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Lectio divina sul Libro di Qoelet - 4

4 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Continuano le sentenze di Qoelet che è alla ricerca del senso di ciò che capita nella vita cercando la sapienza.

2, 13Mi sono accorto che il vantaggio della sapienza sulla stoltezza è come il vantaggio della luce sulle tenebre:
14il saggio ha gli occhi in fronte,
ma lo stolto cammina nel buio.
Eppure io so che un'unica sorte è riservata a tutti e due. 15Allora ho pensato: "Anche a me toccherà la sorte dello stolto! Perché allora ho cercato d'essere saggio? Dov'è il vantaggio?". E ho concluso che anche questo è vanità. 16Infatti, né del saggio né dello stolto resterà un ricordo duraturo e nei giorni futuri tutto sarà dimenticato. Allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto.
17Allora presi in odio la vita, perché mi era insopportabile quello che si fa sotto il sole. Tutto infatti è vanità e un correre dietro al vento. 18Ho preso in odio ogni lavoro che con fatica ho compiuto sotto il sole, perché dovrò lasciarlo al mio successore. 19E chi sa se questi sarà saggio o stolto? Eppure potrà disporre di tutto il mio lavoro, in cui ho speso fatiche e intelligenza sotto il sole. Anche questo è vanità! 20Sono giunto al punto di disperare in cuor mio per tutta la fatica che avevo sostenuto sotto il sole, 21perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
22Infatti, quale profitto viene all'uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? 23Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità! 24Non c'è di meglio per l'uomo che mangiare e bere e godersi il frutto delle sue fatiche; mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio. 25Difatti, chi può mangiare o godere senza di lui? 26Egli concede a chi gli è gradito sapienza, scienza e gioia, mentre a chi fallisce dà la pena di raccogliere e di ammassare, per darlo poi a colui che è gradito a Dio. Ma anche questo è vanità e un correre dietro al vento!

v. 13 Dopo aver detto che la soddisfazione che è legata ad un certo tipo di esperienze saggie non ha valore, dichiara che la sapienza è superiore alla stoltezza, come il giorno alla notte. Sembrerebbe che la sapienza non abbia valore dalle affermazioni precedenti, ma invece Qoelet afferma che i valori ci sono e che la sapienza è un valore.

v. 14 La stessa sorte però toccherà ad entrambi. È questa l'assurdità la sapienza è un valore e si distingue dalla stoltezza ed il sapiente non è come lo stolto. Chi persegue i valori non ha una vita diversa e la morte attende tutti allo stesso modo.

v. 15 Se la sapienza è un valore (e lo è), ma se a me non porta nessun giovamento e soprattutto morirò come lo stolto, perché investire tanta fatica per apprendere la sapienza? Perché chi cerca la sapienza e la raggiunge non ha nessun vantaggio? La risposta verrà data più avanti.

v. 16 Perché l'autore continua a porsi il problema? Molto probabilmente perché vuole affermare che tutti sono uguali e non ci sono super eroi immortali. La questione della morte azzera tutto e tutti e soprattutto rende consapevoli che non occorre innalzarsi sugli altri o esaltarsi eccessivamente.

v. 17 E' la conseguenza naturale e la reazione umana di fronte a tutto ciò che accade. Come si fa ad amare una vita senza senso? Come si fa ad impegnarsi e lavorare sapendo che non serve a nulla?

v. 18 Qoelet odia la vita perché deve lasciarla. Tutto ciò che lui ha fatto servirà soltanto ad arricchire il suo successore. Lui scomparirà come origine di quella ricchezza ed emergerà il suo successore. Il vero assurdo della vita è la morte.

v. 19 Tutta la sua ricchezza accumulata andrà ad un altro indipendentemente dal fatto che sia sapiente o stolto.

v. 20 La conseguenza è la disperazione perché non si vede via d'uscita.

v. 21 Il grande Qoelet sembra indispettito da questa situazione. Egli continua a scoprire distanza e incoerenza tra i valori perseguiti e il reale che si muove in modo opposto. Egli è colpito dallo scandalo del dolore.

v. 22 L'autore si interroga ancora e si chiede quale profitto ne ha in tutto questo. La sua fatica, i suoi impegni tutto il suo darsi da fare a che cosa serve? Quando l'uomo scompare non ha per lui nessuna importanza quello che ha fatto e le ricchezze che ha accumulato. Però il lavoro, la fatica, l'impegno per raggiungere la sapienza sono dei valori. La cultura giudaica di fronte a queste problematiche sviscerate con realtà e intelligenza aveva soltanto poche strade da percorrere. O respingere la problematica (compreso gli scritti dei profeti che ne sono la base) come fecero i sadducei che respinsero questa visione, rimuovendo il problema della morte e affermando che era necessario soltanto impegnarsi in questa vita e basta.

v. 23 Questa situazione di lavoro nel dolore dura per tutta la vita. Il cuore nella Bibbia è la sede di tutti i sentimenti, dei pensieri e anche può indicare il male. Il cuore soffre ed è lo scandalo del dolore. Qoelet concepisce il dolore solo come una punizione per una scelta del male, mentre l'altro dolore non lo capisce. Per lui è inconcepibile che l'impegno per la sapienza debba far soffrire e che non esista un principio di retribuzione. Se uno fa il bene deve esserci un premio e se uno fa il male la punizione. Poiché tutto ciò non esiste quindi tutto è vanità ed inutile. Nella predicazione cristiana il dolore verrà riscattato: "beati coloro che soffrono".

v. 24 All'uomo non resta quindi di accontentarsi delle gioie che la vite offre, non ultimo la soddisfazione dell'operare stesso. A questo punto afferma che tutto proviene dalla mano di Dio.

vv. 25-26 Chi vive in rapporto d'amicizia con Dio da lui riceve ogni bene ed ha senso tutto ciò che vive. Chi è lontano da lui compie tutto con fatica; realizza le cose per farsi vedere dagli altri e le sue realizzazioni vanno agli altri. Questo secondo aspetto è vanità.

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