LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 14 febbraio 2021 – VI Domenica del Tempo Ordinario
Meditare sulle guarigioni ricevuteLevitico 13,1.45-46 • Salmo 31 • 1Corinzi 10,31-11,1 • Marco 1,40-45
LetturaDopo la giornata trascorsa a Cafarnao l'evangelista ha presentato Gesù che predica nelle sinagoghe di tutta la Galilea. La gente lo cerca incessantemente, forse a causa delle sue opere traumaturgiche, spesso fraintese. A questo punto Marco colloca la narrazione estesa di un miracolo (Mc 1,40-45)
Mc 1,40-4540 Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: "Guarda di non dire niente a nessuno; và, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro". 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.CommentoIl racconto è strutturato in due parti distinte. La prima (vv.40-42) presenta la guarigione e la seconda (vv.43-45) illustra le vicende conseguenti.
Il lebbroso si avvicina a Gesù e lo supplica in ginocchio: "Se vuoi, puoi purificarmi". Per lui è un'occasione straordinaria che si presenta. Dall'incontro con Gesù non solo dipende la sua guarigione dalla malattia, ma anche la possibilità di essere purificato dal peccato e di essere reinserito dignitosamente nella società. I lebbrosi, infatti, a causa della malattia contratta, erano ritenuti vittime del peccato commesso e obbligati a vivere ai margini dei villaggi, in capanne o grotte naturali. Gesù, "ne ebbe compassione", guarisce l'uomo malato, donandogli la salute e rendendolo puro, cioè togliendo da lui il peccato, causa della malattia e dell'isolamento sociale – religioso conseguente. Anche il gesto compiuto da Gesù ("stese la mano, e lo toccò") indica la volontà di riabilitare colui che era emarginato dal resto della comunità.
La seconda parte del racconto inizia con una ammonizione severa di Gesù al lebbroso guarito: "guarda di non dir niente a nessuno, ma và, a mostrati al sacerdote . . . ". Gesù presenta così la necessità di attuare quanto prescritto nel libro del Levitico (cfr.Lv 14,2), per essere riammessi nella comunità, dopo la guarigione da una malattia contagiosa. Anche l'invito al silenzio sull'accaduto, è richiesto dalla prudenza e dalla non comprensione profonda dell'avvenimento. Questa sarà possibile solo dopo la Pasqua del Signore. Allora i discepoli potranno parlare apertamente. Non si sa se quell'uomo andò dai sacerdoti, certo l'evangelista si preoccupa di narrare che non rispettò il comando del silenzio. Infatti, allontanandosi dopo la guarigione, divulga il fatto in ogni parte. La conseguenza è che la gente va a cercare Gesù, provenendo da ogni luogo.
Gesù è venuto a guarire e a liberare ogni uomo dominato dal male e dal peccato. La sua azione sanante abilita le persone ad essere inserite dignitosamente nella comunità dei credenti. Chi è guarito dal Signore deve vigilare per non interpretare male l'accaduto e viverlo inadeguatamente. Tutto ciò che riguarda la vita spirituale di una persona, deve essere sottoposto rigorosamente a chi guida spiritualmente la comunità e va custodito nel silenzio interiore e nella riflessione personale.
Collegamento fra le lettureGesù che guarisce e libera dal male unisce le letture domenicali. Nella prima lettura sono presentate le indicazioni, date da Dio a Mosè e ad Aronne, sul comportamento da assumere quando una persona è scoperta malata di lebbra. Chi è colpito da questa malattia è da considerarsi immondo, cioè capace di contaminare anche gli altri sia per quanto riguarda la malattia, ma anche per le cause che l'hanno procurata: il peccato. Il malato, di conseguenza, deve restare fuori dalla comunità. La lettura cristiana del testo di Levitico porta a orientare la riflessione sul peccato e sulla separazione dalla comunità che si realizza di fatto per il peccatore. Solo Gesù può guarire la malattia ed il peccato. Così recita il testo di Marco. Egli non solo dà la salute, ma reintegra nella comunità. Gesù dà anche testimonianza di coraggio e di bontà verso chi è nella necessità a causa della malattia o del peccato, perché si avvicina a loro e li salva. Chi sperimenta guarigione o liberazione dice Paolo, scrivendo ai Corinzi, è invitato a riconoscere l'opera di Dio e a lui rendere gloria. Paolo afferma anche di compiere ogni attività per il Signore e non per se stessi. Questo è il comportamento corretto da assumere nella comunità. Infine l'apostolo propone se stesso come modello di comportamento cristiano: "Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 7 febbraio 2021 – V Domenica del Tempo Ordinario
Sono venuto per predicare e per sanareGiobbe 7,1-4.6-7 • Salmo 146 • 1Corinzi 9,16-19.22-23 • Marco 1,29-39
LetturaGesù è in Galilea, regione dove si svolge la prima parte del suo ministero, e precisamente a Cafarnao. Il brano del Vangelo di oggi è parte integrante di una unità narrativa che si estende da Mc 1,21 sino a Mc 1,39. È bene avere presente questo sfondo generale nel leggere Mc 1,21-28.
Mc 1,29-3921 Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23 Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24 dicendo: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". 25 E Gesù gli ordinò severamente: "Taci! Esci da lui!". 26 E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27 Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!". 28 La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.CommentoL'evangelista Marco presenta Gesù a Cafarnao in una giornata tipo (Mc 1,21-34). Il brano liturgico descrive la parte pubblica vissuta dal maestro presso la sinagoga del paese. Gesù in sinagoga si reca per insegnare: "Gesù... insegnava". Sicuramente il contenuto del suo intervento è costituito da quanto si legge in Mc 1,14-15: Gesù annuncia "il Regno di Dio". La narrazione prosegue presentando lo stupore della gente di Cafarnao davanti all'insegnamento di Gesù: "erano stupiti del suo insegnamento". Marco presenta poi la ragione dello stupore delle persone: "insegnava come uno che ha autorità". Gesù, a differenza degli scribi che ricevono autorità dalle Scritture insegnate, ha autorità e potere in se stesso e la forza delle sue parole scaturisce dalla sua persona, che era coerente con i suoi insegnamenti. La vicenda che segue, narrata dall'evangelista, contribuisce a far comprendere qual è il senso dell'autorità di Gesù. Il racconto presenta in sinagoga una persona con uno spirito impuro, cioè con uno spirito che separa da Dio. Anche se sono stati compiuti tutti i riti di purificazione, previsti prima di accedere al rito sinagogale, non significa che le persone siano completamente disponibili per l'opera di Dio. La venuta di Gesù smaschera ogni potenza demoniaca e causa la sua disfatta: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?". Gesù, con la parola fa tacere lo spirito impuro, lo caccia da quell'uomo e rende la persona libera e disponibile a camminare sulla strada di Dio impegnando tutte le sue risorse. La pericope si chiude riproponendo lo stupore dei presenti nella sinagoga ("Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità") e registrando la fama di Gesù che andava diffondendosi nella regione.
Gesù è la novità più grande che entra nella storia dell'umanità. Egli è l'unico uomo che ha la stessa autorità di Dio. Infatti la forza del suo insegnamento scaturisce dalla sua stessa persona. Egli smaschera anche il male presente, a volte in modo nascosto, nei membri della comunità. Le persone liberate possono così andare verso Dio guidate da Gesù Cristo, attivando tutte le loro risorse umane.
Collegamento fra le lettureIl tema della vita orientata verso Dio e da lui illuminata e sostenuta dà unità alle letture domenicali. Nella prima lettura si presenta l'identità del profeta. Egli proclama la parola di Dio e dice soltanto quanto lui gli comanda. Nessuno può attribuirsi da sé questo servizio nella comunità. Chi lo fa è punito duramente: "quel profeta dovrà morire".
Quando il profeta parla il popolo ha l'obbligo di ascoltarlo: "a lui darete ascolto". La parola del profeta, dunque, porta il popolo a vivere una sempre più profonda comunione con Dio. Anche il ministero di Gesù, presentato da Marco, attraverso il suo insegnamento, vuole condurre le persone a piena comunione con Dio. Per questo le libera da tutti gli ostacoli o impedimenti che frenano tale itinerario.
La seconda lettura invita i credenti a non essere troppo coinvolti dalle realtà del mondo, anche da quelle più belle e nobili. Queste, se diventano lo scopo dell'esistenza, producono molte ansie. Paolo invita i coniugi a vivere "senza preoccupazioni" e per arrivare a questo obiettivo richiama la necessità di vivere restando fedeli "al Signore senza deviazioni".
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Goito 31 gennaio 2021 – IV Domenica del Tempo Ordinario
Camminare liberi verso DioDeuteronomio 18,15-20 • Salmo 94 • 1Corinzi 7,32-35 • Marco 1,21-28
LetturaGesù è in Galilea, regione dove si svolge la prima parte del suo ministero, e precisamente a Cafarnao. Il brano del Vangelo di oggi è parte integrante di una unità narrativa che si estende da Mc 1,21 sino a Mc 1,39. È bene avere presente questo sfondo generale nel leggere Mc 1,21-28.
Marco 1,21-28 21 Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23 Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24 dicendo: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". 25 E Gesù gli ordinò severamente: "Taci! Esci da lui!". 26 E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27 Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!". 28 La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.CommentoL'evangelista Marco presenta Gesù a Cafarnao in una giornata tipo (Mc 1,21-34). Il brano liturgico descrive la parte pubblica vissuta dal maestro presso la sinagoga del paese. Gesù in sinagoga si reca per insegnare: "Gesù... insegnava". Sicuramente il contenuto del suo intervento è costituito da quanto si legge in Mc 1,14-15: Gesù annuncia "il Regno di Dio". La narrazione prosegue presentando lo stupore della gente di Cafarnao davanti all'insegnamento di Gesù: "erano stupiti del suo insegnamento". Marco presenta poi la ragione dello stupore delle persone: "insegnava come uno che ha autorità". Gesù, a differenza degli scribi che ricevono autorità dalle Scritture insegnate, ha autorità e potere in se stesso e la forza delle sue parole scaturisce dalla sua persona, che era coerente con i suoi insegnamenti. La vicenda che segue, narrata dall'evangelista, contribuisce a far comprendere qual è il senso dell'autorità di Gesù. Il racconto presenta in sinagoga una persona con uno spirito impuro, cioè con uno spirito che separa da Dio. Anche se sono stati compiuti tutti i riti di purificazione, previsti prima di accedere al rito sinagogale, non significa che le persone siano completamente disponibili per l'opera di Dio. La venuta di Gesù smaschera ogni potenza demoniaca e causa la sua disfatta: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?". Gesù, con la parola fa tacere lo spirito impuro, lo caccia da quell'uomo e rende la persona libera e disponibile a camminare sulla strada di Dio impegnando tutte le sue risorse. La pericope si chiude riproponendo lo stupore dei presenti nella sinagoga ("Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità") e registrando la fama di Gesù che andava diffondendosi nella regione.
Gesù è la novità più grande che entra nella storia dell'umanità. Egli è l'unico uomo che ha la stessa autorità di Dio. Infatti la forza del suo insegnamento scaturisce dalla sua stessa persona. Egli smaschera anche il male presente, a volte in modo nascosto, nei membri della comunità. Le persone liberate possono così andare verso Dio guidate da Gesù Cristo, attivando tutte le loro risorse umane.
Collegamento fra le lettureIl tema della vita orientata verso Dio e da lui illuminata e sostenuta dà unità alle letture domenicali. Nella prima lettura si presenta l'identità del profeta. Egli proclama la parola di Dio e dice soltanto quanto lui gli comanda. Nessuno può attribuirsi da sé questo servizio nella comunità. Chi lo fa è punito duramente: "quel profeta dovrà morire".
Quando il profeta parla il popolo ha l'obbligo di ascoltarlo: "a lui darete ascolto". La parola del profeta, dunque, porta il popolo a vivere una sempre più profonda comunione con Dio. Anche il ministero di Gesù, presentato da Marco, attraverso il suo insegnamento, vuole condurre le persone a piena comunione con Dio. Per questo le libera da tutti gli ostacoli o impedimenti che frenano tale itinerario.
La seconda lettura invita i credenti a non essere troppo coinvolti dalle realtà del mondo, anche da quelle più belle e nobili. Queste, se diventano lo scopo dell'esistenza, producono molte ansie. Paolo invita i coniugi a vivere "senza preoccupazioni" e per arrivare a questo obiettivo richiama la necessità di vivere restando fedeli "al Signore senza deviazioni".
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Goito 24 gennaio 2021–III Domenica del Tempo Ordinario
Convertitevi, cioè credete e seguitemiGiona 3,1-5.10 • Salmo 24 •1Corinzi 7,29-31 • Marco 1,14-20
LetturaCon il brano odierno entriamo nella prima grande sezione del vangelo di Marco (1,14-3,6) dove l'evangelista presenta il vangelo annunciato da Gesù in Galilea e le conseguenze da esso suscitate.
Marco 1,14-20 14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo".16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: "Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini". 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.CommentoIl testo comprende un sommario d'introduzione a tutta la sezione (vv.14-15) e due racconti uguali di chiamata al discepolato (vv.16-20). La narrazione si apre annunciando che Giovanni viene "arrestato-consegnato". L'evangelista, scegliendo questo verbo, segna così subito il destino del primo predicatore, rimanda agli inizi dell'insegnamento di Gesù e alle sue vicende future, qui chiaramente anticipate nella figura del Battista consegnato per la morte. Il contenuto del "vangelo di Dio" proclamato da Gesù (v.15) viene indicato in quattro brevissime frasi. La prima, "il tempo è compiuto", dichiara ormai giunto il tempo opportuno della salvezza da sempre atteso da Israele. La seconda, "e il regno di Dio è vicino", spiega la precedente e dà la ragione del tempo definitivo. Il tempo della salvezza è arrivato, perché Dio è all'opera direttamente per mezzo di Gesù e tramite lui entra gradualmente nella storia dell'umanità. Con la terza, "convertitevi", è indicata la richiesta di un completo cambiamento di mentalità, come già aveva chiesto il Battista. La quarta, "e credete al vangelo", diventa la spiegazione di che cosa sia la conversione richiesta da Gesù: "convertirsi, cioè credere al vangelo". Ci si converte quando ci si fida dell'annuncio che la predicazione di Gesù propone e si cerca di metterlo in pratica, pur con tutti i nostri limiti e le nostre carenze. La chiamata delle due coppie di fratelli (vv.16-19) diventa un esempio concreto di cosa significhi convertirsi e credere al vangelo proclamato da Gesù. Nei versetti 16-20 sono indicate le caratteristiche fondamentali che deve educare in sé un discepolo. Prima di tutto è necessario che si lasci guardare da Gesù, cioè lasciarsi amare da lui. Poi i chiamati non sono degli esperti, ma delle brave persone dedite con passione al loro lavoro. I discepoli vivono anche la fraternità come dimensione essenziale della loro vita e della sequela di Cristo. Essi seguono Gesù con perseveranza e si fidano delle sue parole e da esse ricevono stimoli per vivere diversamente i rapporti col loro ambiente abituale. Proprio andando con lui, seguendo le sue parole e collocando il Signore all'apice della loro vita e da lui trarre ogni ispirazione, diventano a loro volta "pescatori di uomini", cioè strumenti di salvezza, annunciatori di vangelo per gli uomini.
Iniziando la missione, Gesù dà subito le coordinate del suo ministero, tracciandole sullo sfondo della passione-morte-resurrezione, anticipate da Giovanni Battista. Presenta anche le caratteristiche che definiscono il discepolo. Per mezzo di Gesù, Dio si fa vicino all'umanità chiedendo conversione, che vuol dire accogliere con fede la parola di Gesù e seguirlo. Questo rende possibile il cambiamento concreto dello stile di vita delle persone che, per tale ragione, diventano a loro volta capaci di proclamare la buona notizia.
Collegamento fra le lettureIl tema unificante le tre letture potrebbe essere identificato nel tempo come luogo e spazio di salvezza, in quanto in esso Dio si manifesta e l'uomo ha la possibilità di incontrarsi con lui. Nella prima lettura, per mezzo del profeta Giona, è presentato l'intervento di Dio che, pur con una certa fatica da parte degli uomini, riesce ad essere riconosciuto e accolto: "Fu rivolta a Giona questa parola del Signore" e "Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava...". Il vangelo presenta l'opera potente di Dio che nel tempo si manifesta per mezzo di Gesù: "Il tempo è compiuto..." e i discepoli sono chiamati a continuare nel tempo l'opera iniziata da Gesù. Chi accoglie il vangelo di Gesù partecipa subito, quasi senza difficoltà, al "regno di Dio". L'apostolo Paolo nella seconda lettura, ricollegandosi col tempo della salvezza che è incalzante, in quanto "ormai si è fatto breve", richiama le azioni pratiche ed concrete, segno nel cristiano del suo incontro con Dio, che irrompe nella storia per mezzo del vangelo proclamato da Gesù.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Goito 17 gennaio 2021– II Domenica del Tempo Ordinario
Andarono, videro e si fermarono da lui1 Samuele 3,3b-10.19 • Salmo 29 • 1Corinzi 6,13c-15a.17-20 • Giovanni 1,35-42
LetturaGià accennammo al passo odierno del vangelo di Giovanni commentando le letture della terza domenica d'Avvento. Siamo all'inizio del libro dei segni e l'evangelista presenta il Battista come colui che non è il Cristo, ma il detentore di una missione finalizzata a farlo conoscere e a preparare la sua venuta.
Giovanni 1,35-42 35 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!". 37 E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: "Che cosa cercate?". Gli risposero: "Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?". 39 Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia" - che si traduce Cristo - 42 e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa" - che significa Pietro.CommentoIl racconto giovanneo può essere suddiviso in tre scene aventi ciascuna soggetti diversi. La prima ha come protagonista Giovanni Battista che indica Gesù a due dei suoi discepoli: "Ecco l'agnello di Dio" (vv.35-36). I due, sentendo la testimonianza autorevole del maestro, seguono Gesù. In questo modo si compie la missione del Battista, che era venuto "come testimone perché tutti credessero per mezzo di lui" (1,7). Nella seconda scena (vv.38-39) Gesù prende l'iniziativa nei riguardi di coloro "che lo seguivano". Egli, dopo una prima domanda che serve a focalizzare meglio il loro desiderio ("che cosa cercate?"), rivolge ad essi l'invito decisivo: "venite e vedrete". Le parole di Gesù sono finalizzate a continuare e ad approfondire la conoscenza ed il rapporto con lui. Gesù si conosce se si cammina andando da lui, se si sta con lui e se lo si vede, cioè se con lui si costruisce una relazione profonda. A questo punto della narrazione troviamo anche presentata l'esperienza caratteristica dei discepoli, che viene espressa con tre verbi decisivi: "andarono", "videro", "si fermarono presso di lui". La terza scena mette in primo piano uno dei discepoli, fino a questo punto rimasti anonimi, che avevano seguito Gesù: Andrea. Costui narra al fratello Simone la propria esperienza vissuta per mezzo Battista. Egli con la testimonianza fatta di parole e di convincimenti autorevoli, derivanti dalla vita, porta il fratello al maestro. Infine Gesù stesso, incontrando Simone, attraverso lo sguardo e le parole, lega a sé definitivamente il nuovo discepolo, cambiandogli il nome e chiamandolo Pietro.
Sia il Battista come i nuovi discepoli di Gesù hanno per obiettivo la chiamata alla fede in Cristo e la trasmissione della stessa, mediante la testimonianza autorevole fatta di parole e di gesti. Il seguire Gesù, Cristo e Messia, il vederlo ed il fermarsi con lui, per essere trasformati in profondità dal suo intervento diretto, come accadde a Simon Pietro, sono le caratteristiche della vocazione e dell'autentico discepolato cristiano.
Collegamento fra le lettureNella prima lettura è presentata la vocazione di Samuele. Il suo essere al servizio del Tempio fin dalla giovinezza non corrispondeva ad una reale conoscenza di Dio. Questa si realizzerà quando il ragazzo, udendo la chiamata del Signore, sarà anche in grado di essere disponibile per mettersi realmente in ascolto: "parla perché il tuo servo ti ascolta". Solo dopo questa esperienza egli sarà capace di parole autorevoli. Nel brano di Giovanni ritorna il tema della vocazione. Anche qui la chiamata di Dio arriva alle persone mediante degli intermediari umani. C'è però un elemento di novità da sottolineare: sono discepoli veri coloro che dimorano con Gesù e si lasciano cambiare da lui. Il cambiamento, come dice Paolo nella seconda lettura, non tocca soltanto la dimensione spirituale, ma coinvolge anche il corpo del credente e tutta la sua vita concreta. Tutta la persona, con le sue dimensioni, è coinvolta nella testimonianza feconda della fede.
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Goito 22 novembre 2020 –XXXIV Domenica del Tempo Ordinario – Cristo Re
Servire in fraternitàEzechiele 34,11-12.15-17
Salmo 22
1 Corinzi 15,20-26a.28
Matteo 25,31-46
LetturaSiamo alla conclusione della vicenda storica di Gesù secondo la narrazione di Matteo. Ormai la tensione tra Gesù ed Israele (rappresentato dai capi, dagli scribi e dai farisei) ha raggiunto il suo apice ed egli, dopo aver abbandonato il tempio, dal monte degli ulivi annuncia in termini profetici il giudizio sulla città e sul suo santuario (24,1ss). Di questo ultimo discorso fa parte il nostro passo abitualmente denominato "venuta e giudizio del Figlio dell'uomo" o "giudizio finale". Gesù si rivolge idealmente ad un ampio uditorio. Esso non è costituito soltanto dai discepoli, né dalle folle che lo seguono, ma da tutte le genti. Presumibilmente, in modo profetico, Gesù vede già realizzato quanto anticipato in Mt 24,14: "frattanto questo vangelo del regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora sarà la fine". Alla fine, quindi, tutte le genti toccate dal vangelo saranno convocate dal Figlio dell'uomo.
Matteo 25,31-4631 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32 Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33 e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35 perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi". 37 Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". 40 E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". 41 Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42 perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43 ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato". 44 Anch'essi allora risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?". 45 Allora egli risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me". 46 E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna".CommentoNel passo di Mt 25,31-46 si distinguono chiaramente una introduzione (vv.31-33), che presenta la venuta del Figlio dell'uomo, un elemento centrale costituito dalla convocazione di tutte le genti con la loro separazione (vv.34-45) e da ultimo la conclusione (v.46), che indica l'applicazione della sentenza ai due gruppi divisi dal Figlio dell'uomo, re e signore. Nella parte centrale, sotto forma di dialogo, troviamo presentate dal re le motivazioni che stanno alla base della divisione delle genti in due gruppi. Su questo punto soffermiamo particolarmente la nostra attenzione.
Innanzitutto è il re che prende l'iniziativa. Dopo aver convocato tutte le genti prima si rivolge a quelli di destra e risponde alle domande dei giusti e poi parla a quelli di sinistra dando soddisfazione pure ai loro quesiti. I due gruppi, quello di destra e quello di sinistra, esistono e sono tali solo in relazione al re - Figlio dell'uomo; anche la loro identità e autocomprensione dipendono dalle parole del Figlio dell'uomo (Con questo appellativo Gesù si colloca nella tradizione dell'Antico Testamento cfr.Dn 7,13. Così nell'espressione si vede sia l'elevazione di Gesù Messia che la sua umiliazione).
Procedendo nell'analisi del dialogo vediamo che la benedizione e la partecipazione al regno dipendono dall'aver vissuto le opere di misericordia con un profondo collegamento con Cristo ["io ho avuto fame..., io ho avuto sete..." (v.35) "l'avete fatto a me" (v.40)] e dall'aver assunto un reale atteggiamento di fraternità, infatti Gesù riconosce suoi fratelli i poveri ed i bisognosi: "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me."(v.40b). Anche la maledizione e la partecipazione al fuoco eterno sono conseguenza del non aver condiviso attivamente i disagi dei bisognosi, accogliendoli come fratelli.
La solidarietà e la condivisione con i poveri ed i bisognosi diventano criterio di benedizione o di maledizione, di partecipazione al regno o di allontanamento nel "fuoco eterno". Il fatto poi che Gesù chiami "fratelli" coloro che sono nella situazione di precarietà e di necessità, richiede che la "fraternità" diventi l'atteggiamento di fondo dal quale scaturisca, come conseguenza, la significativa solidarietà con i poveri. Qui si tratta di solidarietà vissuta nella fraternità, di carità che non resta all'epidermide della vita ma vi entra dentro, in tutte le sue dimensioni: intelligenza, affetto, sentimenti, creatività, ecc.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 15 novembre 2020 – XXXIII Domenica del Tempo Ordinario
Domenica dei poveri
La creatività dell'amoreProverbi 31, 10-13.19-20.30-31
Salmo 127
1Tessalonicesi 5, 1-6
Matteo 25, 14-30
LetturaGesù, dopo aver abbandonato il tempio ed aver discusso con i discepoli della sua magnificenza e della sua totale rovina ormai imminente, si reca sul monte degli ulivi. Qui i discepoli si accostano al maestro e a loro dà le ultime indicazioni e consegne, utilissime per tutta la comunità.
Matteo 25,14-3014 Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16 colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20 Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque". 21 "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". 22 Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: "Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due". 23 "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". 24 Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: "Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25 Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo". 26 Il padrone gli rispose: "Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. 28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29 Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30 E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".CommentoIl brano odierno è costituito dalla famosa parabola detta dei "talenti" (un talento equivaleva a seimila dracme. La dracma o denaro aveva un valore di circa50 euro. Avevano ricevuto quindi dei materiali preziosi che corrispondevano ciascuno a circa 300.000 euro). La vicenda narrata si sviluppa in tre momenti. Dapprima abbiamo la consegna da parte del padrone dei suoi beni a tre servi prima di partire per un viaggio (25,14-15). Poi è presentato il diverso comportamento dei servi nei confronti dei beni ricevuti mentre il padrone è assente (25,16-18). Infine si narra del ritorno del padrone e della resa dei conti con la ricompensa o la punizione dei servi, in relazione alle loro attività svolte durante la sua assenza (25,19-30). Le prime due fasi della storia, che presenta i rapporti di un padrone con i suoi servi, sono in funzione della terza che indica il culmine di tutta la vicenda. Il racconto ruota attorno a due poli: il padrone ed il terzo servo. Il padrone, dopo aver consegnato i suoi beni ai servi, parte. Dei tre servi che hanno ricevuto in consegna i talenti due li fanno fruttare, raddoppiandoli ed il terzo, "che ha ricevuto un solo talento", lo nasconde sotto terra per essere al sicuro di fronte ad eventuali problemi che potevano sorgere. La distribuzione dei beni è fatta dal padrone ai servi secondo le capacità di ciascuno, dando loro fiducia e responsabilità mentre lui è assente. La scena ha il suo punto culminante al ritorno del padrone. Egli chiama i servi e chiede loro di regolare i conti. Ai primi concede come premio del lavoro svolto di prendere "parte alla gioia del padrone". La punizione del terzo servo consiste nell'essere allontanato dal padrone e gettato nelle tenebre dove è pianto e stridore di denti. Quello che conta è la relazione col padrone che, in sua assenza, si è concretizzata per i primi due servi nel lavorare alacremente per lui e per l'ultimo nell'ignorare le sue attese ed essere negligente.
Il Signore ha dato a tutti doni ed attrezzature adeguate alle capacità di ciascuno. Al suo ritorno, la verifica e la valutazione dei singoli avverrà non tanto sui risultati ottenuti nei vari impegni e lavori, ma sull'amore vivo ed intraprendente che è stato riservato per lui. È dall'amore per il Signore che nascono poi nuove energie, risorse impensate e progetti adeguati a rendere fecondo e festoso l'incontro con lui.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 8 novembre 2020 – XXXII Domenica del Tempo Ordinario
L'olio che illuminaSapienza 6, 12-16
Salmo 62
1 Tessalonicesi 4, 13-18
Matteo 25, 1-13
LetturaDopo il conflitto sostenuto con i capi religiosi, acutizzatosi nel capitolo ventitreesimo con la severa denuncia di Gesù contro i farisei, Matteo riporta il discorso finale del maestro rivolto ai discepoli e alle folle. Esso si articola nei capitoli ventiquattro e venticinque del vangelo. In un primo momento Gesù annuncia la venuta del Figlio dell'uomo e con la parabola dei due servi, il fedele e l'infedele, presenta il primo atteggiamento con cui bisogna predisporsi alla sua venuta. Abbiamo poi la parabola proposta dalla liturgia odierna.
Matteo 25,1-131Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l'olio; 4 le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6 A mezzanotte si alzò un grido: "Ecco lo sposo! Andategli incontro!". 7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8 Le stolte dissero alle sagge: "Dateci un po' del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono". 9 Le sagge risposero: "No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene". 10 Ora, mentre quelle andavano a comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: "Signore, signore, aprici!". 12 Ma egli rispose: "In verità io vi dico: non vi conosco". 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.CommentoIl racconto inizia paragonando il regno dei cieli all'esperienza vissuta da dieci ragazze che partecipano ad una festa di nozze. È la festa della venuta definitiva del Figlio di Dio e partecipare ad essa è veramente una gioia grande. Il racconto continua sviluppandosi in tre momenti: la preparazione delle lampade e l'attesa dello sposo (25, 3-5), l'arrivo dello sposo (25, 6-9), l'inizio della festa di nozze (25, 10-12). La conclusione invita a vegliare perché non si conosce né il giorno né l'ora in cui arriva lo sposo. Questa esortazione finale produce effetto se si collega al secondo versetto, dove si dice che le ragazze si dividono in due gruppi: "cinque di esse erano stolte e cinque sagge". La saggezza o la stoltezza delle ragazze è determinata dall'avere o no con sé olio sufficiente fino alla venuta dello sposo. La negligenza delle ragazze stolte è anche fonte di discussione all'interno del gruppo ("dateci del vostro olio..., no, che non abbia a mancare per noi e per voi") e determina la loro esclusione definitiva dalla festa di nozze ("più tardi arrivarono anche le altre vergini e cominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco"). Vegliare, allora, significa avere con sé l'olio che permette alla lampada di restare sempre accesa e quindi poter accogliere prontamente lo sposo quando arriva.
L'incontro definitivo con Gesù Cristo, che realizza pienamente il regno dei cieli, è una festa. Tale avvenimento non va solo atteso o ricercato, ma è necessario prepararlo con assiduità. Chi non si prepara, non può rimediare all'ultimo momento alla sua negligenza. Ci si prepara adeguatamente all'incontro col Signore, vivendo con fedeltà la volontà del Padre che Gesù ci ha fatto conoscere. La volontà del Padre riusciamo a conoscerla e a viverla se quotidianamente ci alimentiamo alla mensa della Parola. Solo così l'olio non verrà mai a mancare nella vita del cristiano. La sua lampada risplenderà sempre davanti agli uomini; essi vedranno le opere buone e daranno gloria al Padre, e l'incontro definitivo con lui sarà così veramente una festa.
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Goito 1 novembre2020 –Solennità di Tutti i Santi
Nelle beatitudini la santità degli uominiSolennità di Tutti i SantiApocalisse 7,2-4.9-14
Salmo 23
1 Giovanni 3,1-3
Matteo 5,1-12a
LetturaNel terzo e quarto capitolo l'evangelista Matteo presenta l'inizio dell'attività di Gesù in Galilea, preceduta dal ministero di Giovanni Battista. Non deve sfuggire la sintesi di 4,23-25. Qui Gesù viene presentato all'opera nella regione attraverso l'insegnamento, la proclamazione del vangelo del regno e la guarigione di ogni sorta di malattia. A causa della sua fama, diffusasi fino in Samaria, e delle numerose folle che lo seguivano, provenienti da ogni regione, si crea il nucleo portante di quel popolo, che con i discepoli, diventa destinatario del discorso programmatico del monte.
Matteo 5,1-12a1 Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2 Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:3 "Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.4 Beati quelli che sono nel pianto,perché saranno consolati.5 Beati i miti,perché avranno in eredità la terra.6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,perché saranno saziati.7 Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia.8 Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio.9 Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio.10 Beati i perseguitati per la giustizia,perché di essi è il regno dei cieli.11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.CommentoLe nove beatitudini, proclamate da Gesù all'inizio del quinto capitolo del vangelo di Matteo, esprimono la situazione di felicità di alcune categorie di persone che si trovano in determinate condizioni. Vediamone alcune. Sono felici i "poveri in spirito" ed "i miti", cioè coloro che vivono positivamente la pazienza, avvicinandosi con umiltà e delicatezza a chiunque. Tale mitezza è possibile solo attraverso un distacco progressivo dalle cose, dagli interessi e da se stessi. Gli "afflitti" sono coloro che condividono in solidarietà la sofferenza degli altri. I "puri di cuore" non si accontentano della purità rituale, ma si impegnano ad eliminare da sé ogni forma di doppiezza. Infine sono beati i discepoli perché, vivendo il vangelo, suscitano avversità e persecuzioni da parte di altri uomini "a causa" di Gesù. Da ultimo va notato che i soggetti delle beatitudini sono diversi. Le prime otto coinvolgono tutti gli uomini, idealmente uditori del discorso di Gesù, mentre la nona ha come protagonisti i discepoli. Questo porta a pensare che Gesù considera felici, cioè beati, non solo i discepoli ma anche tutti gli uomini che vivono le situazioni da lui indicate, indipendentemente dal rapporto di conoscenza esplicita con lui. Così Gesù fa conoscere il suo pensiero sulla situazione religiosa generale degli uomini, che si collega con quanto egli ancora dice nel suo ultimo discorso (Mt 25,31ss).
Nella solennità di tutti i santi la liturgia propone la lettura delle beatitudini che si riferiscono ai discepoli e a tutti gli uomini. Costoro sono beati perché in certe situazioni vivono evangelicamente anche se non sono consapevoli. I discepoli invece sono beati se nel nome di Gesù applicano consapevolmente il vangelo in ogni momento della vita, anche se comporta la persecuzione. Tale prospettiva dà alla solennità odierna il massimo di universalità. Chi entra sotto il segno delle beatitudini è un santo.
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Goito 25 ottobre 2020 – XXX Domenica del Tempo Ordinario
Amare Dio ed il prossimoEsodo 22, 20-26
Salmo 17
1 Tessalonicesi 1, 5c-10
Matteo 22, 34-40
LetturaContinua il confronto - scontro tra Gesù ed alcuni esponenti significativi della comunità ebraica su due questioni nodali. Dapprima il dibattito si focalizza sul problema della resurrezione dei morti (22, 23-33). Poiché i sadducei non credevano nella resurrezione dei morti, cercano di incastrare Gesù su questa tematica. Gesù risponde dicendo che la questione della resurrezione non va trattata secondo le categorie umane, essa è qualcosa di diverso. La stessa identità di Dio porta a credere alla vita eterna. La seconda questione riguarda il comandamento più importante (22, 34-40).
Matteo 22, 34-4034 Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35 e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36 "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?". 37 Gli rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38 Questo è il grande e primo comandamento. 39 Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".CommentoIl testo si apre presentando ancora il contesto di controversia all'interno della quale si colloca la vicenda. Questa volta sono di scena i farisei. Costoro, "udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono... per metterlo alla prova". Un dottore della legge, un giurista, pone a Gesù una domanda con intenzione insidiosa: "Maestro, nella Legge, qual'é il grande comandamento?". Egli, partendo dall'usanza diffusa a quel tempo di sintetizzare in una frase il principio unificatore della spiritualità ebraica, cerca di trovare nelle parole di Gesù motivi per condannarlo. La risposta di Gesù si colloca su un altro piano e diventa un insegnamento autorevole. Dapprima Gesù ripropone un precetto basilare della vita ebraica: "amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Dio va amato in modo integro e totale dall'uomo, per questo vengono indicate le sue facoltà fondamentali: cuore, anima e mente. Ciò significa che è necessario conoscere Dio (mente) in ogni aspetto della sua identità, del suo insegnamento e delle sue opere. Con Dio occorre anche costruire una relazione di affetto, che lo collochi al centro della vita della persona (cuore). Dio deve anche ispirare tutta la vita, le scelte e i comportamenti umani (anima). Anche l'amore al prossimo, indicato come secondo comandamento, è presentato da Gesù con le stesse esigenze dell'amore a Dio. Le parole di Gesù si chiudono dichiarando i due comandamenti sull'amore come cardini di tutta la rivelazione biblica: "da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge ed i Profeti".
Gesù non si lascia invischiare nella polemica provocatoria messa in atto dai suoi avversari. Egli, riprendendo due testi fondamentali della tradizione ebraica, contenuti nella Torà, dà un nuovo insegnamento ai suoi uditori. L'amore a Dio e al prossimo vanno espressi nella vita in modo totale ed integrale, sviluppando tutte le loro dimensioni. Solo così si evita il formalismo religioso e si realizza pienamente la volontà di Dio Padre.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 18 ottobre 2020 – XXIX Domenica del Tempo Ordinario
Nel mondo con lo sguardo rivolto a DioIsaia 45, 1.4-6
Salmo 95
1 Tessalonicesi 1, 1-5b
Matteo 22, 15-21
LetturaIl brano odierno si colloca in san Matteo in una controversia tra Gesù ed alcuni gruppi rappresentativi del giudaismo: i sadducei, i farisei e gli erodiani. I farisei erano laici ed esigevano in tutti i campi un'osservanza assolutamente stretta della Legge ed anche della tradizione orale degli antichi. Essi credevano alla resurrezione ed in una retribuzione futura. Questi aspetti di fede non erano invece accolti dai sadducei, gruppo a cui appartenevano tutti i discendenti di stirpe sacerdotale. I sadducei erano anche conservatori nel senso più stretto. Il gruppo degli erodiani era formato da ebrei che si erano associati in una specie di partito a sostegno di Erode il grande e dei suoi discendenti.
Matteo 22, 15-2115 Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17 Dunque, di' a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?". 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19 Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?". 21 Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". 22 A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono.CommentoNei primi versetti vengono presentati i personaggi della scena che si apre e lo scopo della vicenda: "tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi". Al centro del racconto abbiamo Gesù, che viene coinvolto con una domanda sul problema della liceità di pagare o no il tributo a Cesare. La domanda è subdola e Gesù smaschera subito l'intenzione dei suoi interlocutori: "ipocriti, perché mi tentate?". Infatti la questione posta vuole coinvolgere Gesù in uno schieramento politico o a favore o contro il potere di occupazione romano. Per i giudei pagare il tributo a Cesare era segno di sottomissione ad un potere straniero e nello stesso tempo era considerato una forma di idolatria, perché l'imperatore romano attribuiva a sé anche un culto esterno. Questo non poteva essere esercitato dagli ebrei, che dovevano adorare solo Dio e soltanto a lui rendere culto. Gesù risolve il problema chiedendo di vedere la moneta del tributo. Poiché essa portava l'immagine e l'iscrizione di Cesare, egli sentenzia dicendo: "rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Così Gesù non si schiera da alcuna parte. Egli introduce il principio che la correttezza nel pagare le tasse può coesistere con la scelta religiosa di fedeltà a Dio. Il brano si chiude col v. 22, non riportato dal testo liturgico, dove si dice che gli interlocutori di Gesù rimangono meravigliati delle sue parole e tutti se ne vanno.
È un falso problema ritenere inconciliabili la scelta di seguire Dio e l'impegno nelle realtà terrene! Il credente è invitato ad essere consapevole che Dio non s'identifica in esse ed è infinitamente superiore. Nello stesso tempo Gesù invita i suoi a svolgere con responsabilità i propri compiti nel "mondo", e chiede anche con decisione di qualificare notevolmente la loro relazione con Dio Padre.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 11 ottobre 2020 – XXVIII Domenica del Tempo Ordinario
Tutti chiamati alla comunione con DioIsaia 25, 6-10a
Salmo 22
Filippesi 4, 12-14.19-20
Matteo 22, 1-14
LetturaContinua il confronto polemico tra Gesù ed i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo. Con loro Gesù cerca di comunicare con la parabola. La parabola è un racconto inventato, tratto dall'esperienza comune delle persone, che ha la possibilità, per chi comprende, di fa conoscere qualcosa di importante o di Gesù o del Regno di Dio. Analizziamo il racconto odierno.
Matteo 22, 1-141 Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2 "Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4 Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". 5 Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7 Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". 10 Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11 Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12 Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".CommentoDopo il versetto introduttivo abbiamo la parabola, che si divide in due parti. La prima contiene l'identificazione del regno dei cieli come "un re che fece una festa di nozze per suo figlio", un duplice invio di servi "a chiamare gli invitati alle nozze" e il persistente rifiuto degli invitati a partecipare al banchetto preparato dal re. La scena si chiude con la reazione del re e la punizione degli invitati, i quali arrivano addirittura ad uccidere i servi a loro mandati. La seconda parte si apre con un nuovo invio dei servi a radunare dalle piazze e dalle strade nuovi invitati al banchetto di nozze. I servi eseguono il comando del re e "la sala delle nozze si riempì di commensali", secondo il progetto originario. Infine è narrata l'ispezione compiuta dal re nella sala, dove erano raccolti i commensali. Colpisce a questo punto la condanna inflitta all'invitato che non indossa l'abito bianco. La scena è simbolica, anche se si radica in una tradizione ebraica. Si vuole così sottolineare che al banchetto preparato dal re non si può partecipare con superficialità, senza preparazione e adeguate attrezzature. Molto probabilmente la veste allude alla coerenza tra fede e vita, richiesta per partecipare alla comunità dei credenti e al banchetto definitivo preparato dal Signore. Chi non indossa tale veste riceve la condanna eterna: "legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Una sentenza chiude il brano: "perché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti". Dio chiama tutti al suo banchetto; dipende poi dai singoli aderire pienamente all'elezione.
Dio chiama incessantemente le persone a partecipare alla comunione e all'amicizia con lui. Egli usa strategie impensabili per creare tale relazione. Purtroppo l'uomo sovente disattende l'opera di Dio perché travolto dalle cose e dalle vicende, perché incapace di coniugare assieme fede e vita, perché lento e superficiale nella risposta.
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 4 ottobre 2020 – XXVII Domenica del Tempo Ordinario
L'amore produce frutti di salvezzaIsaia 5, 1-7
Salmo 79
Filippesi 4, 6-9
Matteo 21, 33-43
LetturaContinua la lettura del capitolo ventunesimo di san Matteo. Gesù è entrato solennemente a Gerusalemme ed ora si trova nel tempio dove, nei cortili antistanti il santuario, il confronto polemico con i capi si fa sempre più vivo.
Matteo 21, 33-4333Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!". 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: "Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!". 39 Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?". 41Gli risposero: "Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo".42 E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:La pietra che i costruttori hanno scartatoè diventata la pietra d'angolo;questo è stato fatto dal Signoreed è una meraviglia ai nostri occhi?43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.CommentoDopo la parabola letta domenica scorsa, troviamo l'invito rivolto da Gesù ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo perché ascoltino un'altra parabola. Il testo si articola in due parti: il racconto parabolico dei vignaioli ribelli e omicidi (21, 33b-39) e la sua applicazione mediante un dialogo tra Gesù ed i suoi interlocutori (21, 40-43). Il testo liturgico lascia cadere i versetti 44-46 che presentano una sentenza di Gesù e la reazione dei capi e dei farisei, i quali capiscono che Gesù si riferisce a loro. La parabola si apre presentando un padrone che con somma cura pianta una vigna in un podere, attrezzandola di tutte le strutture necessarie, e poi l'affida in affitto a dei vignaioli perché la coltivino con impegno e raccolgano di conseguenza frutti abbondanti. Segue l'altra parte della parabola tutta dedicata alle iniziative intraprese dal padrone per avere dai vignaioli i frutti della vigna. Dapprima manda i servi "da quei vignaioli a ritirare il raccolto", ma questi vengono uccisi. Poi invia altri servi che subiscono la stessa sorte dei primi. Infine manda il figlio, perché risolva definitivamente la questione, ma il dramma si acutizza. I vignaioli, vedendo a portata di mano la possibilità di impossessarsi dell'eredità, prendono il figlio, "lo cacciano fuori della vigna e lo uccisero". Con la domanda: "quando dunque verrà il padrone della vigna che cosa farà a quei contadini?", Gesù inizia ad applicare la parabola ai suoi ascoltatori. Infatti la risposta data dagli ascoltatori diventa una sentenza che ricade su loro stessi. Le parole di Gesù poi riprendono il tema della risposta data e lo definiscono: "perciò io vi dico: a voi vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un altro popolo che ne produca frutti". Nel versetto precedente Gesù ha indicato anche quale deve essere l'innesto sicuro per portare frutti: "la pietra che i costruttori hanno scarta è diventata la pietra d'angolo".
Attraverso Gesù Cristo, la pietra angolare, Dio Padre cura i rapporti col suo popolo. Questo, di conseguenza, deve dare frutti come segno di comunicazione efficace col suo Dio. I frutti da produrre si collocano nell'ambito della salvezza che viene dal Signore e che si realizza nel seguire fedelmente i suoi insegnamenti. L'amore a Dio Padre e alla sua volontà, per mezzo di Gesù Cristo, garantisce una messe abbondante di frutti di salvezza.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 27 settembre 2020 – XXVI Domenica del Tempo Ordinario
Nella volontà del Padre si è figli e fratelliEzechiele 18, 25-28
Salmo 24
Filippesi 2, 1-11
Matteo 21, 28-32
LetturaIl capitolo ventunesimo di san Matteo ci presenta Gesù a Gerusalemme. Dopo aver lasciato Gerico giunge a Betfage. Da qui inizia l'ingresso messianico nella città santa, cavalcando un'asina, mentre la gente lo acclama e stende mantelli sulla strada. Entrato nel tempio, scaccia coloro che vendono e comprano, perché la sua casa è di preghiera e non un covo di ladri. È proprio qui che si acutizza il contrasto con i capi dei sacerdoti ed i notabili del tempio. Questo è il contesto immediato del brano odierno.
Matteo 21,28-3228"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". 29Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Risposero: "Il primo". E Gesù disse loro: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.CommentoIl brano si apre con la parabola dei due figli, incorniciata da due domande rivolte agli ascoltatori. "Che ve ne pare?" dice Gesù, chiedendo così un parere esplicito ai suoi interlocutori. Egli presenta poi il caso di un padre con due figli. Al primo figlio comanda di andare a lavorare nella vigna di famiglia e subito egli reagisce dichiarando di non voler andare perché non ha voglia. Poi ritorna sulla sua decisione, si pente della risposta data e va al lavoro nella vigna. Il secondo davanti alla proposta del padre sembra aderire con entusiasmo all'invito e dice: "si, Signore". Ma il racconto prosegue annotando che invece non andò. La seconda domanda chiude la parabola di Gesù: "chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". La risposta corale degli uditori di ieri e di oggi è a favore del primo figlio e "tutti dicono il primo". Questa risposta non è soltanto un'affermazione verbale, ma nell'intenzione di Gesù, coinvolge esistenzialmente tutti i suoi ascoltatori e diventa giudizio per la vita di ciascuno. Infatti le parole di Gesù che seguono diventano estremamente chiarificatrici. I pubblicani (cioè gli imbroglioni ed i ladri istituzionalizzati) e le prostitute, che sembrano aver detto di no al regno di Dio e alle sue regole, di fatto precedono in esso i notabili del tempio ed i capi dei sacerdoti, perché queste categorie di persone rispecchiano i due atteggiamenti dei due figli presentati dalla parabola. La prova concreta di quanto Gesù sta affermando è data dall'atteggiamento che le persone hanno avuto nei confronti di Giovanni il battista. Egli, il profeta del deserto, ha invitato alla conversione, ma nessuno lo ha preso sul serio se non i pubblicani e le prostitute. La stessa cosa capita anche a Gesù che è accolto, seguito e amato da coloro che erano messi al bando nella società del tempo. La conclusione del brano è molto realistica e segnata da un velo di amarezza: "voi (che siete i prediletti) pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti così da credergli".
Non sono le strutture religiose e nemmeno i comportamenti esteriori e formali che salvano, ma la logica del Padre celeste insegnata da Gesù. Egli infatti invita i suoi a non accontentarsi di una fede verbale e teorica. I veri discepoli, quelli che costituiscono la nuova comunità dei figli e dei fratelli, sono quelli che fanno la volontà del Padre che è nei cieli.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 20 settembre 2020 – XXV Domenica del Tempo Ordinario
Gli ultimi saranno primiIsaia 55, 6-9
Salmo 144
Filippesi 1, 20c-27a
Matteo 20, 1-16
LetturaDopo il discorso sulla vita interna della comunità, san Matteo inserisce diversi brani sul vero discepolo. Costui, per essere veramente tale, come un bambino è chiamato a rifiutare qualsiasi accomodamento o compromesso e ad essere coerente fino in fondo. Non è possibile vantarsi di aver sempre osservato i comandamenti e poi essere attaccati alle proprie ricchezze, da non saperci rinunciare per amore di Gesù Cristo.
Matteo 20, 1-16In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna".Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo".Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».CommentoIl racconto parabolico di questa domenica si struttura in due momenti successivi: Il padrone della vigna assume operai (20, 1-7) e la paga data ad essi dall'amministratore con una discussione chiarificatrice (20, 8-15). La vicenda si sviluppa attorno ad un viticoltore che per l'intera giornata assume operai a lavorare nella sua vigna. La simbologia della vigna ritorna frequentemente nella tradizione ebraica per denunciare la storia delle infedeltà di Israele, la vite-vigna, che ha tradito gli impegni di fedeltà all'alleanza col suo Dio. Colpisce nel racconto il fatto che tutti sono chiamati a lavorare nella vigna, anche quelli incontrati all'ultima ora e che nessuno aveva preso a giornata. La seconda parte della parabola tratta della paga consegnata agli operai. Soltanto con i primi il padrone ha stipulato un contratto chiaro e preciso (un denaro è la paga giornaliera di un operaio e corrispondeva a 50 euro odierni), agli altri invece promette di dare a tutti il giusto. Sorprende notevolmente il comportamento del fattore che, eseguendo le indicazioni ricevute dal padrone, consegna a tutti gli operai un denaro come ricompensa della giornata. È sicuramente grande la gioia e lo stupore degli ultimi arrivati per la retribuzione ricevuta, mentre i primi, che hanno lavorato tutto il giorno, restano profondamente delusi. Essi, che si aspettano molto di più, in base a quanto dato agli ultimi e in rapporto alle loro ore di lavoro, mormorano contro il padrone. La risposta del padrone risolve la questione. Egli, con i primi assunti, ha rispettato il patto stipulato e con gli altri ha usato del suo denaro per compiere un gesto di magnanimità e di generosità. Dal racconto emerge con chiarezza un modo diverso di intendere la giustizia da parte degli uomini e da parte di Dio. La sentenza finale chiude il racconto e collega agli ascoltatori la parabola: "gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi".
È facile per tutti, nella comunità cristiana, pensare di avere dei diritti o dei privilegi, perché da tempo si cerca di seguire il Signore. A noi piace anche creare graduatorie e gruppi di merito proprio nella stessa comunità. Gesù insegna invece uno stile diverso di comportamento, che nasce da Dio stesso e che ha nell'amore gratuito e generoso, che dona e fa credito anche a chi non ha diritti, il suo principio ispiratore. Gli ultimi arrivati possono prendere il posto dei primi; quelli considerati ultimi, i piccoli tra i fratelli, nella prospettiva di Dio saranno i primi.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 13 settembre 2020 – XXIV Domenica del Tempo Ordinario
Perdonare col cuore del PadreSiracide 27, 33-28,9
Salmo 102
Romani 14, 7-9
Matteo 18, 21-35
LetturaLa liturgia propone oggi un altro passo del capitolo diciottesimo del vangelo di san Matteo. Dopo aver presentato chi è il più grande nella comunità, la correzione fraterna e la preghiera in comune, ora Gesù affronta la questione del perdono.
Matteo 18, 21-3521Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?". 22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello".CommentoIl brano si apre con un quesito posto da Pietro: Signore quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?. Egli pensa, probabilmente, di ricevere l'approvazione di Gesù per le parole dette in quanto, ponendo il limite del perdono a sette volte, indica una misura che supera grandemente quella prevista dalla prassi raccomandata dai rabbini. Costoro invitano, infatti, a dare il perdono per tre volte. La risposta di Gesù si pone completamente su di un altro livello e dice: "non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". Egli insegna così a perdonare sempre, secondo lo stile di Dio. Il lungo racconto parabolico che segue allarga la risposta data a Pietro e serve ad illustrare meglio la prospettiva del perdono insegnata da Gesù. La parabola inizia con una frase d'apertura che presenta la ragione da cui si sviluppa poi tutta la vicenda: "un re che volle fare i conti con i suoi servi". La scena si sviluppa in tre momenti. Dapprima si ha la presentazione del padrone che incontra il primo servo (18, 24-27). Costui, che gli è debitore di "diecimila talenti" (un talento corrispondeva circa a 300.000 euro), dopo aver supplicato il padrone, ottiene il condono del debito. Poi è descritto l'incontro del servo condonato con un suo collega che gli deve "cento denari" (18, 28-30) (un denaro corrispondeva circa a 50 euro). Anche costui implora il collega per ottenere comprensione e per poter rimandare la scadenza fissata per pagare il debito. Egli però non viene esaudito. È arrestato e messo in carcere fino a quando non ha pagato il debito. L'ultimo momento (18, 31-34) presenta il padrone che, informato dagli altri servi sull'accaduto, chiama l'uomo a cui aveva condonato il debito. Rimprovera severamente il servo perché non ha avuto pietà del collega, ritira il condono concesso e lo condanna alla stessa sorte da lui inflitta al suo collega. La conclusione (18, 35) si collega alla domanda di Pietro e suggella l'insegnamento dato da Gesù: "Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore ciascuno al proprio fratello".
Il perdono è un'altra caratteristica che qualifica la vita della comunità cristiana. Gesù infatti insegna ai suoi il perdono fraterno senza misura. Il perdono tra i cristiani nasce dal perdono gratuito ed insperato ricevuto da Dio Padre e fattoci conoscere da Gesù Cristo. Occorre vigilare perché nel giudizio ultimo la prassi della misericordia, esercitata nella forma del perdono fraterno, occuperà un posto decisivo.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 5 settembre 2020 – XXIII Domenica del Tempo Ordinario
Chiesa riconciliata e oranteEzechiele 33,7-9
Salmo 94
Romani 13,8-10
Matteo 18,15-20
LetturaIl capitolo diciottesimo contiene le regole date da Gesù per la vita interna della comunità. Egli affronta alcune questioni nodali: chi sono "i più grandi" nella comunità, quale comportamento si deve avere nei confronti dei piccoli di età e di stato sociale, come vivere la pratica del perdono. Il nostro testo è costituito da una serie di sentenze sulla riconciliazione fraterna; esso segue immediatamente la parabola del pastore che cerca la pecora smarrita.
Matteo 18, 15-2015 Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.CommentoIl brano si divide in due parti. In 18,15-17 abbiamo una regola disciplinare, seguita dalle sue motivazioni teologiche presentate in 18,18-20. La regola di comportamento nei confronti del fratello che pecca prevede tre istanze successive e progressive. Dapprima la questione va risolta a livello personale: "va e ammoniscilo fra te e lui solo". Se il primo intervento non produce affetti di riconciliazione, è necessario avvicinare chi pecca con "una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni". Infine, se la persona persevera nel suo errore, sia coinvolta tutta la comunità la quale deve mettere in atto tutte le strategie necessarie per recuperare il fratello peccatore. Se ciò non si realizza, il componente della comunità, che da essa si è separato col peccato, è da considerarsi non escluso o emarginato, ma ancora come un pagano, il quale ha bisogno di intraprendere nuovamente un cammino di conversione. Per quale peccato è necessario attuare questa procedura? È difficile identificare concretamente la tipologia di peccato in questione. Dal contesto del capitolo si può però sicuramente ricavare che si tratta di un comportamento a danno della comunità o di un suo componente. Chi è chiamato a mettere in atto questa procedura nei confronti del peccatore? Ogni discepolo è invitato da Gesù a svolgere con autorità nella comunità questo ministero di riconciliazione, sull'esempio del Padre celeste che ricerca e recupera tutti i fratelli persi. Egli deve servirsi del dialogo fraterno per ricostruire i rapporti con i fratelli separatisi dalla comunità col peccato. Infine nella comunità alcuni fratelli, tramite un ministero specifico ad essi conferito, hanno il compito di riconoscere la conversione avvenuta e di riammettere il peccatore a pieno titolo nella comunità. Il v. 19 può essere letto allora in due modi. Prima di tutto al Padre va chiesto continuamente e soprattutto l'accordo fraterno nella comunità. Tale richiesta è sicuramente concessa dal Padre. Occorre poi chiedere di vigilare perché al Padre non può essere innalzata una preghiera significativa ed efficace se non si è uniti e se persistono fratture nella fraternità. La ragione profonda dell'unità nella comunità è data dall'ultimo versetto. I fratelli riuniti nel nome del Signore Gesù costituiscono la Chiesa, luogo dove Cristo è presente e si realizza l'incontro salvifico col Padre: "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
La comunità radunata insieme è il luogo dove è presente il Signore e dove lo si incontra risorto. Non è comunità autentica se in essa vi sono persone compromesse col peccato, cioè che si sono allontanate dalla volontà del Padre o che hanno rotto i rapporti fraterni di amore reciproco. Per questo ognuno è chiamato a vigilare per non cadere nel peccato e ad attivarsi per ricondurre a riconciliazione chi si è allontanato dal progetto di Dio rivelatoci da Gesù Cristo.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 30 agosto 2020 – XXII Domenica del Tempo Ordinario
Discepoli di Cristo morto e risortoGeremia 20,7-9 Salmo 62 Romani 12,1-2 Matteo 16,21-27
LetturaContinua il dialogo tra Gesù ed i discepoli. Tra questi emerge la figura di Pietro come loro rappresentante e portavoce, come abbiamo visto domenica scorsa. Nel brano odierno si intensifica la rivelazione di Gesù ai discepoli e troviamo anche reazioni impensate da parte loro.
Matteo 16,21-2721Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai". 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: "Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!".24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.CommentoGesù comunica ai discepoli il suo destino di sofferenza e di morte che lo attende a Gerusalemme ad opera dei notabili, degli alti funzionari del tempio e degli scribi. Egli annuncia anche che, dopo la morte, risorgerà "il terzo giorno". Abbiamo poi la reazione immediata e profondamente umana di Pietro alle parole di Gesù. Egli, che aveva intravisto in Gesù l'opera potente dell'Inviato di Dio, non può accettare che tutto finisca in una bolla di sapone, per questo, dopo aver protestato con rimproveri dice: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai". Alla reazione unilaterale di Pietro, che non tiene conto dell'annuncio della resurrezione, fa seguito la risposta dura e severa di Gesù. Pietro, che poco prima è stato definito da Gesù "roccia" e fondamento della comunità, ora è respinto come pietra d'inciampo ("tu mi sei di scandalo"); lui che prima è stato beatificato da Gesù ora è considerato "satana" e avversario. Per questo non può dare alcun consiglio al maestro. La ragione della "caduta" di Pietro è indicata dallo stesso Gesù: "non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Col suo intervento Pietro si mostra estraneo ed ostile al progetto di Dio e alla sua volontà, che Gesù vuole realizzare. Infine abbiamo l'istruzione di Gesù ai discepoli sulla sequela. Costoro, se vogliono seguire il maestro, devono essere disposti a percorrere la sua stessa strada, che si caratterizza nel rinnegare sé stessi, nel prendere la croce e nel perdere la vita. "Rinnegare sé stessi" significa essere disposti a rinunciare ad una certa identità personale o sociale che gratifichi e permetta di "contare". "Prendere la croce" vuol dire essere disposti ad identificarsi col condannato alla morte più infame e degradante, riservata alle persone più pericolose. "Perdere la vita" significa mettere in conto, nella propria esistenza, anche la possibilità concreta della morte violenta. Tutto questo va accolto e vissuto per Gesù e per il vangelo. È la venuta gloriosa del Figlio dell'uomo che renderà giustizia ai discepoli e darà "a ciascuno secondo le sue azioni".
I discepoli non riescono a capire il destino doloroso e fallimentare del loro maestro. Essi infatti hanno sempre nostalgie trionfalistiche e di potenza temporale. La questione si complica ulteriormente quando Gesù coinvolge, in tutti gli aspetti della sua vita, anche i discepoli, che sono pure chiamati a portare la croce. Il discorso sfocia in una soluzione positiva se si cerca di affrontare l'esperienza del discepolato non alla maniera umana, come ha fatto Pietro, ma affidandosi alla volontà del Padre, rivelata da Gesù. Il discepolo, perseverante nelle prove che gli capitano nel cammino della vita, vive la solidarietà effettiva col maestro crocefisso ed attende con speranza la venuta "del Figlio dell'uomo nella gloria del Padre", per accedere con lui alla gloria eterna della resurrezione.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 23 agosto 2020 – XXI Domenica del Tempo Ordinario
Nel volere del Padre la gioia del servizioIsaia 22, 19-23
Salmo 137
Romani 11, 33-36
Matteo 16, 13-20
LetturaTra il discorso delle parabole, al capitolo tredicesimo, e quello successivo al capitolo diciottesimo, l'evangelista san Matteo ha raccolto una serie di episodi di conflitto e di rivelazione. Famosi sono il rifiuto degli abitanti di Nazaret, che non vogliono ascoltare Gesù, e le situazioni in cui egli prende un atteggiamento polemico nei confronti degli esponenti più significativi della religione giudaica, che fanno di essa un legalismo rituale più che un rapporto personale con Dio. Alcuni episodi attraverso i quali Gesù si fa conoscere sono la moltiplicazione dei pani, i miracoli di guarigione e la trasfigurazione. Nei quattro capitoli si delinea progressivamente il gruppo dei discepoli, tra i quali emerge sempre più la figura di Pietro. In questo contesto si colloca il brano odierno.
Matteo 16, 13-2013Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: "La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". 14Risposero: "Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". 15Disse loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". 16Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". 17E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". 20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.CommentoIl testo inizia con una nota di cornice che dà l'ambientazione geografica e presenta gli interlocutori: Gesù ed i discepoli a Cesarea di Filippo oggi Banias al nord della Galilea. Poi abbiamo la prima parte (Mt 16,13b-16) costituita dal dialogo tra Gesù ed i discepoli, stimolato da due sue domande. Alla prima ("la gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?") i discepoli rispondono coralmente, riportando i pareri popolari su Gesù: "alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Alla seconda domanda, rivolta a loro ("voi chi dite che io sia?") risponde a nome di tutti Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Nella seconda parte del brano si incontrano le parole di Gesù rivolte a Pietro (Mt 16, 17-19). Dapprima Gesù proclama beato Pietro perché, attraverso la professione di fede espressa poco prima, manifesta di essere entrato nel rapporto privilegiato col Padre, che Gesù è venuto a realizzare per tutti i suoi discepoli. Poi Gesù delinea la missione futura di Pietro: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa...". Egli non solo è il primo ed il modello del discepolo, è anche il fondamento, la roccia sicura su cui nasce e si costruisce il nuovo popolo di Dio. Di esso fanno parte tutti coloro che, come Pietro, riconoscono Gesù come "Cristo, il Figlio del Dio vivente", che opera attivamente nella storia per la salvezza di tutti. Infine Gesù dà l'investitura solenne a Pietro: "a te darò le chiavi del regno dei cieli...". Il potere delle chiavi affidato a Pietro consiste nell'accogliere e vivere la volontà del Padre, rivelata da Gesù, affinché tutti gli uomini la possano conoscere e vivere a loro volta. L'ordine finale, dato da Gesù ai discepoli, che chiude il brano, può sembrare in contrapposizione con quanto espresso fino a questo punto. Egli, infatti, invita i suoi a non dir nulla per ora. Soltanto dopo la sua Pasqua i discepoli riceveranno l'attrezzatura necessaria per realizzare quanto è avvenuto profeticamente a Cesarea di Filippo.
Si partecipa al regno dei cieli nella misura in cui si accoglie Cristo e la volontà del Padre, che lui è venuto a far conoscere. Non esistono altre possibilità, scorciatoie o raccomandazioni particolari. Chi si inoltra in questa "divina avventura" deve essere consapevole che per mezzo suo altri saranno chiamati a seguire Cristo e a conoscere la volontà del Padre. I frutti ci saranno se ciascuno sarà ben radicato nella comunità di Gesù Cristo, pur con tutti i limiti che essa può manifestare, perché solo lì c'è la certezza dell'opera potente di Cristo risorto.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 16 agosto 2020 – XX Domenica del Tempo Ordinario
La fede ottiene tuttoIsaia 56,1. 6 – 7
Salmo 66
Romani 11,13 – 15. 29 - 32
Matteo 15,21 – 28
LetturaGesù, arrivato a Genesaret, è circondato da persone che desiderano essere sanate da lui. In questa località, partendo da una contestazione che gli viene fatta dagli scribi e dai farisei sul comportamento dei discepoli (costoro avrebbero trascurato la tradizione degli antichi), Gesù istruisce la folla su ciò che è puro e ciò che non lo è. Il cuore dell'uomo è la sede della volontà, delle decisioni e degli affetti, che rende pura o impura un'azione. Qui si inserisce il brano odierno che presenta il Regno dei cieli che si diffonde.
Matteo 15, 21-2821Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio". 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: "Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!". 24Egli rispose: "Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele". 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: "Signore, aiutami!". 26Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". 27"È vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni". 28Allora Gesù le replicò: "Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita.CommentoL'episodio narrato avviene nella Fenicia, dove si trovano Tiro e Sidone (oggi Libano), territorio sicuramente abitato da non ebrei e quindi considerato pagano. Anche la donna che si avvicina a Gesù è pagana perché cananea. Ella invoca pietà da parte di Gesù e chiede il suo intervento nei confronti della figlia in grave difficoltà. Va sottolineato che la donna pagana riconosce subito Gesù come Signore e facente parte della stirpe davidica. Gesù dapprima non si lascia coinvolgere nel dialogo con la donna: "egli non le rivolse neppure una parola". L'atteggiamento di Gesù trova spiegazione nelle parole, da lui stesso pronunciate, dopo l'intervento dei discepoli, che gli chiedono di esaudire la domanda della donna. Gesù dichiara che la sua missione è primariamente rivolta "alle pecore perdute della casa d'Israele". Egli, Figlio di Davide, ha il compito di guarire e risanare il popolo d'Israele, perché ritorni a Dio. La donna insiste nel chiedere aiuto. Nasce così un breve colloquio tra Gesù e la cananea, che sottolinea la salvezza da lui portata. Il nuovo intervento di Gesù valorizza tale dimensione. La missione di Gesù è prima di tutto per Israele. La donna risponde riconoscendo il privilegio d'Israele e affermando la possibilità che anche altri (i cagnolini) possano partecipare al banchetto della salvezza, cibandosi soltanto "delle briciole che cadono dalla tavola". Gesù riconosce nelle parole della donna una grande fede, capace di ottenere tutto: "avvenga per te come desideri". Ella non solo riceve la guarigione della figlia, ma con lei si apre la missione di Gesù Cristo verso i pagani.
E' la fede che permette di partecipare alla salvezza portata da Gesù Cristo! Davanti a lui non conta più essere ebrei o pagani, ma è determinante la modalità credente attraverso la quale ci si accosta a lui. E' ancora la fede il criterio che determina l'esclusione o l'appartenenza al Regno.
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