LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 14 settembre 2025, Esaltazione della Santa Croce T. O. - Anno C
Gesù crocefisso dona la vita eternaNumeri 21,4b-9 • Salmo 77 • Filippesi 2,6-11 • Giovanni 3,13-17
Lettura
La festa odierna ci invita a riflettere su un brano del vangelo di san Giovanni che fa parte del dialogo tra Gesù e Nicodemo del capitolo terzo. Nicodemo, membro del sinedrio, si reca da Gesù di notte e a lui pone delle domande. Gesù, rispondendo ai quesiti, illumina dapprima il ruolo dello Spirito Santo (vv.3-8), poi la figura del Figlio dell'uomo (vv.11-15) ed infine Dio Padre (vv.16-21).
"In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: «Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui»".CommentoIl testo si apre con la presentazione dell'origine celeste del Figlio dell'uomo. Questa idea viene espressa con le immagini del salire e del discendere dal cielo: "nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo" (v.13). Il discorso di Gesù continua collegandosi alla vicenda narrata da Nm 21,9. Il Figlio dell'uomo, quando sarà innalzato in croce, porterà la salvezza e "la vita eterna" a "chiunque crede in lui", così come il serpente di rame alzato su un palo da Mosé sanava dai morsi dei serpenti velenosi coloro che con fede lo guardavano (vv.14-15). Gesù dà infine la motivazione dell'innalzamento del Figlio dell'uomo: "Il Figlio unigenito" viene dato perché Dio ama tanto il mondo (v.16). Le conseguenze di tale dono d'amore sono: "la vita eterna" per "chiunque crede in lui", la salvezza "per mezzo di lui", l'esenzione dal giudizio di condanna e dalla morte eterna (vv.16-17).
Gesù annuncia di essere stato mandato da Dio come dono per l'umanità. La modalità attraverso la quale egli si dona è quella dell'innalzamento sulla croce. Tutto questo avviene non per la condanna dell'uomo, ma per la sua salvezza e per la partecipazione alla vita eterna. Condizione richiesta è la fede in Gesù, Figlio prediletto del Padre.
Collegamento fra le lettureNel deserto gli israeliti vivono un'esperienza difficile. Essi, liberati da Dio dalla schiavitù egiziana, hanno la tentazione di ritornare sui loro passi e di considerare il passato migliore della situazione presente. Per questo mormorarono "contro Dio e contro Mosé" dicendo: "Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto?". Il Signore punì la loro ribellione inviando serpenti velenosi. Quando il popolo prese coscienza del proprio peccato e con umiltà chiese a Mosé che pregasse, perché il Signore allontanasse da loro quei serpenti, Dio offrì un segno di salvezza: chi lo guardava poteva guarire. Nel vangelo Gesù, dialogando con Nicodemo, anticipa il modo attraverso il quale egli si farà dono per la salvezza dell'umanità: sarà innalzato sulla croce. Questa volta il dono di Dio non è per la condanna o la morte, ma per la vita eterna. Per questo allora, come dice san Paolo scrivendo ai Filippesi, "Cristo Gesù... non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo" e "umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce". Davanti ad un dono simile "ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 7 settembre 2025, XXIII Domenica T. O. - Anno C
Seguire il Signore senza distrazioniSapienza 9,13-18 . Salmo 89 . Filemone 9-10.12-17 . Luca 14,25-33
Lettura
La scena della cena in casa di uno dei capi dei farisei si chiude con la parabola del banchetto a cui gli invitati non partecipano. Allora il padrone riempie la sua casa di poveri, storpi, ciechi e zoppi, perché così nessuno dei primi invitati può gustare la sua cena. A questo punto la narrazione segna una svolta ed appaiono le folle, che sono destinatarie dei discorsi del brano odierno.
Lc 14, 25-3325Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: 26"Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: "Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro". 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.CommentoIl brano si apre con due parole di Gesù rivolte a "una folla numerosa", che andava con lui. Egli, voltandosi, idealmente si rivolge a tutti coloro che si sentono suoi discepoli e lo stanno seguendo. Ad essi dapprima indica un elenco di cosa sia necessario "odiare". Il verbo odiare è da intendere nel senso di posporre. Chi segue Gesù non può collocare la madre, il padre, la moglie, i figli... e perfino la propria vita al primo posto come oggetto principale d'amore. Il rapporto con Gesù, e per mezzo suo col Padre, ha la preminenza su tutte le altre relazioni. Non a caso sono sette le relazioni da collocare in seconda posizione. Il numero sette sta ad indicare la totalità di se stessi e delle relazioni interpersonali. Coloro che intendono seguire Gesù e non si orientano in tale direzione, non possono essere suoi discepoli. La scelta di seguire Cristo deve caratterizzare tutta l'esistenza del cristiano ed esige la prontezza a posporre i legami familiari e la propria vita per essere veramente e durevolmente suoi discepoli. Gesù dice poi ai suoi, che sono paragonabili ai condannati a morte ("chi non porta la propria croce..."), i quali non hanno più la vita nelle loro mani perché la sentenza capitale è già stata pronunciata e stanno incamminandosi verso il patibolo. La parola di Gesù approfondisce ulteriormente con l'immagine del condannato, che porta la croce, cosa significhi odiare "perfino la propria vita". Il discepolo deve vivere sapendo di non poter più disporre della propria vita, perché è stata messa completamente nelle mani del Signore. Seguono due parabole che presentano la necessità di prendere nella vita cristiana decisioni adeguate e concrete in base alle situazioni e alle proprie possibilità. L'esperienza del discepolato va costruita pazientemente, giungendo fino alla sua completezza; essa è anche come una battaglia da sostenere con energia e forza per non soccombere di fronte alle prove e alle difficoltà. Il brano si chiude con una terza parola di Gesù. Egli invita i discepoli a staccarsi anche da tutti gli averi, da tutti i beni materiali. Questi non possono mai essere collocati all'apice degli interessi e degli affetti; devono sempre essere messi in gioco e diventare relativi fino a rinunciarli, se necessario, per portare a termine la scelta di essere discepoli del Signore.
Conclusione. Intraprendere il cammino di discepoli del Signore è un affare serio e totalizzante per la persona. In esso occorre procedere con saggezza, investendo con razionalità, realismo, e determinazione, lottando ed aggredendo i problemi che si incontrano. Per camminare speditamente e stare realmente al passo col Signore, è necessario qualificare sempre più la relazione con lui, mettendo in secondo piano i rapporti con gli altri, con se stessi e con i beni che si possiedono.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'esperienza del discepolato non può essere condotta secondo le categorie e le conoscenze umane. La prima lettura al riguardo afferma che a stento l'uomo riesce a raffigurarsi le cose terrene e a fatica conosce quelle a portata di mano. La riflessione dell'uomo è sempre molto fragile a causa dei limiti imposti dal corpo: "la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri". Se questo vale per le realtà terrene, a maggior ragione accade per tutto quanto riguarda Dio. Il pensiero di Dio può essere intuito soltanto per mezzo del dono dello "Spirito Santo dall'alto". Egli, unito alla sapienza, permette di avere la salvezza, che si concretizza nel seguire fedelmente Gesù Cristo. Se Gesù nel vangelo relativizza persone, beni materiali e se stessi in vista del rapporto con lui, la seconda lettura fa intravedere un modo nuovo di vivere da cristiani le relazioni umane. Queste diventano fondamentali ed importanti se collocate nel Signore. Ogni individuo diventa un dono che viene dal Signore e quindi un aiuto per seguire lui.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 31 agosto 2025, XXII Domenica T. O. - Anno C
Autoeducarsi evangelicamenteSiracide 3, 17-18.20.28-29 . Salmo 67 . Ebrei 12, 18-19.22-24c . Luca 14, 1.7-14
Lettura
Col capitolo quattordici inizia una serie di insegnamenti di Gesù rivolti agli scribi, ai farisei e alla folla. Egli tiene i discorsi mentre è seduto a tavola con varie persone. Il fatto che dà origine alla conversazione sostenuta da Gesù, è la guarigione da lui compiuta di sabato, mentre è a mensa in casa di uno dei capi dei farisei, e la gente lo guarda. Le prime parole di Gesù riguardano la legittimità di operare una guarigione di sabato. Segue poi il passo liturgico odierno.
Lc 14, 1.7-141Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. (2Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa. 3Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: "È lecito o no guarire di sabato?". 4Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. 5Poi disse loro: "Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?". 6E non potevano rispondere nulla a queste parole) .7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8"Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: "Cedigli il posto!". Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: "Amico, vieni più avanti!". Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".12Disse poi a colui che l'aveva invitato: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".CommentoDopo l'introduzione al v. 7, il brano è composto da due parti: la parabola degli invitati a nozze (vv. 8-11) e le esortazioni sulla ospitalità fatte al padrone di casa (vv. 12-14). Invitato a pranzo a casa di uno dei capi dei farisei, Gesù è colpito dal fatto che tutti i chiamati a partecipare al banchetto cercano di collocarsi ai primi posti. Da tale osservazione prende le mosse la prima esortazione di Gesù: "quando sei invitato alle nozze... non metterti al primo posto". È una questione di buon comportamento da tener presente per evitare di creare situazioni spiacevoli per sé e per gli altri. Gesù dà poi una seconda esortazione: "quando sei invitato va a metterti all'ultimo posto". Sembra quasi che voglia indicare un metodo efficace per ottenere promozioni o posti eminenti davanti agli uomini, ma non è così. La sentenza sapienziale conclusiva - "chiunque si esalterà sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato" - dà la prospettiva giusta in cui va letto l'insegnamento di Gesù. Una regola di comportamento conviviale viene proposta come critica ai comportamenti sociali e religiosi assunti dagli ascoltatori di Gesù e diventa provocazione nei confronti dei valori posti a fondamento della propria esistenza. In una società dove contano successo e carriera, Gesù propone umiltà e modestia come atteggiamenti fondamentali da assumere. La pericope si chiude con le esortazioni date a colui che ospita Gesù: i pranzi e le cene non vanno offerti a chi poi a diverso titolo può ricambiare; occorre ospitare coloro da cui non si ricava alcun vantaggio. Gesù sottolinea il disinteresse e la generosità come atteggiamenti fruttuosi in vista della "ricompensa alla risurrezione dei giusti".
Di fronte ad un comportamento scorretto, osservato da Gesù nei suoi interlocutori, egli prende spunto per insegnare degli atteggiamenti fondamentali che qualificano la vita cristiana: umiltà, disinteresse e generosità. Questi sono importanti non solo nella relazione dei discepoli col loro maestro, ma diventano indispensabili per raggiungere la comunione eterna col Signore. A tali atteggiamenti occorre autoeducarsi per tutta la vita.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa lettera agli Ebrei invita a considerare che tutta l'esperienza religiosa vissuta nel cristianesimo è un incontro continuo col "Dio vivente", così come Israele lo incontrò sul monte Sinai. In quella occasione, coloro che udirono la parola di Dio, lo scongiurarono di non rivolgersi più a loro, perché avevano paura. Anche se il Mediatore della nuova Alleanza ha reso l'incontro con Dio un'adunanza festosa, che coinvolge il cielo e la terra, occorre vigilare per non fare del rapporto con Dio una delle tante relazioni e per non trattare Dio come gli dei pagani che erano brutte copie degli uomini. Per questo, come dice Siracide, occorre coltivare la modestia e l'umiltà. Queste crescono in chi "medita le parole" e generosamente fa l'elemosina. Anche Gesù nel vangelo insegna atteggiamenti importanti per il discepolo. La comunità cristiana, radunata attorno al banchetto eucaristico nel giorno del Signore, è chiamata a verificare in che misura le dimensioni della modestia, dell'umiltà, della generosità gratuita, dell'accoglienza dei poveri strutturano la sua identità e caratterizzano i suoi membri.
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Goito 24 agosto 2025, XXI Domenica T. O. - Anno C - San Bartolomeo
RIGOROSA FEDELTA' AL VANGELOIsaia 66, 18-21 . Salmo 116 . Ebrei 12, 5-7.11 – 13 . Luca 13, 22-30
Lettura
Continua la lettura degli insegnamenti di Gesù rivolti alla folla mentre va verso Gerusalemme. La liturgia tralascia i vv. 28 - 29 del capitolo dodicesimo di Luca, contenenti il detto sulla necessità di accordarsi con l'avversario e altri brani del capitolo tredicesimo sulla conversione.
Lc 13, 22-3022Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Disse loro: 24"Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: "Signore, aprici!". Ma egli vi risponderà: "Non so di dove siete". 26Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". 27Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!". 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi".CommentoIl racconto si apre con la ripresa dell'immagine di Gesù in cammino nel pieno esercizio della sua missione: "Gesù passava per città e villaggi, insegnando, mentre era in cammino verso Gerusalemme". La domanda rivolta al maestro: "Signore sono pochi quelli che si salvano?", è l'occasione per introdurre il discorso successivo. Gesù non risponde direttamente alla domanda, ma fa un discorso generale sulla necessità di entrare nel Regno dei cieli passando attraverso l'impegno fedele di osservanza delle parole da lui date. Di conseguenza chi vuole entrare nel Regno senza sottomettersi alle regole stabilite non può accedervi. Poi, attraverso l'immagine del padrone di casa che si alza e chiude la porta, Gesù sottolinea la necessità di decidere con urgenza di entrare a far parte del regno di Dio. L'abitudine umana, che porta a tergiversare e a rimandare le scelte importanti e decisive della vita, è estremamente pericolosa. Il rischio è di rimanere fuori. Chi non ha aderito al regno di Dio per negligenza, per pigrizia o per calcoli egoistici non può avere alcuna giustificazione e non può portare a suo favore né la tradizione, nella quale più o meno si sente inserito, né esperienze saltuarie o occasionali vissute: "egli dichiarerà: vi dico che non so di dove siete". La pericope si chiude presentando la prospettiva universale della salvezza portata da Gesù. Anche i pagani potranno far parte del regno di Dio. Di conseguenza è necessario stare molto attenti nello stabilire i criteri di appartenenza al regno dei cieli e alla comunità cristiana, perché "vi sono ultimi che saranno primi e vi sono primi che saranno ultimi".
Davanti a Gesù Cristo non serve chiedersi chi e quanti si salveranno, ma è necessario prendere sul serio i suoi insegnamenti e viverli. Questa è la condizione necessaria per entrare nel Regno, per partecipare alla salvezza e alla sua comunità di oggi. Occorre anche stare bene attenti perché una decisione non presa o rimandata può escludere dai doni offerti da Gesù Cristo. In questo caso non potranno assolutamente servire discorsi di tradizione cristiana o di conoscenze influenti. Se le persone scelte da Gesù e chiamati alla sua sequela non aderiranno al suo invito, altre, considerate ultime o scartate, lo ascolteranno e faranno parte a pieno titolo del suo Regno oggi e per l'eternità.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa salvezza offerta a tutti da Dio, anche attraverso la testimonianza dei discepoli del vangelo, è il tema delle letture di questa domenica.
Il testo di Isaia, nella prima lettura, annuncia una salvezza per tutti: "Io verrò a radunare tutti i popoli e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gioia". Questo obiettivo si realizzerà se il popolo, segno di Dio, diventa missionario, annunciando la gloria del Signore alle nazioni lontane. I popoli pagani, da parte loro, dovranno accogliere il messaggio di salvezza portato da Israele. La salvezza è per tutti, ma a condizione che tutti obbediscano al comando del Signore. Anche nel vangelo questi temi si intrecciano tra loro. Coloro che Dio sceglie devono passare per la porta stretta della fedeltà agli insegnamenti del suo Figlio. Questa è condizione di salvezza non solo per sé, ma anche per gli altri. Per questo motivo allora, proclama la lettera agli ebrei, "il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce suo figlio". Gli interventi educativi del Signore, a favore della sua comunità, sono sempre per un bene maggiore, che spesso non è visto immediatamente. Risultano così molto forti e attuali le parole dell'autore sacro: "rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite e raddrizzate le vie storte per i vostri passi", affinché ciascuno riprenda con decisione il cammino della sua vocazione.
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Goito 17 agosto 2025, XX Domenica T. O. - Anno C
SALVATI E PROVATIGeremia 38, 4-6.8-10 . Salmo 39 . Ebrei 12, 1-4 . Luca 12, 49-57
Lettura
La liturgia della Parola continua a presentare gli insegnamenti di Gesù ai discepoli e alla folla. Egli li ha comunicati mentre si reca in modo decisivo verso Gerusalemme. Nella città santa egli avrebbe portato a compimento la sua missione di morte e risurrezione per la salvezza dell'umanità. Questo fatto, che sarebbe accaduto abbastanza presto nella vita di Gesù, carica di particolare significato gli insegnamenti del maestro di Galilea.
Lc 12, 49-5749Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera".54Diceva ancora alle folle: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: "Arriva la pioggia", e così accade. 55E quando soffia lo scirocco, dite: "Farà caldo", e così accade. 56Ipocriti! Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? 57E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?CommentoIl brano risulta una raccolta di discorsi di Gesù molto diversi tra loro. Il testo si apre con una parola sul fuoco e sul battesimo (vv. 49 – 50).
Il fuoco è evidentemente collegato col battesimo. Gesù è venuto a portare il giudizio in questo mondo (simboleggiato dal fuoco), affinché il bene sia nettamente separato dal male ed abbia sempre il sopravvento su quest'ultimo. Perché tutto ciò si realizzi, è necessario che Gesù passi attraverso il battesimo della passione – morte – risurrezione e che ogni cristiano partecipi a questo avvenimento attraverso il battesimo ecclesiale. Segue la presentazione di uno scompiglio tra le persone a causa di Gesù (vv. 51 – 53). Chi lo accoglie e cerca di restare fedele ai suoi insegnamenti inevitabilmente ha la vita difficile con gli altri. Così succede che una persona, che è discepolo di Gesù, si trova praticamente divisa dagli altri e specialmente da coloro che le vivono attorno, perché le sue scelte vanno contro corrente: "pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione".
Poi cambiano gli interlocutori. Al posto dei discepoli ora Gesù si rivolge alle folle (vv. 54 – 57). Ad esse rivolge l'invito accorato di giudicare "ciò che è giusto". Tale discorso è supportato da una constatazione che parte dalla loro esperienza: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Arriva la pioggia, e così accade . . . !". Così Gesù attacca e critica gli uditori: "Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?".
La venuta del Signore è decisiva per tutti perché attraverso la sua morte e risurrezione il male è smascherato e vinto ed il bene viene riconosciuto e diffuso. Anche le donne e gli uomini di ogni tempo possono partecipare a questo dono attraverso il battesimo della Chiesa. È necessario però essere accorti. Occorre saper leggere bene i segni della salvezza che viene e accoglierla con disponibilità. È anche opportuno non spaventarsi se la sequela di Cristo produce divisioni con le persone che vivono con noi. Questo fa parte della logica del discepolato.
C
OLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema della adesione decisa e senza compromessi a Gesù Cristo e al suo vangelo collega la tre letture. Tale decisione provocherà inevitabilmente per i discepoli delle incomprensioni e delle divisioni. Nella prima lettura è presentata una scena della vita di Geremia. Egli, profeta pacifico per eccellenza ed amante della concordia, mandato dal Signore ad annunciare la sua parola, viene visto come fonte di scoraggiamento per il popolo e grande nemico. Per questo i capi, con l'autorizzazione regale, "gettarono Geremia nella cisterna di Malchia, la quale si trovava nell'atrio della prigione". Ma l'opera di Dio non può essere ostacolata e l'inviato del Signore non soccombe davanti ai nemici. Così Geremia viene liberato dal re attraverso l'intercessione di Ebed-Melech l'Etiope. Anche i discepoli di Gesù Cristo sono invitati ad aderire generosamente a lui perché egli solo dona a tutti salvezza attraverso la sua passione – morte – risurrezione. Chi segue tale maestro deve però mettere in conto la persecuzione. Questo fa parte dell'esperienza del discepolo. Le parole della lettera agli Ebrei risuonano allora con particolare attualità nell'assemblea cristiana. I credenti, abbandonato in Cristo ogni peccato, sono invitati a correre con decisione verso di lui. Anch'essi devono portare la croce, sopportando ogni ostilità che deriva dalla scelta di fede. In fine l'autore invita a guardare con speranza a Cristo, per non stancarsi e perdersi d'animo: "non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 10 agosto 2025, XIX Domenica T. O. - Anno C
ATTENDERE IL SIGNORE CON VIGILANZASapienza 18, 3.6-9 . Salmo 32 . Ebrei 11, 1-2,8-19 . Luca 12, 32-48
Lettura
Continuano le istruzioni che Gesù rivolge ai suoi discepoli mentre è in viaggio verso Gerusalemme. Dopo il discorso di domenica scorsa, la tematica è approfondita ulteriormente anche attraverso le immagini simboliche e poetiche degli uccelli del cielo e dei gigli del campo. Il brano odierno chiude quel discorso.
Lc 12, 32-4832Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo".41Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?". 42Il Signore rispose: "Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: "Il mio padrone tarda a venire" e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.CommentoI primi versetti concludono il tema sulla cupidigia dei beni terreni iniziato in 12, 15 (12, 32-34). Il brano inizia con l'invito a non temere, rivolto da Gesù ai suoi, anche se sono un piccolo gruppo. La loro forza infatti sta nel partecipare al regno di Dio attraverso Gesù Cristo. Tale consapevolezza dovrebbe essere sufficiente a rendere i discepoli liberi dai beni terreni. Per questo, se necessario sono invitati a vendere ciò che hanno ed il ricavato darlo in elemosina, per farsi "un tesoro sicuro nei cieli". Perché dov'è il tesoro di una persona là vi è anche il suo cuore. Se i discepoli hanno il loro tesoro in Dio, là sarà anche il loro cuore. Il passo evangelico continua con interventi diversi sul tema del giudizio (12, 35-48). Il discepolo, libero dai beni materiali, attende la venuta del suo Signore: "beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli".
L'atteggiamento della vigilanza deve sempre più qualificare la vita del cristiano. Egli è invitato ad essere pronto ad accogliere il Signore quando viene. Alla domanda di Pietro, che cerca di capire chi siano i destinatari delle parole di Gesù ("Signore questa parabola la dici per noi o anche per tutti?"), egli risponde con un'altra parabola. Di fatto invita così i suoi a lavorare al servizio del Signore: "beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro". Il brano si chiude con delle sentenze destinate ai discepoli. Costoro, che conoscono "la volontà del padrone", sono caldamente invitati a vivere di conseguenza per ottenere giustizia e salvezza. Chi invece vive ignorando gli insegnamenti ricevuti dal Signore, "riceverà molte percosse". L'invito finale riguarda la necessità di avere consapevolezza dei doni ricevuti: "a chi fu dato molto, molto sarà richiesto; a chi fu affidato molto, sarà chiesto molto di più".
Il discepolo è invitato da Gesù ad essere libero dai beni materiali per essere pienamente disponibile per Dio. Gli affari, i beni, le ricchezze fanno dimenticare che esistiamo per dono del Signore e a lui dobbiamo tornare. E' quindi necessario vigilare per non essere travolti dalle cose e per essere sempre pronti ad incontrare il Signore, quando egli verrà. La consapevolezza dei doni ricevuti e l'esercizio zelante della vocazione affidataci aiutano a preparare l'incontro definitivo col Signore che verrà.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa vita intesa come attesa e speranza collega le letture di questa domenica. Dal libro della Sapienza si legge la vicenda degli israeliti che escono dall'Egitto. Essi, che anelano la terra promessa, partono di notte guidati da una colonna di fuoco. Inizia così per il popolo un lungo cammino di attesa della realizzazione delle promesse. Anche nel vangelo Gesù invita a vigilare per attendere il Signore che viene. Tale incontro si realizzerà sicuramente e la speranza di partecipare al banchetto, preparato dallo sposo che viene, spinge il credente a non attardarsi fermandosi nelle maglie delle cose materiali. Anche la lettera agli Ebrei invita a sperare nelle promesse fatte da Dio, perché così si realizzeranno. Tutto questo richiede però la fede che è "fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono". L'autore sacro presenta Abramo come modello del credente che spera nel Signore e attende che si realizzino le promesse da lui fatte: "per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava".
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 3 agosto 2025, XVIII Domenica T. O. - Anno C
PORRE NEL SIGNORE OGNI SICUREZZAQoèlet 1, 2; 2, 21-23 . Salmo 94 (95) . Colossesi 3, 1-5.9-11 . Luca 12, 13-21
Lettura
Siamo nella seconda tappa del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Dopo l'insegnamento dato ai discepoli sulla preghiera, Gesù dà altre istruzioni ed ha dei conflitti con gli avversari. Nel capitolo dodicesimo egli dà nuovi avvertimenti ai discepoli ed insegnamenti al popolo.
Lc 12, 13-2113Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità". 14Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?". 15E disse loro: "Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede".16Poi disse loro una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: "Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!". 20Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?". 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio".CommentoLa pericope si articola in tre parti. All'inizio (12,13 – 14) Gesù è presentato in una vicenda in cui si rifiuta di conciliare una lite familiare sorta per motivi d'eredità. I rabbini ebrei, infatti, oltre che di compiti religiosi, erano esperti di questioni giuridiche, per questo è chiesto a Gesù di intervenire perché il figlio maggiore si ricordi di condividere l'eredità col fratello. Gesù risponde affermando la sua estraneità alle "cose" giuridiche: "chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?". Egli è venuto primariamente ad annunciare il regno di Dio. La seconda parte del brano è costituita da un'ammonizione sulla necessità di vigilare per non cadere nel vizio della cupidigia. (12,15).
Questa, che era considerata propria dei pagani, s'intrufola anche tra i credenti. La conseguenza consiste nell'avere sempre di più beni naturali, che sembrano dare sicurezza, ed ottenere progressivamente la fede in Dio: "anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede". La terza parte è costituita dalla parabola del ricco stolto (12,16 – 20). Il racconto parabolico serve per smascherare l'assurdità della fiducia riposta in modo sbagliato nell'abbondanza dei beni terreni. Anche se l'uomo può aver la sensazione di dominare i beni materiali, egli non può gestire e dominare la sua vita, che è sempre e solo nelle mani di Dio. La domanda finale della parabola coinvolge profondamente l'ascoltatore: "E quello che hai preparato di chi sarà?". Il brano si chiude con la considerazione relativa alla sorte "di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio".
Gesù Cristo è venuto non per dirimere le questioni umane, ma per annunciare il regno di Dio. In lui le cose, le relazioni ed i progetti degli uomini diventano relativi e marginali in quanto contano Dio e l'attuazione della sua volontà. I discepoli devono vigilare per porre la loro sicurezza nel Signore e non nei beni materiali di questo mondo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl problema dell'uomo che dimentica Dio nella sua vita collega le letture odierne. Contro questo rischio invita a riflettere, nella prima lettura, il libro di Qoèlet. Anche se uno lavora "con sapienza, scienza e successo, dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non ha neppure faticato". Chi ha investito tutte le sue energie per l'acquisto dei beni materiali e per le ricchezze, finisce per faticare tutto il giorno, per vivere nell'affanno e nella preoccupazione notte e giorno. A quest'uomo, disorientato e sfiduciato si rivolge Gesù Cristo nel vangelo, invitandolo ad alzare lo sguardo dalle cose materiali e ad accogliere il regno di Dio, che lui è venuto ad annunciare e a portare per la felicità delle genti.
Chi nella propria esistenza incontra Gesù Cristo ed il suo vangelo è invitato a non finire la sua vita limitandosi all'orizzonte delle realtà sperimentabili, ma a cercare "le cose di lassù dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio". Questo è l'insegnamento di Paolo. Egli non condanna i beni materiali, ma afferma che questi non possono dare la piena felicità che solo viene dal Signore. Per questo motivo allora il credente deve fare delle scelte e delle rinunce che gli permettono di vivere con equilibrio in rapporto con le realtà materiali e per avere la giusta relazione con Dio.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 27 luglio 2025, XVII Domenica T. O. - Anno C
Gesù insegna ai discepoli a pregareGenesi 18, 20-21.23-32 . Salmo 137 . Colossesi 2, 12-14 . Luca 11, 1-13
Lettura
Col capitolo decimo si chiude idealmente la prima fase del viaggio di Gesù. Essa si struttura attorno all'invio in missione dei discepoli, i quali devono andare da tutti indistintamente, perché tutti hanno bisogno di ricevere l'annuncio del Regno di Dio. Questo si radica nelle persone nella misura in cui si ascolta la parola di Gesù e la si pone a fondamento stabile della propria vita. Col capitolo undicesimo inizia una nuova tappa del cammino di cui la pericope odierna costituisce l'introduzione.
Lc 11, 1-131Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". 2Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite:Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,4e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,e non abbandonarci alla tentazione".5Poi disse loro: "Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli", 7e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani", 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. 9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!".CommentoIl brano è complessivamente un insegnamento di Gesù sulla preghiera. Esso, dopo l'introduzione al v. 1, si struttura in tre parti: la preghiera del Padre nostro (vv. 2-4), la parabola dell'amico importuno (vv. 5-8) e l'esortazione finale sulla preghiera (vv. 9-13). Sicuramente la preghiera di Gesù testimonia la forte relazione che egli ha col Padre. Per questo i discepoli, dopo aver assistito alla sua preghiera, chiedono che insegni anche a loro quel modo di pregare che evidenzia una novità rispetto alla tradizione giudaica. Questa era solo formalistica ed esterioristica e non penetrava nella vita delle persone modificandole. Gesù accoglie la domanda e, partendo da una formula tradizionale ebraica da lui modificata, risponde indicando alcuni atteggiamenti fondamentali che sono alla base della sua preghiera e che devono innervare quella del discepolo. Innanzitutto dice che Dio è da considerare Padre e come tale occorre intessere con lui una forte relazione interpersonale. Il Dio di Gesù e dei sui discepoli si avvicina in modo sorprendente all'uomo e l'uomo può accostarsi a lui fino a chiamarlo "papà". La preghiera allora richiede come premessa la necessità di una piena fiducia e confidenza in Dio che è Padre. Poi Gesù presenta una serie di domande che strutturano la preghiera cristiana. La prima è: "sia santificato il tuo nome", che va unita alla seconda: "venga il tuo regno". Gesù ed i suoi discepoli chiedono e desiderano ardentemente che Dio Padre si manifesti pienamente a tutta l'umanità, la quale, aderendo sempre più alla sua volontà, realizza anche storicamente il Regno. L'atteggiamento che si evidenzia dalle prime domande è di superare le richieste egoisticamente interessate per fare proprio il desiderio ed il progetto di Dio Padre. Con la terza domanda si chiede di avere ogni giorno il pane. Gesù non vuole così inculcare nei discepoli l'abitudine ad una domanda ossessiva per le cose materiali. Egli invece vuole educare i suoi a vivere con atteggiamento libero e sobrio nei confronti dei beni, avendo coscienza che ogni cosa concreta è sempre dono di Dio Padre, e che lui provvede abbondantemente a coloro i quali si affidano a lui. Gesù invita poi ad avere coscienza di essere dei perdonati. Il grande perdono di Dio Padre è dato ai discepoli a condizione che essi facciano proprio il comportamento di Dio nei rapporti con gli uomini. Il discepolo fa esperienza reale e concreta del perdono del Padre soltanto quando ha assunto l'atteggiamento del perdono divenendo capace di perdonare ai fratelli. Infine Gesù insegna a chiedere di non essere tentati. Egli non pensa così di esonerare i suoi dai dolori, dalle difficoltà, dalle prove e dalle tentazioni, che fanno parte costitutiva del cammino del discepolo. Gesù sollecita invece i discepoli a chiedere che nelle prove la fede non venga meno (questa è la grande tentazione) e a credere che le difficoltà, vissute in rapporto confidente col Padre, non li schiacceranno mai. Illustrati gli atteggiamenti di fondo della preghiera, attraverso la parabola dell'amico importuno e delle esortazioni finali, Gesù riprende l'insegnamento sulla disponibilità benevola di Dio e sulla necessità di pregare sempre. Da ultimo, insistendo ancora sul rapporto interpersonale che deve realizzarsi con Dio Padre, Gesù invita i discepoli a chiedere il dono dello Spirito Santo. Solo lui realizza un vero e profondo rapporto tra gli uomini e Dio Padre e rende la preghiera secondo gli insegnamenti dati da Gesù.
Come è stato per Gesù, così anche per il discepolo la preghiera deve diventare l'esperienza che qualifica il suo rapporto col Padre. Essa va vissuta secondo gli atteggiamenti di fiducia in Dio, di libertà nei confronti delle cose, di riconciliazione con Dio e con gli uomini e di speranza nella realizzazione delle promesse divine. Il dono dello Spirito Santo, da chiedere incessantemente, rende possibile la concretizzazione degli insegnamenti di Gesù nella vita dei discepoli.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURENella prima lettura la preghiera-relazione tra Abramo e Dio evidenzia alcuni degli atteggiamenti insegnati poi da Gesù ai suoi discepoli nel vangelo. Abramo ha fatto sua la misericordia di Dio. Egli chiede a Dio non quanto lui desidera, ma ciò che Dio desidera: "forse il giudice della terra non praticherà la giustizia?" (nel senso di salvezza). Abramo testimonia anche la perseveranza nella preghiera, che diventa intercessione confidente in Dio per le necessità dei fratelli. La seconda lettura di Paolo richiama l'identità del cristiano che, sepolto con Cristo mediante il battesimo, partecipa con lui della resurrezione. Questa vita nuova, ricevuta dal cristiano e donata a lui per mezzo dello Spirito Santo, fa sperimentare la misericordia e la salvezza donata da Dio attraverso il perdono dei peccati. Se a noi è stato "annullato il documento scritto del nostro debito" è necessario, a nostra volta, che diventiamo testimoni di perdono.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 20 luglio 2025, XVI Domenica T. O. - Anno C
Ama Dio, chi ascolta le parole di GesùGenesi 18, 1-10° . Salmo 14 . Colossesi 1, 24-28 . Luca 10, 38-42
Lettura
Siamo ancora durante il viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Egli ha appena riproposto ai discepoli l'autorevolezza del doppio comandamento dell'amore: amare Dio ed il prossimo. Con la parabola del buon samaritano insegna anche che nell'amore al prossimo è necessario compiere un salto di qualità, passando da un amore indirizzato soltanto verso i connazionali ad un amore offerto a tutti coloro che sono nel bisogno. Anche l'episodio narrato nel brano odierno si collega alla domanda posta a Gesù dal dottore della legge (Lc 10,25) e quindi al doppio comandamento dell'amore.
Lc 10, 38-4238Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò . 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: "Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". 41Ma il Signore le rispose: "Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c'è bisogno . Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta".CommentoGesù, entrato in un villaggio, è accolto nella casa di Marta. Colpisce la sottolineatura data da Luca a questa figura femminile, la quale evidentemente, pur avendo una sorella di nome Maria, esercita un ruolo di preminenza nella gestione della casa attraverso la dedizione ai molti servizi. Si tenga conto che a quel tempo le donne non potevano leggere la Torà ed erano esonerate dal partecipare alle assemblee liturgiche nelle sinagoghe o nel tempio. In questo modo Gesù non solo diventa esempio delle istruzioni date precedentemente ai discepoli (i Settantadue), in cui invita ad accettare l'ospitalità nelle case dove si è accolti, ma indica anche che nel popolo ci sono delle categorie di persone come le donne, abitualmente emarginate, da amare e da accogliere come prossimo. Anche Maria viene presentata con sottolineature specifiche. Era seduta ai piedi di Gesù ed ascoltava la sua parola. Tali aspetti di Maria rimandano al modello del discepolo del Signore ed invitano il lettore, cioè il cristiano, a fare propri gli atteggiamenti di Maria. Il punto decisivo del racconto è costituito dalla domanda rivolta da Marta a Gesù come conseguenza del comportamento di Maria: "Signore, non ti importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". Marta, donna generosa, intraprendente, energica, che si è fatta in quattro per accogliere Gesù e tutta la comitiva dei discepoli, garantendo loro un servizio accurato e preciso, ora rimprovera Gesù perché, trattenendo Maria con lui, sembra non aver riguardo nei confronti suoi e della sua opera. Fa pensare la reazione di Marta perché rivela due aspetti di un unico problema sempre presente nei discepoli: come deve essere il rapporto con Gesù Cristo delle persone attive e molto impegnate e come trovare equilibrio tra dimensione contemplativa ed attiva della vita. Gesù risponde alla provocazione di Marta dapprima riprendendola simpaticamente non tanto del servizio che sta svolgendo, quanto piuttosto dell'ansia, dell'agitazione e dell'affanno con i quali ella fa le cose. Poi Gesù afferma che una sola è la cosa di cui c'è bisogno e cioè ascoltare le sue parole. Gesù non vuole in questo modo creare una graduatoria di importanza tra l'agire ed il contemplare, egli invece insegna che tutte le situazioni di vita sono riuscite nella misura in cui si pone a loro fondamento l'ascolto della sua Parola e la comunione di vita con lui. Tutti devono avere nell'ascolto della parola di Gesù la parte migliore della loro vita, che non può essere mai trascurata.
Gesù accolto nella casa di Marta e Maria insegna che anche tra i connazionali vi è un prossimo da amare: coloro che abitualmente vivono ai margini della società. Insegna anche che in ogni scelta di vita occorre porre a fondamento l'ascolto delle sue parole, secondo l'icona di Maria che stava seduta ai suoi piedi. Come Gesù ha introdotto una novità riguardo all'amore del prossimo, egli perfeziona pure l'amore per Dio. Questo diventa vero per il cristiano ed è vissuto con tutto se stessi quando si ascoltano le parole di Gesù Cristo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREAnche nella prima lettura, come nel vangelo, si parla di ospitalità. Abramo, che siede alle Querce di Mambre, accoglie presso di lui il Signore che gli appare sotto le sembianze di tre uomini. Dapprima egli si prostra fino a terra davanti al Signore, invitandolo a fermarsi presso di lui e a non passare oltre, e poi in modo attivo e generoso, prepara una adeguata accoglienza. Non penso sia una forzatura vedere in Abramo riassunti sia gli atteggiamenti di Marta come quelli di Maria davanti a Gesù. Il Signore, prima di partire, promette ad Abramo che Sara sua moglie avrà un figlio. É evidente l'insegnamento conseguente! Come Maria anche Abramo ha scelto la parte migliore, questa non gli viene tolta ed è per lui benedizione e fonte di fecondità. La seconda lettura aiuta ad approfondire in chiave cristiana il discorso precedente. Chi accoglie il Signore Gesù Cristo nella vita, ascoltando la sua parola, è chiamato anche a partecipare alla sua passione per il bene della Chiesa. Tutto questo risulta indispensabile per essere degli evangelizzatori che realizzano veramente il ministero ricevuto da Dio e che con sapienza sanno annunciare Cristo affinché ciascuno sia perfetto in lui.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 13 luglio 2025 XV Domenica T. O. - Anno C
É prossimo chiunque ha bisognoDeuteronomio 30, 10-14 . Salmo 18 . Colossesi 1, 15-20 . Luca 10, 25-37
Lettura
Dopo aver inviato i Settantadue in missione, con degli obiettivi e delle strumentazioni ben determinate, Gesù loda il Padre perché il mistero della redenzione e della salvezza procedono nella storia dell'umanità non secondo sapienza ed intelligenza umane, ma con sapienza divina. Questa consiste nella rivelazione che Dio fa di sé a coloro che, anche se ignoranti, sono disponibili a camminare con lui. La pericope odierna aiuta a capire come si deve vivere per essere degni della rivelazione divina.
Lc 10, 25-3725Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". 26Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". 27Costui rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso". 28Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai".29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". 30Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". 37Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così".CommentoIl racconto inizia presentando l'intervento di un dottore della legge, il quale chiede a Gesù che cosa deve fare "per ereditare la vita eterna". Il testo dice anche che la domanda tende a "mettere alla prova Gesù". Egli non risponde e richiede al suo interlocutore di risolvere lui stesso il quesito posto, in base a quanto conosceva della legge. Il dottore della legge cita a questo punto il doppio comandamento dell'amore: "Amerai il Signore Dio tuo... e il prossimo tuo come te stesso". Il duplice comandamento è considerato da Gesù come un riassunto dell'antica legge, per questo se uno lo mette in pratica ha la vita. Emerge però tra le righe, tenendo conto anche di altri passi lucani, che il doppio comandamento non è qualcosa di caratteristico di Gesù. Egli infatti ha insegnato l'amore che deve arrivare fino all'estrema conseguenza di accogliere anche il nemico. Da un'altra domanda posta a Gesù dal dottore, il quale voleva giustificarsi perché non aveva messo in pratica la legge, emerge l'interesse particolare dell'evangelista Luca, che vuole determinare chi sia il prossimo. Secondo il doppio precetto dell'amore, prossimo è il connazionale che appartiene allo stesso popolo di Dio e che va amato come se stesso. La risposta di Gesù sulla questione del prossimo va oltre la tradizione religiosa ebraica e dà una sua indicazione specifica. La parabola di Gesù presenta un uomo che, tornando dal tempio di Gerusalemme, viene aggredito dai briganti. Per la stessa strada passano anche due connazionali, prossimi per eccellenza: un sacerdote ed un levita. Costoro, pur vedendo lo sfortunato pellegrino, passano oltre perché le leggi di purità impediscono loro di avvicinarsi ad un ferito. Il samaritano, straniero e a volte ostile agli ebrei (poco prima i samaritani avevano rifiutato l'ingresso di Gesù in un loro villaggio proprio perché era ebreo), ha compassione dello sventurato e lo soccorre con grande generosità. L'ultima domanda di Gesù e la risposta data dal dottore della legge fanno capire chi è il prossimo per Gesù. Prossimo è colui che è nella necessità e nei confronti del quale si prova compassione nel senso di partecipazione piena alla sua situazione. Anche Gesù, davanti all'uomo bisognoso, prova sempre compassione. Infine la pericope liturgica si chiude con le parole di Gesù che invitano a passare rapidamente alla fase operativa: "va e anche tu fa lo stesso".
Gesù invita con una parabola a completare l'idea di amore per il prossimo presente nei suoi interlocutori. Poiché prossimo per Gesù non sono soltanto i connazionali ma tutte le persone che sono nel bisogno, anche gli stranieri e gli avversari, l'amore evangelico per il prossimo è quello che viene offerto indistintamente a tutti. La compassione o solidarietà per chi versa nella necessità non chiede ai cristiani soltanto delle disquisizioni accademiche, ma invita ad acquisire celermente una prassi adeguata.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl testo del Deuteronomio, della prima lettura, invita ad obbedire alla voce del Signore, Dio d'Israele. Chi mette in pratica la legge approda necessariamente alla conversione di tutto se stesso al Signore Dio. Il comando dato dal Signore interseca l'esistenza del pio israelita al punto tale da essere nella sua bocca e nel suo cuore, perché egli lo metta in pratica. Gesù, nel vangelo, chiede ai suoi discepoli di superare la legge dell'amore al prossimo, inteso come connazionale, per essere disponibili ad amare tutti coloro che sono nella necessità. Questa situazione fa le persone prossimi e suscita solidarietà autentica. É Gesù Cristo, dice Paolo, "immagine del Dio invisibile e generato prima di ogni creatura", il fondamento di ogni comunione. Le diversità tra gli individui esistono ed i conflitti spesso sono inevitabili. Soltanto per mezzo di Gesù Cristo si può sperimentare di far parte dello stesso corpo pur nella diversità, si arriva alla riconciliazione vera anche se con posizioni o vedute diverse, si è capaci di solidarietà e di amore generoso per tutti.
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- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 6 luglio 2025, XIV Domenica T. O. - Anno C
Tutti i discepoli sono degli evangelizzatoriIsaia 66, 10-14 . Salmo 65 . Galati 6, 14-18 . Luca 10, 1-12.17-20
Lettura
All'inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme, Luca, unico tra gli evangelisti, inserisce il racconto di invio in missione dei Settantadue discepoli. Occorre premettere che in 9, 1-6 il testo ha già presentato Gesù che associa alla sua missione i dodici. Essi, mandati dal maestro e da lui assistiti, anticipano un'esperienza che li qualificherà dopo la Pasqua. Vediamo ora da vicino il testo di Luca.
Lc 10, 1-12.17-201Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio". 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11"Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino". 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città...17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: "Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome". 18Egli disse loro: "Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli".CommentoIl racconto inizia presentando Gesù che solennemente sceglie e manda Settantadue discepoli. Chi sono questi Settantadue? e perché un nuovo invio? Si è pensato che l'invio dei Settantadue sia una prefigurazione della missione universale a tutte le genti, mentre l'invio dei Dodici, presentato precedentemente (Lc 9,1-6), rappresenterebbe l'incarico per la missione verso Israele. Sicuramente il numero dei Dodici rimanda a quello delle dodici tribù e quello dei Settantadue ricorda i settanta anziani che, con Nadab ed Abiu, sono presenti accanto a Mosé nel momento della fondazione del popolo d'Israele (Es 24,1.9). Di conseguenza, allora, i settantadue inviati da Gesù, come i dodici, sono mandati anch'essi a Israele, il quale è, durante il viaggio, oggetto particolare dell'attenzione del maestro. Infine la nuova missione sottolinea che tutti i discepoli devono sentirsi degli evangelizzatori. Li manda "a due a due" perché così possono facilmente difendersi da eventuali pericoli e soprattutto le loro parole hanno un valore più decisivo, in quanto convalidate dalla testimonianza dell'altro discepolo. Il loro compito sarà di preparare la venuta del Signore, cioè del regno di Dio. Ma come va realizzato tutto questo? Prima di affidare ad essi le adeguate istruzioni per la missione Gesù fa due considerazioni preliminari: gli operai sono pochi, rispetto alla messe abbondante, e gli inviati si presentano come agnelli in mezzo ai lupi. Il numero degli evangelizzatori è sempre esiguo rispetto alla moltitudine dei destinatari a cui sono mandati. Tale coscienza li fa crescere in un atteggiamento di umiltà e di dipendenza dal maestro. Infatti continuamente devono chiedere che il Signore mandi altri evangelizzatori. Essi vanno anche inadeguati, rispetto al compito da svolgere e sono disorientati ed impauriti come agnelli tra i lupi. Anche ciò li porta a confidare non nei propri mezzi o possibilità, ma nella potenza del Signore. Le istruzioni per il viaggio date da Gesù sono conseguenti alle premesse fatte. All'evangelizzatore è vietato portare l'equipaggiamento per il viaggio (borsa, bisaccia e sandali) e per la strada non deve fermarsi a salutare nessuno. Queste prime indicazioni sottolineano la completa dipendenza del missionario cristiano non dai mezzi, ma dalla missione stessa e dal Signore, e l'urgenza dell'annuncio del Regno, per il quale nulla deve distrarre. L'ingresso in una casa o in una città, deve avvenire con estrema semplicità e naturalezza: si mangi, si predichi, si guarisca senza sfruttare la situazione. Quando non si è accolti, il comportamento sia ugualmente naturale e semplice: senza irrigidirsi ci si allontani da quei luoghi denunciando la gravità della loro scelta. Il gesto di scuotere la polvere dai calzari richiama quello dell'israelita che, di ritorno da terre pagane, si purifica prima di rimettere piede sulla terra santa. Quando i Settantadue ritornano dalla missione, la gioia che li caratterizza è il segno che le indicazioni ricevute da Gesù hanno funzionato. Infine la missione di Gesù e quella degli evangelizzatori è finalizzata all'annientamento definitivo di satana, affinché i nomi di tutti siano scritti nei cieli. Chi partecipa alla missione dell'evangelizzazione, non deve temere perché nulla lo danneggerà.
Tutti i discepoli di Gesù sono invitati ad essere degli evangelizzatori. La loro forza non sta nei mezzi materiali ma in una fiducia incondizionata nel maestro. Chi con umiltà si colloca in tale dinamica sperimenta la gioia e l'efficacia della missione evangelizzatrice, non subisce danni e contribuisce efficacemente alla salvezza di tutti.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa missione di evangelizzare gli uomini è presente con diverse prospettive nelle letture di questa domenica. Gesù manda i discepoli ad evangelizzare e tale esperienza è parte costitutiva dell'identità del cristiano. Paolo, nella seconda lettura, sottolinea che la radice, il fondamento, la vitalità dell'annuncio sta "nella croce del Signore nostro Gesù Cristo". É la croce che fa nuove creature, che trasforma il mondo, che rende liberi dalle tradizioni. La croce abbracciata dall'evangelizzatore produce le stigmate, cioè i segni fisici riscontrabili come conseguenza delle difficoltà e delle fatiche vissute nella missione. La prima lettura indica l'atteggiamento con cui va vissuta l'evangelizzazione. Come una madre, occorre offrire a tutti la ricchezza dei doni ricevuti affinché si delizino di tale abbondanza. É necessario investire senza misura nell'annuncio e tale opera dovrebbe essere come un fiume che scorre copioso di acque. Dio infatti si è comportato così e la sua mano sarà con i suoi servi che seminano con abbondanza.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 29 giugno 2025 Solennità dei Santi Pietro e Paolo - Anno C
Pietro e Paolo: testimoni generosi della fedeAtti 12,1-11 • Salmo 33 • 2 Timoteo 4,6-8.17-18 • Matteo 16,13-19
Lettura
La liturgia odierna, nella festa dei santi apostoli Pietro e Paolo, ci propone un passo del vangelo secondo Matteo. Il brano fa parte dei capitoli 14-17 che, insieme ad altre tematiche, sottolineano in modo particolare la figura di Pietro ed il suo ruolo nel gruppo dei dodici e nella chiesa primitiva.
Mt 16, 13-1913Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: "La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". 14Risposero: "Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". 15Disse loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". 16Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". 17E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli".CommentoIl brano si può considerare organizzato in due parti. Nella prima (vv.13-17) abbiamo come un dialogo tra Gesù ed i suoi discepoli. Prima Gesù chiede a loro un parere su quanto la gente dice di lui e poi direttamente domanda ad essi: "voi chi dite che io sia?". Pietro rappresentante e portavoce dei discepoli dice: "Tu sei il Cristo...". La seconda parte (vv.18-20) è dominata dalla parola solenne di Gesù che risponde alla proclamazione fatta da Pietro: "E io ti dico: tu sei Pietro...". La parola di Gesù nei riguardi del discepolo credente non solo cambia radicalmente la sua identità ma gli conferisce anche un ruolo definito nella chiesa e lo rende partecipe del suo potere nei confronti delle "porte degli inferi", cioè del male. Il brano è aperto e chiuso da due annotazioni che fanno da cornice. Quella d'apertura dà l'ambientazione geografica e presenta gli interlocutori: "essendo giunto nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli" (v.16a). Alla fine è ancora Gesù che dà ad essi l'ordine di non rivelare a nessuno la sua identità messianica: "ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo" (v.20). Questo versetto è stato omesso dal testo liturgico.
Davanti alle diverse interpretazioni date dalla gente nei confronti di Gesù, i discepoli per bocca di Pietro riconoscono in lui il Cristo, il Figlio di Dio. Ogni discepolo che giunge alla fede, come Pietro, fa parte dei piccoli ai quali il Padre manifesta il regno. Pietro è presentato anche come esempio del discepolo di Gesù e di chi nella comunità ha ricevuto un compito di responsabilità in ordine alla partecipazione al regno.
Collegamento fra le lettureLa solennità odierna collega armonicamente le tre letture della liturgia della Parola. La fede in Gesù proclamata da Pietro "nella regione di Cesarea di Filippi", a nome di tutti i discepoli, diventa in lui sempre più cosciente dopo che la potenza della resurrezione gli ha fatto percorrere le stesse tappe vissute dal maestro. Il testo di Atti si colloca in questa linea. Pietro, sempre in Atti, esce dal carcere guidato "dall'angelo del Signore". Solo questa presenza ed il suo potente intervento lo destano dal sonno, lo liberano dalle catene e lo abilitano al cammino che lo sta attendendo: "metti la cintura e legati i sandali". La strada sulla quale Pietro viene portato è la missione dell'annuncio evangelico fino al dono di sé. La stessa idea è richiamata nella seconda lettura attraverso la figura di Paolo. Egli, discepolo e apostolo che ha dato tutto per "la buona battaglia", afferma con autorevolezza: "il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio". Ogni cristiano quindi, come gli apostoli, è invitato a "conservare la fede" in "Cristo, il Figlio di Dio" da loro trasmessa. Essa fa sperimentare concretamente il Signore, che libera da ogni male e rende testimoni coraggiosi del vangelo. Chi organizza la sua vita così ha la certezza di ricevere "la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, consegnerà... a tutti coloro che attendono con amore la manifestazione del suo amore".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 22 giugno 2025, Corpus Domini - Anno C
Eucaristia: il corpo ed il sangue di Cristo per tuttiGenesi 14, 18-20 . Salmo 109 . 1 Corinzi 11, 23-26 . Luca 9, 11b-17
Lettura
I dodici, che fino a questo punto hanno accompagnato Gesù nel suo ministro, ora ricevono da lui il suo stesso potere e sono mandati a proclamare il Regno di Dio (9,1-6). Al ritorno dalla loro missione gli apostoli raccontano a Gesù tutto ciò che avevano fatto. Essendosi ritirati a Betzaida, sono subito raggiunti dalla folla, che Gesù accoglie, parlando del regno di Dio e sanando "quanti avevano bisogno di cure". Così siamo introdotti nel brano di questa domenica.
Lc 9, 11b-1710Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: "Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta". 13Gesù disse loro: "Voi stessi date loro da mangiare". Ma essi risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente". 14C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: "Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa". 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.CommentoIl racconto inizia presentando il giorno che declina ed i dodici indaffarati a convincere Gesù perché congedi la folla che deve cercarsi viveri ed alloggio nelle borgate vicine. L'iniziativa presa dai dodici risulta notevolmente ingenua, se confrontata col numero dei presenti: "circa cinquecento uomini". Nessuna località infatti avrebbe potuto ospitare tutta quella gente. La proposta diventa però emblematica della risposta che spesso è data dai dodici e dai discepoli ai bisogni concreti delle persone in cammino con Gesù. A questo punto il maestro interviene sconvolgendo le prospettive ed i progetti: "voi stessi date loro da mangiare". I discepoli più vicini a Gesù, restano sconcertati da queste parole, cercano di capirne il senso e balbettano in risposta qualche frase: "non abbiamo che cinque pani e due pesci" e "andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente". Evidentemente non avevano colto il significato specifico delle parole di Gesù e lui è quindi costretto a prendere direttamente l'iniziativa: "disse ai discepoli: «fateli sedere per gruppi di cinquanta circa»". I discepoli fanno eseguire le indicazioni date dal maestro. Il racconto è al suo culmine e Gesù, come ogni capofamiglia, compie quanto è prescritto prima del pasto: ringrazia Dio con la benedizione, spezza i pani ed i pesci e li distribuisce ai commensali. É evidente che il v. 16 non è soltanto la memoria di quanto Gesù attuò quella sera in Palestina, ma per la Chiesa esso anticipa e richiama la prassi liturgica della cena eucaristica. I gesti di Gesù, che prende il pane, alza lo sguardo al cielo, per esprimere la comunione col Padre, pronuncia la benedizione sui pani e sui pesci e spezza i doni, rimandano al contesto eucaristico. Ancora una volta Gesù coinvolge direttamente i discepoli. Dopo aver spezzato i pani "li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla". I temi della sazietà e dell'abbondanza, con i quali si chiude il racconto, sono segni dei tempi messianici e della realizzazione piena delle promesse divine.
Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci si può leggere ad un triplice livello. Gesù interviene direttamente per soccorrere le necessità concrete delle folle, alle quali i discepoli non riuscirono a provvedere. Questo gesto del Signore è stato visto subito come prefigurazione dell'istituzione eucaristica e della sua celebrazione nella Chiesa. La Chiesa, quando celebra l'Eucaristia, invita i discepoli a rivivere la comunione con Gesù, a nutrirsi alla mensa della parola e del pane spezzato per trovare le energie che aiutino a continuare il cammino, ad essere attivi e protagonisti nei confronti dei problemi e delle necessità concrete della gente.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'Eucaristia collega le tre letture della solennità odierna. Nella prima lettura leggiamo l'episodio di Melchisedek. Egli, sacerdote del Dio altissimo, offre pane e vino benedicendo Abramo, perché ha vinto sui re d'oriente. L'offerta di pane e vino è sempre stata vista in relazione con l'Eucaristia neotestamentaria. Anche il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, compiuto da Gesù, è sempre stato letto in chiave eucaristica. Infine Paolo, nella lettera ai Corinzi, consegna l'antica formula celebrativa ricevuta dalla sua comunità. Il testo paolino sottolinea che il sacramento del corpo e del sangue è offerto da Gesù "nella notte in cui veniva tradito". L'Eucaristia è il dono per eccellenza lasciato dal Risorto ai suoi discepoli, ma è anche il sacramento che richiama la povertà di coloro che seguono il Signore e la crisi a cui il discepolato è soggetto nell'itinerario cristiano. Da qui ne consegue la necessità di una continua verifica e conversione dei singoli e delle comunità per partecipare degnamente all'Eucaristia. Il pane che mangiamo ed il calice che beviamo sono anche annuncio della Pasqua del Signore, "finché egli venga". Il corpo ed il sangue del Signore, di cui ci nutriamo, orientano e preparano decisamente all'incontro definitivo con lui.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 15 giugno 2025, SS. Trinità - Anno C
Gesù Cristo e lo Spirito Santo conducono al PadreProverbi 8, 22-31 . Salmo 8 . Romani 5, 1-5 . Giovanni 16, 12-15
Lettura
Si continua la lettura del vangelo di s. Giovanni. Siamo durante l'ultima cena e Gesù sta parlando con i suoi. Nel capitolo XVI, Gesù, dopo aver preannunciato la persecuzione dei discepoli (16, 1-4a), parla della sua partenza ormai imminente e della venuta dello Spirito Paraclito. Di questa sezione fa parte la pericope della solennità odierna.
Gv 16, 12-1512Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.CommentoIl brano si apre con la dichiarazione di incompletezza del messaggio di Gesù e con la presentazione del bisogno di cammino che i discepoli hanno ancora da compiere: "molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso". Le parole di Gesù non alludono ad una ulteriore rivelazione futura. Egli afferma che la situazione oggettiva di chiusura dei discepoli ai suoi insegnamenti, sarà superata dopo la pasqua. Solo allora essi comprenderanno quanto era accaduto ed era stato detto durante il suo ministero, ed avranno la forza di portarne tutte le conseguenze concrete. Per giungere a questa meta verrà in loro aiuto "lo Spirito di Verità", il quale li porterà ad entrare nella "verità tutta intera". La verità è Gesù; egli infatti aveva detto ai suoi di essere la verità. Il Paraclito, allora, è colui che guida verso Gesù, permette la comprensione dei suoi insegnamenti e fa in modo che si viva secondo il vangelo. Questa esperienza non era solo per coloro che ascoltavano direttamente Gesù, ma è offerta a tutti quelli che, nel corso dei secoli, incrociano sulla loro strada le sue parole. Anche in futuro lo Spirito Santo dirà ai discepoli il significato del messaggio di Gesù, che essi non sono naturalmente capaci di capire e recepire. L'opera dello Spirito è strettamente collegata con Gesù Cristo e col Padre. Egli annuncia quanto ha udito da Gesù ("prenderà da quel che è mio e vi annunzierà le cose future") e, poiché tutto ciò che è di Gesù viene dal Padre ("tutto quello che il Padre possiede è mio"), conduce alla volontà del Padre. Così l'opera dello Spirito porta a compimento la partecipazione dell'uomo alla comunione trinitaria a cui è chiamato ad accedervi direttamente. In questo modo si realizza la gloria di Gesù, cioè egli si manifesta pienamente ai discepoli ed essi lo colgono in tutto il suo splendore, non più velato da nulla. Chi vede Gesù e lo accoglie, per mezzo dello Spirito, entra anche in comunione col Padre. Gesù infatti, parlando con Filippo aveva detto: "chi vede me vede il Padre" (Gv 14, 8-9).
Tutti i discepoli sono chiamati a vivere, durante il loro itinerario storico, la comunione con la Santissima Trinità. Tale esperienza si concretizza incontrando autenticamente Gesù, che si manifesta con le sue parole, ed accogliendo il dono dello Spirito Paraclito, che porta continuamente i discepoli verso Gesù. Gesù e lo Spirito Santo conducono sempre alla comunione piena col Padre.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe letture odierne potrebbero articolarsi attorno all'icona di Dio che sempre comunica se stesso agli uomini in modo sovrabbondante. La prima lettura presenta la sapienza di Dio come una realtà da lui creata: "Il Signore mi ha creato all'inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin dal principio". Questo "principio" rimanda a Dio stesso e all'eternità in cui si colloca il suo mistero. Nella riflessione teologica, d'Israele prima e della Chiesa poi, la sapienza è stata sempre più identificata col Messia - Cristo. Egli, come architetto, ha collaborato con Dio alla creazione, era "la sua delizia ogni giorno " e poneva la sue "delizie tra i figli dell'uomo". La sapienza, presente nel creato, è la prima manifestazione di Dio per la vita e la gioia dell'uomo. Nel brano evangelico, attraverso il dono esplicito di Gesù Cristo e dello Spirito Santo, Dio Padre offre tutto se stesso ai discepoli del vangelo e, attraverso la loro adesione, essi partecipano direttamente al mistero della Trinità. Nel testo paolino, l'autore afferma che "per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo ... e mediante la fede abbiamo ottenuto di accedere a questa grazia". Tutto questo è però ora mescolato a tribolazioni, le quali producono pazienza, virtù provata e speranza. La speranza poi non delude e anima il cammino del credente che, avendo ricevuto nel cuore l'amore del Padre per mezzo dello Spirito Santo, sa che un giorno parteciperà pienamente al mistero di Dio.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 8 giugno 2025, Pentecoste - Anno C
Il Paraclito continua la missione di GesùAtti 2, 1-11 . Salmo 103 . Romani 8, 8-17 . Giovanni 14, 15-16.23b-26
Lettura
Nella solennità odierna rileggiamo parti del capitolo XIV di s. Giovanni. Gesù è a mensa con i suoi nel contesto dell'ultima cena e comunica loro gli insegnamenti che più gli stanno a cuore. Dopo aver presentato se stesso come via per giungere al Padre (14, 1-14), ora approfondisce ulteriormente la dinamica di relazione esistente tra Dio ed i suoi discepoli.
Gv 14, 15-16.23b-2615Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. (18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".22Gli disse Giuda, non l'Iscariota: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?". 23Gli rispose Gesù:) "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.CommentoIl brano lega due testi in cui si parla dello Spirito Santo. Nel primo (14, 16-17) si dice che il discepolo, amando Gesù attraverso l'osservanza dei suoi comandamenti, è introdotto nella comunione d'amore trinitaria del Padre, Figlio e Spirito Santo. Nel secondo (14, 23-26) si indica ancora che l'amore del discepolo porta ad osservare le parole di Gesù. Poiché Gesù ha presentato le parole del Padre, il discepolo, che recepisce l'insegnamento del maestro, diventa di conseguenza la dimora del Padre, perché accoglie e vive la sua volontà. In entrambi i passi Gesù, per completare il rapporto d'amore tra i discepoli con lui e col Padre promette il dono del Consolatore che resti con loro per sempre. Lo Spirito Santo insegnerà ogni cosa ed opererà affinché ricordino tutto ciò che Gesù ha detto. Nel testo giovanneo lo Spirito Santo è chiamato "il Paraclito", cioè colui che viene chiamato a scendere per assistere i discepoli in difficoltà. Paraclito è lo Spirito Santo che si avvicina a chi lo invoca per essere aiutato; una specie di difensore, che si affianca ai discepoli quando sono messi alle corde ed è posta seriamente in crisi la loro vita cristiana. Paraclito è lo Spirito Santo che, come un amico, intercede e supplica Dio ed i discepoli, affinché la comunicazione tra di loro si realizzi sempre più e sia piena. Paraclito è lo Spirito consolatore, cioè lo Spirito Santo che conforta, sostiene e da speranza. Egli, prendendo il posto di Gesù, continua a svolgere tra i discepoli la missione attuata precedentemente dal maestro. Infine il Paraclito è lo Spirito Santo che istruisce e guida i discepoli, illuminandoli con le parole di Gesù, affinché siano nel mondo testimoni liberi e luminosi della verità evangelica.
Il dono dello Spirito Santo, il Paraclito dato dal Padre ai discepoli per mezzo di Gesù, porta costoro a partecipare pienamente alla comunione trinitaria. A questa sono stati ammessi attraverso le parole di Gesù e sono invitati a viverla concretamente osservando le parole del maestro ed invocando incessantemente il Paraclito.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl dono dello Spirito Santo concesso ai discepoli è la linea che collega le letture odierne. Nel testo di Atti incontriamo il racconto della discesa dello Spirito su coloro che a Gerusalemme erano radunati insieme. L'azione dello Spirito Santo rende i discepoli capaci di comunicare a tutti "le grandi opere di Dio" ed il messaggio annunciato è accolto positivamente dai loro interlocutori. Lo stesso dono dello Spirito è concesso a tutti i discepoli che amano Gesù Cristo. Essi, seguendo le sue parole, diventano dimora del Padre e destinatari del suo amore. La presenza dello Spirito nella vita del credente, afferma Paolo, fa superare "il dominio della carne", dà la vita ai corpi mortali, rende "figli di Dio" e, dopo aver partecipato alle sofferenze di Cristo, porta a condividere la sua stessa gloria. Le linee indicate da Paolo diventano la modalità concreta attraverso la quale, anche oggi, si è chiamati ad uscire dal "cenacolo", per comunicare a tutti, con passione e credibilità, "le grandi opere di Dio".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 1 giugno 2025, Ascensione del Signore - Anno C
Testimoni tra le genti con la forza dello SpiritoAtti 1, 1-11 . Salmo 46 . Ebrei 9, 24-28.10,19-23 . Luca 24, 46-53
Lettura
La solennità dell'Ascensione ci porta a leggere nuovamente il vangelo di s. Luca. Siamo nell'ultimo capitolo, che sembra essere organizzato in tre grandi parti, attorno al fatto della risurrezione del Signore. La prima parte (24,1-12) indica le vicende capitate al sepolcro trovato vuoto. La seconda (24,13-35) contiene il racconto dei discepoli che da Gerusalemme scendevano a Emmaus. La terza (24,36-53) conclude la prima opera lucana con la narrazione dell'apparizione del Risorto, a coloro che erano radunati nel Cenacolo, e con il racconto dell'Ascensione.
L
c 24, 46-53(44Poi disse: "Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture) 46e disse loro: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.CommentoIl brano odierno inizia con le parole di Gesù risorto pronunziate nel Cenacolo. Per comprendere meglio il testo occorre tener conto del v. 45, non riportato dalla pericope liturgica: "Allora apri loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse:". Dopo aver affermato che il suo insegnamento e la sua vita sono state il compimento delle Scritture (v. 44), Gesù dichiara che solo lui può rendere realmente comprensibile la Bibbia. Dopo la resurrezione, ai discepoli, che credono in lui, Gesù toglie l'incomprensione prepasquale delle Scritture e li rende capaci di cogliere fino in fondo l'evento Cristo e di viverlo in pienezza. Tutto questo ha due puniti di riferimento irrinunciabili: la passione e la resurrezione di Cristo da un lato e dall'altro la predicazione della salvezza "nel suo nome" a tutte le genti. Di conseguenza il discepolo parteciperà pienamente all'evento Cristo credendo alla sua passione-morte-risurrezione e annunciandole di rimando a tutti. D'altro canto l'evento Cristo, che è il compimento delle Scritture, non si realizzerà pienamente fino a quando "la conversione ed il perdono dei peccati" non saranno predicati a tutte le genti. Questo è lo scopo della missione della Chiesa! In tale ottica i discepoli, che hanno incontrato il Risorto, diventano i testimoni, cioè garantiscono la certezza della risurrezione e sono disposti ad accettarne tutte le conseguenze. Gesù non lascia soli i suoi e per svolgere la missione, appena indicata, da a loro in dotazione "quello che il Padre mio ha promesso", la "potenza dall'alto" che li rivestirà. La promessa consiste nel dono dello Spirito Santo che sarà l'attore principale della missione della Chiesa.
Incontriamo infine nel passo il racconto della Ascensione. Una narrazione simile si trova anche all'inizio degli Atti. Gesù, prendendo ancora l'iniziativa, porta i discepoli fuori da Gerusalemme ed in una località verso Betania (Atti 1,12 parla di "monte degli ulivi") alza le mani e li benedice. Egli non sarà più presente col corpo tra i suoi, ma la sua benedizione continua a legarli a lui e diventa garanzia della sua presenza invisibile. L'ultimo gesto di Gesù avvolge quindi pienamente i discepoli, nel tempo e nello spazio, fino al suo ritorno negli ultimi tempi. Davanti a Gesù, che benedicente si stacca da loro, i discepoli si prostrano in adorazione orante. Questo sembra essere l'atteggiamento fondamentale d'assumere davanti al mistero di Gesù Cristo, il quale, se accolto così, produce a Gerusalemme, o in qualsiasi altra città del mondo, "grande gioia" nei discepoli e costituisce la fonte inesauribile della lode perenne della Chiesa a Dio.
Gesù sale al cielo e lascia i suoi. Egli però continua ad essere con i discepoli attraverso la potenza della sua benedizione e col dono dello Spirito Santo. Costui diventerà l'anima vitale della missione della Chiesa nella misura in cui i discepoli accoglieranno, con atteggiamento orante, il mistero di Cristo nella loro vita e, con ogni strategia, lo faranno conoscere a tute le genti. La gioia diventa il segno tangibile dell'inserimento vitale nel progetto di salvezza di Dio.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'Ascensione del Signore collega le tre letture della celebrazione odierna. Il Vangelo e gli Atti riportano la narrazione dell'avvenimento accaduto fuori da Gerusalemme, forse sul monte degli Ulivi, mentre la lettera agli Ebrei presenta la realtà nella quale Cristo è giunto con l'Ascensione: "non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, ... ma nel cielo stesso". Gesù crocefisso-risorto ora è presso il Padre; egli ha inaugurato per noi una via nuova ed è diventato il "sacerdote grande sopra la casa di Dio". Invita ad avere piena fiducia in lui credendo di poter entrare nel nuovo santuario, cioè al cospetto di Dio, e di poter accostarsi a lui. Perché questo si realizzi, Gesù manda lo Spirito Santo, che dà forza ai discepoli e li rende capaci di testimoniarlo in ogni luogo, fino a quando apparirà la seconda volta "a coloro che l'aspettano per la loro salvezza". I discepoli nel frattempo sono invitati a mantenere, senza vacillare, la professione della speranza, "perché è fedele colui che ha promesso".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 25 maggio 2025, VI Domenica di Pasqua - Anno C
Formati e guidati dallo Spirito SantoAtti 15, 1-2.22-29 . Salmo 66 . Apocalisse 21, 10-14.22-23 . Giovanni 14, 23-29
Lettura
Gesù aveva preannunciato ai suoi la sua partenza imminente. Davanti a tale prospettiva i discepoli rimasero sconcertati e tanti interrogativi sorsero in loro. L'ultimo discorso di Gesù, iniziato nel capitolo precedente, vuole essere una risposta alle difficoltà che i discepoli avrebbero incontrato dopo la sua partenza. Il capitolo quattordicesimo si apre con una nota rassicurante: "Non sia turbato il vostro cuore". I discepoli non saranno separati da Gesù, anche se per ora egli si sottrarrà dalla loro esperienza sensibile. Il suo allontanamento si rende necessario affinché nella casa del Padre siano preparati i posti per i suoi amici. Poi Gesù tornerà e porterà i discepoli con sé. In questo contesto di rassicurazione generale si trova il brano offerto dalla liturgia odierna.
Gv 14, 23-2923Gli rispose Gesù: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.CommentoPrima di tutto Gesù indica la via attraverso la quale si ha la certezza dell'amore vero verso di lui, quando la sua presenza sensibile sarà sottratta ai discepoli: "se uno mi ama, osserverà la mia parola". Chi non ama Gesù, e quindi non ha cercato un rapporto forte con lui, non ha motivazioni sufficienti per ascoltare e mettere in pratica la sua parola. L'amore a Gesù ed il legame mantenuto con lui, attraverso la sua parola, inseriscono nell'amore del Padre e rendono il discepolo la "dimora" del Padre e del Figlio. Questo può realizzarsi perché le parole di Gesù, ascoltate dai discepoli, non sono sue, ma del Padre che lo ha mandato. É una prospettiva grandiosa, ma nello stesso tempo terribile: il discepolo, per mezzo della sua scelta concreta, ha la possibilità di vivere immerso nel mistero di Dio, già nel suo cammino storico, oppure di rifiutarlo definitivamente. Perché non si realizzi per i discepoli questa seconda possibilità, il Padre manderà nel nome di Gesù lo Spirito Santo, il quale insegnerà loro ogni cosa e ricorderà tutto ciò che Gesù ha detto quando era ancora con loro. I discepoli quindi non devono temere, perché hanno dallo Spirito assistenza ed aiuto. Gesù lascia ai suoi, prima di partire, il dono della pace: "vi lascio la pace, vi do la mia pace". La pace di Gesù non si identifica con quella del mondo. Essa non consiste soltanto nell'assenza di guerra, né nella caduta di tensioni di natura psicologica, né in un sentimento di benessere generalizzato. La pace di Gesù é il dono della salvezza offerta agli uomini ed essa è attiva fin da ora. Chi accoglie la salvezza diventa anche fruitore di beni umani conseguenti: concordia, serenità amicizia e benessere. Infine Gesù invita nuovamente a non essere turbati e a non aver timore a causa della sua partenza. Il discepolo dovrebbe rallegrarsi dell'incamminarsi di Gesù verso il Padre. Questo fatto è la premessa necessaria perché Gesù possa ritornare e quindi anche i discepoli arrivare presso il Padre. Il discorso di Gesù va accolto con fede.
Gesù prepara gradualmente i suoi discepoli alla sua partenza. Egli promette di continuare ad essere con i suoi quando costoro lo ameranno, attraverso l'osservanza concreta delle sue parole, accoglieranno il dono dello Spirito Santo e della salvezza che produce la pace. I discepoli che vivono così saranno visitati anche dal Padre e diventeranno tempio della Trinità. Con la fede si entra già adesso in questo mistero di amore e ad esso si parteciperà per sempre quando Gesù tornerà e porterà noi con lui.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREQuando la Chiesa sperimenta problemi o difficoltà al suo interno o nell'incontro con storie e culture diverse, sorgono preoccupazione e timore perché si pensa che Gesù Cristo si sia allontanato dalla sua comunità. Anche oggi le parole rassicuranti di Gesù, con tutte le implicanze presentate dal vangelo di Giovanni, vengono affidate alla fede della Chiesa. Questa, nella visione dell'Apocalisse è la città santa, che scende da Dio risplendente della sua gloria. "Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino". La grandezza della Chiesa sta nell'essere fondata sull'Agnello (Gesù Cristo morto e risorto) e sugli apostoli. L'Agnello è poi la lampada che le dà luce e le permette di illuminare attorno a sé. Il testo degli Atti invita a considerare che a tale immagine di Chiesa vi giunge percorrendo pazientemente e con fatica le strade del confronto, del dibattito, della ricerca e della passione per la volontà del Signore. Se si superano gli interessi di parte e ci si lascia guidare dallo Spirito Santo, si diventa la città che illumina e che accoglie ogni uomo disponibile al dialogo e alla comunione.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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