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Lectio divina IV Domenica T.O. 2024

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 28 gennaio 2024– IV Domenica del Tempo Ordinario B

Camminare liberi verso Dio
Deuteronomio 18,15-20 • Salmo 94 • 1Corinzi 7,32-35 • Marco 1,21-28

Lettura
Gesù è in Galilea, regione dove si svolge la prima parte del suo ministero, e precisamente a Cafarnao. Il brano del Vangelo di oggi è parte integrante di una unità narrativa che si estende da Mc 1,21 sino a Mc 1,39. È bene avere presente questo sfondo generale nel leggere Mc 1,21-28.

Mc 1, 21-28
21 Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23 Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24 dicendo: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". 25 E Gesù gli ordinò severamente: "Taci! Esci da lui!". 26 E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27 Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!". 28 La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Commento
L'evangelista Marco presenta Gesù a Cafarnao in una giornata tipo (Mc 1,21-34). Il brano liturgico descrive la parte pubblica vissuta dal maestro presso la sinagoga del paese. Gesù in sinagoga si reca per insegnare: "Gesù... insegnava". Sicuramente il contenuto del suo intervento è costituito da quanto si legge in Mc 1,14-15: Gesù annuncia "il Regno di Dio". La narrazione prosegue presentando lo stupore della gente di Cafarnao davanti all'insegnamento di Gesù: "erano stupiti del suo insegnamento". Marco presenta poi la ragione dello stupore delle persone: "insegnava come uno che ha autorità". Gesù, a differenza degli scribi che ricevono autorità dalle Scritture insegnate, ha autorità e potere in se stesso e la forza delle sue parole scaturisce dalla sua persona, che era coerente con i suoi insegnamenti. La vicenda che segue, narrata dall'evangelista, contribuisce a far comprendere qual è il senso dell'autorità di Gesù. Il racconto presenta in sinagoga una persona con uno spirito impuro, cioè con uno spirito che separa da Dio. Anche se sono stati compiuti tutti i riti di purificazione, previsti prima di accedere al rito sinagogale, non significa che le persone siano completamente disponibili per l'opera di Dio. La venuta di Gesù smaschera ogni potenza demoniaca e causa la sua disfatta: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?". Gesù, con la parola fa tacere lo spirito impuro, lo caccia da quell'uomo e rende la persona libera e disponibile a camminare sulla strada di Dio impegnando tutte le sue risorse. La pericope si chiude riproponendo lo stupore dei presenti nella sinagoga ("Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità") e registrando la fama di Gesù che andava diffondendosi nella regione.

Gesù è la novità più grande che entra nella storia dell'umanità. Egli è l'unico uomo che ha la stessa autorità di Dio. Infatti la forza del suo insegnamento scaturisce dalla sua stessa persona. Egli smaschera anche il male presente, a volte in modo nascosto, nei membri della comunità. Le persone liberate possono così andare verso Dio guidate da Gesù Cristo, attivando tutte le loro risorse umane.

Collegamento fra le letture
Il tema della vita orientata verso Dio e da lui illuminata e sostenuta dà unità alle letture domenicali. Nella prima lettura si presenta l'identità del profeta. Egli proclama la parola di Dio e dice soltanto quanto lui gli comanda. Nessuno può attribuirsi da sé questo servizio nella comunità. Chi lo fa è punito duramente: "quel profeta dovrà morire".
Quando il profeta parla il popolo ha l'obbligo di ascoltarlo: "a lui darete ascolto". La parola del profeta, dunque, porta il popolo a vivere una sempre più profonda comunione con Dio. Anche il ministero di Gesù, presentato da Marco, attraverso il suo insegnamento, vuole condurre le persone a piena comunione con Dio. Per questo le libera da tutti gli ostacoli o impedimenti che frenano tale itinerario.
La seconda lettura invita i credenti a non essere troppo coinvolti dalle realtà del mondo, anche da quelle più belle e nobili. Queste, se diventano lo scopo dell'esistenza, producono molte ansie. Paolo invita i coniugi a vivere "senza preoccupazioni" e per arrivare a questo obiettivo richiama la necessità di vivere restando fedeli "al Signore senza deviazioni".

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio divina sul Libro di Qoelet - 12

12 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Dopo le istruzioni date nel capitolo 8 che si chiudevano con la constatazione che l'uomo non riesce a conoscere il progetto di Dio nonostante i suoi sforzi. Ed invitava a non credere a coloro che dicono di conoscere e sapere tutto. Nel nuovo capitolo l'autore ribadisce che tutto è nelle mani di Dio.

9, 1A tutto questo mi sono dedicato, ed ecco tutto ciò che ho verificato: i giusti e i sapienti e le loro fatiche sono nelle mani di Dio, anche l'amore e l'odio; l'uomo non conosce nulla di ciò che gli sta di fronte.
2Vi è una sorte unica per tutti: per il giusto e per il malvagio, per il puro e per l'impuro,
per chi offre sacrifici e per chi non li offre, per chi è buono e per chi è cattivo, per chi giura e per chi teme di giurare.
3Questo è il male in tutto ciò che accade sotto il sole: una medesima sorte tocca a tutti e per di più il cuore degli uomini è pieno di male e la stoltezza dimora in loro mentre sono in vita. Poi se ne vanno fra i morti. 4Certo, finché si resta uniti alla società dei viventi, c'è speranza: meglio un cane vivo che un leone morto. 5I vivi sanno che devono morire, ma i morti non sanno nulla; non c'è più salario per loro, è svanito il loro ricordo. 6Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto è ormai finito, non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole. 7Su, mangia con gioia il tuo pane e bevi il tuo vino con cuore lieto, perché Dio ha già gradito le tue opere. 8In ogni tempo siano candide le tue vesti e il profumo non manchi sul tuo capo. 9Godi la vita con la donna che ami per tutti i giorni della tua fugace esistenza che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua parte nella vita e nelle fatiche che sopporti sotto il sole. 10Tutto ciò che la tua mano è in grado di fare, fallo con tutta la tua forza, perché non ci sarà né attività né calcolo né scienza né sapienza nel regno dei morti, dove stai per andare.
11Tornai a considerare un'altra cosa sotto il sole: che non è degli agili la corsa né dei forti la guerra, e neppure dei sapienti il pane e degli accorti la ricchezza, e nemmeno degli intelligenti riscuotere stima, perché il tempo e il caso raggiungono tutti. 12Infatti l'uomo non conosce neppure la sua ora: simile ai pesci che sono presi dalla rete fatale e agli uccelli presi al laccio, l'uomo è sorpreso dalla sventura che improvvisa si abbatte su di lui.
13Anche quest'altro esempio di sapienza ho visto sotto il sole e mi parve assai grave: 14c'era una piccola città con pochi abitanti. Un grande re si mosse contro di essa, l'assediò e costruì contro di essa grandi fortificazioni. 15Si trovava però in essa un uomo povero ma saggio, il quale con la sua sapienza salvò la città; eppure nessuno si ricordò di quest'uomo povero. 16Allora io dico:
meglio la sapienza che la forza, ma la sapienza del povero è disprezzata e le sue parole non sono ascoltate". 17Le parole pacate dei sapienti si ascoltano meglio delle urla di un comandante di folli. 18Vale più la sapienza che le armi da guerra, ma un solo errore può distruggere un bene immenso.

v.1 Qoelet afferma di aver riflettuto su tutto ciò che vede e sperimenta ed ha concluso che tutti sono nelle mani di Dio. L'uomo non capisce profondamente se stesso ed i valore dei suoi sentimenti.
vv. 2-3 Riprende il tema che manca ogni legge di retribuzione e quindi tutti vengono trattati allo sesso modo. C'è il tema del giuramento che viene accennato. Era una pratica ebraica nella quale si chiamava Dio come testimone di quanto si affermava. Gli esseni erano contrari a questa pratica e Gesù invita a non compierla assolutamente (Mt 5,33-37). Qoelet considera un grande male la morte perché tutti vengono trattati allo stesso modo e non ci sono diversificazioni. Durante la vita poi il cuore dell'uomo (cuore nel senso di sede della volontà e di ogni decisione) è pieno di male e di stoltezza.
v.4-6 Questi versetti sono una ulteriore riflessione sulla morte (cfr. 3,18-21). Meglio la peggiore condizione sulla terra che essere morto e scendere nel mondo delle "sceol".
vv. 7-8 In questa situazione abbastanza problematica l'unica soluzione è sentirsi vivi e gioire di ciò che si ha. Anche il v. 8 continua su questo tema con l'immagine delle vesti bianche e del profumo che venivano usati nelle feste. Le vesti bianche si usavano nel tempo di letizia, come le nere in tempo del dolore.
vv. 9-10 l'autore invita a gioire delle relazioni affettive vissute e di fare tutto ciò che piace e che si riesce a realizzare perché poi tutto questo non sarà più possibile.
vv. 11-12 Qoelet afferma che non sono le attitudini delle persone che contano perché tutti riceveranno allo stesso modo la stessa sorte quando Dio lo deciderà. La morte è un male e questo male è aggravato dal fatto che arriva improvvisamente e l'uomo non può gestirla.
vv. 13-17 Viene riportato un racconto dove si esalta la sapienza, ma essa è vissuta da un povero e quindi non resta ricordo. Il sapiente ha dei doni unici, ma non riceve gli onori meritati perché egli è di umile origine. La sapienza è sicuramente migliore della forza o di altre qualità umane, però non ha successo! Si conclude affermando che le parole del sapiente vengono pronunciate con calma ed hanno più incidenza in chi ascolta degli urli dei potenti o dei folli.
v. 18 Che cosa vuole dire Qoelet con questa sentenza? Si afferma che vale più la sapienza della forza e del potere. Però uno sbaglio o un errore commesso da una persona può vanificare tutto il percorso di vita personale e comunitario. Di che errore si tratta? Si tratta di vivere e agire con stoltezza, cioè senza riflettere e d'istinto.

- Tutti siamo nelle mani di Dio! Di fronte alle difficoltà, ai fallimenti, alle prove riusciamo a mettere tutto nelle mani di Dio?

- Ritorna il tema della morte. Tre atteggiamenti si possono assumere: agire come se non esistesse; deprimersi ed essere sfiduciati; sapere che esiste però fare tutto con impegno e con gioia.

- A volte per paura di essere derisi, di essere messi da parte, di non avere successo si preferisce abbandonare la sapienza e vivere da stolti.

Lectio divina III Domenica T.O. 2024

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 21 gennaio 2024– III Domenica del Tempo Ordinario B

Convertitevi, cioè credete e seguitemi
Giona 3,1-5.10 • Salmo 24 •1Corinzi 7,29-31 • Marco 1,14-20

Lettura
Con il brano odierno entriamo nella prima grande sezione del vangelo di Marco (1,14-3,6) dove l'evangelista presenta il vangelo annunciato da Gesù in Galilea e le conseguenze da esso suscitate.

Mc 1,14-20
14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo".
16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: "Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini". 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Commento
Il testo comprende un sommario d'introduzione a tutta la sezione (vv.14-15) e due racconti uguali di chiamata al discepolato (vv.16-20). La narrazione si apre annunciando che Giovanni viene "arrestato-consegnato". L'evangelista, scegliendo questo verbo, segna così subito il destino del primo predicatore, rimanda agli inizi dell'insegnamento di Gesù e alle sue vicende future, qui chiaramente anticipate nella figura del Battista consegnato per la morte. Il contenuto del "vangelo di Dio" proclamato da Gesù (v.15) viene indicato in quattro brevissime frasi. La prima, "il tempo è compiuto", dichiara ormai giunto il tempo opportuno della salvezza da sempre atteso da Israele. La seconda, "e il regno di Dio è vicino", spiega la precedente e dà la ragione del tempo definitivo. Il tempo della salvezza è arrivato, perché Dio è all'opera direttamente per mezzo di Gesù e tramite lui entra gradualmente nella storia dell'umanità. Con la terza, "convertitevi", è indicata la richiesta di un completo cambiamento di mentalità, come già aveva chiesto il Battista. La quarta, "e credete al vangelo", diventa la spiegazione di che cosa sia la conversione richiesta da Gesù: "convertirsi, cioè credere al vangelo". Ci si converte quando ci si fida dell'annuncio che la predicazione di Gesù propone e si cerca di metterlo in pratica, pur con tutti i nostri limiti e le nostre carenze. La chiamata delle due coppie di fratelli (vv.16-19) diventa un esempio concreto di cosa significhi convertirsi e credere al vangelo proclamato da Gesù. Nei versetti 16-20 sono indicate le caratteristiche fondamentali che deve educare in sé un discepolo. Prima di tutto è necessario che si lasci guardare da Gesù, cioè lasciarsi amare da lui. Poi i chiamati non sono degli esperti, ma delle brave persone dedite con passione al loro lavoro. I discepoli vivono anche la fraternità come dimensione essenziale della loro vita e della sequela di Cristo. Essi seguono Gesù con perseveranza e si fidano delle sue parole e da esse ricevono stimoli per vivere diversamente i rapporti col loro ambiente abituale. Proprio andando con lui, seguendo le sue parole e collocando il Signore all'apice della loro vita e da lui trarre ogni ispirazione, diventano a loro volta "pescatori di uomini", cioè strumenti di salvezza, annunciatori di vangelo per gli uomini.
Iniziando la missione, Gesù dà subito le coordinate del suo ministero, tracciandole sullo sfondo della passione-morte-resurrezione, anticipate da Giovanni Battista. Presenta anche le caratteristiche che definiscono il discepolo. Per mezzo di Gesù, Dio si fa vicino all'umanità chiedendo conversione, che vuol dire accogliere con fede la parola di Gesù e seguirlo. Questo rende possibile il cambiamento concreto dello stile di vita delle persone che, per tale ragione, diventano a loro volta capaci di proclamare la buona notizia.

Collegamento fra le letture
Il tema unificante le tre letture potrebbe essere identificato nel tempo come luogo e spazio di salvezza, in quanto in esso Dio si manifesta e l'uomo ha la possibilità di incontrarsi con lui. Nella prima lettura, per mezzo del profeta Giona, è presentato l'intervento di Dio che, pur con una certa fatica da parte degli uomini, riesce ad essere riconosciuto e accolto: "Fu rivolta a Giona questa parola del Signore" e "Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava...". Il vangelo presenta l'opera potente di Dio che nel tempo si manifesta per mezzo di Gesù: "Il tempo è compiuto..." e i discepoli sono chiamati a continuare nel tempo l'opera iniziata da Gesù. Chi accoglie il vangelo di Gesù partecipa subito, quasi senza difficoltà, al "regno di Dio". L'apostolo Paolo nella seconda lettura, ricollegandosi col tempo della salvezza che è incalzante, in quanto "ormai si è fatto breve", richiama le azioni pratiche ed concrete, segno nel cristiano del suo incontro con Dio, che irrompe nella storia per mezzo del vangelo proclamato da Gesù.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio divina sul Libro di Qoelet - 11

11 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

L'autore continua a presentare consigli per vivere da sapienti.

8, 1Chi è come il saggio? Chi conosce la spiegazione delle cose?
La sapienza dell'uomo rischiara il suo volto, ne cambia la durezza del viso.
2Osserva gli ordini del re, per il giuramento fatto a Dio. 3Non allontanarti in fretta da lui; non persistere in un cattivo progetto, perché egli può fare ciò che vuole. 4Infatti, la parola del re è sovrana; chi può dirgli: "Che cosa fai?". 5Chi osserva il comando non va incontro ad alcun male; la mente del saggio conosce il tempo opportuno. 6Infatti, per ogni evento vi è un tempo opportuno, ma un male pesa gravemente sugli esseri umani. 7L'uomo infatti ignora che cosa accadrà; chi mai può indicargli come avverrà? 8Nessun uomo è padrone del suo soffio vitale tanto da trattenerlo, né alcuno ha potere sul giorno della morte. Non c'è scampo dalla lotta e neppure la malvagità può salvare colui che la compie.
9Tutto questo ho visto riflettendo su ogni azione che si compie sotto il sole, quando un uomo domina sull'altro per rovinarlo. 10Frattanto ho visto malvagi condotti alla sepoltura; ritornando dal luogo santo, in città ci si dimentica del loro modo di agire. Anche questo è vanità. 11Poiché non si pronuncia una sentenza immediata contro una cattiva azione, per questo il cuore degli uomini è pieno di voglia di fare il male; 12infatti il peccatore, anche se commette il male cento volte, ha lunga vita. Tuttavia so che saranno felici coloro che temono Dio, appunto perché provano timore davanti a lui, 13e non sarà felice l'empio e non allungherà come un'ombra i suoi giorni, perché egli non teme di fronte a Dio. 14Sulla terra c'è un'altra vanità: vi sono giusti ai quali tocca la sorte meritata dai malvagi con le loro opere, e vi sono malvagi ai quali tocca la sorte meritata dai giusti con le loro opere. Io dico che anche questo è vanità.
15Perciò faccio l'elogio dell'allegria, perché l'uomo non ha altra felicità sotto il sole che mangiare e bere e stare allegro. Sia questa la sua compagnia nelle sue fatiche, durante i giorni di vita che Dio gli concede sotto il sole.
16Quando mi dedicai a conoscere la sapienza e a considerare le occupazioni per cui ci si affanna sulla terra - poiché l'uomo non conosce sonno né giorno né notte - 17ho visto che l'uomo non può scoprire tutta l'opera di Dio, tutto quello che si fa sotto il sole: per quanto l'uomo si affatichi a cercare, non scoprirà nulla. Anche se un sapiente dicesse di sapere, non potrà scoprire nulla.

v. 1 Il versetto esalta la sapienza come valore. La sapienza rende il volto luminoso mentre l'ira lo rende sfigurato.
v. 2 Iniziano dei consigli per chi vive vicino al re o a qualsiasi autorità del tempo. Egli insiste sulla necessità di obbedire all'autorità. La figura del re rimanda a Dio stesso e si richiama ad un patto fatto col re di cui Dio ne è garante. L'autorità non esisteva a quel tempo senza Dio. Emerge sicuramente un concetto diverso di autorità.
v. 3 Seguono delle indicazioni pratiche da tenere presenti nella relazione col re e quindi con ogni l'autorità.
v. 4 Il re è sovrano e nessuno deve mettersi contro o contestare quello che fa.
v. 5 Chi esegue i comandi non incappa in alcun guaio perché il saggio sa come comportarsi.
v. 6-7 L'uomo conosce i tempi dell'operare ma non riesce a conoscere fino in fondo il progetto di Dio (male grande sull'uomo) e quindi il futuro.
v. 8 Il versetto tocca un problema fondamentale dell'uomo: la morte. Nell'ebraismo la vita consiste nel partecipare allo spirito vitale: nefèsc. Quando lo spirito viene tolto si muore. Questo processo sfugge all'uomo ed è fuori dal suo potere di controllo. Qoelet vede la vita come una battaglia che porta tutti saggi e malvagi alla stessa conclusione: la morte.
vv. 9-11 L'autore affronta ancora il problema del male presente sotto il sole. Qui si parte da un aspetto particolare del male cioè uno che ha autorità e fa del male ad un altro. (v. 10) Anche se si assiste alla morte del malvagio non se ne trae insegnamento e si continua a compiere il male. (v. 11) Tutto questo accade perché il male non viene punito adeguatamente? Non si capisce bene, ma molto probabilmente a partire da questo caso l'autore vuole fare un discorso generale.
v. 12-13 Conclusione amara: il peccatore ha la vita lunga. (la morte vista come punizione per il male?). Vi è però uno spiraglio di grande speranza: chi teme Dio sarà felice. Chi non teme Dio non può essere felice.
v. 14 Si riflette sul fatto che a volte i giusti sono trattati male con la morte e viceversa i malvagi che sembrano premiati. Tutto questo è vanità nel senso che non ha consistenza davanti a Dio. Qui vi è un concetto di giustizia retributiva: chi fa il bene è premiato e chi fa il male è punito. Però non avviene così.
v. 15 Vista l'assurdità della vita l'unica cosa positiva possibile è godere ed essere felici.
vv. 16-17 L'uomo si dedica alla ricerca della sapienza e lavora forsennatamente, ma non riesce a capire e a scoprire fino in fondo il progetto di Dio. Qoelet è consapevole della limitatezza della conoscenza umana. È un realismo oggettivo che da un lato porta a non credere a coloro che dicono di sapere tutto e dall'altro questo limite diventa apertura a Dio e alla sua opera.

- Chi cerca la sapienza e quindi Dio anche dal punto di vista fisico ne trae beneficio.

- Invito a verificare l'esercizio dell'autorità.

- Come pensiamo il problema del male nel mondo?

- Abbiamo fiducia nell'opera di Dio?

Lectio divina sul Libro di Qoelet - 10

10 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

I primi 12 versetti contengono una serie di proverbi che costituiscono un confronto tra situazioni diverse. I vv. 13-15 contengono sentenze relative a Dio e ai beni materiali. Alla fine l'autore riprende il tema del valore della sapienza.

7, 1Un buon nome è preferibile all'unguento profumato e il giorno della morte al giorno della nascita.
2È meglio visitare una casa dove c'è lutto che visitare una casa dove si banchetta,
perché quella è la fine d'ogni uomo e chi vive ci deve riflettere.
3È preferibile la mestizia al riso, perché con un volto triste il cuore diventa migliore.
4Il cuore dei saggi è in una casa in lutto e il cuore degli stolti in una casa in festa.
5Meglio ascoltare il rimprovero di un saggio che ascoltare la lode degli stolti:
6perché quale il crepitìo dei pruni sotto la pentola tale è il riso degli stolti. Ma anche questo è vanità.
7L'estorsione rende stolto il saggio e i regali corrompono il cuore.
8Meglio la fine di una cosa che il suo principio; è meglio un uomo paziente che uno presuntuoso.
9Non essere facile a irritarti in cuor tuo, perché la collera dimora in seno agli stolti. 10Non dire: "Come mai i tempi antichi erano migliori del presente?", perché una domanda simile non è ispirata a saggezza. 11Buona cosa è la saggezza unita a un patrimonio ed è utile per coloro che vedono il sole. 12Perché si sta all'ombra della saggezza come si sta all'ombra del denaro; ma vale di più il sapere, perché la saggezza fa vivere chi la possiede.
13Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? 14Nel giorno lieto sta' allegro e nel giorno triste rifletti: Dio ha fatto tanto l'uno quanto l'altro, cosicché l'uomo non riesce a scoprire ciò che verrà dopo di lui.
15Nei miei giorni vani ho visto di tutto: un giusto che va in rovina nonostante la sua giustizia, un malvagio che vive a lungo nonostante la sua iniquità.
16Non essere troppo giusto e non mostrarti saggio oltre misura: perché vuoi rovinarti?
17Non essere troppo malvagio e non essere stolto. Perché vuoi morire prima del tempo?
18È bene che tu prenda una cosa senza lasciare l'altra: in verità chi teme Dio riesce bene in tutto.
19La sapienza rende il saggio più forte di dieci potenti che sono nella città. 20Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non sbagli mai. 21Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, così non sentirai che il tuo servo ha detto male di te; 22infatti il tuo cuore sa che anche tu tante volte hai detto male degli altri.
23Tutto questo io ho esaminato con sapienza e ho detto: "Voglio diventare saggio!", ma la sapienza resta lontana da me! 24Rimane lontano ciò che accade: profondo, profondo! Chi può comprenderlo?
25Mi sono applicato a conoscere e indagare e cercare la sapienza e giungere a una conclusione, e a riconoscere che la malvagità è stoltezza e la stoltezza è follia. 26Trovo che amara più della morte è la donna: essa è tutta lacci, una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge, ma chi fallisce (peccatore?) ne resta preso.
27Vedi, questo ho scoperto, dice Qoèlet, confrontando a una a una le cose, per arrivare a una conclusione certa. 28Quello che io ancora sto cercando e non ho trovato è questo:
un uomo fra mille l'ho trovato, ma una donna fra tutte non l'ho trovata.
29Vedi, solo questo ho trovato: Dio ha creato gli esseri umani retti,
ma essi vanno in cerca di infinite complicazioni.

v. 1 Un nome buono o utile o autorevole è preferibile ad un profumo. Il profumo svanisce rapidamente il nome buono resta per sempre. La contrapposizione di nascita e morte è un tema caro a Qoelet (cfr. 4, 2-3). Molto probabilmente l'autore vuole sottolineare che è più utile riflettere sulla morte che sulla nascita. Infatti la riflessione sulla fine comporta delle scelte di sapienza adeguate.
v. 2 E' un proverbio simile al primo. La morte porta il vivo a riflettere sulla sua fine (questa è la sorte di tuti) mentre la baldoria non educa alla riflessione. Per Qoelet la riflessione sulla morte è l'inizio di ogni sapienza.
I versetti seguenti riprendono ed articolano lo stesso tema.
v.8 la riflessione sulla fine porta a non irritarsi e ad essere longanimi e pazienti. L'uomo altezzoso e impaziente di fatto è uno stolto.
v. 10 Si indica la non sapienza nel pensare al passato come tempo migliore.
v. 11 La saggezza con il patrimonio sono molto utili all'uomo. La saggezza fa vivere l'uomo nel senso che lo rende consapevole di ciò che ha e di ciò che accade attorno a lui.
v. 13 Qui abbiamo un pensiero nuovo di Qoelet: guarda l'opera di Dio e cerca di capirla. Anche se non si comprende l'operato di Dio resta sempre vantaggioso accettarlo e adeguarsi.
v. 15 Nel versetto l'autore descrive ciò che a lui sembra curvo.
vv. 16-18 L'autore consiglia una via di mezzo e quindi non esagerare mai da una parte e dall'altra. È bene vivere equilibratamente e poi chi teme Dio, cioè chi si relaziona con Dio vive bene e fa bene ogni cosa. Il timor di Dio porta a capire l'opera di Dio.
vv. 19-22 Si afferma ancora la forza e la positività della sapienza paragonata alla forza fisica? Economica? Politica? La sapienza però in questo mondo non esiste. Infatti non esiste un giusto che on sbagli mai. L'autore conclude invitando a non dare spazio alle chiacchere perché rattristano e tutti si è coinvolti in questa esperienza. Tutti siamo peccatori.
vv. 23-24 La sapienza come non è in grado di formare un vero giusto, così non è in grado di spiegare tutto ciò che è presente nel mondo e nell'universo.
vv. 25-26 Qui Qoelet parla della donna. L'autore dice di essersi dedicato a "riflettere nel cuore". Qui forse ci si riferisce all'amore coniugale. La passione è un altro mistero nella vita. Essa lega l'uomo e ne fa uno schiavo (laccio, rete, catene) e poi disgusto di ciò che prima sembrava dolcissimo (amara più della morte). Non dobbiamo intendere che la relazione amorosa sia male, ma dietro l'influsso della filosofia ellenistica, era necessario liberarsi dalle passioni per raggiungere una dimensione metafisica, non più condizionata dalla realtà e dalle passioni.
v. 28 Anche in questo versetto si sente l'influsso dell'ellenismo e di certi gruppi religiosi ebraici tipo gli esseni. Si conclude che non riesce a trovare quello che vuole.
v. 29 La conclusione è lapidaria: Dio ha creato tutto in modo corretto e semplice. È l'uomo che si complica la vita con le sue scelte ed i suoi comportamenti. Ritornare a Dio è forse la forma di sapienza più significativa.

- Il testo invita a fondare l'esistenza sulla solidità dei valori e non sull'effimero.
- È utile ed importante riflettere sulle realtà ultime.
- Conoscere Dio e la sua volontà rende sapienti.

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