universale: "mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra". Gesù, dopo la resurrezione, è costituito pienamente Signore e può esercitare la sua autorità dappertutto e per sempre. Al centro vi è il comando dato ai discepoli come conseguenza della sua piena e definitiva signoria: "andate dunque e fate discepoli tutti i popoli... ". Ora la missione dei discepoli non ha più limiti e tutti gli uomini possono diventare seguaci del Signore Gesù Cristo, attraverso l'azione potente del Risorto, che continua a chiamare persone per mezzo dei suoi. La fecondità della missione e l'abbondanza dei discepoli diventano prova concreta della veridicità dell'essere discepoli fedeli. L'appartenenza a Gesù risorto si attua attraverso il segno battesimale celebrato "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", e la piena accoglienza - attuazione del suo insegnamento. L'esplicito riferimento al battesimo sottolinea il rilievo dato alla dimensione ecclesiale nell'esperienza di discepolato, che nasce dalla pasqua del Signore. L'ultima parola di Gesù è una promessa che vale come garanzia di incoraggiamento e fiducia: "ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". La presenza permanente e definitiva di Gesù con la sua comunità si estende fino alla fine del mondo. Essa non dipende dalla qualità o dalla prestazione dei discepoli ma dalla fedeltà di Dio Padre.

Gesù risorto è sempre con i suoi! La fede dei discepoli nella sua presenza può essere incerta o assente. S'incontra Cristo Signore, si percepisce tangibilmente la sua presenza e si cresce nella fede se i credenti si impegnano tutti in una reale missione evangelizzatrice, proporzionata alle sensibilità e ai doni di ciascuno. Anche la partecipazione motivata, affettiva e fedele alla vita comunitaria e l'accoglienza nella vita degli insegnamenti lasciati da Gesù contribuiscono a rendere vivo ed autentico l'incontro con il Risorto.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
L'ascensione al cielo del Signore collega le tre letture odierne. L'evangelista san Matteo presenta Gesù risorto, costituito nella pienezza dei suoi poteri, che invia i discepoli a tutte le genti e promette di essere con loro tutti i giorni fino alla fine del mondo. Il momento culminante dell'esperienza pasquale dei discepoli di Gesù, coincide con la loro missione ai popoli per mezzo della quale la sua signoria si manifesta nella storia del mondo. La stessa esperienza viene espressa nella pagina che apre il libro degli Atti degli apostoli. L'ascensione di Gesù al cielo conclude la sua missione storica, quello che egli "fece e insegnò", e dà inizio alla missione futura dei discepoli. Essi, attraverso l'incarico ricevuto dal Risorto e confermato dal dono dello Spirito, diventano suoi delegati o apostoli nel mondo. Perciò l'ascensione di Gesù al cielo è preceduta da un periodo di preparazione dei discepoli alla missione futura. Il testo della Lettera agli Efesini offre l'opportunità di riscoprire la radice ed il fondamento della speranza. Essa è l'atteggiamento fondamentale dei discepoli dopo l'Ascensione. Questa festa rimanda alla signoria di Dio rivelata e attuata per mezzo di Gesù Cristo risorto, alla quale i cristiani sono chiamati ad aderire in pienezza.

La vita
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- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
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Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 23

APOCALISSE
Ventitreesima Lettura

Continua il grande scenario che raffigura il giudizio sul male del mondo, con gli angeli flagellatori protagonisti. Costoro poi porteranno le coppe da versare sulla terra.

Lettura
Ap 16
1E udii dal tempio una voce potente che diceva ai sette angeli: "Andate e versate sulla terra le sette coppe dell'ira di Dio". 2Partì il primo angelo e versò la sua coppa sopra la terra; e si formò una piaga cattiva e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e si prostravano davanti alla sua statua. 3Il secondo angelo versò la sua coppa nel mare; e si formò del sangue come quello di un morto e morì ogni essere vivente che si trovava nel mare. 4Il terzo angelo versò la sua coppa nei fiumi e nelle sorgenti delle acque, e diventarono sangue. 5Allora udii l'angelo delle acque che diceva: "Sei giusto, tu che sei e che eri, tu, il Santo, perché così hai giudicato. 6Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti; tu hai dato loro sangue da bere: ne sono degni!". 7E dall'altare udii una voce che diceva: "Sì, Signore Dio onnipotente, veri e giusti sono i tuoi giudizi!". 8Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco. 9E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di pentirsi per rendergli gloria. 10Il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore 11e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei loro dolori e delle loro piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni. 12Il sesto angelo versò la sua coppa sopra il grande fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell'oriente. 13Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti impuri, simili a rane: 14sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare i re di tutta la terra per la guerra del grande giorno di Dio, l'Onnipotente. 15Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e custodisce le sue vesti per non andare nudo e lasciar vedere le sue vergogne. 16E i tre spiriti radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn. 17Il settimo angelo versò la sua coppa nell'aria; e dal tempio, dalla parte del trono, uscì una voce potente che diceva: "È cosa fatta!". 18Ne seguirono folgori, voci e tuoni e un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sulla terra. 19La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. 20Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono. 21Enormi chicchi di grandine, pesanti come talenti, caddero dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché davvero era un grande flagello.

Commento
Una voce possente, forse quella di Dio, esce dal tempio celeste che sta alle spalle dei sette angeli incaricati di compiere l'intervento definitivo di giudizio sulla storia. La voce ordina di "versare" l'ira di Dio sulla terra, svuotando "le sette coppe". Dalle coppe esce il fiume della collera di Dio. Nell'Apocalisse vengono introdotti due tipi di coppe: quelle della preghiera e dell'incenso (5,8) e quelle del giudizio che troviamo ora. Alla coppa della condanna si contrappone il calice eucaristico nel senso della lode e del rendimento di grazie. Si apre la sequenza delle sette coppe versate sulla terra e modulata sul settenario precedente delle trombe e delle piaghe d'Egitto. La prima coppa col suo flagello colpisce gli adoratori della bestia che si erano consacrati completamente al male. Quasi una sorta di battesimo del male contrapposto al battesimo cristiano. Il flagello è costituito da una piaga cattiva e maligna che allude a Es 9,10 (ulcere con pustole). Il peccatore è devastato e tormentato. Il contenuto della seconda coppa è gettato nel mare e si trasforma in un liquido che procura morte per tutti gli esseri viventi. Anche in questo caso ci si riferisce alla seconda piaga d'Egitto Es 7,17-21. Tutta la creazione è danneggiata e marcita a causa del peccato dell'umanità. Il terzo angelo colpisce le acque dolci. Egli è chiamato "angelo delle acque". Nella letteratura ebraica spesso si legge che il Creatore ha posto degli angeli a sorvegliare gli elementi della creazione: acqua, luce, fuoco, vento, pioggia ecc.). L'inquinamento delle sorgenti e dei fiumi diventa una anti-creazione che colpisce l'empio alle sue radici della sua esistenza. L'angelo delle acque aggiunge un commento al suo gesto. Al sangue versato dai persecutori e dagli oppressori viene opposto il sangue da bere messo davanti ai malvagi. Chi ha versato il sangue degli innocenti dovrà provare disgusto davanti al sangue. Forse qui c'è anche l'allusione al sangue di Cristo che smaschera i criminali e li annienta. La quarta coppa coinvolge il sole. Il flagello consiste in un aumento impressionante della temperatura che tutto consuma incenerendo gli uomini (cfr. Sal 121,6; Is 4,6 e 49,10). È interessante notare come le piaghe dell'Apocalisse abbiano dei riscontri concreti nelle degenerazioni ambientali a cui l'umanità ha portato il nostro pianeta in epoca moderna. L'ottusità, l'egoismo e l'arroganza dell'umanità anticipano e prefigurano l'infelicità prodotta dal peccato e la sua condanna. Gli uomini, tormentati dai flagelli, invece di convertirsi si scatenano nella bestemmia. La quinta coppa sembra riprendere la nona piaga d'Egitto (Es 10,21-23). La coppa è versata sul trono della bestia e una grande oscurità invade tutto cioè la sede del male che per l'autore è il potere repressivo ed oppressivo incarnato da Roma imperiale, con la sua autorità tirannica e persecutrice. Tuttavia ancora i malvagi anche se sofferenti non si convertono e si ribellano bestemmiando Dio. Cecità esteriore e cecità interiore si intrecciano si intrecciano in un'unica trama di morte e di giudizio (cfr. Gv 9,41). La sesta coppa viene versata nel fiume Eufrate. Il fiume richiama la superpotenza babilonese (Is 8,6-8). L'alveo del fiume si trasforma in una strada percorsa dagli eserciti dei re dell'Oriente. Qui si allude alle invasioni militari che producano devastazione e morte. Si tratta di una purificazione dal male che corrompe la terra. Qui abbiamo una figura ternaria che descrive il male: il drago, la bestia e il falso profeta. Da essi escono gli spiriti immondi che si oppongono allo Spirito Santo e ai sui doni. Le rane diventano raffigurazioni degli spiriti del male collegandosi con Es 8,1-3. Questa ribellione del male sembra avere la meglio (cfr. morte di Cristo), però sarà tutto ribaltato dalla sua risurrezione gloriosa. Il grande giorno del giudizio si sta avvicinando ed ha come sfondo Armaghedon (har Meghiddo= monte di Meghiddo) cittadina fortezza strategica collocata nella piana d'Israel ai piedi del Monte Carmelo, distrutta e costruita almeno venti volte e diventata simbolo di sofferenza e di morte. In filigrana l'autore vede il Golgota, il monte dell'estremo combattimento tra Cristo e le forze del male attorno alla croce. Infine la settima coppa viene versata nell'aria. Il cataclisma che segue rimanda all'apparizione di Dio giudice, la missione degli angeli è finita ed ora arriverà Dio. L'obiettivo è la terra con la città di Babilonia. Sotto l'immagine della città mesopotamica si nasconda il profilo della Roma imperiale. Altri pensano a Gerusalemme che ha ucciso i profeti ed ora i cristiani. Questa città ostile a Dio è fatta a pezzi e viene scardinato tutto il sistema che appoggiava su di essa. Dio demolisce anche le realtà più solide che obbediscono al male. Infine abbiamo una grandinata terribile con chicchi di 35 Kg (così pesava un talento) cfr. Gs 10,11. Sopra tutte le potenze politiche e militari incombe sempre in ultima istanza il Signore dell'essere e della storia.
- Viene in evidenza il creato distrutto dall'uomo
- Dio è superiore al male ed ha sempre l'ultima parola su tutto
- Cristo morto e risorto ha vinto il male con la battaglia della croce

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