LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 13 aprile 2025, Domenica delle Palme - Anno C
Chiamati tutti ad essere in paradisoIsaia 50, 4-7 . Salmo 21 . Filippesi 2, 6-11 . Luca 22, 14-23,56
Lettura
La narrazione della passione e morte di Gesù secondo Luca, pur articolandosi seguendo lo schema caratteristico di Marco e Matteo, presenta aspetti e particolari propri. Si richiede quindi un'attenta lettura per cogliere le novità lucane. La passione costituisce l'ultima tappa del cammino di Gesù fino a Gerusalemme Qui però l'itinerario non si ferma perché, nella città santa, riprenderà il suo corso per mezzo dei discepoli che accolgono il Signore risorto. La Struttura del racconto della passione può essere cosi articolata: l'ultima cena 22, 1-38; l'agonia e l'arresto 22, 39-53, il processo giudaico 22, 54-71, il processo romano 23, 1-25; la crocefissione morte e sepoltura 23, 26-56. Ci soffermeremo soltanto sull'ultima parte, iniziando da quando Gesù viene abbandonato da Pilato alla volontà dei giudei ed è già stato crocefisso.
Lc 22, ...33-5633Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. 34Gesù diceva: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
35Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: "Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto". 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto 37e dicevano: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso". 38Sopra di lui c'era anche una scritta: "Costui è il re dei Giudei".
39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!". 40L'altro invece lo rimproverava dicendo: "Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male". 42E disse: "Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno". 43Gli rispose: "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso".
44Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, 45perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. 46Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Detto questo, spirò.
47Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: "Veramente quest'uomo era giusto". 48Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. 49Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.
50Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. 51Egli non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. 52Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. 54Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato. 55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, 56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.
CommentoIl passo da noi considerato si apre con una prima scena che presenta Gesù in viaggio verso il Calvario. Nel suo cammino è circondato da personaggi che, nella narrazione lucana, diventano emblematici e ne creano il telaio portante. Dapprima incontriamo Simone di Cirene, "che veniva dalla campagna e gli mettono addosso la croce da portare dietro a Gesù". Poiché l'evangelista, rispetto agli altri sinottici, toglie la menzione della flagellazione e la scena dei maltrattamenti, il compito di Simone non è più soltanto di aiutare un condannato ridotto ormai ad una debolezza fisica estrema. Se poi si considera la sottolineatura di dover portare la croce "dietro a Gesù", sembra che Luca suggerisca al lettore di vedere in Simone l'immagine del discepolo, che porta la croce ogni giorno dietro al maestro, come lui si era espresso in Lc 9,23. Abbiamo poi "una grande folla di popolo e di donne che si battono il petto e fanno lamenti su di lui". Mentre in Marco Gesù va solo verso il suo morire, Luca lo circonda di personaggi che sono interessati a lui. Spiccano tra gli altri le donne, che col pianto manifestano Gesù Messia sofferente e sono occasione per lui di pronunciare una profezia su Gerusalemme, che lo aveva rifiutato. Infine anche due malfattori sono "condotti insieme con lui per essere giustiziati".
La seconda scena si colloca sul Calvario e lì si staglia nitidamente la figura di Gesù Cristo che, solidale con l'umanità fino al punto di essere crocefisso tra "due malfattori", offre da quella posizione il perdono a tutti ed in particolare ai nemici: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno". Il comportamento di Gesù è coerente fino all'ultimo con l'insegnamento da lui impartito ai suoi discepoli (cfr. Lc 6). Luca presenta la reazione di cinque categorie di persone davanti a Gesù crocefisso. "Il popolo sta a vedere", indifferente per ora, ma rispettoso. I capi lo deridono, ironizzando sulla sua pretesa messianica: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso se è il Cristo di Dio, il suo eletto". "Anche i soldati lo scherniscono", riferendosi alla sua presunta regalità. Da ultimo è insultato da uno dei malfattori, il quale chiede a Gesù di manifestare la sua messianicità salvando tutti dal patibolo della croce. La reazione del secondo malfattore è completamente diversa da quella del primo. Dapprima egli invita il socio ad avere timore di Dio, che lì in Gesù è condannato alla loro stessa pena, e poi dichiara la loro colpevolezza e l'innocenza di Gesù: "non ha fatto nulla di male". È a questo punto che il malfattore, rivolgendosi direttamente a Gesù, invoca da lui la salvezza: "ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". La risposta di Gesù va al di là di ogni aspettativa: "oggi sarai con me nel paradiso". Qui abbiamo un punto decisivo dell'opera di Luca e nel malfattore detto "buono" si intravede ogni discepolo. Infatti chi giunge ad incontrare Gesù, da qualsiasi storia provenga, e a lui si affida, creando una relazione interpersonale significativa e decisiva, ottiene subito la salvezza. Questa diventa definitiva per chi muore con Cristo e come lui.
La terza scena presenta la morte di Gesù che è preceduta da due segni: l'oscuramento per tre ore del sole e la scissura del velo del tempio. I segni indicano fatti straordinari che richiamano l'eccezionalità dell'avvenimento che si sta realizzando sul Calvario. Al centro sono collocate le sue ultime parole prima di spirare: "Padre nelle tue mani consegno il mio spirito". Citando il salmo 31, una preghiera di fiducia, la morte di Gesù, presentata da Luca, diventa un sereno abbandono nelle braccia del Padre. Così egli è esempio per il discepolo: di come ci si deve affidare nelle mani di Dio e di come si deve andare incontro alla morte. Davanti a Gesù morto, l'evangelista riporta nuovamente delle reazioni di persone che interagiscono con lui. Il centurione romano proclama l'innocenza del condannato, le folle tornano a casa pentite battendosi il petto, i suoi con le donne assistono da lontano e guardano gli avvenimenti. La morte in croce di Gesù produce sicuri risultati positivi in chi ha costruito una relazione interpersonale con lui. Restano esclusi per ora da questo quadro, ma non definitivamente, i capi ed il primo malfattore perché non hanno avuto l'umiltà ed il coraggio di dialogare costruttivamente con Gesù. La croce è sempre efficace per la conversione e richiede almeno un minimo di coinvolgimento personale. La su potenza è talmente grande da trasformare gli schernitori (i soldati rappresentati dal centurione) in proclamatori dell'innocenza di Gesù, la folla indifferente in un popolo consapevole dei suoi sbagli e quindi penitente ed i discepoli che, se anche hanno visto da lontano, diventeranno capaci di testimoniare il Signore.
Chi cammina con Gesù, portando ogni giorno la croce dietro a lui e perdonando come lui, entra sicuramente in paradiso. La sua morte è per i cristiani, insegnamento di come si fa ad accogliere la volontà di Dio e di come si deve morire. Per ora resta a noi discepoli il compito di entrare in profonda comunione con lui per testimoniare nella storia.
COLLEGAMENTO TRA LE LETTUREIl tema centrale della domenica, detta delle "Palme", è costituito dal dono della salvezza offerta ai discepoli che interagiscono con Gesù Cristo. L'inno cristologico della Lettera ai Filippesi delinea con chiarezza il dramma d'umiliazione ed esaltazione di Cristo Gesù, che pur essendo di natura divina, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo per il bene di tutta l'umanità. Cristo in croce, racconta Luca, è una provocazione forte davanti alla quale non si può restare indifferenti. O ci si schiera contro oppure ci si affida a lui, come ha fatto il brigante crocifisso con lui. Chi sceglie di stare con Gesù deve essere consapevole che dovrà condividere col maestro due esperienze: portare la croce e perdonare anche i nemici. Camminando così si sperimenta già oggi il "paradiso". Tutto quanto è espresso nel racconto evangelico e nella Lettera ai Filippesi è anticipato profeticamente nel passo di Isaia. Il sevo del Signore, chiamato ad indirizzare allo sfiduciato una parola di conforto e speranza, svolge il suo ministero in ascolto fedele della Parola di Dio, affrontando con coraggio le difficoltà che s'incontrano. La contemplazione di questi misteri diventa stimolo per la vita cristiana.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 6 aprile 2025, V Quaresima - Anno C
Il Signore è misericordioso!Isaia 43, 16-21 . Salmo 125 . Filippesi 3, 4-14 . Giovanni 8, 1-11
Lettura
Gesù è a Gerusalemme. Ha partecipato alla festa delle Capanne (cfr. Gv 7), anche se vi andò di nascosto. Giunto però nella città santa, non poté passare inosservato. La sua presenza alla festa diventa quindi occasione di insegnamenti rivolti ai suoi ascoltatori ed anche di scontri con gli avversari, fino al punto che alcuni vogliono arrestarlo. A Gerusalemme, al termine della festa, si colloca la vicenda narrata nel passo odierno.
Gv 8, 1-111Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei". 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". 11Ed ella rispose: "Nessuno, Signore". E Gesù disse: "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più".CommentoGesù, dopo aver trascorso la notte sul "monte degli ulivi", prima di tornarsene a casa dopo la festa, all'alba si reca di nuovo nel tempio e lì ammaestra il popolo che numeroso andava da lui. Mentre svolge la sua attività di evangelizzatore, "gli scribi ed i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio", per avere un suo parere e subdolamente "per metterlo alla prova e per avere di accusarlo". Non c'è alcun dubbio sulla colpevolezza della donna e la questione sta in che cosa voglia fare Gesù di fronte ad un peccato certo. Gesù dapprima reagisce scrivendo col dito per terra. Che cosa scrisse? È impossibile ricostruire quel messaggio, anche se si può intuire il contenuto. Sicuramente era una risposta alla domanda postagli: "Mosé ... ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". Probabilmente gli interlocutori di Gesù non percepirono la sua posizione, oppure la considerarono inadeguata o incompleta, visto che continuavano ad insistere nell'interrogarlo. A questo punto egli pronunzia la sentenza perentoria: "chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei" e poi continua a scrivere per terra. Con questo principio Gesù non vuole affermare che ogni giudice, per pronunciare una sentenza, debba essere senza peccato. Egli invece sottolinea che, partendo dalla parola di Dio e dalla dimensione religiosa, è sempre necessario nei confronti dei peccatori, avere chiaro l'obiettivo a cui si vuole arrivare ("non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori") e tener realmente conto della situazione personale del singolo peccatore. Tutto questo non interessava agli accusatori della donna, perché il loro vero obiettivo non era la verità, ma tendere un tranello a Gesù. Per questo, dopo aver ascoltato le sue parole, "se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani". La parte finale della narrazione presenta il dialogo di Gesù con la donna peccatrice. Nessuno l'aveva condannata. Ella con umiltà e pentimento attendeva il giudizio di colui che riconosceva "Signore". Nemmeno Gesù la condanna e la invita accoratamente a non peccare più.
Attraverso la vicenda dell'adultera il testo evangelico presenta la giustizia di Gesù, che è quella di Dio. Egli condanna il peccato, ma è misericordioso col peccatore. Gesù ha anche la capacità di smascherare tutto ciò che non è orientato verso una vera giustizia, anche se coperto da motivazioni di carattere religioso. Chi riconosce in lui il Signore e si rimette al suo giudizio, incontra sicuramente misericordia e perdono.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'asse portante delle tre letture è dato dall'intervento di Dio, che viene a mutare la situazione e la prospettiva futura del suo interlocutore. Il popolo degli israeliti a Babilonia, deve spostare il baricentro della sua fede dalla vicenda dell'esodo antico al suo ritorno da Babilonia: "Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa". Il cambiamento di prospettiva comporta un impegno anche per il futuro: "Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi". Il fariseo Paolo riceve la manifestazione della vera giustizia "che viene da Dio, basata sulla fede" e si apre alla "sublimità della conoscenza di Cristo Gesù". La gioia di questo sbocco comporta l'impegnativa partenza per una corsa verso la perfetta assunzione della potenza della resurrezione di Cristo, con tappa obbligatoria alla conformazione alla sua morte. L'allontanarsi dei lapidatori della donna, nel racconto evangelico, affiancato al perdono ricevuto da Gesù, diventa il dono di una vita che può ricominciare. La scena comporta una decisione seria: "va e d'ora in poi non peccare più". È importante quindi impegnarsi a maturare contesti in cui la magnanimità aiuti a rendere possibili il perdono e la conversione. La conversine richiede sempre anche la disponibilità a tornare a rischiare nella vita, sostenuti dalla fiducia che dà il Signore.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 30 marzo 2025, IV Quaresima - Anno C
L'Amore che converte e dà la vitaGiosué 5, 9a.10-12 . Salmo 33 . 2 Corinti 5, 17-21 . Luca 15, 1-3.11-32
Lettura
Siamo al centro della sezione che presenta il viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Qualcuno definisce il capitolo quindici: "cuore del terzo vangelo". Qui, come precedentemente, la scena del pasto che viene consumato da Gesù, fa da sfondo. Ora però i commensali non sono più gli scribi ed i farisei ma i peccatori. In questo quadro si collocano le tre parabole dette della "misericordia": la pecora smarrita (15, 3-7), la moneta d'argento perduta (15, 8-10) e la parabola del padre con i suoi due figli (15, 11-32). La liturgia quaresimale propone soltanto la terza.
Lc 15,1-3.11-321 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: "Costui accoglie i peccatori e mangia con loro". 3Ed egli disse loro questa parabola:11Disse ancora: "Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". 20Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". 22Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa. 25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". 31Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"".CommentoIl brano si apre con una introduzione (vv. 1-3) che presenta i pubblicani ed i peccatori particolarmente vicini a Gesù, "per ascoltarlo". I farisei e gli scribi invece mormorano a causa del comportamento poco ortodosso tenuto da Gesù. Infatti gli ebrei osservanti devono assolutamente evitare di avere rapporti di qualsiasi genere con i peccatori. Segue la parabola (vv. 11-32) organizzata in due scene, che sono delineate dal comportamento dei figli e collegate tra loro dalla figura e dagli atteggiamenti del padre. L'itinerario del figlio più giovane è descritto molto dettagliatamente: allontanamento dal padre, decadimento morale, inizio della conversione e tappe successive, ritorno al padre. Ogni peccatore può identificarsi in questo figlio e vede la propria esperienza di lontananza da Dio. È il padre poi che prende l'iniziativa e va incontro al figlio ("il padre lo vide, ebbe compassione e gli corse incontro"). La riconciliazione, carica di doni paterni, è concessa a chi è figlio e tale si riconosce: "non sono più degno d'essere chiamato tuo figlio". Il figlio maggiore, che da tanti anni serve il padre e non ha mai trasgredito un suo comando, si indigna per il comportamento assunto dal padre verso il fratello ritornato. Il padre esce a pregarlo, cercando di fargli capire il posto che egli occupa nel suo cuore, ma nello stesso tempo ribadisce la necessità di far festa per il fratello che "era perduto ed è stato ritrovato". I giusti, ebrei o cristiani, si possono ritrovare in questo secondo figlio. Anch'essi, che ricevono tutto dal padre e quindi da Dio, non possono creare classi o steccati tra di loro. Gesù stesso, attraverso la parabola, si presenta come colui che viene incontro a chi si crede giusto per manifestare l'amore smisurato di Dio verso tutti. Il racconto non dice come si comporterà il figlio maggiore dopo l'incontro col padre, forse perché resta sempre problematica la conversione di coloro che si ritengono giusti, o forse perché la narrazione aperta lascia spazio a diversi e possibili comportamenti.
Gesù rivela con i suoi insegnamenti e col suo atteggiamento l'amore sovrabbondante di Dio per tutti gli uomini. Tra questi hanno un posto prediletto i peccatori, perché egli vuole salvare tutti. Di conseguenza il giusto, che vive particolarmente in comunione con Dio, è invitato a non creare una casta di privilegio, ma, sull'esempio di Gesù, ad operare perché tutti gli uomini incontrino l'amore di Dio e quindi la salvezza. Per vivere così è necessaria una vera e radicale conversione.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREUn tema che collega le tre letture potrebbe essere la categoria paolina di riconciliazione: "Dio che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione". L'immagine di Dio che si riconcilia con l'umanità è espressa nella figura e nell'atteggiamento del padre della parabola evangelica. Il quadro si delinea molto meglio e stimola un approfondimento ulteriore, mettendo a confronto i reali sentimenti del padre con quanto invece i due figli erroneamente immaginano di lui. Il cuore di Dio viene manifestato anche nella prima lettura, quando Israele arriva nella terra promessa: il dono del Padre celeste.
Infine si è invitati a considerare che tipo di immagine si ha di Dio e quale poi si diffonde. È nostra responsabilità conoscere Dio come Gesù lo ha rivelato e diffondere la sua giusta immagine. In questo campo false idee possono vanificare la possibilità di autentici cammini di conversione ed escludere, se non dalla salvezza, certamente dalla gioia della comunione accolta.
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Goito 16 marzo 2025, II Quaresima - Anno C
Trasfigurati dalla preghiera e dalla croceGenesi 15, 5-12.17-18 . Salmo 26 . Filemone 3, 17-4,1 . Luca 9, 28-36
Lettura
Gesù sta svolgendo il suo ministero in Galilea. Egli predica e guarisce, chiama i discepoli a seguirlo e sorgono i primi contrasti con gli avversari. Dopo aver scelto i dodici tra i discepoli, li manda in missione. A loro un giorno chiede di dire un parere su cosa le folle pensano di lui; anch'essi sono invitati ad esprimersi al riguardo. Pietro, a nome di tutti, dichiara la loro fede; questa però è subito messa in difficoltà dal primo annuncio della passione e dalla dichiarazione sulla necessità per il discepolo di portare la croce dietro a Gesù. Qui si colloca la pericope della Trasfigurazione.
Lc 9,28-3628Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!". 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.CommentoIl racconto inizia presentando Gesù che, prendendo "con sé Pietro, Giovanni e Giacomo", sale "sul monte a pregare". Occorre sottolineare il riferimento al monte, come luogo della manifestazione di Dio e della comunione con Lui attraverso la preghiera. Mentre Gesù prega il suo volto si trasforma, "la sua veste divenne candida e sfolgorante", in quanto simbolo della persona divina. L'evangelista Luca è particolarmente interessato al colloquio tra Gesù ed i due uomini, identificati poi con Mosé ed Elia. Essi parlano con Gesù "della suo esodo", della sua dipartita, della fine della vita "che stava per compiersi a Gerusalemme". È chiaro che qui Gesù prende coscienza del suo dover soffrire. A questa scena così intensa, in quanto manifestazione della gloria di Cristo ed anticipazione della sua sofferenza, fa da contrasto la non comprensione dei discepoli, che assistono al fatto. Essi, "oppressi dal sonno", non si rendono conto di quanto accade, oppure, come Pietro, fanno proposte inadeguate al momento. Infatti egli voleva arrivare alla "gloria" senza passare attraverso la croce. Quanto i discepoli non riescono a raggiungere con le proprie forze il progetto di Dio, è possibile sperarlo dall'intervento di Dio e dalla sua rivelazione. La presenza di Dio sul monte e la sua parola, spingono i discepoli a fidarsi di Gesù Cristo e a credere ai suoi insegnamenti: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo".
La trasfigurazione di Gesù è anticipazione della sua pasqua di morte e resurrezione. È un'esperienza che avviene nella preghiera; aiuta Gesù a mettersi decisamente sulla strada della passione e stimola i discepoli a superare la loro distanza che li separa dal mistero di Dio. Dio che si rivela è realmente accolto da essi quando diventano capaci di ascoltare e recepire fino in fondo il discorso della croce. Chi nella preghiera crede e ascolta, facendo della croce la regola della vita, cammina con Cristo verso la gloria della Pasqua eterna.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa "trasfigurazione" è l'esperienza che fa percepire il senso più profondo della realtà. Essa non può mai significare il suo abbandono in vista di un altro mondo più appetibile. Le parole di Mosè e di Elia rivelano la trasfigurazione di Gesù come il momento in cui egli viene definitivamente orientato e sostenuto nella sua partenza per Gerusalemme. Anche per Pietro ed i suoi compagni, la partecipazione a quel momento li spinge a una responsabilità impegnativa nel presente, segnata dalla croce. Essi non sono invitati a stare sul Tabor, ma a scendere e ad andare. Per Abramo, nella prima lettura, la visione del cielo e delle stelle con le parole divine sono l'immissione impegnativa nella promessa e negli sviluppi futuri della storia di Dio con lui e col suo popolo. Lo sguardo alla "patria nei cieli" e la certezza della "trasfigurazione del corpo mortale", presentati dalla seconda lettura, non sono da intendere come consolazione o come distrazione dal presente. Essi sono riferimenti, che aiutano il cristiano ad essere consapevole delle dimensioni più profonde della sua realtà, lo rendono capace di stare rivolto da amico alla croce di Cristo e di evitare l'eccessivo interesse per le cose della terra.
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Goito 23 marzo 2025, III Quaresima - Anno C
Gesù è il vignaiolo compassionevoleEsodo 3, 1-8a.13-15 . Salmo 102 . 1 Corinzi 10, 1-6.10-12 . Luca 13, 1-9
Lettura
Alla fine del nono capitolo, Luca presenta Gesù che si dirige risolutamente verso Gerusalemme. Durante il cammino egli, con le parole e gli atteggiamenti, rivela il senso di quanto accadrà nella città santa. Così facendo invita gradualmente i discepoli ed il lettore a camminare con lui, per partecipare della sua salvezza che là si compirà.
Lc 13,1-91In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo".6Diceva anche questa parabola: "Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: "Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?". 8Ma quello gli rispose: "Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai"".CommentoIl brano si divide in due parti. Nella prima (vv. 1-5) abbiamo le parole di Gesù relative a due fatti accaduti in quei tempi. Alcuni, forse per metterlo in difficoltà, gli riferiscono dei galilei uccisi da Pilato nel tempio mentre stavano compiendo i loro sacrifici. La Galilea infatti era diventata un focolaio di movimenti rivoluzionari. Qui si rifugiavano gli zeloti, un gruppo terroristico che colpiva i romani per costringerli a lasciare la Terra Santa. Molto probabilmente Pilato soppresse alcuni di questi esponenti che erano diventati scomodi per Roma. Gesù di sua iniziativa aggiunge poi un altro fatto: la morte di diciotto persone sotto il crollo della torre di Siloe. I due episodi servono a Gesù per comunicare alcuni insegnamenti importanti. Innanzitutto egli dichiara che le disgrazie o le malattie non sono da pensare una punizione divina per i peccati personali commessi: "credete che quei galilei fossero più peccatori di tutti?" o "credete che fossero più colpevoli di tutti?". Gesù afferma anche che tutti sono peccatori e quindi bisognosi di conversione: "se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo". Il peccato è la causa di ogni male e porta alla distruzione dei singoli e dei gruppi, se non si convertono. Infine si ricava pure che gli eventi, la natura e la storia personale manifestano sempre un messaggio di Dio per gli uomini. Nella seconda parte (vv. 6-9), attraverso una parabola, vengono approfonditi gli insegnamenti precedenti. Il fico senza frutti rimanda alla situazione di colpevolezza in cui tutti si trovano: Israele, la Chiesa, l'umanità. Il giudizio di Dio sarà inesorabile al riguardo. Egli però dà un'ultima possibilità per mezzo di Gesù Cristo, il vignaiolo compassionevole, perché si portino frutti di conversione. Allora il tempo presente è di salvezza, se si segue Gesù Cristo e ci si converte, o di giudizio dio condanna, se lo si ignora, non portando frutti adeguati.
Dio parla continuamente anche attraverso tutto quello che capita attorno agli uomini! Costoro sono per lui tutti uguali ed evidenziano un unico bisogno impellente: la conversione. Solo questa può sottrarre dal giudizio tremendo di Dio. Per attuare una vera conversione occorre lasciarsi "curare" da Gesù Cristo, vignaiolo compassionevole. Con i suoi insegnamenti e col dono della sua stessa vita porta ciascuno a produrre frutti maturi.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl significato complessivo delle tre letture di questa domenica può essere individuato nell'appello ad accogliere con giusta premura il lavoro fatto da Dio, perché si portino frutti. L'idea è già chiara nella parabola di Gesù: è necessario che il lavoro del vignaiolo trovi corrispondenza nella fecondità del fico. Essa risulta anche dalla lettura del testo dell'Esodo: Dio ha osservato la miseria del suo popolo e si è deciso per l'intervento; adesso, però, tocca a Mosè "fare la sua parte". Il riconoscimento dell'incontro avuto con il Signore, deve prolungarsi nell'impegno, faticoso e rischioso, di farsi carico della vicenda complessiva del popolo. D'altra parte il servizio fedele di Mosè al popolo diventa rivelatore di colui che lo ha mandato: Dio. Paolo interpreta, nella seconda lettura, le disavventure antiche capitate al popolo come segno della loro infedeltà e sterilità. Da qui l'invito a cogliere l'insegnamento contenuto nella storia e a non cadere.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)