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Lectio divina sul Libro di Qoelet - 7

7 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Nel capitolo 3 l'autore ha presentato che tutta l'opera di Dio è buona, ma anche l'esistenza della ingiustizia esercitata nei tribunali ora allarga lo sguardo su tutti i soprusi presenti nella società

4, 1Tornai poi a considerare tutte le oppressioni che si fanno sotto il sole. Ecco le lacrime degli oppressi e non c'è chi li consoli; dalla parte dei loro oppressori sta la violenza, ma non c'è chi li consoli. 2Allora ho proclamato felici i morti, ormai trapassati, più dei viventi che sono ancora in vita; 3ma più felice degli uni e degli altri chi ancora non esiste, e non ha visto le azioni malvagie che si fanno sotto il sole.
4Ho osservato anche che ogni fatica e ogni successo ottenuto non sono che invidia dell'uno verso l'altro. Anche questo è vanità, un correre dietro al vento.
5Lo stolto incrocia le sue braccia
e divora la sua carne.
6Meglio una manciata guadagnata con calma
che due manciate con tormento e una corsa dietro al vento.
7E tornai a considerare quest'altra vanità sotto il sole: 8il caso di chi è solo e non ha nessuno, né figlio né fratello. Eppure non smette mai di faticare, né il suo occhio è mai sazio di ricchezza: "Per chi mi affatico e mi privo dei beni?". Anche questo è vanità e un'occupazione gravosa.
9Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. 10Infatti, se cadono, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. 11Inoltre, se si dorme in due, si sta caldi; ma uno solo come fa a riscaldarsi? 12Se uno è aggredito, in due possono resistere: una corda a tre capi non si rompe tanto presto.
13Meglio un giovane povero ma accorto,
che un re vecchio e stolto,
che non sa più accettare consigli.
14Il giovane infatti può uscire di prigione ed essere fatto re, anche se, mentre quello regnava, era nato povero. 15Ho visto tutti i viventi che si muovono sotto il sole stare con quel giovane, che era subentrato al re. 16Era una folla immensa quella che gli stava davanti. Ma coloro che verranno dopo non si rallegreranno neppure di lui. Anche questo è vanità, un correre dietro al vento.

v.1 L'autore considera le oppressioni presenti nel mondo. Dappertutto ci sono oppressi che soffrono e che piangono senza essere consolati da nessuno e gli oppressori generano solo violenza. Sembra che nemmeno Dio si interessi di loro perché permette tutto ciò!
v. 2-3 Qoelet deduce, dalla osservazione precedente, delle conseguenze disastrose: meglio morire oppure meglio chi non è mai nato. Infatti la vita è tutto un soffrire e sotto il sole avvengono realtà molto malvagie e di dolore per le persone. Il dolore è incomprensibile per l'autore. Solo Cristo spiegherà il senso del dolore come conseguenza del peccato e lui lo redimerà con la sua morte e risurrezione e con la sua solidarietà con l'uomo che soffre. L'affermazione di Qoelet non è in contraddizione con quanto ha già affermato e riprenderà anche in seguito, che la vita è l'unica possibilità concreta che l'uomo ha a sua disposizione. Finchè si è vivi c'è la possibilità che il dolore scompaia.
v. 4 Non è chiaro il legame tra questo versetto ed i precedenti. Dopo l'assurdità del male che dilaga ora viene presentata un'altra negatività. Ciò che l'uomo costruisce con la sua fatica, quindi un bene ed un valore, può essere soltanto frutto di ambizione e di invidia per gli altri e questo è un male.
vv. 5-7 questi versetti si legano al precedente. L'agire umano non è che gelosia reciproca ed ambizione e la soluzione potrebbe sembrare essere non fare nulla e sciupare la vita (carne sta per vita). Ma chi sta con le mani in mano è uno stolto e la sapienza porta a darsi da fare ed è un valore. È meglio accontentarsi di poco che cercare di avere il massimo e fare tanta fatica. Il non agire è stoltezza e l'agire produce ambizione e logorio quindi che fare? Egli consiglia una via di mezzo. Alla fine conclude che non c'è guadagno sotto il sole.
v. 8 Ora si prende in considerazione un'altra situazione assurda. Agire, fare è connaturale all'uomo e le attività vengono svolte anche se non servono a nulla. L'uomo continua a sognare e desidera sempre più ricchezze perché è fatto cosi.
vv. 9-12 qui Qoelet vede e presenta un aspetto positivo: vivere insieme. Qui sembra che il conflitto tra azione ed utilità sia ridotto. L'essere in due è un vantaggio e ciò che si fa è utile.
vv. 13-16 il racconto del giovane sottolinea le tante possibilità che un giovane ha, se è sapiente. Uscire dalla prigione vuol dire uscire dalla stoltezza. Essere sapiente vuol dire ascoltare i consigli degli altri mente i vecchi stolti non ascoltano nessuno e non accettano pareri dagli altri. Anche il sapiente deve vigliare stare attento perché il successo lo può abbandonare.

Il v. 17 è meglio legarlo al cap. 5.

- Il tema dell'oppressione è molto d'attualità. Riusciamo ad identificarla? Che atteggiamento assumiamo nei suoi confronti? Ci è capitato di viverla e di subirla?

- L'invidia e la gelosia sono due piaghe molto grandi nella vita umana e anche dei cristiani. Ne siamo affetti? Come facciamo a curarle per essere guariti?

- Il vivere insieme è un valore. Ricerchiamo la vita comune? Accettiamo i doni e le difficoltà di questa esperienza?

- Essere sapienti vuol dire ascoltare e lasciarsi consigliare. Noi siamo sapienti?
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