Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Amen
Oggi è la festa del patrono della nostra parrocchia, s. Pietro. Il patrono è un santo che in modo particolare ci è vicino e che ci aiuta ad essere discepoli di Gesù.
Ascoltiamo la parola del Signore
dal vangelo secondo Matteo (Mt 19, 13-19).
In quel tempo13Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: "La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". 14Risposero: "Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". 15Disse loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". 16Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". 17E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli".Preghiamo il Signore per intercessione di s. Pietro perché ci aiuti sempre ad essere amici di Gesù, a seguirlo per le strade sulle quali lui ci chiama a camminare e che ci aiuti ad essere una comunità unita nel nome di Gesù.
Diciamo insieme:
Padre nostro...
Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male e ci doni il suo amore. Amen
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 14 giugno 2020 SS. Corpus et Sanguinis Domini
Eucaristia: la vita di Dio Padre data agli uominiDeuteronomio 8, 2-3.14b-16a
Salmo 147
1 Corinti 10, 16-17
Giovanni 6, 51-58
LetturaIl capitolo sesto del vangelo di san Giovanni inizia presentando Gesù sulle rive del lago di Galilea. Si dice anche che era vicina la Pasqua ebraica. Dopo aver compiuto il "segno" della moltiplicazione dei pani ed essere andato incontro ai discepoli, camminando sul lago agitato, Gesù rivolge alla folla una lunga esortazione chiamata: "discorso sul pane di vita" (Gv 6, 25-59). La solennità del "Corpo e del Sangue di Cristo" ci invita a riflettere sull'ultima parte di tale discorso di Gesù.
Gv 6, 51-5851Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". 53Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".CommentoIl brano si apre con una dichiarazione di Gesù: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo". Con questa immagine egli richiama la sua incarnazione, in quanto è Parola venuta dal Padre ed entrata nel mondo, ed il suo essere dono per il nutrimento dell'umanità. Infatti come il pane anch'egli deve essere mangiato. Questa idea è esplicitata direttamente da Gesù quando dice: "se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Chi mangia il "pane vivo disceso dal cielo" partecipa all'eternità di Dio Padre. Gesù poi aggiunge che il pane da lui dato è la sua "carne per la vita del mondo". Poiché nel racconto giovanneo, a differenza dei sinottici, non sono riportate le parole del Signore sul pane e sul calice dell'ultima cena, sembra che in Gv6, 51 si possa individuare l'istituzione eucaristica secondo l'evangelista Giovanni. Le parole di Gesù non sono capite dai giudei, i quali restano stupiti davanti all'idea di mangiare la sua carne. A questo punto Gesù non fa nulla per eliminare la ripugnanza giudaica, al pensiero cannibalistico di mangiare la sua carne, ed accentua ulteriormente l'immagine aggiungendo anche la necessità di bere il suo sangue per avere la vita. Nella Bibbia, mangiare la carne di qualcuno è considerato metafora di azione ostile e bere il sangue è un'azione orrenda, proibita dalla Legge di Dio. I giudei, che ascoltano le parole di Gesù, si fermano nella loro interpretazione a questo livello. Esse hanno invece per il cristiano un significato positivo, che è colto soltanto se riferito all'Eucaristia istituita da Gesù. Nel v. 54 troviamo esplicitate le conseguenze nel credente che si nutre del pane di vita. Chi mangia la carne di Gesù ha la vita eterna adesso e riceve la promessa della resurrezione "nell'ultimo giorno". Questa diventa conseguenza della continua comunione con Gesù, espressa attraverso la categoria del dimorare: "chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane (dimora) in me ed io in lui". La comunione con Gesù Cristo è realmente una partecipazione alla comunione intima che esiste tra Padre e Figlio: "come... io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me". Chi vive in comunione con Gesù partecipa direttamente alla stessa vita di Dio Padre.
Concludendo possiamo dire che l'Eucaristia è il pane vivo donato da Gesù Cristo. Chi mangia l'Eucaristia si nutre di Gesù stesso: del suo corpo e del suo sangue. Attraverso questo alimento celeste si realizza la comunione col Figlio e, per mezzo di lui, col Padre. Infine la vita eterna, la vita di Dio Padre, e condivisa con gli uomini attraverso il sacramento eucaristico.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare,per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
Se abbiamo la possibilità, prendiamo foglio e matita e scriviamo le nostre riflessioni. In questo modo si fissano meglio nel nostro cuore e avremo modo di rileggerle nella settimana.
Le Lectio delle domeniche precedenti vengono salvate nella sezione Calendario – Archivio.
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 7 giugno 2020 Santissima Trinità
LetturaIl terzo capitolo del vangelo secondo san Giovanni si apre con la presentazione della visita notturna fatta da Nicodemo a Gesù. Il capo dei giudei era rimasto colpito dai segni compiuti dal Rabbì e, dialogando con lui, spera di conoscere meglio il "maestro venuto da Dio". Di questa lunga conversazione fa parte il brano della solennità odierna.
Gv 3, 16-1816 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.CommentoIl testo inizia presentando il protagonista: Dio. È lui la causa prima dell'innalzamento del "Figlio dell'uomo" (v.14) ed è lui la fonte inesauribile di "vita eterna" (v.15) per chiunque crede in Gesù Cristo. Il posto di Dio Padre diventa a questo punto preminente. Il suo amore è la ragione sia del dono del Figlio, che salva dalla morte eterna ("perché chiunque crede in lui non vada perduto"), come del dono dello Spirito Santo, che genera alla vita eterna, la vita di Dio, tutti i suoi figli ("ma abbia la vita eterna"). La salvezza però non è soltanto per i credenti. Essa è offerta dal Padre anche al "mondo perché sia salvato per mezzo" del Figlio. La presenza del Figlio nel mondo non è una condanna del luogo in cui abitualmente domina il demonio, ma è un giudizio nel senso che provoca gli uomini a decidersi con urgenza a favore di Gesù Cristo o contro di lui: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo". Il brano si chiude affermando già presente nell'oggi la salvezza portata da Cristo a coloro che credono in lui. Mentre gli uomini che non credono nel Figlio e persistono nella loro scelta, anche se lui è venuto incontro a tutti, la condanna è già stata decretata da loro stessi. Il dono del Figlio è per il superamento della morte, causata dal peccato, e per ottenere la vita di Dio attraverso l'azione dello Spirito. I vv. 19-21 (che non fanno parte del nostro testo, ma che è bene considerare) presentano, con affermazioni di non immediata comprensione, l'idea che chi crede vive nella "luce" e "le sue opere sono state fatte in Dio". Al contrario colui che preferisce "le tenebre", fa di tutto "perché non siano svelate le sue opere" e questo diventa segno della sua mancanza di fede.
In conclusione, l'incontro con Gesù è decisivo per i singoli, per chi fa parte della Chiesa e per l'umanità intera presente in tutto il mondo. Egli è il dono del Padre per la vita eterna nello Spirito. Con Gesù si rianima la speranza nella misericordia e nel perdono di Dio. Lo stare con lui diventa allora discriminante in ordine al proprio comportamento etico. Le scelte concrete di ogni giorno dovrebbero di conseguenza essere illuminate dalla luce di vita che da Gesù scaturisce. La sequela di Gesù Cristo è pure condizione indispensabile per accedere alla vita dello Spirito, che introduce nella dimensione dell'eterno.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
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Unità Pastorale Mincio
Goito 31 maggio 2020 Pentecoste
LetturaIl brano del vangelo di san Giovanni della solennità di Pentecoste si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e di Giovanni e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambia per il giardiniere. Il testo fa parte di un testo più ampio in cui sono presentati anche la figura di Tommaso ed una seconda apparizione del Risorto ai discepoli, quando tutti erano radunati in casa.
Gv 20,19-23 1
9La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".CommentoIl testo si apre con la manifestazione di Gesù risorto nel cenacolo il giorno stesso di Pasqua. Dopo essere entrato a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei", li saluta donando loro la pace: "Pace a voi!". Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, genera gioia nei discepoli che vedono e riconoscono il Signore. L'accento posto sulle ferite di Gesù serve a stabilire continuità tra crocefissione e resurrezione. Gesù risorto, che sta davanti ai discepoli nel cenacolo, è lo stesso Gesù che morì sulla croce e da lui essi ricevono il frutto della resurrezione. Prendendo nuovamente la parola Gesù invia i suoi a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". I discepoli devono continuare l'opera del Figlio e per questo è necessaria la sua costante presenza tra loro. Ciò diventa possibile per mezzo del dono dello Spirito Santo, che il Padre manda nel nome di Gesù e che Gesù stesso manda ai suoi. Con un gesto simbolico, che si collega con la creazione primordiale ("soffiò e disse loro..."), Gesù rinnova l'essere umano col soffio vivificante di Dio. Ai discepoli Gesù conferisce anche l'autorità di perdonare i peccati nel suo nome: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". I discepoli possono perdonare o non assolvere i peccati degli uomini, perché adesso continuano nella storia quanto ha operato Gesù, mandato dal Padre. Egli, infatti, ha smascherato il peccato, in qualsiasi ambito si trovasse, ed ha indicato con decisione la via del bene, espressa dalla volontà del Padre. I discepoli poi, attraverso il dono dello Spirito Paraclito ricevuto, sanano l'umanità dai morsi del peccato e da esso gradualmente la liberano.
In conclusione Gesù risorto continua ad essere accanto ai suoi discepoli e non li abbandona sulle strade del mondo. Egli opera assiduamente in mezzo a loro i prodigi che scaturiscono dalla sua resurrezione. Ora però essi sono chiamati ad esporsi in prima persona e ad assumersi tutte le responsabilità necessarie, per continuare in ogni tempo la missione del Risorto. Il dono dello Spirito Santo, concesso abbondantemente alla comunità dei credenti, permette di realizzare la volontà del Padre, di lottare col male, vincendolo, e di sanare tutti gli uomini feriti dal peccato.
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Preghiera da vivere ogni giorno in famiglia per chiedere a Dio Padre il dono dello Spirito.
PREGHIERA IN FAMIGLIANel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. AmenInvochiamo il dono dello Spirito Santo sulla nostra famiglia, sulle nostre parrocchie e su tutto il nostro popolo.
SEQUENZA ALLO SPIRITO SANTO (insieme)Vieni, Spirito Santo,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Vieni,padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.
Nella fatica riposo,
nella calura riparo,
nel pianto, conforto.
O luce beatissima
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.Amen
Ascoltiamo la Parola di DioDagli Atti degli ApostoliAt 2,1-4 1Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro,4 e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.Preghiamo come Gesù ci ha insegnato
Padre nostro...
Il Signore ci benedica e ci preservi da ogni male. AmenAve o Maria...
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 24 maggio 2020 Ascensione del Signore
LetturaSiamo alla conclusione del vangelo secondo san Matteo. Le donne al sepolcro, trovato vuoto, hanno avuto l'annuncio della resurrezione di Gesù. Egli stesso per via va loro incontro e, dopo essere stato adorato, affida ad esse l'incarico di andare dagli altri fratelli ad annunciare di recarsi in Galilea, perché là lo avrebbero incontrato risorto.
Mt 28,16-20 16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".CommentoI cinque versetti, che chiudono il primo vangelo, possono essere suddivisi in due sequenze. La prima (28, 16-17) presenta l'azione degli undici discepoli che, obbedendo alle parole di Gesù dette alle donne, si recano al luogo dell'appuntamento, "sul monte che Gesù aveva loro fissato". Troviamo anche descritta la loro reazione alla vista di Gesù: "gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano". Va sottolineato che i discepoli, pur nella solennità dell'avvenimento e nella prospettiva pasquale in cui si colloca, non sono esenti dal dubbio. La seconda sequenza (28, 18-20) ha Gesù per protagonista. Egli si avvicina ai discepoli e pronuncia le ultime parole, articolandole in tre sentenze. Dapprima incontriamo una dichiarazione sulla sua autorità universale: "mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra". Gesù, dopo la resurrezione, è costituito pienamente Signore e può esercitare la sua autorità dappertutto e per sempre. Al centro vi è il comando dato ai discepoli come conseguenza della sua piena e definitiva signoria: "andate dunque e fate discepoli tutti i popoli... ". Ora la missione dei discepoli non ha più limiti e tutti gli uomini possono diventare seguaci del Signore Gesù Cristo, attraverso l'azione potente del Risorto, che continua a chiamare persone per mezzo dei suoi. La fecondità della missione e l'abbondanza dei discepoli diventano prova concreta della veridicità dell'essere discepoli fedeli. L'appartenenza a Gesù risorto si attua attraverso il segno battesimale celebrato "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", e la piena accoglienza - attuazione del suo insegnamento. L'esplicito riferimento al battesimo sottolinea il rilievo dato alla dimensione ecclesiale nell'esperienza di discepolato, che nasce dalla pasqua del Signore. L'ultima parola di Gesù è una promessa che vale come garanzia di incoraggiamento e fiducia: "ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". La presenza permanente e definitiva di Gesù con la sua comunità si estende fino alla fine del mondo. Essa non dipende dalla qualità o dalla prestazione dei discepoli ma dalla fedeltà di Dio Padre.
Concludendo Gesù risorto è sempre con i suoi! La fede dei discepoli nella sua presenza può essere incerta o assente. S'incontra Cristo Signore, si percepisce tangibilmente la sua presenza e si cresce nella fede se i credenti si impegnano tutti in una reale missione evangelizzatrice, proporzionata alle sensibilità e ai doni di ciascuno. Anche la partecipazione motivata, affettiva e fedele alla vita comunitaria e l'accoglienza nella vita degli insegnamenti lasciati da Gesù contribuiscono a rendere vivo ed autentico l'incontro con il Risorto.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
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D
OMENICA 17 maggio 2020 – Domenica VI di Pasqua Carissimi amici delle parrocchie dell'Unità Pastorale di Goito, Cerlongo, Solarolo e Vasto, che in questo mese di maggio siamo riuniti nella preghiera attorno alla Madonna della Salute, buon giorno e buona domenica.
La CEI ha firmato l'accordo col Governo italiano e da lunedì 18 riprenderanno le celebrazioni comunitarie con tante restrizioni e accorgimenti, che permettano di celebrare dignitosamente salvaguardando la massima sicurezza dei fedeli. Continuano anche alla domenica le celebrazioni trasmesse sul canale Youtube per aiutare a pregare nelle nostre case.
Le letture di questa domenica invitano tutti noi a verificare profondamente la nostra vita cristiana. Innanzitutto ci viene chiesto di considerare il nostro amore nei confronti di Gesù: "se mi amate". L'amore per Gesù non è qualcosa di teorico o sentimentale, esso si concretizza in un modo ben concreto cioè se osserviamo i suoi comandamenti, ossia se conosciamo i suoi insegnamenti e li mettiamo in pratica nella vita. Tutti, penso, dobbiamo riprendere a camminare e a realizzare l'amore per Gesù.
Gesù sa che i suoi amici sono preoccupati per la sua partenza, ed immaginano un futuro incerto e difficile. Allora egli li rassicura promettendo che non li abbandonerà e manderà a loro un altro "Paraclito", che significa difensore, intercessore, protettore: lo Spirito Santo. Gesù ed il Paraclito sono stati inviati dal Padre per realizzare la piena comunione con lui, superando l'incapacità che il popolo santo di Dio aveva di aderire al suo progetto di amore. Lo Spirito Santo lo può ricevere soltanto chi vive con Gesù, perché altrimenti non si conosce e non si ha nella vita.
Stare con Gesù e ricevere il dono del Paraclito, realizza il progetto di amore Dio Padre, che invita tutti a far parte della sua famiglia. Vivendo continuamente nella famiglia della SS. Trinità, l'amore di Dio diventa la caratteristica di ogni persona. Esso poi si manifesta in mitezza, bontà, misericordia, fraternità... nelle relazioni interpersonali.
Tale modo di vivere dei cristiani, suscita inevitabilmente delle domande nelle persone che li incontrano. Alle domande essi sono chiamati a rispondere con franchezza e senza paura. Chiedono le motivazioni che stanno alla base della loro vita. Quando i cristiani rispondono, diventa occasione di annuncio del vangelo. Infatti i credenti non possono tenere solo per loro il grande dono dell'amore di Dio, che cambia l'esistenza, ma necessariamente sono invitati a portarlo agli altri.
Per questo anche noi, come leggiamo nella prima lettura tratta dal libro degli Atti degli apostoli, dobbiamo invocare incessantemente il dono dello Spirito, perché possiamo essere veri discepoli di Gesù, vivere con coerenza nella famiglia di Dio e annunciare senza paura le grandi opere che Dio ha compiuto e compie in noi e nelle nostre comunità.
Buona domenica a tutti anche a nome di don Alessandro, don Jonathan, don Fausto, il diacono Claudio e le nostre care suore.
Don Marco
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 17 maggio 2020 VI domenica di Pasqua
LetturaContinua la lettura dell'ultimo discorso di Gesù ai discepoli secondo il vangelo di san Giovani. Dopo il passo di domenica scorsa, si incontra un versetto sulla preghiera (14, 14). Chi prega in unione con Gesù, per continuare la sua opera nel mondo, sarà sicuramente ascoltato ed esaudito dal Padre. A questo punto inizia il brano odierno.
Gv 14,15-21 15 "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".CommentoIl testo si apre con le parole di Gesù che invitano i discepoli ad amarlo. L'amore di cui si parla non è solo moto dei sentimenti, ma sinonimo di fede, cioè adesione vitale, profonda e consapevole a Gesù. Questa esperienza si realizza nel cristiano nella misura in cui si osservano i suoi insegnamenti: "se mi amate osserverete i miei comandamenti". È la nuova alleanza, che Dio Padre stipula col nuovo popolo per mezzo di Gesù Cristo. Nella fedeltà all'alleanza, osservando le parole di Gesù, si riceve la benedizione del Padre, che si concretizza nel dono di "un altro Paraclito". Il vocabolo greco può essere reso anche con i termini italiani: intercessore, avvocato, difensore in tribunale. Il primo difensore donato dal Padre è Gesù Cristo. Alla sua partenza il Padre dona un secondo Paraclito, che rimarrà sempre con i discepoli. È lo "Spirito della verità". Egli prolunga e completa l'opera e la missione di Gesù ed insegna ai discepoli tutto quanto riguarda Gesù, che è la verità. Per questo lo Spirito non può essere ricevuto dal mondo, cioè da coloro che si chiudono all'iniziativa di Dio: "il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce". I discepoli invece, che conoscono e vivono in comunione con lo Spirito, possono sperimentare una nuova e diversa presenza interiore di Gesù mediante lo Spirito stesso. Gesù riprende poi lo stesso concetto, sottolineando la sua presenza costante con i discepoli: "non vi lascerò orfani, verrò da voi". Quando Gesù sarà nel Padre, non sarà più visto da coloro che non lo amano. Chi invece resta in comunione con lui, lo ama e crede alle sue parole, sperimenta per sempre la sua presenza mediante lo Spirito. Il brano si conclude con la promessa che anche il Padre, per mezzo di Gesù, sarà continuamente coi discepoli ( il v. 23 che non è riportato dal testo liturgico completa la promessa).
In conclusione Gesù continua a rincuorare i suoi in vista della sua partenza. L'amore per lui è proporzionale all'accoglienza dei suoi insegnamenti e non dovrà mai cessare. Egli continuerà ad essere con i discepoli per mezzo dello Spirito, donato dal Padre. Chi ama Gesù, seguendolo fedelmente, partecipa nella fede già adesso alla comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo.
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DOMENICA 10 maggio 2020 – Domenica V di Pasqua Carissimi tutti delle parrocchie dell'Unità Pastorale di Goito, Cerlongo, Solarolo e Vasto, che in questo mese di maggio siamo riuniti nella preghiera attorno alla Madonna della Salute, buon giorno, buona domenica e auguri a tutte le mamme, perché oggi è la festa della mamma.
Continuiamo ad essere isolati e tenuti lontani gli uni dagli altri ed anche le celebrazioni liturgiche ancora precluse, anche se da lunedì 18 le riprenderemo con una infinità di prescrizioni difficili da gestire. Ci incontriamo però nelle celebrazioni eucaristiche, che alla domenica viviamo insieme attraverso la diffusione sul canale youtube. Ogni giorno ci sarà anche la possibilità di seguire il santo Rosario pregato in Basilica.
Le letture di questa domenica mi hanno suggerito alcune riflessioni che condivido con voi.
Nel testo del libro degli Atti degli apostoli si parla di mormorazioni, che dividevano la comunità. Sempre la mormorazione oltre a dividere la comunità ostacola anche la diffusione del vangelo. Per questo gli apostoli cercano la comunione, che è il contesto adeguato che permette al vangelo di essere diffuso e di essere fecondo coi frutti, che produce in chi lo accoglie. Così gli apostoli superano le mormorazioni dedicandosi alla predicazione ed istituendo i diaconi, che servono alle mense delle vedove. A volte però sembra di non farcela a raggiungere il bene della comunione!
Poi tutti sperimentiamo la decadenza della vita, che è un processo inesorabile destinato a finire con la morte. La cosa fa paura e crea sconcerto. Gesù incoraggia anche noi come i suoi primi discepoli, che erano preoccupati perché il maestro li avrebbe lasciati. Gesù invita a non essere preoccupati e ad avere fede in Dio Padre e in lui. Poi con un'immagine molto plastica, promette di preparare un posto per i suoi amici e lui andrà loro incontro, prendendoli per mano perché tutti loro siano sempre con lui. La condizione per essere sempre con lui è seguirlo. Ma come facciamo a seguire Gesù? Lo spiega lui stesso. È un percorso di conoscenza che si articola in tre fasi: sapere chi è lui, amarlo e condividere la sua vita. Per
conoscere si intende sapere tutto ciò che riguarda Gesù, il suo vangelo e la sua vita. Noi abbiamo questa conoscenza?
Amare Gesù vuol dire anche volergli bene, come si ama l'amico più caro che abbiamo. A lui pensiamo spesso e a lui ci ispiriamo nella vita. Noi amiamo veramente Gesù? È il nostro amico con cui ci confidiamo continuamente, chiedendogli pareri e porgendogli domande? Seguire Gesù vuol dire condividere, cioè accettare ed essere consapevoli che facciamo parte della sua stessa famiglia. Siamo certi di questa appartenenza, perché come ci ricorda Pietro nella seconda lettura, siamo diventati tempio di Dio. In questo modo tutto ciò che facciamo e siamo lo portiamo al Padre per mezzo di Gesù, offrendolo nella liturgia quotidiana della nostra vita. Attraverso di noi, uniti a Gesù, gli altri sono aiutati a riconoscere le opere di Dio e a lodarlo con la vita.
Infine Gesù promette ai suoi che per mezzo suo faranno opere più grandi di lui. Quali sono queste opere?
Portare il vangelo in tutto il mondo.
Vivere la carità nei confronti dei bisognosi.
Testimoniare la misericordia ed il perdono.
Donare speranza a chi è confuso, dubbioso e fragile.
O Signore Gesù, tu che ci hai chiamato a seguirti soltanto per amore nostro e senza alcun merito, aiutaci a non soffocare il vangelo con le mormorazioni e la paura. Rendici consapevoli che facciamo parte del mistero della santissima Trinità, la tua e nostra famiglia. Infine aiutaci a credere che tu non ci abbandoni mai, che ci tieni per mano sempre anche nell'ultima ora della nostra vita. Uniti a te illuminaci perché possiamo comprendere le opere di salvezza che tu desideri che ciascuno di noi realizzi nella storia. Te lo chiediamo per intercessione di Maria santissima che noi veneriamo Madonna della salute. Amen.
Buona domenica a tutti anche a nome di don Alessandro, don Jonathan, don Fausto, il diacono Claudio e le nostre care suore.
Don Marco
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 10 maggio 2020 V domenica di Pasqua
LetturaSiamo nella seconda parte del vangelo di Giovanni chiamata "Libro della gloria". Qui è presentata la glorificazione di Gesù, che si realizza nel compimento dell'"ora" della passione, crocefissione, risurrezione e ascensione. Gesù ha preannunciato ai suoi la sua partenza imminente (Gv 13, 31-38). Davanti a tale prospettiva i discepoli rimangono sconcertati e tanti problemi sorgono in loro. L'ultimo discorso di Gesù, iniziato nel capitolo precedente, vuole essere una risposta alle difficoltà che i discepoli incontrano dopo la sua partenza.
Gv 14,1-12 1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via".5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?". 6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto".8Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". 9Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.CommentoIl brano inizia con una nota rassicurante di Gesù: "non sia turbato il vostro cuore". Il turbamento del cuore - cioè il disagio e la sofferenza di tutta l'interiorità dell'uomo nella complessità delle sue dimensioni - a causa dell'apparente lontananza di Gesù, è una caratteristica che i discepoli sempre sperimentano nel sostenere la lotta col principe di questo mondo. Il mondo, nella concezione giovannea, è da intendersi come l'ambito nel quale il demonio esercita la sua signoria. Essi superano il turbamento attraverso la fede: "abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me". La fede dei discepoli vince il principe di questo mondo perché essi, consegnandosi a Gesù Cristo, partecipano della vittoria del Padre realizzata per mezzo del Figlio. Gesù annuncia anche che nella casa del Padre "vi sono molti posti" e che egli tornerà a prendere i suoi per portarli con lui. Con un'immagine molto plastica Gesù cerca ancora di rincuorare i suoi, affinché non disperino per la sua assenza e abbiano la certezza di arrivare tutti nella casa del Padre. La prima parte del brano si chiude indicando come si fa ad arrivare al Padre: "e del luogo dove io vado voi conoscete la via" cioè seguire Gesù Cristo. La domanda di Tommaso - "Signore, mostraci il Padre e ci basta" - serve a Gesù per spiegare ulteriormente ai discepoli che lui è l'unica strada che porta sicuramente al Padre: "nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". Di conseguenza un rapporto intenso vissuto con Gesù Cristo diventa anche relazione profonda col Padre. I discepoli non riescono a cogliere gli insegnamenti di Gesù e facilmente li fraintendono. Così egli è costretto a riprendere il discorso. Chi incontra Gesù, e con lui stabilisce una relazione vera e profonda, è in comunione col Padre: "chi ha visto me ha visto il Padre". Anche le parole e le opere di Gesù sono testimonianza della sua unione col Padre. Il brano si chiude con una solenne dichiarazione: "chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi". Il discepolo, dopo che Gesù è tornato al Padre, continua a lottare col male, lo vince e con la sua testimonianza permette a tutti di conoscere Gesù Cristo, fonte della vita e della comunione col Padre.
Concludendo, Gesù prevede lo sconcerto in cui si sarebbero trovati i suoi quando, dopo la sua partenza, avrebbero dovuto continuare nella storia la lotta col male da lui intrapresa. Per questo li incoraggia, li invita ad avere fede, li istruisce pazientemente e garantisce loro la piena partecipazione alla comunione col Padre. La sofferenza sperimentata dai credenti nella lotta col male non è vana. Essa diventa la linfa che irrobustisce la fede e rende la comunità segno efficace di Gesù Cristo via, verità e vita.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare,per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
Se abbiamo la possibilità, prendiamo foglio e matita e scriviamo le nostre riflessioni. In questo modo si fissano meglio nel nostro cuore e avremo modo di rileggerle nella settimana.
Le Lectio delle domeniche precedenti vengono salvate nella sezione Calendario – Archivio.
Rubrica, curata da don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.
Con questa riflessione sul coraggio si chiude la rubrica "pillole di spirito", con l'augurio che in questi due mesi di "clausura" forzata, vi abbia aiutato a custodire non solo la salute del corpo, ma anche quella dello spirito!don AlessandroGiovedì 7 maggioNon è perchè le cose sono difficili che non osiamo,ma è perchè non osiamo che le cose sono difficili.(Seneca, filosofo)
E' risaputo che tra le cosiddette virtù cardinali, ossia le virtù umane per una vita morale dedicata al bene, vi sia la prudenza, unitamente alla fortezza, alla giustizia e alla temperanza.
La prudenza permette di non andare fuori strada. Tuttavia, come virtù cristiana, anche se non appartiene alla Tradizione, vorremmo enunciare anche quella del coraggio, senza che diventi imprudenza. Senza il coraggio gli apostoli, dopo l'ascesa al cielo di Gesù, e molti altri cristiani dopo di loro, non avrebbero potuto annunciare il Vangelo in un tempo di persecuzione. Senza il coraggio, la chiesa di oggi, in un contesto fondamentalmente caratterizzato dall'indifferenza religiosa, sarebbe destinata a implodere sotto il peso dei propri timori, quello di perdere consensi, di disturbare, di essere contrariata, di doversi talvolta scontrare.
Ma spesso è perchè non osiamo che le cose divengono difficili. Se tentiamo, ci accorgiamo che le cose sono più facili di quanto pensassimo. Spesso è la paura a bloccarci.
L'imprudenza è quando ho agito senza calcolare i rischi, non quando ho rischiato.
Avere coraggio, anche all'interno della chiesa, è assumere la sfida di attraversare la paura con la fiducia nel Signore, in sé stessi e nel prossimo.
Avere coraggio, nella propria vita come nella vita della chiesa, in radice è un atto di fede.
Mercoledì 6 maggioLa fede ci fa essere credenti, ma solo la carità ci fa essere creduti.(Tonino Bello, vescovo)
Avete mai visto in televisione la pubblicità dell' 8 x mille alla Chiesa Cattolica? Quasi sempre, per spiegare come vengono utilizzati i fondi, vengono presentati preti che aiutano persone indigenti o che seguono case della carità, invece che mostrare opere di ristrutturazione delle chiese. Perchè? Forse perchè la gente è sensibile alle opere di carità; solo la carità rende la chiesa credibile agli occhi del mondo, cioè ci fa essere testimoni autentici del Vangelo.
Io sogno, forse come papa Francesco, una chiesa più semplice, sobria e più attenta agli ultimi. Una chiesa che sappia fare la scelta concreta di abitare le periferie dell'esistenza, ove risiedono gli ultimi. Gesù nel Vangelo dice: "Beati voi poveri, perchè vostro è il regno di Dio" (Lc 6,20). Sogno una chiesa povera per i poveri, capace di piegarsi a baciare i piedi di tutti perchè, in fondo, siamo tutti un po' "poveri".
Sogno una chiesa che celebri liturgie semplici, poiché il semplice è sempre anche capace di esprimere bellezza, armonia e non artificiosità.
Sogno una chiesa che non abbia paura di mostrare le sue ferite, poiché è una chiesa che sa amare e riconciliarsi con se stessa e con il mondo.
Io sogno. Guai se non sognassimo e non lottassimo per la realizzazione dei nostri sogni, poiché significherebbe che siamo già morti o semplicemente stanchi "dentro".
Sogno una chiesa che metta al centro della sua azione la carità nelle sue diverse forme, poiché Deus caritas est, ossia Dio è amore (1 Gv 4,8).
Martedì 5 maggioL'umiltà senza fiducia è depressione; la fiducia senza umiltà è presunzione.(S. Fausti, gesuita)
Umiltà non è nascondersi o mettersi nelle retrovie. L'umiltà (che deriva dal latino humus, che significa terra) è sempre feconda e capace di generare frutti. Pertanto l'umiltà è vera solo se si presuppone una certa fiducia in sè stessi, altrimenti si cade nel nascondimento o nella depressione. Umiltà è, ad esempio, cercare il bene della comunità prima del mio; umiltà è svolgere bene un servizio senza farlo pesare a chi riesce a compierlo meno bene di me; umiltà è fare un buon compito senza firmarlo. L'umiltà è quella virtù che quando la si possiede, si crede di non averla.
Tuttavia, se l'umiltà non è tale senza una buona dose di fiducia in sè stessi, all'inverso la fiducia non è reale senza una buona dose di umiltà, altrimenti di rischia di scivolare nella presunzione. Fiducia è avere consapevolezza dei propri mezzi; è avere lo sguardo elevato e proteso in avanti, senza per questo desiderare spiccare sugli altri; fiducia è amore verso sè stessi, senza per questo sentirsi il centro del mondo, poiché il mondo è tutto da scoprire ed è sempre più grande di me.
Umiltà e fiducia insieme: un equilibrio sempre da ricercare, una sapienza sempre da acquisire.
Lunedì 4 maggioLa suprema saggezza sta nel perdonare agli altri il fatto che sono diversi da noi(Proverbio orientale)
Quando si vive con persone che la pensano in modo diverso da noi, non è facile andare d'accordo. Pensiamo in una famiglia, per quanto piccola, quante voci discordanti vi sono. Se poi queste persone non si sono nemmeno scelte, penso ad una comunità di preti o di suore, la cosa è ancora più difficile.
Eppure se si prende consapevolezza che l'essere diversi tra noi è la normalità, proprio per il fatto che ognuno di noi è unico agli occhi di Dio, ciò dovrebbe aiutare a relativizzare le tensioni interiori ed esterne. Ci rendiamo conto che l'essere in conflitto è normale, poiché giungere ad un punto comune partendo da punti di vista differenti richiede lavoro interiore, fatica, smussamento degli angoli, revisione delle proprie idee e soprattutto mettere da parte l'orgoglio.
La questione allora non è tanto l'essere in situazioni di conflitto, piccole o grandi, con gli altri, ma accettare di esserlo e gestirlo nel modo più sapiente possibile, senza tirarsi indietro e nemmeno colpendo l'altro.
Prendere consapevolezza del fatto che non ci sono solo io, ma che esistono anche gli altri con le proprie idee e le loro sfumature, dovrebbe aiutarmi a sciogliere i pensieri cattivi e le emozioni disturbanti e a gestire i conflitti in modo sano, assertivo e sapiente.
DOMENICA 03 maggio 2020 – Domenica IV di Pasqua Carissimi tutti delle parrocchie dell'Unità Pastorale di Goito, Cerlongo, Solarolo e Vasto, che in questo momento siamo riuniti nella preghiera attorno alla Madonna della Salute, buon giorno e buona domenica.
Continuiamo ad essere isolati e tenuti lontani gli uni dagli altri ed anche le celebrazioni liturgiche ancora precluse tranne i funerali, che saranno celebrati con una infinità di prescrizioni difficili da gestire. Ci siamo però incontrati nelle celebrazioni eucaristiche che alla domenica abbiamo vissuto insieme attraverso la diffusione sul canale youtube. Il primo maggio è iniziato anche il mese dedicato alla Madonna che abbiamo voluto celebrare con solennità esponendo al portale delle Basilica l'immagine della Madonna della Salute. Ogni giorno ci sarà la possibilità di seguire il santo Rosario pregato in Basilica.
Le letture di questa domenica ed in particolare il passo di Giovanni, che narra la vicenda del pastore delle pecore, mi hanno suggerito di condividere con voi alcune riflessioni.
Nel racconto giovanneo le immagini della porta e di coloro che la transitano qualificano le persone per bene da quelle malvagie. Chi entra per la porta è il pastore e chi entra per altri accessi è un brigante o un ladro. È chiaro il racconto parabolico, ma ci chiediamo a chi rimanda l'immagine della porta? La porta è un simbolo che si riferisce a Gesù, lui è la porta. Passare attraverso questa porta significa assumere Gesù come esempio di vita e cercare di modellare la propria vita sui suoi insegnamenti. Ma qual'è il modello di vita proposto da Gesù? Lo troviamo presentato da Pietro nella seconda lettura. Gesù ha scelto di fare sempre e solo il bene e di sopportare la sofferenza. Poi ancora dice che nella sua bocca non si trovò inganno, insultato non rispondeva con insulti, maltrattato non minacciava vendetta. Si affidava a Dio che giudica con giustizia. Infine Pietro ricorda che Gesù vuole essere in nostro esempio perché anche noi possiamo seguire le sue orme.
Per passare in modo corretto dalla porta che è Cristo Signore, occorre attuare alcuni accorgimenti o scelte di vita, indicate dal testo di Atti:
1. "si sentirono trafiggere il cuore" significa rendersi conto che si sta vivendo lontano da lui, in quanto la nostra vita non si ispira a Gesù e ai suoi insegnamenti;
2. "convertitevi e cambiate vita" cioè intraprendere un cammino di conversione che sfocia nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione.
Solo percorrendo questa strada avremo la certezza di passare per la porta che dà la vita: Cristo Signore.
Solo Gesù può donare la salvezza e ci farà pascolare nei prati dell'amore, della misericordia, della pace, della solidarietà e della fraternità. Infatti, ogni persona che sceglie liberamente di conformarsi alla vita di Gesù, alla sua persona, ai suoi insegnamenti, al fine vero della sua esistenza, partecipa alla vita stessa di Dio. Non è facile e le difficoltà sono molte, ma occorre fidarsi di Gesù. Noi oggi lo dichiariamo assieme guidati dalla materna protezione della Madonna della Salute: Gesù ci fidiamo di te. Questa non sia solo un'espressione detta in modo formale, ma sia una preghiera, la preghiera del cuore, che in questa settimana ripetiamo continuamente, perché essa ci plasmi sul modello Gesù. Se cercheremo di seguire Gesù non solo trarremo benefici per noi, ma saremo strumenti capaci di portare anche i nostri fratelli e le nostre sorelle a stare con Gesù.
Buona domenica a tutti anche a nome di don Alessandro, don Jonathan, don Fausto, il diacono Claudio e le nostre care suore.
Don Marco
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 3 maggio 2020 IV domenica di Pasqua
LetturaL'evangelista san Giovanni ci porta ancora una volta a Gerusalemme, nell'ultimo giorno della festa delle Capanne, dopo la guarigione dell'uomo cieco dalla nascita. Gesù, recatosi al Tempio, insegna cercando di far conoscere la sua completa identità. I contasti sorti con i giudei e con le folle lo costringono a parlare non apertamente, ma attraverso immagini simboliche. Tra queste emerge la figura del pastore di Gv 10,1-18. Nella prima parte del capitolo (vv. 1-5) Gesù si rivela misteriosamente ai suoi uditori. Nel v. 6 l'evangelista annota che i farisei non capivano il senso delle parole di Gesù. Nei vv. 7-18 Gesù si fa conoscere chiaramente, collegando a sé i temi presentati nella prima parte. Il quadro si chiude con la reazione dei giudei (vv. 19-21).
Gv 10, 1-10 1"In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.CommentoIl brano inizia con una similitudine o parabola (vv. 1-5) raccontata da Gesù e tratta dalla vita comune dei suoi ascoltatori: il rapporto tra il pastore e le pecore. Il vero pastore delle pecore entra dalla porta del recinto mentre chi non è pastore cerca di accedere da un'altra parte. È l'entrare attraverso la porta che distingue il pastore dal ladro e dal brigante. Poi la parabola si chiude descrivendo lo stretto rapporto esistente tra il pastore e le sue pecore: "conoscono la sua voce - chiama le sue pecore - le conduce fuori - cammina davanti ad esse". I destinatari della parabola reagiscono con una generale incomprensione del significato del discorso di Gesù (v. 6). Per questo egli riprende la parola e spiega quanto detto prima (vv. 7-10). Innanzitutto Gesù si presenta come: "la porta delle pecore". All'immagine si può dare due significati. Chiunque è rivestito di autorità, in un ambito del vivere umano (famiglia, lavoro, scuola, ecc.), può esercitarla correttamente soltanto riferendosi a Gesù Cristo e imitando il suo modo di servire ("chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore"). Gesù poi allarga l'orizzonte e si presenta anche come unica porta attraverso la quale le pecore devono passare per trovare salvezza: "io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo". Pastori e pecore devono passare attraverso Gesù Cristo per avere la vita e la salvezza. Per questo egli afferma che tutti coloro i quali sono venuti prima di lui sono stati ladri e briganti, perché non in grado di dare vera salvezza. Solo Gesù Cristo è "venuto perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza", senza ricercare interessi personali.
In conclusione, con una parabola, Gesù cerca di far comprendere ai suoi interlocutori che si comportano da briganti e non da pastori nella società se non cercano il bene della gente e non hanno un rapporto autentico con le persone. Solo chi passa attraverso Gesù Cristo e lo imita in tutte le sue dimensioni del vivere può creare rapporti interpersonali veri e guidare così altre persone. Gesù Cristo è l'unico che può offrire a tutti la salvezza e la vita di Dio.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare,per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
Se abbiamo la possibilità, prendiamo foglio e matita e scriviamo le nostre riflessioni. In questo modo si fissano meglio nel nostro cuore e avremo modo di rileggerle nella settimana.
Le Lectio delle domeniche precedenti vengono salvate nella sezione Calendario – Archivio.
Rubrica, curata da don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.
Domenica 3 maggioChi ha un perchè nella vita, può sopportare quasi ogni come.(F. Nietzsche, filosofo)
Questa verità fu affermata da un autore a prima vista lontanissimo dalla dimensione religiosa come Friedrich Nietzsche. La possibilità di sopravvivere nelle situazioni più difficili o addirittura estreme, non è data anzituttto dalla costituzione fisica, dalla robustezza interiore e dalle forze a disposizione, ma dalla capacità sapienziale di trovare un significato a ciò che si sta vivendo. Se riesco a trovare un senso alla difficoltà che sto passando, senza per questo ridimensionarne il peso oggettivo, ma andando in profondità nelle ragioni dell'esistenza, tutto cambia prospettiva.
Penso a chi ha subìto delle ingiustizie, quando è mosso dalla forza della ricerca della verità e della giustizia. Penso a chi vive nella malattia o possiede un handicap debilitante, quando è mosso dall'accoglienza di sé come creatura comunque amabile e amata. Penso a chi fa una scelta di donazione totale, come il matrimonio o la vita consacrata, quando è disposto, in nome di quella scelta, a compiere qualsiasi sacrificio.
Ciò che conta è avere un "perchè" buono che ti muova nella direzione di vivere appieno l'esistenza, che ti è stata data come un dono. Allora quasi ogni condizione, quasi ogni "come", diventa sopportabile.
Sabato 2 maggioChi non ha una ragione per vivere, non ha nemmeno una ragione per morire.(dom H. Camara, vescovo)
Questo grande vescovo brasiliano del '900, povero e umile, profetico, fu perseguitato dalle autorità perchè considerato un sovversivo che lottava, con la sua predicazione, per i diritti dei poveri, stando dalla loro parte anche a costo di perdere la propria vita. Egli si sentiva tutt'uno col suo popolo, e ogni fedele era per lui come un figlio.
Quale padre o quale madre non darebbe la vita per un figlio? E quale padre o quale madre non vive di fatto, donando tutto se stesso, per un figlio?
Non è scontato che una persona abbia trovato una ragione di vita. In fondo si può vivere anche alla giornata, senza uno scopo o un senso preciso. Ma a mio avviso, solo vivendo per qualcosa o per qualcuno, si può dare un significato autentico alla propria vita e pertanto viverla appieno. Questo qualcuno potrà essere un figlio, un compagno, oppure il Signore e la sua chiesa; questo qualcosa potrà essere un principio fondamentale. Ma senza un centro che dia significato al tutto, ci sentiamo svuotati, privi di forza e di indirizzo verso cui tendere.
Proviamo a chiederci: per chi o per cosa sarei disposto a morire? Se riesco a dare una risposta a questa domanda, significa che sto già vivendo appieno la mia vita, o almeno ci sto provando.
Venerdì 1 maggioChi si separa esistenzialmente dal povero, rimane privo di una delle essenziali porte d'accesso al mistero di Cristo.(C. Scaglioni, sacerdote)
I poveri sono intorno a noi. Madre Teresa diceva che chi ha molta carità vede molti poveri, chi ha poca carità vede pochi poveri. I poveri sono intorno a noi.
Essi non sono anzitutto un impiccio, un disturbo, ma una delle porte di accesso al mistero di Cristo. Chi incontra un povero incontra Gesù Cristo. In un certo senso il povero è "sacramento" che rende presente il Signore. Infatti Gesù nel passo del Vangelo relativo al giudizio finale afferma: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40), riferendosi, con i "piccoli", agli affamati, agli assetati, ai carcerati, ai malati....
In questo tempo di Coronavirus i poveri sono soprattutto coloro che si sono ammalati o i parenti di coloro che sono morti e che non hanno nemmeno avuto la possibilità di dare una degna sepoltura ai loro cari; ma in questo 1° maggio, giorno dei lavoratori, ricordiamo in modo particolare tutti coloro che, per questa pandemia, stanno vivendo l'incertezza del lavoro. Anche loro sono poveri, anche a loro dobbiamo guardare con empatia, a chi non dorme la notte per la preoccupazione di dover portare avanti un'attività e mantenere una famiglia, a chi non riesce a pagare le bollette. Li portiamo nella preghiera, e se possiamo, cerchiamo di essere loro vicini con una parola di speranza e con una carità concreta.
Giovedì 30 aprileGesù non ti chiama ad avere successo, ma ad essere fedele.(Madre Teresa di Calcutta)
Non possiamo non dire che Madre Teresa nella sua vita sia stata una donna di successo, almeno nell'ambito della carità. Ha fondato un istituto religioso, ha sfamato ed assistito migliaia, forse milioni di persone, ha vinto un premio Nobel per la pace e infine è diventata santa.
Tuttavia durante la sua vita ella esprimeva senza timore di aver avvertito una forte aridità spirituale, ossia la lontananza di Dio, per un periodo di almeno tre anni durante il suo apostolato. Come poter continuare a vivere la propria missione quando si percepisce un'aridità così grande? Attraverso la fedeltà al Signore che, prima o poi, si farà sentire, ti darà un segno e non ti lascerà barcollare nel buio.
Anche per ognuno di noi, che nella propria vita possiede una missione affidatagli da Dio, quale ad esempio quella di padre, di moglie, di prete, di suora, di insegnante, vale lo stesso principio: il Signore non ti chiama ad avere successo, ma a rimanergli fedele, soprattutto nei tempi bui, quelli più difficili. È questa fedeltà a salvarci. Se penso a Gesù, nel momento culminante della sua missione salvifica, quando era sulla croce, ai piedi di essa "stavano sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèopa e Maria di Màgdala" (Gv 19,25) e il discepolo amato, Giovanni. E gli altri dov'erano? Erano fuggiti?! Se dovessimo misurare la missione di Gesù dai numeri, forse anche oggi, anche noi cristiani ci accorgeremmo che sarebbe meglio chiudere e ritirarsi.
Ma il Signore non ci chiede il successo, bensì la fedeltà, poiché è lui a condurre la storia, non noi, e in questo dobbiamo avere fiducia.
Mercoledì 29 aprileÈ ingiusto chiedere ad un una formica di portare delle travi(S. Bernardo di Chiaravalle)
C'è un motto latino, risalente agli antichi romani, che dice: "Ad impossibilia nemo tenetur", letteralmente: "Alle cose impossibili nessuno è tenuto". È un'affermazione molto liberante poiché siamo tenuti, in coscienza, solo alle cose che percepiamo possibili, alla nostra portata.
Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno vorrebbe che noi portassimo delle travi più pesanti di quanto possiamo sopportare. Un genitore, un datore di lavoro, il proprio partner. Talvolta diamo corda a queste voci; esse diventano così forti che le interiorizziamo e così siamo noi a non accettare di non potercela fare.
Avere la giusta percezione delle proprie possibilità, oltre che di quelle altrui, non è segno di debolezza, bensì di grande saggezza.
C'è una preghiera molto bella, degli alcolisti anonimi, che recita così:
Concedimi Signore la capacità di accettare ciò che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare ciò che posso,
e la saggezza di distinguere ciò che posso da ciò che non posso.
Il Signore non permette che portiamo pesi superiori alle nostre forze (cfr. 1 Cor 10,13).
A noi la responsabilità di accogliere questa verità e di non lasciare che le persone attorno a noi la minaccino.
Martedì 28 aprileMia mamma mi ha insegnato ad amare gli altri,ma non mi ha insegnato ad amare me stesso.(Aimè Duval, gesuita e cantautore)
Queste parole di Duval lasciano intravedere che egli non abbia avuto un grande rapporto con la propria madre. Se Dio ci comanda: "Ama il prossimo tuo come te stesso", ci lascia intendere che è importante nella vita voler bene a sé stessi. Qui non si sta parlando di cadere nel narcisismo, ma di avere una sana autostima, un sano amore verso di sé.
Ci possono essere diversi motivi per cui uno non ha coltivato, fin da piccolo, un sano amore per sé stesso. Uno di questi può essere che le persone più vicine, di solito i genitori, non hanno manifestato affetto, tenerezza e fiducia verso quel bambino. Per amare gli altri potrebbe bastare, paradossalmente, una norma morale che ce lo comanda; per amare sé stessi è necessaria l'esperienza di essersi sentiti amati.
Mi colpiscono le parole del Padre quando Gesù viene battezzato: "Tu sei il Figlio mio, l'amato, in te ho posto il mio compiacimento" (Mc 1,11). Gesù gode di tutta la fiducia e dell'amore del Padre. E il salmista che si rivolge a Dio dice: "Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda" (Sal 139,14).
Anche l'esperienza della fede, in fondo, è l'esperienza di sentirsi abbracciati da Dio e di sapere che posso contare su di Lui, sul mio prossimo e anche su quella creatura meravigliosa che sono io.
Lunedì 27 aprileL'uomo è il rischio di Dio(E. Ronchi, teologo)
Quando Dio ha creato l'uomo e la donna, li ha creati liberi e quindi si è assunto il rischio che si allontanassero da lui. E così fu, basti pensare ad Adamo ed Eva. Ma questa libertà che ci ha donato è proprio un segno del suo amore.
Provate a pensare ad un genitore quando dà alla luce un figlio: sa che egli prenderà la sua strada; cercherà di fare il meglio che può come padre o madre, ma poi il figlio farà le proprie scelte, giuste o sbagliate che siano.
Dio avrebbe potuto creare una marionetta ubbidiente ai suoi comandi anziché un uomo, privandolo della sua libertà. Ma questo è amore? L'amore si esprime nella fiducia, e Dio ha fiducia in noi. E quand'anche dovessimo perderci, Lui è sempre lì ad aspettarci, a riaccoglierci, perchè Lui è Dio e può farlo in qualsiasi momento.
Ieri dicevo ad una cara amica: "Io credo di andare in Paradiso". Potrei sembrare superbo, ma lo credo non perchè sono bravo e lo merito, dopotutto sono un povero peccatore come tutti, ma perchè credo fermamente nella bontà e nella misericordia di Dio, che mi accoglierà quando io mi rivolgerò a Lui.
Dio con noi si è preso un rischio; forse Dio ci chiede lo stesso, di rischiare la nostra vita su di Lui.
DOMENICA 26 APRILE 2020 – Domenica III di Pasqua Carissimi amiche ed amici delle parrocchie dell'Unità Pastorale Mincio (Goito, Cerlongo, Solarolo e Vasto) buon giorno e buona domenica.
Un'altra settimana ci ha isolati e tenuti lontani gli uni dagli altri, ci ha separati anche dalle celebrazioni liturgiche. Ci siamo però incontrati nelle celebrazioni eucaristiche che alla domenica abbiamo vissuto insieme attraverso la diffusione sul canale youtube. Anche ogni giorno quando noi sacerdoti celebriamo alle ore 8,30 tutti voi siete con noi nella comunione ecclesiale e nell'affetto che portiamo per tutti.
Le letture di questa domenica ed in particolare il racconto di s. Luca che narra la vicenda dei discepoli di Emmaus, mi hanno suggerito di condividere con voi alcune riflessioni.
L'esperienza dei discepoli di Emmaus fotografa molto bene la nostra vita di questo tempo.
Anche le nostre discussioni che viviamo in casa o sui social sono centrate penso tutte su questioni importantissime, ma che hanno un sottofondo di delusione. La pandemia che sembra qui in Lombardia non retrocedere. La crisi economica che sempre più si affaccia importante all'orizzonte a causa del lavoro fermo. False notizie che vengono diffuse e creano panico e sfiducia verso tutto e tutti.
E ci ritroviamo a non parlare mai della nostra fede, anche delle nostre difficoltà a credere in questo tempo; ad aiutarci nel momento di buio e di difficoltà, sostenendoci e camminando insieme. È un po' come se la nostra vita cristiana fosse tra parentesi e non avesse a che fare con la vita concreta di ogni giorno.
Anche con noi oggi cammina Gesù risorto, ma i nostri occhi non riescono a vederlo. In che modo Gesù è con noi?
Nelle Scritture Sante che leggiamo personalmente, in famiglia e ascoltiamo nelle celebrazioni. Con le Scritture Gesù ci è accanto e col suo Spirito ci illumina, ci consola, ci da speranza, ci aiuta a camminare nella fede.
È con noi quando ci fermiamo a pregare.
È con noi quando amiamo e serviamo i nostri fratelli. Essi oggi più che mai sono sacramento del Signore, cioè segno concreto della sua presenza. Egli disse: "ogni volta che fate qualche cosa a un mio fratello più piccolo avrete fatto a me".
Due segni, come nel vangelo, indicano la presenza del Risorto accanto a noi:
- la gioia: il cristiano gioioso testimonia che anche nelle difficoltà il Signore è con lui, non è triste perché nel Signore intravede vie di uscita e di rinnovamento;
- la necessità di raccontare agli altri la nostra vita cristiana e di testimoniare che è bello seguire Gesù.
Chiediamo al Signore che è sempre con noi, di sperimentare la sua presenza e di essere capaci di vedere la luce nel buio, di andare avanti anche nelle difficoltà, di comunicare speranza perché lo abbiamo incontrato nella Scrittura e nei fratelli che ci stanno accanto.
Buona domenica a tutti anche a nome di don Alessandro, don Jonathan, don Fausto, il diacono Claudio e le nostre care suore.
Don Marco
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 26 aprile 2020 III domenica di Pasqua
LetturaLa liturgia odierna propone la lettura di un passo del vangelo di san Luca preso dal "trittico delle apparizioni pasquali". La prima scena del trittico è costituita dal ritrovamento del sepolcro vuoto e dall'annuncio pasquale alle donne (Lc 24, 1-12). La seconda scena riguarda il nostro brano (Lc 24, 13-35). Infine si ha l'apparizione del Risorto agli undici (Lc 24, 36-43). Dalle donne, protagoniste all'inizio, si passa ai due discepoli, per giungere infine agli Undici, i testimoni ufficiali dell'annuncio evangelico.
Luca 24, 13-3513Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: "Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?". Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: "Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?". 19Domandò loro: "Che cosa?". Gli risposero: "Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto". 25Disse loro: "Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: "Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto". Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l'un l'altro: "Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?". 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!". 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.CommentoIl racconto di san Luca inizia presentando due discepoli che, il primo giorno della settimana (la nostra domenica), lasciano Gerusalemme e scendono verso Emmaus. Anche se conversano "di tutto quello che era accaduto", non traspare nel loro discorso alcun riferimento all'evento pasquale che si era realizzato. Essi ormai hanno chiuso la parentesi felice, piena di progetti e di speranze, vissuta col maestro di Galilea ed ora stanno scendendo verso la monotonia della vita abituale. Allora Gesù in persona si accosta per camminare con loro, ma essi non lo riconoscono, e a lui raccontano tutta l'amarezza e la delusione che portavano dentro. Anche l'esperienza fatta dalle donne al sepolcro, e narrata successivamente agli altri discepoli, non è stata sufficiente a rianimare in loro la speranza: "ma lui non l'hanno visto". È a questo punto che la narrazione segna una svolta attraverso l'azione decisa e piena di amore di Gesù. Egli assume la loro situazione negativa e, attraverso le Scritture spiegate minuziosamente, la rovescia: "e cominciando da Mosé e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui". L'azione di Gesù non si è ancora completata in quanto gli occhi dei due discepoli "erano impediti a riconoscerlo". Solo quando Gesù si ferma, dopo che essi avevano insistito ("resta con noi perché si fa sera"), e seduto a tavola spezza il pane, i loro occhi si aprono e lo riconoscono. È nell'Eucarestia che il riconoscimento di Gesù si realizza pienamente! A questo punto il racconto volge rapidamente a conclusione. Gesù scompare ed i discepoli ripensano all'esperienza fatta: "non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi...?". Ritornano poi a Gerusalemme dove ricevono l'annuncio ufficiale della risurrezione ed essi raccontano il loro incontro col Risorto.
In conclusione l'evangelista, volendo istruire il lettore credente, lo invita a riflettere sul suo itinerario di vita spesso percorso senza speranza nel Risorto. Con i discepoli cammina sempre il Signore, che ha la possibilità di cambiare radicalmente la loro vita spesso triste ed amara. È la compagnia assidua con le Scritture e la partecipazione consapevole all'Eucarestia che permettono un incontro autentico con Cristo. La mensa della Parola e del Pane, nel giorno del Signore, è culmine e punto di partenza della vita cristiana. Soltanto l'incontro con Gesù Cristo risorto fa nascere la fede, la alimenta e la porta a pieno compimento.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare,per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
Se abbiamo la possibilità, prendiamo foglio e matita e scriviamo le nostre riflessioni. In questo modo si fissano meglio nel nostro cuore e avremo modo di rileggerle nella settimana.
Le Lectio delle domeniche prcedenti vengono salvate nella sezione Calendario – Archivio.
Rubrica, curata da don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.
Domenica 26 aprileQuella di voler sperimentare tutte le cose è una strada tortuosae un cammino senza fine.(San Bernardo di Chiaravalle)
Oggi viviamo in un mondo pluralistico, dove abbiamo la possibilità di usufruire e di godere di una moltitudine di cose. I bambini hanno un sacco di attività tra cui poter scegliere nel tempo libero: calcio, karate, e qualsiasi altro sport. Sugli scaffali di un supermercato una donna che fa la spesa ha la possibilità di scegliere tra un'enormità di prodotti. Se mi metto davanti alla TV con il telecomando in mano, posso ormai navigare in un mare di canali.
Questo pluralismo è certamente un dono per il nostro tempo, ma può trasformarsi anche in un limite poiché la mia libertà è disorientata e, paradossalmente, fa più fatica a compiere delle scelte. Si vorrebbe sperimentare tutto prima di scegliere, poiché potrebbe esserci una cosa migliore che non ho vagliato, ma a questo punto si finisce col non scegliere mai. Trasportiamo questo discorso nella relazione con le persone, nella scelta di una compagna, o in una scelta di vita, matrimoniale o religiosa, e ci accorgiamo che il rischio è quello di non scegliere mai.
Ma ciò che da pienezza e senso alla vita non è provare tutto, ma il "gustare molto" una cosa, forse l'unica, ma fino in fondo. È giocarsi in una scelta definitiva, di donazione totale e unica, e viverla fino alla fine.
Per dirla con le parole di ieri, questa è la vera libertà: non il volo di un moscone, la libertà è partecipazione alle cose, è "giocarsi".
Sabato 25 aprileLa libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone.La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.(G. Gaber, cantautore)
Quel 25 aprile di 75 anni fa, il popolo italiano vide concludersi una delle più sanguinose guerre della storia, la seconda guerra mondiale, e ottenne la liberazione da ogni forma di occupazione da parte di un paese ostile. Forse solo chi ha vissuto una guerra come quella può assaporare il dono della libertà.
Libertà non è star sopra un albero a guardare chi passa, o a godersi una brezza leggera. Libertà non è nemmeno il volo di un moscone, che vaga di qua e di là a proprio piacere a seconda di come tira il vento.
Libertà è partecipazione, è impegno, è azione, talvolta anche lotta pacifica per ciò in cui si crede e per coloro che si amano. Libertà è coinvolgimento di tutto se stessi: della mente, delle emozioni, del cuore in un progetto o in una causa che ci supera e per la quale vale la pena di vivere, forse anche morire.
Libertà è partecipazione. Facciamo memoria di tutti coloro che, in nome della libertà, hanno perso la propria vita.
Venerdì 24 aprileAlla sera della vita saremo giudicati sull'amoreS. Giovanni della Croce
C'è un bellissimo passo del Vangelo in cui Gesù afferma che, quando verrà alla fine dei tempi nella sua gloria, interrogherà ognuno di noi chiedendoci se gli abbiamo dato da mangiare quando era affamato, se gli abbiamo dato da bere quando era assetato, se lo abbiamo accolto quando era straniero, se lo abbiamo visitato quando era malato o in carcere. "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore che abbiamo avuto nei confronti dei nostri fratelli, soprattutto quelli più "poveri".
Ogni persona, in particolare la più bisognosa, è "sacramento" di Cristo, cioè sul suo volto scorgiamo il volto crocifisso e risorto di Gesù. Questa immagine è all'origine della mia vocazione sacerdotale. Quando ero ancora giovane, insieme ad alcuni amici del gruppo missionario del mio paese, aiutavo i più poveri e sul loro volto mi sembrava svelarsi il volto di Gesù sulla croce che mi diceva: "Ho sete" (Gv 19,28).
Un giorno Papa Giovanni Paolo II disse: "Gli occhi dei bambini africani ci giudicheranno".
Non restiamo indifferenti ai bisogni di chi ci circonda, anzi lasciamo che la carità verso di loro edifichi la nostra vita nel segno del sacrificio, del dono e della gioia.
Alla sera della vita saremo giudicati sull'amore.
Giovedì 23 aprileSe il giovane sapesse e il vecchio potesse, non ci sarebbe cosa che non si farebbe(Papa Francesco)
Gli anziani hanno, o dovrebbero avere, il dono della saggezza. L'esperienza della vita infatti ha insegnato loro molte cose di cui fare tesoro.
I giovani invece hanno, o dovrebbero avere, il dono della freschezza: si sentono protagonisti dell'esistenza che hanno davanti e vivono nel desiderio e nell'entusiasmo di poter realizzare i propri sogni.
Se ogni persona potesse essere saggia come un anziano e fresca come un giovane!
Ciò in genere non è possibile, poiché si porta con sé anche o la stanchezza della vita o l'imprudenza di chi la vita non l'ha ancora conosciuta.
È possibile tuttavia fare in modo che queste virtù, quelle della saggezza e della freschezza, si incontrino dentro qualsiasi comunità che possa dirsi "civile".
I giovani dovrebbero valorizzare gli anziani, mettersi loro in ascolto, fare tesoro della sapienza da loro acquisita soprattutto attraverso le prove della vita. In tal senso i vecchi sono un patrimonio, e non lo scarto, di una comunità.
Ma allo stesso tempo i più anziani dovrebbero dare fiducia ai giovani, lasciar loro esprimere la propria freschezza e intraprendenza, guidandoli coi propri consigli. Una comunità in cui i più anziani non "lasciano spazio" ai giovani, è una comunità senza futuro, e purtroppo questo capita spesso, si pensi solo a quanto concerne la classe politica e dirigente piuttosto che, me lo si lasci dire, anche la Chiesa stessa!
Per una comunità, fare sintesi tra la saggezza degli anziani e la freschezza dei giovani è possibile solo attraverso un dialogo autentico e sincero tra le generazioni.
Allora tale comunità potrà definirsi davvero "civile".
Mercoledì 22 aprileIo diffido di coloro che non hanno mai provato difficoltà a credere;vuol dire che non hanno mai capito di ciò che si tratta.(J. Green, scrittore)
Proprio nella liturgia di domenica scorsa, il Vangelo presentava la figura di Tommaso, che dubitò dell'apparizione del Signore risorto ai suoi compagni e solo quando lo vide di persona credette e disse: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28).
In fondo Tommaso ci è un po' simpatico, poiché in lui ritroviamo la parte non credente che è in noi, ovvero la nostra fatica a credere fino in fondo. Chi non ha mai avuto dubbi, forse non ha percepito che cosa significhi rimanere come dei piccoli mendicanti di fronte all'immensità di Dio: di un Dio morto e risorto, Uno e Trino, Dio e uomo allo stesso tempo.
Quando il dubbio non è radicale, ma nasce dalla percezione della propria sproporzione rispetto a Dio e alla sua grandezza, è un dubbio sano, che ci mette in moto nel ricercarlo, nell'interrogarlo, nel desiderarlo.
Un giorno, sant'Agostino in riva al mare meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione. S'avvide allora di un bambino che con una conchiglia versava l'acqua del mare in una buca. Incuriosito dall'operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: «Che fai?» La risposta del fanciullo lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Sant'Agostino spiegò pazientemente l'impossibilità dell'intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l'immensità del Mistero trinitario». E detto questo sparì.
Martedì 21 aprileUn aneddoto su San Francesco di SalesUn giorno si presenta a San Francesco di Sales un energumeno che comincia a vomitare insulti e a gesticolare quasi volesse venire alle mani. Il santo vescovo di Ginevra, dalla proverbiale pazienza, sta come un albero sotto la pioggia. Sotto quel diluvio di ingiurie, rimane tranquillo finchè l'altro si calma. Quando finalmente tace, san Francesco dice: "Potete dire quello che volete, potete anche cavarmi un occhio, ma vi avverto che, in questo caso, me ne rimane un altro per guardarvi con amore".
Lunedì 20 aprileAnche un orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno(Hermann Hesse, scrittore)
Ci sono momenti della vita in cui percepiamo di avere davvero poco valore. La nostra autostima cade sotto i piedi e rischiamo di cadere in una sorta di depressione. Non vediamo nulla di buono in noi e crediamo che gli altri non ci diano alcun valore.
Ma un orologio, anche quando è fermo, segna l'ora giusta almeno due volte al giorno. Non c'è persona nella quale non possiamo trovare qualcosa di buono, delle qualità e dei doni. Incluso me stesso. Convincermi di ciò non è sempre facile, quando tutto sembra andare male. Eppure Dio, che mi ha creato a sua immagine, ha messo una fiamma dentro di me che può essere sempre alimentata e fatta crescere. In questo l'aiuto di persone vicine, buone, che mi incoraggino, è determinante.
Quando l'orologio non si muove, si muove comunque il tempo e il tempo è di Dio, non è nostro. Perciò lasciamo che il Signore riveli a noi "il tesoro nascosto nel campo" (Mt 13,44) della nostra persona, tutte potenzialità che ci ha donato, le più recondite, e abbiamo fiducia in noi stessi. Ricorda! Dio possiede una grande fiducia in te, anche quando ti sembra di essere "fermo".
DOMENICA 19 APRILE 2020 – Domenica in Albis e della Divina Misericordia Carissimi amiche ed amici delle parrocchie dell'Unità Pastorale Mincio (Goito, Cerlongo, Solarolo e Vasto) buon giorno e buona domenica.
Per una settimana abbiamo vissuto la grande festa di Pasqua, anche se in modalità e situazioni completamente diverse da come l'avremmo immaginata. Però Gesù Cristo è con noi e non ci abbandona mai anche in questa situazione di pandemia.
Le letture di questa domenica mi hanno suggerito di condividere con voi alcune mie riflessioni. Il vangelo dice che i discepoli erano richiusi in casa per paura dei giudei. Temevano di subire anch'essi la stessa sorte del loro maestro. Anche noi in questi giorni siamo pieni di paure. Paura del virus e del contagio in cui si può incappare. Paura della gente perché non si sa cosa portino in giro. Paura di essere abbandonati e di non uscire più da questa situazione. Anche il papa spesso prega per tutti quelli che in questo tempo hanno tanta paura in particolare per gli anziani. Anche a noi, come ai sui discepoli, Gesù dice state in pace, non abbiate paura perché io sono sempre con voi non vi abbandono.
Però noi oggi ci sentiamo molto Tommaso: vogliamo vedere, vogliamo toccare, vogliamo delle certezze, vogliamo le prove della sua presenza. Il non trovarci insieme, a celebrare nel Giorno del Signore, acutizza di più la distanza, il dubbio, la paura. Il trovarci insieme sostiene, da speranza, ci aiuta a compiere insieme il nostro atto di fede nel Signore risorto. Però ringraziamo la Provvidenza che alla domenica abbiamo la grande opportunità di trovarci uniti nella celebrazione Eucaristica, trasmessa dalla nostra basilica. In questo momento è un grande aiuto e ringraziamo il Signore e chi ci permette di realizzarla.
Gesù oggi ci ricorda alcune realtà fondamentali della nostra vita cristiana.
1. Anche noi come i discepoli rinchiusi nel cenacolo abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Ci è stato donato col sacramento del Battesimo e viene continuamente rinnovato con la preghiera, con la lettura e la meditazione della Scrittura e con l'Eucaristia. Dobbiamo esserne consapevoli sempre più: Lo spirito Santo è con noi e noi siamo il suo tempio.
2. Il Signore risorto attraverso il sacramento della Riconciliazione, affidato alla chiesa, perdona i nostri peccati, ci dona la sua misericordia e ci rende creature nuove. Questo sacramento oggi non possiamo celebrarlo, ma se chiediamo scusa e perdono al Signore la sua misericordia ci copre completamente, in attesa di vivere il sacramento.
3. Anche noi come i discepoli possiamo toccare le piaghe del Risorto. In che modo? Le sue piaghe che sono presenti nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli ammalati e sofferenti. Non possiamo muoverci è vero, ma abbiamo il dono meraviglioso degli strumenti tecnologici, che permettono di annullare le distanze. Allora telefoniamo a qualcuno che sappiamo in difficoltà. Infondiamo in lui speranza condividendo la sua prova. Facciamo in modo che non si senta solo. Realizziamo qualche video chiamata con qualcuno che da tanto non vediamo o non sentiamo. Sentirci in cammino insieme aiuta molto a proseguire con speranza. Diamo aiuto, anche economico, a chi a causa del virus non ha più risorse materiali per vivere. Sono alcuni esempi ma la vostra fantasia sicuramente trova tante strade per toccare le piaghe del Risorto e per essere non increduli ma credenti.
Auguri di buna domenica della misericordia del Signore anche a nome di don Alessandro, don Jonathan, don Fausto, il diacono Claudio e le nostre care suore che stanno felicemente riprendendosi.
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 19 aprile 2020 II domenica di Pasqua
LetturaIl brano del vangelo di san Giovanni, della seconda domenica di Pasqua, si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e del discepolo amato e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambiò per il giardiniere.
Gv 20, 19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo".26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: "Pace a voi!". 27Poi disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!". 28Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". 29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.CommentoIl vangelo presenta due manifestazioni nel cenacolo di Gesù risorto. Nella prima, avvenuta il giorno stesso di Pasqua (vv.19-23), egli entra a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei" e li saluta donando loro la pace. Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, genera gioia nei discepoli che vedono il Signore. Gesù poi invia i suoi e li manda a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". A sostegno della loro missione il Risorto dona lo Spirito Santo e ad essi conferisce il compito di rimettere i peccati: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". Al centro del brano abbiamo la presentazione di Tommaso (detto Didimo cioè gemello) che, non essendo stato presente "quando venne Gesù", manifesta scetticismo ed incredulità sull'accaduto (vv.24-25). La seconda manifestazione di Gesù avviene "otto giorni dopo", quando "i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso" (vv.26-31). Il Risorto, otre ad offrire nuovamente a tutti il dono della pace, indica personalmente a Tommaso i segni della passione presenti sul suo corpo e lo invita a "non essere più incredulo, ma credente!". A questo punto Tommaso riconosce Gesù e professa la sua fede: "Mio Signore e mio Dio!". Le parole di Gesù si chiudono annunziando la beatitudine di coloro che crederanno in lui, senza vederlo di persona.
Concludendo si può dire che solo con la resurrezione di Gesù il discepolo, per mezzo della fede, può ottenere da lui la pienezza della pace e della gioia. Queste sono rese stabili dal dono dello Spirito e dalla remissione dei peccati. Anche chi è scettico o dubbioso, incontrandosi con lui, approda ad una fede vera. I doni concessi dal Signore risorto sono per tutti i discepoli che hanno fede in lui, anche per coloro che nel corso dei secoli non incontrano direttamente il Risorto. Chi entra in questa dinamica può essere inviato dal Signore come suo testimone.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare,per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
Se abbiamo la possibilità, prendiamo foglio e matita e scriviamo le nostre riflessioni. In questo modo si fissano meglio nel nostro cuore e avremo modo di rileggerle nella settimana.
Le Lectio delle domeniche prcedenti vengono salvate nella sezione Calendario – Archivio.