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Lectio divina sul Libro di Qoelet - 8

8 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Nel capitoli 4,17-5,1ss l'autore raccoglie una serie di massime e osservazioni sul rapporto tra l'uomo e Dio.

4, 17Bada ai tuoi passi quando ti rechi alla casa di Dio. Avvicinati per ascoltare piuttosto che offrire sacrifici, come fanno gli stolti, i quali non sanno di fare del male.
5, 1Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferire parole davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; perciò siano poche le tue parole. 2Infatti dalle molte preoccupazioni vengono i sogni, e dalle molte chiacchiere il discorso dello stolto.
3Quando hai fatto un voto a Dio, non tardare a soddisfarlo, perché a lui non piace il comportamento degli stolti: adempi quello che hai promesso. 4È meglio non fare voti che farli e poi non mantenerli. 5Non permettere alla tua bocca di renderti colpevole e davanti al suo messaggero non dire che è stata una inavvertenza, perché Dio non abbia ad adirarsi per le tue parole e distrugga l'opera delle tue mani. 6Poiché dai molti sogni provengono molte illusioni e tante parole. Tu, dunque, temi Dio!
7Se nella provincia vedi il povero oppresso e il diritto e la giustizia calpestati, non ti meravigliare di questo, poiché sopra un'autorità veglia un'altra superiore e sopra di loro un'altra ancora più alta. 8In ogni caso, la terra è a profitto di tutti, ma è il re a servirsi della campagna.
9Chi ama il denaro non è mai sazio di denaro e chi ama la ricchezza non ha mai entrate sufficienti. Anche questo è vanità. 10Con il crescere delle ricchezze aumentano i profittatori e quale soddisfazione ne riceve il padrone se non di vederle con gli occhi?
11Dolce è il sonno del lavoratore, poco o molto che mangi;
ma la sazietà del ricco non lo lascia dormire.
12Un altro brutto guaio ho visto sotto il sole: ricchezze custodite dal padrone a suo danno. 13Se ne vanno in fumo queste ricchezze per un cattivo affare e il figlio che gli è nato non ha nulla nelle mani. 14Come è uscito dal grembo di sua madre, nudo ancora se ne andrà come era venuto, e dalle sue fatiche non ricaverà nulla da portare con sé. 15Anche questo è un brutto guaio: che se ne vada proprio come è venuto. Quale profitto ricava dall'avere gettato le sue fatiche al vento? 16Tutti i giorni della sua vita li ha passati nell'oscurità, fra molti fastidi, malanni e crucci.
17Ecco quello che io ritengo buono e bello per l'uomo: è meglio mangiare e bere e godere dei beni per ogni fatica sopportata sotto il sole, nei pochi giorni di vita che Dio gli dà, perché questa è la sua parte. 18Inoltre ad ogni uomo, al quale Dio concede ricchezze e beni, egli dà facoltà di mangiarne, prendere la sua parte e godere della sua fatica: anche questo è dono di Dio. 19Egli infatti non penserà troppo ai giorni della sua vita, poiché Dio lo occupa con la gioia del suo cuore.

4,17 Quando ti rechi al Tempio (casa di Dio) di Gerusalemme nei giorni di pellegrinaggio, considera attentamente quello che stai facendo e rifletti durante il cammino, che avveniva a piedi e quindi c'era tutto il tempo per riflettere. Al Tempio si offrivano i sacrifici per le diverse occasioni o funzioni e Qoelet invita a non offrire sacrifici vuoti o inutili, ma devono essere riempiti dall'ascolto previo di Dio che parla (Dt diverse volte invita ad ascoltare Dio che parla: 6,4)[1] . Con Osea si ribadisce l'importanza della conversione piuttosto di sacrifici che non cambiano la vita [2].
v. 5,1-6 in questi versetti all'inizio del capitolo quinto l'autore invita il pio israelita ad usare bene la bocca e lingua nei rapporti con Dio e a non peccare. Qui il peccato consiste nel fare voti-promesse a Dio e poi non mantenerli. Emerge un'immagine di Dio antropomorfica e quindi si arrabbia e punisce. Questa immagine è stata da Gesù smontata e sostituita dal Dio-amore.

vv. 7-8 l'autore afferma che di fronte alla ingiustizia non ci si deve meravigliare perché sopra le persone c' c'è sempre qualcuno superiore che controlla. La terra è a disposizione di tutti ma il re se ne approfitta e la tiene per sé.

vv. 9-10 si mette in risalto il rischio della ricchezza della quale non si è mai sazi. Con le ricchezze emergono gli approfittatori e al ricco non resta che vedere le ricchezze.

v. 11 si afferma che la vita semplice permette il sonno tranquillo, mentre la ricchezza non fa dormire a causa dei pensieri che produce. Cfr. Lc 12, 13-21 dove si afferma il giudizio finale di Dio. In Qoelet non c'è questa prospettiva.

vv. 12-16 l'autore mette in guardia da due guai che derivano dalle ricchezze. Il primo nasce dalle ricchezze gestite male che poi vengono tutte vanificate e non resta nulla per i figli. Il secondo guaio e che nulla si porta con sé alla morte e si va dal mondo come quando si è nati.

v. 17 Qoelet afferma che c'è qualcosa di bello e di buono nella vita. Questo non è solo divertimento o piacere, ma è dono di Dio. La vita non è solo dolore ed assurdità perché c'è anche un fatto piacevole, il godere della soddisfazione di agire e di vedere i risultati ottenuto. Così anche in tutte le altre esperienze che arrecano piacere.

v. 18 anche le ricchezze sono dono di Dio e frutto delle sue fatiche e quindi cose positive. Il lavoro, il raggiugere risultati permettono all'uomo di non pensare alla vanità della vita e questo è concesso da Dio.

- Com'è il nostro rapporto con Dio e come viviamo le nostre liturgie e i nostri doni offerti a Dio?

- Il nostro rapporto con la ricchezza, i beni, le cose le attività come é?

- Tutto ciò di bello e positivo che viviamo è dono di Dio ne siamo convinti? Lo ringraziamo di questo? Ci spinge a lodarlo e ringraziarlo?

[1] Dt 6,4 Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. 5Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
[2] Os 6,6 poiché voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.



 

Lectio divina sul Libro di Qoelet - 7

7 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Nel capitolo 3 l'autore ha presentato che tutta l'opera di Dio è buona, ma anche l'esistenza della ingiustizia esercitata nei tribunali ora allarga lo sguardo su tutti i soprusi presenti nella società

4, 1Tornai poi a considerare tutte le oppressioni che si fanno sotto il sole. Ecco le lacrime degli oppressi e non c'è chi li consoli; dalla parte dei loro oppressori sta la violenza, ma non c'è chi li consoli. 2Allora ho proclamato felici i morti, ormai trapassati, più dei viventi che sono ancora in vita; 3ma più felice degli uni e degli altri chi ancora non esiste, e non ha visto le azioni malvagie che si fanno sotto il sole.
4Ho osservato anche che ogni fatica e ogni successo ottenuto non sono che invidia dell'uno verso l'altro. Anche questo è vanità, un correre dietro al vento.
5Lo stolto incrocia le sue braccia
e divora la sua carne.
6Meglio una manciata guadagnata con calma
che due manciate con tormento e una corsa dietro al vento.
7E tornai a considerare quest'altra vanità sotto il sole: 8il caso di chi è solo e non ha nessuno, né figlio né fratello. Eppure non smette mai di faticare, né il suo occhio è mai sazio di ricchezza: "Per chi mi affatico e mi privo dei beni?". Anche questo è vanità e un'occupazione gravosa.
9Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. 10Infatti, se cadono, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. 11Inoltre, se si dorme in due, si sta caldi; ma uno solo come fa a riscaldarsi? 12Se uno è aggredito, in due possono resistere: una corda a tre capi non si rompe tanto presto.
13Meglio un giovane povero ma accorto,
che un re vecchio e stolto,
che non sa più accettare consigli.
14Il giovane infatti può uscire di prigione ed essere fatto re, anche se, mentre quello regnava, era nato povero. 15Ho visto tutti i viventi che si muovono sotto il sole stare con quel giovane, che era subentrato al re. 16Era una folla immensa quella che gli stava davanti. Ma coloro che verranno dopo non si rallegreranno neppure di lui. Anche questo è vanità, un correre dietro al vento.

v.1 L'autore considera le oppressioni presenti nel mondo. Dappertutto ci sono oppressi che soffrono e che piangono senza essere consolati da nessuno e gli oppressori generano solo violenza. Sembra che nemmeno Dio si interessi di loro perché permette tutto ciò!
v. 2-3 Qoelet deduce, dalla osservazione precedente, delle conseguenze disastrose: meglio morire oppure meglio chi non è mai nato. Infatti la vita è tutto un soffrire e sotto il sole avvengono realtà molto malvagie e di dolore per le persone. Il dolore è incomprensibile per l'autore. Solo Cristo spiegherà il senso del dolore come conseguenza del peccato e lui lo redimerà con la sua morte e risurrezione e con la sua solidarietà con l'uomo che soffre. L'affermazione di Qoelet non è in contraddizione con quanto ha già affermato e riprenderà anche in seguito, che la vita è l'unica possibilità concreta che l'uomo ha a sua disposizione. Finchè si è vivi c'è la possibilità che il dolore scompaia.
v. 4 Non è chiaro il legame tra questo versetto ed i precedenti. Dopo l'assurdità del male che dilaga ora viene presentata un'altra negatività. Ciò che l'uomo costruisce con la sua fatica, quindi un bene ed un valore, può essere soltanto frutto di ambizione e di invidia per gli altri e questo è un male.
vv. 5-7 questi versetti si legano al precedente. L'agire umano non è che gelosia reciproca ed ambizione e la soluzione potrebbe sembrare essere non fare nulla e sciupare la vita (carne sta per vita). Ma chi sta con le mani in mano è uno stolto e la sapienza porta a darsi da fare ed è un valore. È meglio accontentarsi di poco che cercare di avere il massimo e fare tanta fatica. Il non agire è stoltezza e l'agire produce ambizione e logorio quindi che fare? Egli consiglia una via di mezzo. Alla fine conclude che non c'è guadagno sotto il sole.
v. 8 Ora si prende in considerazione un'altra situazione assurda. Agire, fare è connaturale all'uomo e le attività vengono svolte anche se non servono a nulla. L'uomo continua a sognare e desidera sempre più ricchezze perché è fatto cosi.
vv. 9-12 qui Qoelet vede e presenta un aspetto positivo: vivere insieme. Qui sembra che il conflitto tra azione ed utilità sia ridotto. L'essere in due è un vantaggio e ciò che si fa è utile.
vv. 13-16 il racconto del giovane sottolinea le tante possibilità che un giovane ha, se è sapiente. Uscire dalla prigione vuol dire uscire dalla stoltezza. Essere sapiente vuol dire ascoltare i consigli degli altri mente i vecchi stolti non ascoltano nessuno e non accettano pareri dagli altri. Anche il sapiente deve vigliare stare attento perché il successo lo può abbandonare.

Il v. 17 è meglio legarlo al cap. 5.

- Il tema dell'oppressione è molto d'attualità. Riusciamo ad identificarla? Che atteggiamento assumiamo nei suoi confronti? Ci è capitato di viverla e di subirla?

- L'invidia e la gelosia sono due piaghe molto grandi nella vita umana e anche dei cristiani. Ne siamo affetti? Come facciamo a curarle per essere guariti?

- Il vivere insieme è un valore. Ricerchiamo la vita comune? Accettiamo i doni e le difficoltà di questa esperienza?

- Essere sapienti vuol dire ascoltare e lasciarsi consigliare. Noi siamo sapienti?

II Domenica di Avvento anno B 2023

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 10 novembre 2023 – II Domenica di Avvento anno B

Viene il più forte di tutti
Isaia 40, 1-5.9-11 • Salmo 84 • 2 Pietro 3, 8-14 • Marco 1, 1-8

Lettura
La seconda domenica d'Avvento porta a leggere l'inizio del vangelo di Marco. L'apertura di un'opera è sempre molto importante, perché dà l'orientamento a tutta la composizione nel suo insieme. Di conseguenza la comprensione adeguata dei primi versetti, aiuta ad entrare correttamente all'interno di tutto il vangelo. Marco ha un inizio originale, diverso dagli altri evangelisti che premettono o racconti dell'infanzia di Gesù (Matteo e Luca) o un "prologo" (Giovanni). Vediamo da vicino il testo di Marco.

Mc 1, 1-8
1 Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
2 Come sta scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
3 Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri.
4 Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7 E proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo".

Commento
Il brano si apre con il titolo dell'opera: "vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio". Il lettore si rende conto subito che inizia l'annuncio, cioè la buona notizia riguardante Gesù Cristo, l'uomo di Galilea morto e risorto. Così si comprende che il racconto non è un semplice ricordo storico, ma un annuncio che interpella personalmente i lettori. Costoro non possono restare indifferenti e sono chiamati a prendere posizione decisa riguardo a Gesù Cristo. Egli infatti è il Figlio di Dio. Così lo proclama la fede di Pietro a Cesarea di Filippo (Mc 8, 27-33) e del centurione ai piedi della croce (Mc 15, 39). La citazione composita di Isaia, che segue il titolo, ha lo scopo di indicare che le scritture hanno preparato da sempre questo momento. Ora infatti è arrivato il tempo di preparare "la via del Signore", perché egli è in mezzo al suo popolo. Il ministero di Giovanni Battista ed il suo modo di vivere rimandano alla venuta di un altro personaggio, più forte di lui nella lotta contro il male e capace di vincerlo definitivamente. Davanti a costui Giovanni non si ritiene degno nemmeno di compiere il servizio proprio dello schiavo: chinarsi e sciogliere i sandali al suo ritorno in casa. Il testo si chiude presentando il battesimo di Giovanni e quello di Gesù. Il ministero del Battista, che ha preparato la venuta del Signore, ha avuto nel battesimo con acqua il suo momento culminate, come segno di conversione. Ora l'opera va completata col dono dello Spirito Santo, dato da Gesù a coloro che lo seguono ricevendo il suo battesimo.

L'inizio del vangelo di Marco presenta da subito le coordinate della sua opera. Il lettore è invitato ad incontrarsi personalmente ed efficacemente con Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Questa esperienza si realizza soltanto nella misura in cui si è guidati dalle Scritture, si intraprende un serio cammino di conversione e si riceve il dono dello Spirito Santo, dato da Gesù, e si è guidati da lui.

Collegamento fra le letture
Il Signore vuole incontrare ciascuno di persona. L'evento non si improvvisa ma va preparato; in questa linea spingono le forti parole di Isaia nella prima lettura: ("Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata" Is 40, 3-4) e del Battista nel vangelo. Sono poi molteplici le situazioni e le esperienze che abilitano all'incontro con Dio che viene. Ed è consolante, in questo quadro estremamente serio, intravedere, nella seconda lettura, la possibilità che ci venga garantito un trattamento che sa tener conto delle nostre differenze e dei nostri veri limiti: "Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2Pt 3, 9). In conclusione al credente è chiesto di convertirsi in quanto è la conseguenza logica e necessaria del battesimo nello Spirito Santo ricevuto. Esso, per mezzo di Gesù, ci ha resi personalmente e comunitariamente luoghi in cui germina il futuro di speranza.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

I Domenica di Avvento anno B 2023

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 3 dicembre 2023 – I Domenica di Avvento anno B

State svegli: viene il signore!

Isaia 63, 16b-17.19b; 64, 1c-7 • Salmo 79 • 1 Corinti 1, 3-9 • Marco 13, 33-37

Lettura
Il brano della prima domenica d'avvento è la conclusione del lungo discorso di Gesù riportato dall'evangelista Marco nel capitolo tredicesimo. Egli, dopo essere uscito dal Tempio di Gerusalemme, raggiunge il Monte degli Ulivi e, seduto rivolto verso il Santuario, dialoga con i suoi discepoli, mentre sullo sfondo si delinea ormai chiaramente l'ora della passione. In un quadro così solenne, il nostro testo non è soltanto semplice appendice di chiusura del discorso di Gesù. Esso, nel progetto narrativo di Marco, diventa un passo chiave per cogliere il senso del discorso pronunciato da Gesù dal Monte degli Ulivi e di tutto il suo ministero.

Mc 23, 33-37
33 Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35 Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!".

Commento
La scena si apre presentando Gesù che dialoga con quattro discepoli. Costoro, scelti e chiamati per primi (cfr. Mc 1,16-20), sono ricordati anche in Mc 13,3. Al centro del brano c'è la parabola che narra di un tale il quale, in partenza per un viaggio, affida i suoi beni ai servi ed invita il portinaio a vigilare (vv. 35-36). Da ultimo troviamo una nuova esortazione alla vigilanza (v.37).
Le parole di Gesù iniziano col duplice invito: "fate attenzione" e "vegliate". Il motivo della doppia raccomandazione sta nel non conoscere "quando è il momento" (il kairòs) della venuta del Figlio dell'uomo e raccoglierà attorno a sé gli eletti. Ai discepoli, interessati a conoscere il tempo della fine, è preclusa ogni possibilità e non possono sapere nulla. A loro resta solo il compito di "vegliare" e di "stare svegli". Il tema del "non dormire" e del "vegliare" è centrale anche nella parabola. In essa viene sottolineato la situazione pericolosa del sonno e di chi dorme (forse è possibile vedere un collegamento col Getzemani, dove i discepoli prescelti non riescono a stare svegli). Il dormire è segno di disaffezione, disattenzione e disobbedienza al mandato e alla responsabilità ricevuti. La veglia è allora necessaria, perché non si sa quando il padrone tornerà. Sarebbe un guaio se, arrivando, scoprisse i suoi stretti collaboratori addormentati. La dichiarazione conclusiva: "Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!" (v.37) ha la funzione di estendere ai discepoli di tutti i tempi quanto viene detto agli immediati uditori di Gesù. L'ascoltatore o il lettore del vangelo deve sentirsi coinvolto personalmente; Gesù intende rivolgersi esplicitamente a lui.

La veglia o vigilanza dovrebbe essere l'atteggiamento che qualifica il cristiano. Essa si esprime nello stare svegli, cioè nell'accogliere con responsabilità, con attenzione e creatività la vocazione battesimale ricevuta, senza affievolire gli impegni in un primo tempo assunti. Tale compito è sostenuto, corroborato e consolidato dal vangelo di Gesù Cristo. Per suo mezzo il discepolo sarà capace di stare sveglio, eviterà la tentazione del sonno e saprà riconoscere Cristo al suo ritorno.

Collegamenti fra le letture
Le tre letture invitano a stare svegli per attendere. La riflessione sull'attesa è variamente articolata. Nella prima lettura si invoca il ritorno di Dio tra il suo popolo. Il peccato ha allontanato Israele dal suo Dio ("Perché Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che on ti tema?") ed ora si attende un rinnovato incontro col Dio: "Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità". Lui solo può cambiare il cuore dell'uomo e per tale ragione viene chiesto il dono della conversione: "Ma Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci forma, tutti noi siamo opera delle tue mani". Il testo paolino invita ad attendere la manifestazione del Signore Gesù Cristo attraverso la riscoperta positiva della comunità, con tutti i suoi doni: "perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza". Questi sono segni della presenza di Cristo nel suo popolo: "La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente, che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore Gesù Cristo". Per saper riconoscere ed incontrare Cristo occorre essere vigilanti, stare svegli. Infine il testo evangelico invita a stare svegli per attendere ed incontrare il Signore che viene. Noi non conosciamo quando sarà quel momento! Sarebbe un peccato se il sonno del disimpegno o del disinteresse annullasse le esperienze, gli impegni ed il cammino fatti precedentemente alla sequela del Signore Gesù.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio divina sul Libro di Qoelet - 6

6 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Dopo aver presentato il principio del tempo e aver mostrato che tutta l'opera di Dio è buona a suo tempo, Qoelet presenta subito il rovescio della medaglia: l'esistenza dell'ingiustizia nel mondo.

3, 16Ma ho anche notato che sotto il sole al posto del diritto c'è l'iniquità e al posto della giustizia c'è l'iniquità. 17Ho pensato dentro di me: "Il giusto e il malvagio Dio li giudicherà, perché c'è un tempo per ogni cosa e per ogni azione".
18Poi, riguardo ai figli dell'uomo, mi sono detto che Dio vuole metterli alla prova e mostrare che essi di per sé sono bestie. 19Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli; c'è un solo soffio vitale per tutti. L'uomo non ha alcun vantaggio sulle bestie, perché tutto è vanità. 20Tutti sono diretti verso il medesimo luogo:
tutto è venuto dalla polvere
e nella polvere tutto ritorna.
21Chi sa se il soffio vitale dell'uomo sale in alto, mentre quello della bestia scende in basso, nella terra? 22Mi sono accorto che nulla c'è di meglio per l'uomo che godere delle sue opere, perché questa è la parte che gli spetta; e chi potrà condurlo a vedere ciò che accadrà dopo di lui?

v. 16 L'autore richiama ancora ciò che si compie di giorno, sotto il sole. Altra traduzione dice "il luogo del giudizio, là era la malvagità e il luogo della giustizia, là era la malvagità". Io preferisco questa traduzione perché è meno universale e assoluta. L'ingiustizia domina molto probabilmente nel tribunale ad opera dei giudici.
v. 17 "Dissi io al mio cuore" (traduzione letterale) riflessione che è conseguenza di quanto vedeva accadere nei tribunali. A questa introduzione seguono due riflessioni. La prima è la convinzione di fede, comune nella tradizione ebraica testimoniata nella Scrittura che a suo tempo Dio giudicherà con giustizia e sistemerà tutte questi comportamenti ingiusti.
v. 18 La seconda riflessione, propria di Qoelet e provocatoria e devastante: Dio lascia prevalere l'ingiustizia per mostrare agli uomini che sono bestie e in questo modo mette a nudo la vera identità delle persone che operano lontane da lui.
v. 19 Di conseguenza non c'è differenza tra il destino dell'uomo che l'attende dopo la morte e quello delle bestie. Tutti muoiono allo stesso modo dal punto di vista esteriore. Qoelet che è uno spietato osservatore della realtà vedendo che uomini e bestie muoiono allo stesso modo si pone la domanda: se entrambi hanno la "nefesces"=spirito vitale che vantaggio ha l'uomo rispetto alle bestie? Tutto è vanità, perché se non c'è distinzione tra giusto e malvagio nell'amministrazione della giustizia, c'è da dubitare che esista differenza tra il destino dell'uomo e dell'animale.
v. 20 Continua l'analisi spietata di Qoelet. L'uomo e la bestia sono affini nello stesso termine di paragone: la morte; come in 7,15-20 la sapienza e la stoltezza danno lo stesso risultato: la morte e non c'è alcun vantaggio del sapiente rispetto allo stolto (forse collegamento tra sapienza e uomo come tra stoltezza e bestia?). tutto viene dal nulla-polvere e finisce nel nulla.
v. 21 L'autore si pone la domanda: chi può dire che lo spirito dell'uomo va in alto e quello delle bestie in basso? Non si sa se ci sia una diversità tra l'uomo sapiente e lo stolto. Non c'è una risposta a questa domanda che ritorna in altre occasioni dovesi parla del problema della ingiustizia e della sorte dei giusti e dei malvagi. Qoelet non risponde e si limita a presentare o a rilevare la situazione duplice, una positiva e una negativa
v. 22 Da tale situazione conflittuale degli opposti, Qoelet trae un imperativo: GODERE. Da intendersi non nel piacere sfrenato ma nell'essere felici per ciò che si fa e che da soddisfazione perché questo viene da Dio e l'esperienza concreta è ciò che l'uomo può vivere. La vanità non è la parola ultima. In questo modo l'autore rimanda la questione al futuro e non si può concludere che escluda la possibilità della vita dopo la morte.

- Come reagiamo di fronte alle ingiustizie sociali di qualsiasi genere?
- Abbiamo nella vita una esperienza o una attività che ci da gioia? Quale?
- Di fronte ai problemi o alle difficoltà ci ritiriamo e ci chiudiamo oppure attiviamo la speranza in una situazione diversa futura guidata da Dio?

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