APOCALISSE
Quattordicesima Lettura
Lettura
Siamo sempre all'interno della sala dove si celebra la liturgia celeste. Dopo la triplice visione che ha accompagnato l'apertura del 6 sigillo, nel capitolo ottavo si spezza l'ultimo sigillo.
Ap 8, 1-131Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo per circa mezz'ora.2E vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio, e a loro furono date sette trombe. 3Poi venne un altro angelo e si fermò presso l'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono. 4E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi. 5Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto.6I sette angeli, che avevano le sette trombe, si accinsero a suonarle.7Il primo suonò la tromba: grandine e fuoco, mescolati a sangue, scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra andò bruciato, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde andò bruciata.8Il secondo angelo suonò la tromba: qualcosa come una grande montagna, tutta infuocata, fu scagliato nel mare. Un terzo del mare divenne sangue, 9un terzo delle creature che vivono nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto.10Il terzo angelo suonò la tromba: cadde dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. 11La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono a causa di quelle acque, che erano divenute amare.12Il quarto angelo suonò la tromba: un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e così si oscurò un terzo degli astri; il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente.13E vidi e udii un'aquila, che volava nell'alto del cielo e che gridava a gran voce: "Guai, guai, guai agli abitanti della terra, al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare!".CommentoL'Agnello Cristo rompe l'ultimo sigillo che chiudeva il libro della storia umana. In cielo si crea un silenzio magico e surreale, segno di stupore e di contemplazione (v. 1). Che significa la citazione di un silenzio di mezz'ora? È un tempo breve e imperfetto. È un silenzio di sospensione e di attesa di un evento che viene seguito col fiato sospeso. Poi l'apostolo vede sette angeli di alto rango che stavano ritti davanti a Dio ai quali vengono consegnate sette trombe. Si prepara un evento da vedere e da sentire. Appare un altro messaggero divino che si accosta all'altare del tempio celeste. qui vediamo un collegamento ancora con il Tempio di Gerusalemme dove c'era l'altare dell'incenso sul quale continuamente si innalzava il fumo profumato simbolo della preghiera del popolo (Es 30,1-10 e Sal 141,2). Il rito descritto sembra richiamare il sacrificio vespertino al Tempio quando il sacerdote con un carbone preso dall'altare degli olocausti incendiava un pugno di incenso sull'altare d'oro dei profumi. Anche nel tempio celeste sale questo profumo che è formato dalle preghiere fatte dai santi che stanno davanti al trono di Dio e dagli angeli (v.4). Improvvisamente la scena liturgica viene attraversata come da un fulmine. Con un gesto inatteso l'angelo scaglia l'incensiere colmo di fuoco sulla terra. Al posto del silenzio e della lode precedenti subentrano tuoni, fulmini, clamori e terremoto. Che senso possiamo dare a questi due momenti? Forse si deve pensare che la preghiera dei santi-cristiani è un appello efficace perché Dio irrompa nella storia per correggerla, per vincere il male e cancellare le vergogne presenti. Ma quel fuoco è anche calore e luce per i credenti che assistono all'irruzione divina nella storia. Col v.6 si apre un nuovo possente settenario degli angeli trombettieri. La tromba nella Bibbia non è solo uno strumento musicale liturgico ma è anche simbolo che scandisce l'irrompere dei tempi ultimi del mondo e dell'umanità (cfr. Giele 2,1; Sofonia 1,16; 1Tes 4,16). Il suono dei primi quattro squilli di tromba è descritto con scene parallele tra loro. È da notare che i flagelli, che accompagnano ogni squillo, si collegano alle piaghe descritte nel libro dell'Esodo piombate sugli egiziani (7,14-11,10). Il primo angelo col suo squillo di tromba introduce una sciagura planetaria. Essa rimanda all'ultima piaga d'Egitto, quella della grandine e dei fulmini, qui si aggiunge anche il sangue (cfr. v.7 ed Es 9,23-25). Queste immagini hanno lo scopo di mettere in scena ed immaginare come potrebbe essere il giudizio divino sulla storia. Non è il giudizio finale e definitivo, soltanto un terzo subirà il giudizio. Questo significa che è uno sconvolgimento controllato dell'armonia e dell'ordine della creazione, che Dio decide per correggere l'umanità. La scena seguente il suono della seconda tromba sembrerebbe evocare l'eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.C. L'autore si ispira a modelli apocalittici tradizionali che descrivevano caduta di corpi celesti (vv.8-9). Il mare si fa parzialmente sangue e l'immagine rimanda al Nilo che divenne sangue (cfr.7,20-21). La catastrofe colpisce la terra, il mare e tutta la natura. Al terzo squillo di tromba sono ancora le acque ad essere colpite, quelle dolci e potabili (vv.10-11). A causa della caduta di un asteroide chiamato Assenzio, che richiama un sapore amaro (cfr. le acque amare nel deserto Es 15,23-26). Questi flagelli che cadono dal cielo sembrano alludere alla ribellione e caduta degli angeli che largo spazio ebbero nella letteratura apocrifa giudaica. Le stelle incarnavano gli angeli e la stella che cade diventa simbolo della caduta degli angeli (cfr. Lc 10,18). Col suono della quarta tromba si passa al cielo e all'aria (v. 12). La nona piaga d'Egitto consisteva nell'oscurarsi del sole e degli astri (Es 10,21-23). Ora viene ripresentata con lo sconvolgimento dei ritmi del sole, della luna e delle stelle. Le tenebre però non dominano completamente sul mondo, solo un terzo della luce è annientata. C'è ancora tempo per decisioni che possono mutare la nostra sorte. Alla fine nel cielo appare un'aquila che sembra mettere in guardia per evitare successivi flagelli collegati con le altre trombe. Dio nella Bibbia è raffigurato come aquila che protegge i suoi piccoli (cfr. Es 19,4 e Dt 32,11).
- Dio interverrà sicuramente nella storia per equilibrare le cose.
- Il giudizio di Dio ci sarà ma non sappiamo come sarà. Che idea abbiamo del giudizio di Dio?
- La preghiera dei cristiani e l'ascolto di Dio possono fare in modo che il giudizio sia benevolo e che si possa attuare delle celte che porteranno ad evitare la condanna. Cosa possiamo fare noi?
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
APOCALISSE
Tredicesima Lettura
Lettura
Siamo sempre all'interno della sala dove si celebra la liturgia celeste. Nel capitolo settimo si stanno aprendo gli ultimi due sigilli: sesto e settimo.
Ap 7, 1-171Dopo questo vidi quattro angeli, che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti, perché non soffiasse vento sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta. 2E vidi salire dall'oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: 3"Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio". 4E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d'Israele: 5dalla tribù di Giuda, dodicimila segnati con il sigillo; dalla tribù di Ruben, dodicimila; dalla tribù di Gad, dodicimila; 6dalla tribù di Aser, dodicimila; dalla tribù di Nèftali, dodicimila; dalla tribù di Manasse, dodicimila; 7dalla tribù di Simeone, dodicimila; dalla tribù di Levi, dodicimila; dalla tribù di Ìssacar, dodicimila; 8dalla tribù di Zàbulon, dodicimila; dalla tribù di Giuseppe, dodicimila; dalla tribù di Beniamino, dodicimila segnati con il sigillo.9Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 10E gridavano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello".11E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: 12"Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen".13Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: "Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?". 14Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello. 15Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. 16 Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, 17perché l'Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi".CommentoSiamo davanti alla seconda visione che accompagna l'apertura del sesto sigillo. Entrano in scena per primi i 4 angeli posti ai quattro punti cardinali, come sentinelle collocate agli estremi confini della terra per sorvegliare. Già nell'AT i venti erano visti come messaggeri di Dio (Sal 104,4). Ora i venti devastatori sono controllati dai 4 angeli che hanno l'ordine di imbavagliare per un certo periodo i venti perché non provocassero danni. I 4 angeli simboleggiano ancora che Dio è signore sul tempo e sulla creazione. Questa idea è svelata da un quarto angelo che appare ed ha in mano il sigillo di Dio destinato a segnare sulla fronte i suoi servi. Egli comanda ai quattro angeli di bloccare i venti terribili portatori del giudizio divino. Dio da una pausa, una tregua all'intervento distruttivo di Dio e dell'Agnello. In questa sosta l'angelo di Dio segnerà solennemente sulla fronte tutti i membri del popolo di Dio. Qui Giovanni si ispira ad Ezechiele, quando il profeta al momento della distruzione di Gerusalemme (586 a.C.). Sulla fronte di coloro che non avevano ceduto all'idolatria veniva segnato il Tau, ultima lettera dell'alfabeto ebraico, che equivaleva a una firma di autentificazione perché costoro venissero risparmiati nello sterminio degli abitanti della città santa (cfr. Ez 9,4). Anche nell'Apocalisse i fedeli riceveranno sulla fronte un segno, impresso col sigillo divino dell'angelo che è entrato in scena da dove sorge il sole, dalla risurrezione di Cristo, e i fedeli partecipano alla resurrezione attraverso il battesimo che protegge dal giudizio. Anche il segno della croce protegge il battezzato dal male assieme col segno dello Spirito Santo donato al cristiano.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 26 febbraio 2023 - I domenica di Quaresima
Fidarsi del Padre per vincere il demonioGenesi 2, 7-9; 3, 1-7 . Salmo 50 . Romani 5, 12-19 . Matteo 4, 1-11
LetturaIl vangelo della prima domenica di quaresima ci riporta ai capitoli che precedono il "discorso della montagna", del quale abbiamo già letto alcuni passi nelle domeniche precedenti. Siamo agli inizi della vita pubblica di Gesù e l'evangelista Matteo sta tracciando le coordinate del ministero del Messia, che poi si svilupperanno per tutta l'opera. Gesù ha ormai vissuto il battesimo al fiume Giordano, con la rivelazione ad esso collegata. Ora si incontra un racconto pure importante e nodale per la vita di Gesù e per quella dei discepoli.
Mt 4, 1-111Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2 Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3 Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane". 4 Ma egli rispose: "Sta scritto:Non di solo pane vivrà l'uomo,ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".5 Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6 e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardoed essi ti porteranno sulle loro maniperché il tuo piede non inciampi in una pietra".7 Gesù gli rispose: "Sta scritto anche:Non metterai alla prova il Signore Dio tuo".8 Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9 e gli disse: "Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai". 10 Allora Gesù gli rispose: "Vattene, Satana! Sta scritto infatti:Il Signore, Dio tuo, adorerai:a lui solo renderai culto".11 Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.CommentoIl racconto delle tentazioni secondo Matteo è costituito da un'introduzione, da tre scene centrali collegate tra loro e da una conclusione. Nel deserto, sul Tempio di Gerusalemme e sul monte alto si affrontano i due personaggi principali: Gesù ed il diavolo. Vediamo meglio il testo nei suoi particolari. Nei primi due versetti si presenta dapprima Gesù che è "condotto dallo Spirito nel deserto". Egli, dopo essere stato riconosciuto ufficialmente unito allo Spirito al Giordano, è da lui quasi spinto con forza nel deserto. È qui che, come gli antichi profeti, ha la possibilità di approfondire ulteriormente la sua missione, delineatasi col battesimo. Il deserto, come lo fu per Israele, è anche per Gesù il luogo della tentazione. Questa è attuata "dal diavolo" - traduzione greca del termine ebraico "satana" - dopo che Gesù, come Mosé sul Sinai (cfr. Es 34,28), ha digiunato per quaranta giorni e quaranta notti, perché afferrato unicamente dal rapporto esclusivo col Padre. Tre sono le tentazioni del demonio. La prima si aggancia ad un bisogno primario provato da Gesù: la fame. Il demonio, proponendo la sua soluzione – "di che queste piete diventino pane" -, non solo tende a risolvere il problema della fame, ma offre a Gesù l'opportunità di manifestare finalmente la sua identità di Messia - Figlio di Dio, così come Dio manifestò la sua grandezza a Israele nel deserto, donando la manna. Gesù non ci sta. Egli, come ogni credente, sa che Dio provvede a tutte le necessità dell'uomo, anche a quelle materiali, le quali non devono mai offuscare il primo compito di tutti: vivere "di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". La seconda tentazione ha come sfondo Gerusalemme e precisamente la parte più alta del Tempio. Il demonio, con una citazione presa dalla Bibbia, chiede a Gesù di realizzare un gesto spettacolare: buttarsi giù dal pinnacolo. Era, infatti, convinzione in Israele che la rivelazione del Messia avrebbe avuto inizio dal Tempio della Città santa. E quale occasione migliore di quella poteva presentarsi a Gesù per manifestarsi a tutti? La risposta è ancora categorica: "non metterai alla prova il Signore Dio tuo". Così Gesù smaschera da un lato l'uso sbagliato che il demonio fa della Scrittura (quando serve soltanto a giustificare i progetti umani) e dall'altro una spiritualità fasulla che, dietro a gesti religiosi, di fatto vuole usare Dio e desidera piegare Dio ai propri interessi. Qui abbiamo contenute tutte le tentazioni insite in una religiosità formale, alla ricerca solo di se stessi e dei propri interessi di parte, e non veramente finalizzata alla comunione autentica con Dio. L'ultima tentazione avviene su "un monte altissimo" che richiama ancora il monte Sion, sul quale sarebbe stato intronizzato il Messia discendente di Davide. Da quella postazione il diavolo, mostrando a Gesù "tutti i regni del mondo e la loro gloria" e promette che tutte quelle cose sarebbero state sue a condizione che Gesù si fosse prostrato davanti a lui in adorazione. Qui è chiesto a Gesù di sostituire l'adorazione dell'unico Dio e Padre con la prostrazione davanti ad una divinità forte, che dà potere agli uomini. Anche questa è tentazione costante per l'uomo e si trovano le sue tracce fin dalla vicenda dei progenitori nel giardino primordiale. È facile abbandonare Dio, le sue promesse e la sua fedeltà per seguire invece chi, illudendo, vuole offrire materialmente e concretamente sicurezza, potere, tranquillità, benessere e ordine. Gesù smaschera la pretesa idolatrica del diavolo: "vattene satana!". Gesù partecipa alla signoria di Dio non percorrendo facili scorciatoie, ma restando Figlio fedele al Padre, fino all'ubbidienza estrema del Calvario. Questo per altro è il senso di: "il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto". La conclusione della pericope, presentando la fuga del diavolo e la comparsa degli angeli che servono Gesù, richiama la sua vittoria definitiva sul male e la realizzazione delle promesse del Padre fedele.
In conclusione, le tentazioni vissute da Gesù riassumono le prove sperimentate da Israele e anticipano quelle incontrate dai suoi discepoli. La fiducia totale nel Padre fedele, come scelta prioritaria nella vita, e le motivazioni forti trovate nella Scrittura permettono a chiunque, come ha fatto Gesù, di non soccombere al maligno.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA COMMENTO VITA
UNITÀ PASTORALE MADONNA DELLA SALUTE
19 febbraio 2023 – VII Domenica del T. O.
Amare tutti, anche i nemiciLevitico 19,1 – 2.17 – 18 . Salmo 102 . I Corinzi 3,16 – 23 . Matteo 5,38 – 48
LetturaIl discorso di Gesù, detto "della montagna", letto in queste domeniche del Tempo Ordinario, assume, nell'ultima parte, la forma di antitesi o contrapposizioni. Con esse Gesù si contrappone alla legge antica e dà orientamenti nuovi.
Mt 5, 38-4838Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.CommentoIl brano si divide in due parti. La prima (vv. 38 – 42) inizia riprendendo due elementi della "legge del taglione", riportata da Es 21,23b – 25: "occhio per occhio e dente per dente". A questa norma antica Gesù contrappone il suo insegnamento. Egli afferma che non si deve opporsi "al malvagio". Il termine indica colui che provoca danni fisici, che accusa, forse ingiustamente, davanti ai magistrati, che ruba l'oggetto più necessario posseduto, che obbliga a svolgere attività non desiderate. L'antitesi si chiude con un invito a donare generosamente a chiunque chiede qualcosa e a non essere diffidente nei confronti di chi domanda un prestito. La seconda parte (vv. 43 – 48) presenta una nuova antitesi. All'inizio troviamo una citazione della legge che invita ad amare: "amerai il tuo prossimo". Il testo si riferisce a Lv 19,18, mentre l'altra parte del versetto, "odierai il tuo nemico", non ha corrispondenti nell'Antico Testamento. Era questa forse una regola di qualche gruppo religioso integralista. Gesù propone una nuova regola. I nemici vanno amati ed occorre pregare per chi perseguita. La motivazione portata a sostegno di tale argomento è il comportamento del Padre celeste. Egli non discrimina le persone e "fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti". Con quattro domande Gesù approfondisce ulteriormente il tema dell'amore ai nemici. Infine al v. 48 è indicata la necessità, per i discepoli, di essere perfetti. La perfezione consiste nel seguire la legge antica tenendo conto delle modifiche introdotte da Gesù.
Gesù propone ai suoi discepoli un nuovo modo di relazionarsi col nemico. Il cristiano non può più ricambiare quanto ha ricevuto, secondo la "legge del taglione"; è invitato a smontare dal di dentro ogni azione malvagia subita, accettandone fino in fondo le conseguenze, evitando ogni rivalsa e ogni risposta violenta, affrontando attivamente l'avversario andandogli incontro. Per acquisire questo stile di vita è necessario educarsi dando con generosità a tutti, senza avere preconcetti o diffidenze nei confronti di alcuno. Il discepolo poi non deve accontentarsi di amare soltanto i suoi amici. Gesù chiede ai suoi l'amore per i nemici seguendo il suo esempio ed il comportamento del Padre. La perfezione cristiana consiste allora nell'amore generoso offerto a tutti, anche ai nemici, rinunciando ad ogni diritto.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa santità del cristiano e la sua perfezione sono i temi che collegano le letture. Nel libro del Levitico il Signore Dio, per mezzo di Mosè, invita gli israeliti ad essere santi, "perché il Signore Dio vostro è santo". Poi è indicato che cosa significa praticamente essere santo: non coverai nel tuo cuore odio . . . non ti vendicherai . . . amerai il tuo prossimo come te stesso". Queste regole antiche sono riprese da Gesù e perfezionate nel brano del Vangelo. L'amore per il nemico e la rinuncia ad ogni forma di giustizia, anche se dovuta, sono le frontiere sulle quali il cristiano è invitato a vivere. Paolo, nella seconda lettura, indica le motivazioni che stanno alla base del comportamento di vita del cristiano. Innanzitutto il credente deve essere consapevole di costituire "il tempio di Dio", in quanto lo Spirito di Dio abita in lui; la vera sapienza poi è da ricercarsi in Dio e non nelle realtà umane. Infine la vita della comunità cristiana è finalizzata alla santità del credente, il quale sempre più deve vivere consapevolmente la sua appartenenza a Cristo: "voi siete di Cristo e Cristo è di Dio".
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo, che mi è ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
APOCALISSE
Dodicesima Lettura
Lettura
Siamo sempre all'interno della sala dove si celebra la liturgia celeste. Dopo il cantico dei vegliardi e degli esseri viventi al capitolo sesto vediamo l'apertura di altri due sigilli.
Ap 6, 9-179Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. 10E gridarono a gran voce: "Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue contro gli abitanti della terra?".11Allora venne data a ciascuno di loro una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro. 12E vidi, quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, e vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come un sacco di crine, la luna diventò tutta simile a sangue, 13le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi. 14Il cielo si ritirò come un rotolo che si avvolge, e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. 15Allora i re della terra e i grandi, i comandanti, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti; 16 e dicevano ai monti e alle rupi: "Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello, 17perché è venuto il grande giorno della loro ira, e chi può resistervi?".
Commento L'Agnello continua ad aprire i sigilli che bloccano la lettura del libro della storia. Una visione svela il significato di quanto è scritto. Nei vv. 9-11 viene spazzato il quinto sigillo. Con l'apertura del sigillo appare la Chiesa martire. Siamo idealmente condotti nel tempio celeste modellato secondo la planimetria di quello di Gerusalemme. Anche là c'era l'altare degli olocausti, ma sull'altare celeste non cola il sangue degli olocausti come accadeva a Gerusalemme, qui abbiamo il sangue dei martiri, di coloro che si sono donati totalmente per testimoniare la loro fedeltà alla Parola di Dio. Era anche tradizione antica mettere le reliquie dei martiri sotto l'altare sul quale si celebrava il rito eucaristico. Essi non sono solo i martiri cristiani ma anche quelli dell'Antico Testamento; pensiamo a tutti i martiri morti nelle persecuzioni di Antioco IV Epifane nella lotta di liberazione all'epoca dei Maccabei (167-164 a.C.). Nei libri dei Maccabei troviamo la testimonianza di tutte queste vittime come anche nel libro di Daniele. Anche la tradizione giudaica (cfr. "i detti dei padri" di rabbi Natan) pensava che i giusti fossero sepolti sotto l'altare celeste. La comunità dei martiri, i cui nomi sono registrati solo nel libro divino, intonano il loro cantico, uno dei tanti che costellano l'Apocalisse. È una specie di lamento, contrassegnato dal lacerante interrogativo proprio delle suppliche salmiche: "Fino a quando?" (cfr. Sal 13). È un grido d'attesa e di fiducia nel giusto giudizio di Dio, il vero sovrano della storia a cui spetta il compito di riportare armonia in queste vicende umani storte e piene di sofferenza. Dio solo può compiere la vendetta, mettere le cose a posto come recita il salmo 79,10: "Perché i popoli dovrebbero dire: Dov'è il loro Dio? Si conosca tra i popoli, sotto i nostri occhi, la vendetta per il sangue dei tuoi servi". Le vittime devono alla fine proclamare: "c'è un premio per il giusto, c'è un Dio che fa giustizia sulla terra!" (Sal 58,12). A questo punto avviene la vestizione dei martiri con l'abito bianco della gloria, segno della loro partecipazione alla risurrezione di Cristo e all'eterna comunione con Dio. È curioso l'appello alla pazienza e all'attesa come se ci fosse un numero prefissato di martiri, conosciuto solo a Dio, che deve essere completato. Solo allora scatterà il giudizio e la salvezza piena. Si deve attendere che la storia abbia il suo compimento, lasciando che per ora grano e zizzania crescano insieme nel campo del mondo in attesa della mietitura (cfr. Mt 13,24-43)[1] . Con un colossale apparato scenografico, caratteristico della letteratura apocalittica, abbiamo l'apertura del sesto sigillo. Attorno a questo evento si sviluppa un trittico di visioni (6,12-17; 7,1-8; 7,9-17). Noi ci soffermiamo sulla prima visione, che delinea l'intervento definitivo di Dio a suggello della storia cioè il discorso escatologico, relativo alle cose ultime. Si è in presenza di una vera e propria catastrofe ed un ribaltamento di tutto. Vengono presentati sette sconvolgimenti cosmici per raffigurare la ricomposizione della realtà in un nuovo ordine (vv. 12-14). Di fronte a questa irruzione divina le forme di difesa, di copertura, di ipocrisia non bastano più. Le cariche, le qualifiche, gli stati sociali non riescono più ad assicurare tutela e protezione. Sette tipi di persone, che incarnano l'intero arco sociale, sono costretti a nascondersi dopo aver scoperto di essere indifesi davanti a Dio. Inutilmente gli uomini cercano di nascondersi come fece Adamo all'inizio della creazione (cfr. Gen 3,8-10). La giustizia di Dio va a scovarli anche nei nascondigli più remoti. Nel v. 16 c'è una citazione di Osea 10,8 "Cadete sopra di noi e nascondeteci..." . Quello sarà il giorno dell'ira non solo di Dio ma anche dell'Agnello mite e mansueto. Anche Cristo rivela il suo volto di giudice severo. Il passo termina con una domanda retorica: chi potrà stare ritto di fronte a quell'ira tempestosa e a quella potenza infinita?
- Il male sarà sconfitto gradualmente. Noi come ci poniamo davanti agli eventi di male contemporanei? Siamo sfiduciati o nutriamo speranza in una giustizia di Dio?
- Nessuno si può sottrarre al giudizio divino. Noi abbiamo delle zone d'ombra che preferiamo tenere nascoste e che danneggiano noi e gli altri?
- Gli sconvolgimenti cosmici sono simbolo della rottura dell'armonia della creazione. Come viviamo il rapporto con la creazione?
- Anche in mezzo a queste realtà sconvolgenti Dio con i cristiani sta creando un cielo nuovo e una terra nuova. Ne siamo convinti e ci crediamo? Cosa facciamo per collaborare con Dio?
La vita
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- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
[1]Come recita Sapienza 3,1: “le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le sfiorerà”.
APOCALISSE
Undicesima Lettura
Lettura
Siamo sempre all'interno della sala dove si celebra la liturgia celeste. Dopo il cantico dei vegliardi e degli esseri viventi al capitolo sesto inizia l'apertura dei sigilli.
Ap 6, 1-81E vidi, quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, e udii il primo dei quattro esseri viventi che diceva come con voce di tuono: "Vieni". 2E vidi: ecco, un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava aveva un arco; gli fu data una corona ed egli uscì vittorioso per vincere ancora.3Quando l'Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che diceva: "Vieni". 4Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra e di far sì che si sgozzassero a vicenda, e gli fu consegnata una grande spada.5Quando l'Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che diceva: "Vieni". E vidi: ecco, un cavallo nero. Colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. 6E udii come una voce in mezzo ai quattro esseri viventi, che diceva: "Una misura di grano per un denaro, e tre misure d'orzo per un denaro! Olio e vino non siano toccati".7Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: "Vieni". 8E vidi: ecco, un cavallo verde. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli inferi lo seguivano. Fu dato loro potere sopra un quarto della terra, per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.CommentoNel silenzio l'Agnello Cristo inizia a sciogliere i sette sigilli con cui il rotolo è bloccato. Col capitolo sesto inizia uno dei grandi settenari che reggono la struttura dell'opera. È una specie di settimana universale nella quale si raccolgono le epoche storiche e si mettono insieme i periodi della storia, gli eventi e le vicende passate, presenti e future. Colpisce l'apertura dei primi 4 sigilli con la presentazione di altrettanti cavalli e cavalieri che seguono nel loro ingresso un modulo fisso. Il quadro si ispira sicuramente al profeta Zaccaria 1, 8-11 e 6,1-6. L'autore dell'Apocalisse presenta un quadro più intenso e forte. A convocare i cavalieri sono i 4 "esseri viventi" della corte celeste. Le forze terribili della storia non sono indipendenti ma sono sotto il controllo della giurisdizione divina. Il primo cavallo che entra in scena è bianco ed è cavalcato da un arciere (vv.1-2). Il significato di questa presenza è incerto. Alcuni vedono in lui Cristo Signore e vincitore del male, che cavalca gli spazi dei secoli come si dirà in 19,11-16. Il bianco è il colore della gloria pasquale e della vita luminosa di Dio. L'arco è il segno che rimanda al giudizio di Dio, la corona è il segno della vittoria presente e futura sul male. Altri pensano che questo cavaliere come gli altri siano incarnazione di un elemento negativo della storia, un emblema del potere militare in quanto il generale vittorioso sfilava nella parata militare, cavalcando un destriero bianco. Altri pensano che l'autore alluda al popolo dei Parti succeduti ai persiani e nemici dei romani. Certo che il cavallo bianco segno della vittoria e l'arco strumento bellico riportano alla battaglia degli eserciti. Assieme con gli altri flagelli che seguiranno la guerra è l'incubo che procura molte sofferenze nella storia. Il secondo sigillo viene spezzato ed appare il secondo cavallo. Il colore rosso del suo mantello evoca spargimento di sangue. Muore la pace e trionfa la violenza. È un massacro globale e il sangue inonda il pianeta ove ci si "sgozza a vicenda". Su tutta la scena si leva il simbolo terribile di una enorme spada, retto dal cavaliere (vv.3-4). Nel quadro drammatico si riassumono secoli e secoli di storia dominati dal sangue delle guerre. Si riassumono infinite storie personali dominate dal rancore, dalla vendetta e dall'odio. Si riassumono relazioni sociali fatte di sfruttamento e di oppressione[1] . Viene aperto poi il terzo sigillo ed appare il terzo cavallo con il cavaliere. Il destriero è nero ed è simbolo della morte per fame (vv.5-6). I viveri rincaravano sempre di più. Il "denaro" era la paga giornaliera di un operaio corrispondente circa a 50 euro odierni. Con un denaro si poteva acquistare solo una "misura"[2] di generi alimentari, mentre normalmente si poteva comprare da 8 a 16 misure. La bilancia indica le risorse sempre più esigue, controlli sempre più severi, uno scambio rigoroso e la fine di mercati abbondanti e prosperi con ampia offerta di derrate alimentari. È un dramma costante ancora oggi presente con un occidente opulento ed un terzo mondo miserabile ed indebitato. Il cavaliere della fame corre anche oggi in Africa, nelle favelas, nell'Amazzonia, nei campi profughi, in Siria, nel corpo denutrito dei bimbi affamati. Allo spezzare del quarto sigillo appare un cavallo verdastro cavalcato dalla morte. Il colore verde rimanda alla paura, alla cattiva salute, ma qui rappresenta i cadaveri in decomposizione (vv. 7-8). La morte è accompagnata da un triste corte: l'Ade, il dio signore dell'oltretomba, la spada, la fame, la peste, le belve. La loro signoria è vasta ma limitata infatti soltanto un quarto della terra è nelle loro mani perché Dio solo è il Signore di tutto. Guerra, violenza, fame e morte sono però presenti nella nostra storia e seminano sofferenza e angoscia.
- Si invita ad essere consapevoli del male che c'è nel mondo e a non coprirsi gli occhi o chiudere gli orecchi. È necessario vedere anche il bene che c'è nel mondo
- Nonostante il male sia presente Dio ha in mano le redini di tutto.
- È necessario non collaborare a diffondere il male e la morte.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
[1] Il Qoelet osservava: “Mi sono messo a considerare tutte le violenze perpetrate sotto il sole: ecco le lacrime delle vittime da nessuno consolate; da nessuno consolate contro il forte potere dei potenti” (Qoelet 4,1). [2]La “misura” era una unità di peso per i solidi e i liquidi, corrispondente a circa 1 litro e mezzo. Con un denaro si compravano 12 misure di grano e 24 di orzo.
LETTURA COMMENTO VITA
UNITÀ PASTORALE MADONNA DELLA SALUTE
12 febbraio 2023 – VI Domenica del T. O.
Le Scritture rivelano la volontà del PadreSiracide 15, 15-20 . Salmo 118 . 1 Corinzi 2, 6-10 . Matteo 5, 17-37
LetturaContinua la lettura del "discorso della montagna". Dopo le "beatitudini" e la breve pericope con le similitudini sul "sale della terra" e "la luce del mondo", si incontra il brano proposto dalla liturgia della VI domenica del "tempo per annum". Esso può essere suddiviso in due parti. Nella prima (vv. 17-20) vengono riportate alcune sentenze pronunciate da Gesù circa la "Legge", collegata con la volontà di Dio Padre. La seconda (vv. 19-48) delinea il comportamento concreto del discepolo, illuminato dagli insegnamenti di Gesù e quindi dalla volontà di Dio Padre. La liturgia riporta quest'oggi soltanto una parte del discorso di Gesù, fermandosi al v. 37.
Mt 5, 17-3717Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. 18In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. 19 Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: "Stupido", dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: "Pazzo", sarà destinato al fuoco della Geènna.23Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.25Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo!27Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. 28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. 29Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.31Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto del ripudio". 32Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti". 34Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. 36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no"; il di più viene dal Maligno.CommentoNel discorso ai discepoli Gesù presenta dapprima la sua posizione nei confronti della "Legge": "non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento". Nella prospettiva ebraica, la Legge - Toràh -, unita ai testi profetici, indica tutta la rivelazione di Dio consegnata al popolo nelle Scritture. Di conseguenza, dice Gesù, la volontà di Dio espressa attraverso le Scritture non è da abolire, ma va realizzata pienamente. Per tale ragione Gesù è venuto! Egli non solo completa la rivelazione della volontà di Dio attraverso i suoi insegnamenti, ma rende anche possibile la sua applicazione concreta, in tutti i particolari, in coloro che diventano suoi discepoli. Sono da leggere su questo sfondo sia la sottolineatura dell'importanza di ogni piccolo segno della Scrittura ebraica come la necessità di considerare importanti e con serietà anche i precetti più piccoli. La prima parte del discorso di Gesù si chiude con una sentenza solenne: "se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli". I discepoli di Gesù, in sostanza, parteciperanno al regno dei cieli, da lui rivelato e iniziato, nella misura in cui attueranno la volontà di Dio manifestata nelle Scritture e confermata dal ministero di Gesù. La seconda parte del discorso presenta quattro esempi di come la volontà di Dio va interpretata nelle Scritture e applicata nella vita dei discepoli. Il comandamento "non uccidere", che già richiama il giudizio di Dio per chi lo trasgredisce, viene da Gesù applicato e collegato a tutti i rapporti interpersonali interrotti dalla cattiveria umana. Per questo è estremamente necessario riconciliarsi con i fratelli. Ne va dell'autenticità del rapporto con Dio ("se dunque presenti la tua offerta...") e della credibilità della propria vita. Il comando relativo all'adulterio e al ripudio della propria moglie sono da considerare assieme. Il matrimonio, dice Gesù, è un'istituzione altamente santa perché rientra nella volontà di Dio. Chiunque opera delle scelte contrarie agli insegnamenti di Dio, circa questo istituto, si allontana dalla sua volontà e contribuisce a sgretolare la santità del progetto di Dio. Chi nella vita matrimoniale resta fedele agli insegnamenti dati da Dio e confermati da Gesù conserva tutta la santità del matrimonio. Anche circa la questione dei giuramenti Gesù invita a superare il legalismo giudaico e a vivere positivamente la comunicazione nella trasparenza della volontà di Dio: "sia invece il vostro parlare si, si; no, no; il di più viene dal maligno". (per completezza leggiamo fino al v. 48).
In conclusione Gesù fa conoscere ai discepoli la volontà di Dio Padre e per primo la mette in pratica. Nulla di quanto è contenuto nelle Scritture è da trascurare o da prendere superficialmente. In esse si rivela la volontà di Dio Padre, che va conosciuta, approfondita in tutte le sue dimensioni ed implicanze e vissuta concretamente.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl brano del vangelo di Matteo è preparato dal testo del Siracide. L'autore, con alcune dichiarazioni, afferma la responsabilità dell'uomo nella relazione di alleanza con Dio: "se vuoi, osserverai i comandamenti; l'essere fedele dipenderà dal tuo buon volere". I comandamenti e tutte le istruzioni date da Dio sono espressione della sua volontà, ma anche appello alla libera decisione dell'essere umano che può scegliere per il bene o per il male. Nella seconda lettura Paolo invita i cristiani a riconoscere e ricercare la sapienza di Dio. Chi la possiede inizia a vivere un nuovo rapporto con Dio. In questo processo di maturazione, sostenuto dall'azione dello Spirito, ha un posto decisivo la volontà di Dio, espressione della sapienza divina. Questa è offerta anche oggi ai credenti in Gesù Cristo morto e risorto.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo, che mi è ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA COMMENTO VITA
UNITÀ PASTORALE MADONNA DELLA SALUTE
5 febbraio 2023 – V Domenica del T. O. – Giornata della vita
La vita dei discepoli rivela la luce di DioIsaia 58, 7-10 . Salmo 111 . 1 Corinzi 2, 1-5 . Matteo 5, 13-16
LetturaIl brano evangelico di questa domenica si colloca nel primo lungo discorso di Gesù, secondo Matteo, detto del monte, che si estende nei capitoli 5-6-7. Il discorso ha una struttura a chiasmo, cioè ad ogni pericope della prima parte ne corrisponde una nella seconda in senso inverso. L'inizio e la fine si corrispondono e, avvicinandosi al centro, le corrispondenze parallele continuano portando il lettore all'apice del discorso di Gesù costituito dall'istruzione sulla preghiera col "padre nostro". Questo disegno letterario deve aiutare a non leggere mai i singoli passi isolati uno dall'altro, ma a collocarli all'interno del messaggio complessivo che l'evangelista vuole comunicare, riportando gli insegnamenti di Gesù.
Mt 5, 13-1613 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.14 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15 né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.CommentoLa piccola composizione di quattro versetti è strettamente collegata alle beatitudini che la precedono. Infatti ora Gesù si rivolge direttamente ai discepoli come aveva fatto anche nell'ultima beatitudine destinata ai perseguitati. Tutto il brano ruota attorno alla duplice dichiarazione di Gesù: "voi siete il sale della terra" e "voi siete la luce del mondo". Le due similitudini vengono poi spiegate da Gesù stesso. La prima, attraverso una considerazione sull'inutilità del sale quando perde il sapore, collega gli insegnamenti di Gesù con la vita dei discepoli. Costoro dicono qualcosa, servono nel mondo, hanno sapore se seguono gli insegnamenti di Gesù, altrimenti sono inutili. La seconda, con l'immagine della città collocata sopra un monte, visibile da tutti, e con quella della lucerna accesa, fatta per illuminare e non per essere nascosta, indica la vita dei discepoli destinata ad essere vista da tutti e a diventare segno luminoso. La conclusione del brano sottolinea ulteriormente l'idea appena presentata sopra. La luce delle "opere buone" dei discepoli, cioè di una vita illuminata e guidata dalla volontà di Dio, così come Gesù la rivela, diventa riferimento per gli uomini e motivo per loro di lode e ringraziamento a Dio Padre, il quale ne è la fonte e l'autore primo.
In conclusione Gesù, rivolgendosi direttamente ai discepoli, non solo collega a loro il discorso pronunciato precedentemente con le beatitudini, ma ne delinea anche la loro missione conseguente. Essi, attraverso la vita, sono invitati ad essere segno della volontà del Padre accolta ed attuata. Di tale testimonianza hanno bisogno gli uomini che in questo modo possono conoscere la luce di Dio. La reazione delle persone nei confronti dei discepoli diventa anche per loro prova di fedeltà o di lontananza dal Signore.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'immagine della luce che brilla ed illumina collega le tre letture. Abbiamo visto che nel vangelo Gesù invita i discepoli ad essere "la luce del mondo" e questa luce deve sfolgorare dalle loro opere buone. Il testo di Isaia aiuta a concretizzare le indicazioni date da Gesù. Il profeta, in polemica con un culto formalistico e sterile, indica quali sono le condizioni per partecipare adeguatamente alle benedizioni del Signore. Egli dice: "spezza il tuo pane con l'affamato, introduci in casa i miseri, senzatetto, vesti chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente". Se il credente si lascia trascinare dall'impulso della solidarietà nei confronti delle necessità materiali e sociali del prossimo, allora la sua "luce sorgerà come aurora...". Alla fine del brano il profeta aggiunge: "se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito ed il parlare empio ..., allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio". Vivendo questi gesti di amore, queste "opere buone", non solo si fa l'esperienza della salvezza che Dio ha promesso e realizzato per mezzo di Gesù, ma si comunica la salvezza anche agli altri, perché si è luce che illumina e si testimonia l'amore di Dio. È stata l'esperienza di Paolo che a Corinto, presentandosi "con molto timore e trepidazione", attraverso la "manifestazione dello Spirito e della sua potenza" è riuscito a fondare la fede di quella comunità non "sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio". Questa sicuramente brilla nella solidarietà fraterna e nella carità generosa.
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APOCALISSE
Decima Lettura
Lettura
Col capitolo quinto siamo sempre nella sala del trono celeste. Dopo la presentazione dei personaggi ed aver ascoltato il canto corale si assiste ad un evento simbolico.
Ap 5, 1-141E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. 2Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: "Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?". 3Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. 4Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo.5Uno degli anziani mi disse: "Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli".6Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. 7Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. 8E quando l'ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d'oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, 9e cantavano un canto nuovo:"Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, 10e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra".11E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia 12e dicevano a gran voce: "L'Agnello, che è stato immolato,è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione". 13Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: "A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli".14E i quattro esseri viventi dicevano: "Amen". E gli anziani si prostrarono in adorazione.CommentoIl brano si apre con la presentazione della mano destra di colui che sedeva sul trono. La destra è la mano del potere della forza e del castigo. Al centro ora c'è il LIBRO (biblìon) un rotolo di pergamena. Anche Ezechiele aveva visto durante la sua chiamata una mano tesa con un rotolo scritto (cfr. Ez 2,9-10). I rotoli di solito erano scritti solo all'interno mentre il nostro è scritto davanti e dietro ed è completo e non è un libro umano. Il rotolo o il testo è sigillato con sette sigilli, perché è un messaggio bloccato che deve essere ancora svelato-rivelato ed ora è soltanto nella mente di Dio. Il desiderio di conoscere quello che è scritto nel testo è grande ma nessuno riesce ad aprirlo. Quello che è scritto nel rotolo è fondamentale per conoscere la strada da percorrere nella vita. Il rotolo ha un valore simbolico ed il contenuto consiste nel piano divino riguardante la storia ed il senso ultimo degli eventi umani. Tutto questo emerge dal dialogo che si costruisce nell'aula celeste. Tre sono i personaggi che intervengono. Il primo è il così detto "angelo interprete" delle visioni apocalittiche e spesso presente nel libro di Daniele. L'angelo pone il grande interrogativo: chi è capace di penetrare il mistero della storia? (v.2). chi è in grado di dipanare il groviglio delle nostre vicende? La risposta è scontata e amara: nessuno. I sigilli del mistero nessuno riesce ad aprirli: né gli angeli, né gli uomini, né i defunti. Il piano salvifico di Dio riguardante tutte le realtà potrà essere aperto e svelato solo da chi partecipa alla mente, alla vita, al mistero di Dio stesso. All'oscurità dei sigilli reagisce il secondo attore del dialogo: Giovanni. Egli dà voce al pianto di tutta l'umanità che desidera trovare un significato a tutto il suo vivere, soffrire e amare. È l'angoscia di chi non sa dare risposte alle grandi domande di senso. Sono lacrime che non trovano consolazione nelle ideologie umane, nell'agire frenetico, nell'illusione dei sogni. La possibilità di senso e di salvezza non è nelle nostre mani ma in quelle di un essere trascendente. Il terzo personaggio che interviene nel dialogo è uno dei ventiquattro anziani ed afferma che esiste uno che è in grado di aprire il rotolo e decifrarlo (v.5). sarà Cristo risorto a svelare il senso ultimo della storia. Egli è raffigurato come un leone, simbolo della tribù di Giuda da cui discende come stirpe davidica (Gen 49,9-10) e come un germoglio sulla scia degli annunci di Isaia (Is 11,1) e Zaccaria (3,8; 6,12). Ma invece di un leone annunciato entrerà in scena un agnello che si erge ritto, risorto, sul trono anche se è stato immolato nella sua passione e morte. Il simbolo cristologico dell'agnello è fondamentale nell'Apocalisse e ricorre 29 volte. Il rimando è all'agnello pasquale di Esodo 12,1-27, alla figura messianica di Isaia 53,7 e al Battista che proclama Cristo "Agnello di Dio" (Gv 1,29.36). l'Agnello ha sette corna (onnipotenza), sette occhi (onniscienza provvidente) identificati con i sette Spiriti cioè la pienezza dello Spirito Santo. In Cristo si concentrano le stesse qualità di Dio: la potenza, la onnipresenza, la provvidenza. L'agnello prende in mano il rotolo e simboleggia l'intronizzazione di Gesù salvatore che rivela il Padre (Pantocrator). Di fronte all'Agnello la corte celeste formata dai 24 anziani e dai 4 viventi (cioè tutta la storia) si prostra davanti a lui. È una vera liturgia cosmica a cui è invitata ad associarsi la Chiesa con la sua liturgia terrena. Le coppe che esalano profumo raffigurano la lode orante della comunità credente (v.8). L'inno ha un triplice sviluppo. I membri della corte celeste cantano l'inno incentrato sul mistero pasquale (vv9-10). Il verbo "riscattare" rimanda alla liberazione di Israele dall'Egitto (cfr. 4,22). Cristo continua quest'opera per tutta l'umanità. Come già in 1,6 si ribadisce che il popolo riscattato è fatto di re e sacerdoti che hanno il compito di reggere e santificare il mondo. Il secondo coro è angelico ed ha dimensioni immense, innumerabili ed esaltano l'Agnello. Il terzo coro che loda è costituito dalle creature del cosmo del creato. L'Amen sigilla il canto di lode e apre all'adorazione silenziosa.
- Noi davanti alle situazioni difficili ci preoccupiamo di trovare un senso? E dove lo ricerchiamo?
- È l'Agnello immolato – Cristo morto e risorto che da senso a ogni cosa ed è risposta concreta ad ogni problema. Ne siamo consapevoli? O cerchiamo altri redentori?
- La redenzione di Cristo ha operato nel passato nel presente e nel futuro e ad opera nostra. Noi partecipiamo a questa vittoria nella celebrazione liturgica e riceviamo da Lui il mandato di trasformare il mondo. Cosa posso fare io per collaborare con Cristo per la salvezza del nostro mondo oggi?
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
APOCALISSE
Nona Lettura
Lettura
Col quarto capitolo si apre la parte centrale e più importante del libro. In essa si celebra la liturgia dell'Agnello che è Cristo morto e risorto. L'autore per parlare delle realtà descritte tiene presente dei modelli biblici ed in particolare i racconti di vocazione di Isaia (c. 6) ed Ezechiele (c. 1).
Ap 4, 1-111Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: "Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito". 2Subito fui preso dallo Spirito. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. 3Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile nell'aspetto a smeraldo avvolgeva il trono. 4Attorno al trono c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo. 5Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio. 6Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d'occhi davanti e dietro. 7Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un'aquila che vola. 8I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: "Santo, santo, santo il Signore Dio, l'Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!". 9E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, 10i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono, dicendo: 11"Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create".CommentoIl testo inizia con l'apertura dell'aula regale celeste: i battenti spalancati sono il segno della diretta e libera comunicazione tra Dio e l'umanità, tra cielo e terra . L'esperienza che si è invitati a vivere è espressa con due verbi: vedere e ascoltare. Il contenuto della visione e dell'ascolto riguarda la rivelazione del progetto divino nei confronti della storia. Le vicende umane, così tormentate e sconvolte, sono in realtà nelle mani di Dio, arbitro ultimo degli eventi. (v.1). nella descrizione dell'evento c'è un riferimento alla manifestazione di Dio al Sinai: lampi, tuoni, voci (v5), dalla tromba possente (v.1), dal mare cristallino (v.6). esso richiama il Mar Rosso, lasciato dagli ebrei quando arrivarono al Sinai. Al centro di tutto domina il trono divino. Mentre Ezechiele parlava di carro mobile. Colui che è assiso sul trono è una figura misteriosa, velata e invisibile. Le percezioni dell'occhio umano intuiscono solo i bagliori che rimandano alle pietre preziose e al loro sfavillare. Le pietre preziose indicate sono sempre state ritenute le più preziose e le più raggianti. La contemplazione del mistero di Dio è come penetrare in un gorgo di luce: "Dio abita una luce inaccessibile" (1Tm 6,16). Fissiamo anche noi lo sguardo sul trono e sul suo apparato. Giovanni pone al centro di tutto questo seggio regale. Attorno al trono si ha in alto l'arcobaleno che richiama l'aureola, ma anche l'arcobaleno tracciato da Dio davanti a Noè (cfr. Gen 9,12-17). Questo arco è simbolo della misericordia e della comunicazione di Dio con l'umanità. In basso, attorno al trono, vi sono 24 troni più bassi con 24 personaggi simili ai consiglieri che circondavano l'imperatore romano, costituendo il consiglio della corona (v.4). dal trono escono bagliori, lampi e tuoni come in una teofania, cioè in una solenne apparizione-rivelazione della divinità. Davanti al trono si levano in altro le sette lampade o fiaccole che rappresentano "i sette spiriti di Dio", cioè lo Spirito divino in tutta la sua pienezza di luce e d'amore simboleggiati dal fuoco. In basso c'è il mare cristallino, segno del caos primordiale dominato da Dio (v.6). In mezzo al trono e attorno ad esso ci sono 4 esseri viventi, che sono gli altri personaggi di rilievo della corte celeste e che sembrano evocare i cherubini della vocazione di Ezechiele o i serafini di quella di Isaia, esseri angelici con tratti zoomorfi. In un trionfo di luce e di colori, che rimandano alla gloria pasquale, , le due serie di personaggi (i 24 e i 4) intonano un canto, un inno liturgico, con doppio coro, indirizzato al Signore del Cosmo e della storia (vv.8-11). Esso si apre con Santus, il trisagio, il tre volte santo elevato a Colui che è assiso sul trono (sicuramento preso da Isaia 6,3). L'attenzione si fissa sui personaggi. I 24 anziani, i presbiteri, che nel NT indicano coloro che sono a capo delle comunità. Essi rappresentano il popolo di Dio convocato a partecipare all'assemblea celeste. Perché sono 24? Le dodici tribù d'Israele e i 12 apostoli? Antico e Nuovo Testamento? Le 24 classi sacerdotali in servizio presso il tempio di Gerusalemme (cfr. 1Cronache 24,7). Sicuramente rappresentano il popolo di Dio antico e nuovo. E i 4 viventi chi sono? Nella Bibbia il 4 rimanda alla totalità cioè ai quattro punti cardinali. Essi con gli occhi numerosissimi raffigurano l'onnipotenza e l'onnipresenza di Dio che su tutto vigila e nulla gli può rimanere nascosto. Il loro aspetto forse si riferisce ai segni dello zodiaco e denotano il cosmo? A partire da Ireneo di Lione morto nel 202 essi rappresentano gli evangelisti. Essi sono la presenza di Dio che col suo Spirito opera in tutto.
- Ogni celebrazione che viviamo ci porta al cospetto di Dio il Santo. Viviamo così le nostre celebrazioni?
- Le nostre celebrazioni non sono un atto di pietà personale, ma sono l'unione della storia e del creato davanti a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Ne siamo consapevoli? Cosa dobbiamo cambiare nella nostra spiritualità?
- Ogni celebrazione è rinnovare la creazione e la vita della comunità. Viviamo così le nostre liturgie?
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
[1] Cfr. A. LANCELLOTTI, Apocalisse, Edizione Paoline, Roma 1970; G. RAVASI, Apocalisse, Edizioni Piemme spa, Casale Monferrato 1999. U. VANNI, Apocalisse di Giovanni, Cittadella editrice, Assisi 2018.
LETTURA COMMENTO VITA
UNITÀ PASTORALE MADONNA DELLA SALUTE
29 gennaio 2023 – IV Domenica del T. O.
Invitati tutti ad esser feliciSofonia 2,3; 3,12-13 . Salmo 145 . 1 Corinzi 1,26-31 . Matteo 5,1-12
LetturaIl quarto capitolo di Matteo si chiude con una sintesi riassuntiva che presenta Gesù all'opera in Galilea attraverso l'insegnamento, la proclamazione del vangelo del regno e la guarigione di ogni sorta di malattia. A causa della sua fama, diffusasi fino in Samaria, e delle numerose folle che lo seguivano, provenienti da ogni regione, si crea il nucleo portante di quel popolo, che con i discepoli diventa destinatario del primo discorso programmatico detto del monte.
Mt 5, 1-121Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:3"Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.4Beati quelli che sono nel pianto,perché saranno consolati.5Beati i miti,perché avranno in eredità la terra.6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,perché saranno saziati.7Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia.8Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio.9Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio.10Beati i perseguitati per la giustizia,perché di essi è il regno dei cieli.11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.CommentoIl brano odierno si apre con una scena estremamente spettacolare. Gesù sul monte, con i suoi discepoli vicini, si rivolge alle genti per ammaestrarle. Come nuovo Mosé, dalla montagna santa, egli proclama le beatitudini. Queste esprimono la situazione di felicità di alcune categorie di persone che si trovano in determinate condizioni. Vediamone alcune. Sono felici i "poveri in spirito" ed "i miti", cioè coloro che vivono positivamente la pazienza, con umiltà e delicatezza verso chiunque. Tale mitezza è possibile solo attraverso un distacco progressivo dalle cose, dagli interessi e da se stessi, perché ogni sicurezza è posta nella volontà di Dio. Gli "afflitti" sono coloro che condividono in solidarietà la sofferenza degli altri. I "puri di cuore" non si accontentano della purità rituale, ma si impegnano ad eliminare da sé ogni forma di doppiezza. Chi ha "fame e sete della giustizia", o è perseguitato a causa di essa, è colui che ricerca la volontà di Dio Padre per la salvezza e generosamente desidera attuarla. Infine sono beati i discepoli perché, vivendo il vangelo, suscitano avversità e persecuzioni da parte di altri uomini, "a causa" di Gesù. Da ultimo va notato che i soggetti delle beatitudini sono diversi. Le prime otto coinvolgono tutti gli uomini, idealmente uditori del discorso di Gesù, mentre la nona ha come protagonisti i discepoli. Questa organizzazione del discorso porta a pensare che Gesù consideri felici, cioè beati, non solo i discepoli ma anche tutti gli uomini che vivono le situazioni da lui indicate, indipendentemente dal rapporto di conoscenza esplicita con lui. Così Gesù, all'inizio della sua predicazione, rivela un progetto fortemente universale, che di fatto arriva a toccare tutti gli uomini. Questi conosceranno il vangelo attraverso i discepoli, che Gesù manderà a tutte le genti dopo la sua resurrezione. E tutte le genti, alla fine della storia, saranno convocate attorno al trono, su cui siede il Figlio dell'uomo, per essere giudicate proprio in base alle beatitudini accolte e messe in pratica nella vita (cf Mt 25,31ss).
All'inizio della sua predicazione Gesù proclama le beatitudini che si riferiscono ai discepoli e a tutti gli uomini. Costoro sono beati perché in certe situazioni vivono evangelicamente anche se non sono consapevoli. I discepoli invece sono beati se nel nome di Gesù applicano consapevolmente il vangelo in ogni momento della vita, anche se devono affrontare la persecuzione. Tale prospettiva invita non solo a prendere sul serio le parole di Gesù, ma ad avere anche la sua apertura universale, che di fatto non esclude nessuno dal regno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl profeta Sofonìa, nella prima lettura, proclama alcune parole sul "resto d'Israele", quella parte del popolo che rimane "umile e povero" e confida "nel nome del Signore". Con tale consapevolezza i fedeli seguono gli ordini del Signore, cercano la giustizia e l'umiltà, non commettono iniquità e non proferiscono menzogna, perché trovano riparo nel Signore. È lui infatti che, attraverso la sua azione sovrana, garantisce un futuro di felicità e di vita ai poveri e ai perseguitati. Lo afferma Paolo nella seconda lettura: "... Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato... perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio". La riflessione dell'apostolo è in sintonia con le beatitudini, proclamate da Gesù, secondo Matteo, all'inizio del lungo discorso della montagna. La conclusione di Paolo diventa significativa per i credenti: "chi si vanta, si vanti nel Signore". I credenti trovano la felicità e la sicurezza non nella loro condizione sociale, economica e culturale, e nemmeno nel loro comportamento etico, ma nella relazione di fede con Dio vissuta nello spirito delle beatitudini indicate da Gesù.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo, che mi è ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA COMMENTO VITA
UNITÀ PASTORALE MADONNA DELLA SALUTE
22 gennaio 2023 – III Domenica del T. O.
Seguire Gesù è convertirsiIsaia 8,23b-9,3 - Salmo 26 - 1 Corinti 1,10-13.17 - Matteo 4,12-23
LetturaLa liturgia domenicale riprende la lettura del vangelo di Matteo. Dopo la predicazione di Giovanni Battista ed il battesimo di Gesù al fiume Giordano, si incontra il passo che presenta le tentazioni di Gesù nel deserto. Questo brano è per il momento tralasciato e sarà ripreso all'inizio della Quaresima. Si passa ora ad un testo abbastanza articolato che costituisce il brano odierno.
Mt 4, 12-2312Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: 15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! 16 Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. 17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino". 18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini". 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. 24La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì.CommentoIl brano si articola in tre scene tra loro collegate. Il primo quadro presenta la cornice storica e spirituale in cui si pone il primo annuncio programmatico di Gesù (4,12-17). Il secondo è costituito dalla chiamata delle due coppie di fratelli (4,18-22). Infine, l'ultima scena offre un quadro riassuntivo dell'attività itinerante di Gesù in Galilea (4,23-25). Di quest'ultima parte il testo liturgico riporta soltanto il primo versetto. Si inizia con la notizia di un trasloco di Gesù. Egli lascia Nazaret, la città dove aveva dimorato con la famiglia dopo il ritorno dall'Egitto, e si trasferisce nella cittadina di Cafarnao, sulle rive del lago di Galilea. Perché questo spostamento? Per adempiere la volontà del Padre, che si esprime attraverso le Scritture: "perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia". Il territorio di Zabulon e di Neftali, indicato dalla citazione isaiana, corrisponde alla regione che si estende sulla riva occidentale del lago, a nordovest, dove anticamente risiedevano le due tribù e dove sorge Cafarnao. Quel territorio è chiamato anche "Galilea delle genti" o dei pagani. Qui infatti, a causa delle vicissitudini storiche, gli ebrei residenti si erano mescolati con i pagani, perdendo la loro identità originaria. Così dai capi religiosi di Gerusalemme gli abitanti della Galilea erano considerati dei pagani. Ed è proprio qui che Gesù, seguendo la volontà del Padre, inizia il suo ministero rivolto alle pecore perdute della casa d'Israele. Non solo gli abitanti della Galilea, ma anche tutto il popolo, nel suo insieme, hanno bisogno di essere guidati dalla luce che egli porta. Per questo la sua predicazione inizia con l'invito alla conversione, al cambiamento radicale della vita iniziando a cambiare il modo di pensare, a riprendere il cammino che è stato smarrito: "Convertivi, perché il regno dei cieli è vicino". L'urgenza della conversione è data dalla vicinanza del regno dei cieli, cioè del regno di Dio, attraverso la persona di Gesù, le sue parole ed i suoi gesti di salvezza. A questo punto Matteo inserisce nella narrazione la chiamata delle due coppie di fratelli, avvenuta sulle rive del lago. Essi diventano così un modello concreto di conversione. Infatti stabiliscono un rapporto irreversibile con Gesù e, dopo aver ascoltato le sue parole, mettono subito in pratica concretamente quegli insegnamenti. Così il maestro incontrato, orienta in modo decisivo e definitivo tutta la loro esistenza. Attraverso queste esperienze qualificanti, Gesù abilita i suoi discepoli ad essere "pescatori di uomini", cioè a continuare con la propria vita e con la testimonianza ad invitare gli uomini a conversione, come faceva Gesù, perché tutti possano entrare nel regno. L'attività evangelizzatrice e sanante di Gesù, presentata nell'ultimo versetto, deve diventare l'esperienza che qualifica la vita della Chiesa e di ogni cristiano.
Gesù inizia il suo ministero pubblico, guidato dalla volontà del Padre, sulle rive del lago di Galilea. Egli invita tutti alla conversione, che è indispensabile per incontrare realmente Dio Padre, il quale si fa vicino ad ogni uomo per mezzo del suo Figlio. La vera conversione consiste nel prendere sul serio il rapporto personale con Gesù e nel mettere in pratica concretamente i suoi insegnamenti. Così tutti si diventa evangelizzatori.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo, che mi è ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
APOCALISSE
Ottava Lettura
Lettura
Nel terzo capitolo continuano le lettere mandate alle sette chiese. Gesù alla maniera di un capo di comunità da indicazioni concrete per la vita della gente. Sono indicazioni pastorali. Le lettere hanno una forma letteraria identica. Esse però non fanno parte del genere epistolare classico. Oggi vediamo l'ultima delle sette lettere.
Ap 3, 14-2214All'angelo della Chiesa che è a Laodicèa scrivi:"Così parla l'Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio. 15Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! 16Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. 17Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. 18Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista. 19Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti. 20Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. 21Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono. 22Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese".CommentoLa settima ed ultima lettera è indirizzata alla Chiesa di Laodicea, prospera città a oriente di Efeso nella valle del fiume Licos, sulla strada dei commerci con i paesi d'Oriente. Il nome è stato dato in onore della moglie del fondatore, il re siro-ellenistico Antioco II (260-247 a.C.). Era una città ricca nella quale c'era molta vivacità e il divertimento dilagava. Anche la comunità cristiana era stata contaminata da questo clima e Cristo, presentato come "l'Amen" e "Testimone fedele e veritiero, il Principio della creazione di Dio", sferza un violento attacco ai cristiani. Gesù presentandosi come l'Amen, concentra su di sé le fedeltà di Dio alle sue promesse verso l'uomo e verso il creato. Teniamo presente che siamo in un contesto liturgico e a questo gruppo il Risorto si presenta come Amen e l'assemblea a sua volta risponde amen. Gesù risorto-amen sarebbe la realizzazione piena delle promesse di Dio a cui la comunità ecclesiale risponde con amen e cosi si crea una relazione profonda tra Gesù e la comunità. Il Testimone... ancora nella linea di Amen, cioè Gesù è la concretizzazione delle promesse in quanto la sua testimonianza è la concretizzazione fedele della Parola di Dio. Principio della creazione... Gesù risorto è il principio dell'azione creativa di Dio (cfr. Gv 1,1ss). Come è stato l'inizio del creato così lo è della comunità nuova e ne è anche la fine (alfa e omega 1,8). Gesù chiede di essere capito e riscoperto per portare a compimento la realizzazione della sua Parola nella comunità, che realizzerà unita a lui l'azione creatrice di Dio. Nella civiltà del benessere Dio non è combattuto ma ignorato, il male ed il bene si confondono, il peccato non è considerato nella sua gravità ed è accolto con superficialità. Questa situazione rende tiepida ed indifferente la coscienza . Con una immagine veramente forte è presentata la nausea alla bocca di Cristo ed il rigetto delle situazioni di questo genere, perché egli non tollera il compromesso, l'ambiguità, la banalità, la superficialità ed il vuoto interiore. La Chiesa di Laodicea viene di conseguenza vomitata, respinta, rigettata lontano nel silenzio e nelle tenebre. Laodicea era una città ricca piena di commercio e attività finanziarie, con banche e centri commerciali. Anche la Chiesa si era lasciata tentare dalla ricchezza convincendosi di essere autosufficiente. Il benessere crea la coscienza ottusa; l'orgoglio di ogni genere (spirituale, intellettuale, economico) acceca la mente; le tante cose possedute portano ad autogiustificarsi: "Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla". Le parole di Cristo smascherano le povertà che le ricchezze procurano. La lettera nella conclusione presenta l'atteggiamento educativo di Gesù Cristo, l'invito alla conversione e una descrizione della dinamica della salvezza: v. 20. Infine lo Spirito annuncia ai cristiani (i vincitori e fedeli), che se restano uniti a Cristo, l'intronizzazione con lui nella gloria (v. 21).
Anche noi viviamo in una società ricca ed opulenta piena di rischi e di divinità pagane. Abbiamo delle divinità pagane nella nostra vita?
Davanti a Cristo manifestazione massima del Padre rischiamo l'indifferenza, la superficialità, la relativizzazione.
Uniti a Gesù si evita questo pericolo, però è necessario conoscerlo e vivere i suoi insegnamenti. Facciamo questo?
Si è uniti a Gesù se si ascolta la sua Parolo, se si apre la nostra vita perché lui entri.
Uniti a Gesù partecipiamo già ora alla sua gloria, e cioè alla vittoria sul male e sulla morte, e poi per sempre nell'eternità
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
APOCALISSE
Settima Lettura
Lettura
Nel terzo capitolo continuano le lettere mandate alle sette chiese. Gesù alla maniera di un capo di comunità da indicazioni concrete per la vita della gente. Sono indicazioni pastorali. Le lettere hanno una forma letteraria identica. Esse però non fanno parte del genere epistolare classico.
Ap 3, 1-131All'angelo della Chiesa che è a Sardi scrivi:"Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle. Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto. 2Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio. 3Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convèrtiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te. 4Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni. 5Il vincitore sarà vestito di bianche vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. 6Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese".7All'angelo della Chiesa che è a Filadèlfia scrivi:"Così parla il Santo, il Veritiero, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre. 8Conosco le tue opere. Ecco, ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, hai però custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. 9Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di Satana, che dicono di essere Giudei, ma mentiscono, perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato. 10Poiché hai custodito il mio invito alla perseveranza, anch'io ti custodirò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. 11Vengo presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona. 12Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, dal mio Dio, insieme al mio nome nuovo. 13Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese".CommentoLa quinta lettera è destinata alla Chiesa della città di Sardi. Sorgeva a 60 Km a sud-est di Tiàtira ed un tempo era una metropoli ricca. Fu poi tormentata da guerre e da un terribile terremoto che la rase al suolo nel 17 d.C., ridimensionandola per sempre. Cristo si presenta davanti a questa nella pienezza dello Spirito divino (i "sette spiriti" cfr. 1,4) e nella sua signoria sulle Chiese (le "sette sorelle"). Durissimo è il suo giudizio che piomba come un maglio sulla comunità che si illude di essere viva, mentre in realtà è in agonia. Stà infatti sprofondando nel sonno della morte spirituale, dell'indifferenza, della freddezza. Cristo però può irrompere all'improvviso al suo interno, come il ladro che si fa strada senza preavviso nella notte (cfr. Lc 12,39); egli vuole scuotere questa Chiesa moribonda prima di condannarla. Ecco allora l'appello caloroso ai cristiani di quella città a svegliarsi, a ritornare vigilanti, a rianimarsi così da non essere intorpiditi quando il Signore "verrà nell'ora che non immaginate" (Mt 24,44). C'è infatti ancora un seme vivo a Sardi; sono quei "pochi nomi" (v.4) che rappresentano il nucleo fedele e generoso dei cristiani, come nell'Antico Testamento c'era un "resto" di giusti che seguivano i precetti del Signore. A costoro è riservata una parola di speranza attraverso il simbolo delle vesti candide, segno di gloria divina, di luce eterna, di vita immortale, di elezione per il Regno di Dio. Era questa la divisa battesimale che per otto giorni veniva indossata dai cristiani dopo i sacramenti ricevuti nella notte di Pasqua. La veste candida non doveva essere macchiata dalla colpa. Alle vesti è associata l'iscrizione dei giusti nel "libro della vita" (13,8; 17,8; 20,12.15; 21,27), cioè in quel codice grande e misterioso in cui Dio segna tutte le vicende dell'umanità, anche le più segrete e oscure, ma soprattutto il bene compiuto degli uomini e dalle donne ed i nomi degli eletti (cfr. Sal 69,29; Es 32,32-33; Is 4,3). Costoro saranno riconosciuti da Cristo nel giorno del giudizio e presentati al Padre come suoi fedeli testimoni secondo quanto egli aveva promesso: "Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio" (Mt 10,32). La tenebra che avvolge la chiesa di Sardi è squarciata dal candore delle vesti candide di coloro che sono rimasti fedeli. Essi scortano Cristo e con lui si avviano verso la gloria, certi che "in quel tempo sarà salvato chiunque del tuo popolo si troverà scritto nel libro della vita" (Didachè 12,1).
La sesta lettera è destinata alla Chiesa della città di Filadelfia. Fondata nel 140 a.C. da Attalo II Filadelfo, re di Pergamo dal quale prese il nome. Oggi la città è Alasehir, ed era una modesta città a 60 km a sud-est di Sardi. Le immagini iniziali sono la porta e la chiave. Cristo è definito con una espressione del libro di Isaia: "la chiave di Davide", era un ministro del re di Giuda che reggeva la chiave segno del suo potere a corte, per cui "se egli apre nessuno chiuderà e se egli chiude nessuno aprirà" (Is 22,22). Cristo ha dunque la chiave che apre la porta del Regno di Dio; egli è il mediatore tra Dio e l'umanità. L'immagine della porta viene riferita alla Chiesa di Filadelfia, una comunità piccola e indifesa ma salda nella sua testimonianza di fede. Infatti Cristo le annuncia l'apertura di un'altra porta in modo definitivo: forse si vuole indicare l'attività missionaria che questa comunità svolgerà. Subito dopo dalla "Sinagoga di Satana", cioè dagli ebrei infedeli alla loro chiamata (cfr. 2,9) alcuni vengono verso la chiesa. Essi si prostrano ai piedi dei cristiani, ne riconoscono il primato ed entrano nella comunità che prima avevano combattuto. L'orizzonte poi si allarga al mondo intero, a tutta l'umanità, al giudizio divino che semina terrore contro i peccatori. La comunità di Filadelfia dovrà conservare la sua fedeltà perseverante per essere salvata nel giorno della prova. Nel v. 10 si nota il gioco di parole sul verbo greco terèin: conservare, custodire, osservare. Come i cristiani di questa città hanno saputo "conservare" fedelmente la Parola di Dio osservandola in mezzo a mille tentazioni, così Cristo li conserverà sotto la sua protezione. Poi c'è un nuovo simbolo: la colonna del tempio, anticipazione della città celeste, dove i fedeli saranno come le colonne del nuovo santuario. Un altro simbolo si inserisce, che già abbiamo visto, il nome inciso su chi è rimasto fedele (cfr. 2,17). Sono tre i nomi: il nome di Dio, il nome della città santa, il nome di Gesù. Imporre il nome nel linguaggio biblico significa creare una relazione di appartenenza che nulla e nessuno spezzerà mai.
Alcune domande provocazioni- La persona e le comunità muoiono se le opere non sono sostenute e alimentate dalla Parola che va custodita e da essa portati alla conversione.
- La Parola rende vincitori da la vita e crea comunione col Padre.
- La Parola lega in modo inscindibile a Dio, alla comunità e a Gesù Cristo.
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- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
LETTURA COMMENTO VITA
UNITÀ PASTORALE MADONNA DELLA SALUTE
15 gennaio 2023 – II Domenica del T. O.
Gesù libera il mondo dal peccatoIs 49,3.5-6 – Sal 39 - 1 Cor 1,1-3 – Gv 1,29-34
LetturaDopo il prologo (Gv 1,1-18), che la liturgia ci ha proposto nella celebrazione di Natale e della seconda domenica dopo Natale, il vangelo di Giovanni riporta la testimonianza del Battista. Costui, di fronte agli inviati dei sacerdoti e dei leviti, presenta la sua identità e la sua missione (Gv 1,19-28). Quando poi vede Gesù avvicinarsi, egli parla del Messia. È questo il contenuto del passo della domenica odierna.
Giovanni 1,29-3429 Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30 Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me". 31 Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele". 32 Giovanni testimoniò dicendo: "Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33 Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". 34 E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio".CommentoLa pericope liturgica può essere divisa in due parti. Nella prima (vv. 29-31) Giovanni Battista presenta Gesù «agnello di Dio» che era prima di lui. Nella seconda (vv. 32-34) il profeta del deserto dichiara la stretta relazione esistente tra Gesù e lo Spirito Santo. Analizziamo meglio le due parti. Vedendo Gesù che viene verso di lui il Battista dichiara: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!". L'immagine dell'agnello rimanda ai molti contesti biblici nei quali ricorre l'agnello: i sacrifici al tempio, l'agnello pasquale, il servo del Signore, che come agnello è condannato a morte violenta ed ingiusta. Tutte queste sono però metafore e nessuna di esse è collegata direttamente al perdono dei peccati. Per capire bene l'immagine dell'«agnello di Dio» occorre rifarsi all'agnello di cui si parla nel dialogo tra Abramo ed il figlio Isacco, quando stanno salendo sul monte del sacrificio (Gn 22). Alla domanda del figlio: "dov'è l'agnello per l'olocausto?", Abramo risponde: "Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio". Sullo sfondo di questa immagine del sacrificio di Isacco si comprende il senso delle parole del Battista. Gesù è l'agnello, che Dio ha inviato per essere immolato al posto di tutta l'umanità e per togliere definitivamente il peccato del mondo. È evidente a questo punto il rimando diretto alla passione - morte - resurrezione del Signore. Giovanni Batista completa la sua testimonianza su Gesù dicendo che dopo di lui viene uno più grande, perché esiste da prima, e tutto il suo ministero, caratterizzato dal battesimo con acqua, serve a far conoscere Gesù a Israele. La seconda parte della pericope ruota attorno alla visione della discesa e della permanenza dello Spirito su Gesù. È lo Spirito che fa conoscere al Battista Gesù, il figlio di Dio, ed è attraverso lo Spirito che Gesù dona il nuovo battesimo. Infatti col dono dello Spirito Santo, dato ai discepoli la sera di Pasqua (Gv 20,22-23), essi partecipano alla sua morte e resurrezione, ricevendo la remissione dei peccati.
All'inizio del ministero di Gesù, attraverso la testimonianza del Battista, l'evangelista delinea la finalità della venuta del Signore. Il figlio di Dio viene nella storia per liberare l'umanità dal peccato e per rendere tutti figli di Dio. Questo dono può essere riconosciuto ed accolto nella misura in cui ci si lascia guidare dallo Spirito Santo. È poi lo Spirito che spinge a rendere testimonianza a Gesù Cristo dappertutto.
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LETTURA COMMENTO VITA
UNITÀ PASTORALE MADONNA DELLA SALUTE
8 gennaio 2023 –
Battesimo del SignoreLetturaIl passo del vangelo di Matteo, che narra il battesimo di Gesù, è collocato all'inizio della sua attività pubblica ed è in stretto collegamento con la predicazione penitenziale di Giovanni Battista. Si può dire che la vicenda costituisce un apice narrativo nel quale vengono presentati compiutamente i due personaggi e la loro missione, ricevuta da Dio. Analizziamo più dettagliatamente il brano.
Mt 3, 13-17In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento».CommentoIl testo di Matteo si può suddividere in tre parti. All'inizio troviamo l'introduzione narrativa (3,13) dove si presenta Gesù che, provenendo dalla Galilea, giunge al Giordano per essere battezzato da Giovanni. Al centro del racconto (3,14-15) si ha la novità di Matteo, rispetto agli altri evangelisti sinottici, cioè un dialogo tra Giovanni e Gesù che serve a definire lo scopo del battesimo di Gesù. Giovanni, infatti, coerente con i suoi insegnamenti, non vuole dare a Gesù il battesimo penitenziale, perché il Messia è più forte di lui ed egli non è degno nemmeno di portargli i sandali. Per questo afferma: "io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?". La risposta di Gesù rivolta a Giovanni è di lasciare fare "per ora", in quanto è necessario adempiere o portare a compimento pieno ogni giustizia. Nella tradizione biblica il significato di giustizia è la volontà di Dio per la salvezza degli uomini. Così Gesù esprime la sua totale disponibilità ad aderire alla volontà di Dio Padre per la salvezza, che egli vuole realizzare in mezzo agli uomini. Questo progetto salvifico si inaugura col battesimo al Giordano. Allora come Gesù acconsente di compiere la volontà del Padre, che lo vuole solidale con gli uomini per la loro salvezza, così anche Giovanni acconsente di battezzare Gesù nel Giordano. Il racconto si chiude con la scena di rivelazione (3,16-17), che conferma quanto detto sopra. Mentre Gesù esce dall'acqua i cieli si aprono, come segno di comunicazione efficace tra Dio e gli uomini, ed egli vede "lo Spirito di Dio scendere su di lui" e la voce dal cielo rivela la sua identità e la sua missione. La discesa dello Spirito e la voce dal cielo costituiscono Gesù come figlio di Dio; egli, compiendo pienamente la volontà del Padre, non solo la rivela ma la condivide anche con tutti gli uomini per la loro salvezza.
In conclusione al fiume Giordano, attraverso un gesto penitenziale, al quale Giovanni invitava gli israeliti per la conversione, Gesù manifesta la sua disponibilità totale a compiere pienamente la volontà del Padre per la salvezza degli uomini. Attraverso un segno umile e nascosto egli prende coscienza della sua identità e della sua missione.
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APOCALISSE
Sesta Lettura
Lettura
Col secondo capitolo iniziano le lettere mandate alle sette chiese. Gesù alla maniera di un capo di comunità da indicazioni concrete pe la vita della gente. Sono indicazioni pastorali. Le lettere hanno una forma letteraria identica. Esse però non fanno parte del genere epistolare classico.
Ap 2, 18-2718All'angelo della Chiesa che è a Tiàtira scrivi:"Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. 19Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. 20Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Gezabele, la donna che si dichiara profetessa e seduce i miei servi, insegnando a darsi alla prostituzione e a mangiare carni immolate agli idoli. 21Io le ho dato tempo per convertirsi, ma lei non vuole convertirsi dalla sua prostituzione. 22Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si convertiranno dalle opere che ha loro insegnato. 23Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere. 24A quegli altri poi di Tiàtira che non seguono questa dottrina e che non hanno conosciuto le profondità di Satana - come le chiamano -, a voi io dico: non vi imporrò un altro peso, 25ma quello che possedete tenetelo saldo fino a quando verrò. 26Al vincitore che custodisce sino alla fine le mie opere darò autorità sopra le nazioni: 27 le governerà con scettro di ferro, come vasi di argilla si frantumeranno, 28con la stessa autorità che ho ricevuto dal Padre mio; e a lui darò la stella del mattino. 29Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese".CommentoTiàtira (oggi Akhisar), a cui è indirizzata la quarta lettera, era il capoluogo della Lidia, una regione dell'Asia minore. Situata a 65 km a sud-est di Pergamo, nella fertile valle del fiume Licos, era un centro di comunicazione commerciale. Cristo si presenta alla Chiesa di quella città definendosi, per l'unica volta nell'Apocalisse, in modo diretto "Figlio di Dio" (cfr. sal 2,6-7 e Dn 10,6) ed inizia il suo discorso con una elencazione elogiativa delle virtù che ornano la comunità: amore, fede, operosità, servizio fraterno, perseveranza. Ma subito dopo egli punta il dito denunciando una "sedicente profetessa" che – come era accaduto per i Nicolaiti di Pergamo (2,14) – è raffigurata con una immagine presa dall'Antico Testamento. La era il mago Balaam, qui è Gezabele, la nota regina fenicia sposa del re d'Israele Acab, implacabile nemica del profeta Elia (cfr. 1Re 16,31 e 2Re 9,22), artefice della degenerazione del popolo ebraico verso i culti della fertilità, cioè verso quel peccato che Bibbia chiama "prostituzione idolatrica". In pratica proprio per l'analogia delle devianze religiose denunciate (prostituzione e mangiare carni immolate agli idoli, cioè il sincretismo religioso), presente anche a Tiàtira e che si concretizza nella eresia libertina dei Nicolaiti, guidati in questa città da una donna che si spacciava per profetessa. Si fa anche allusione ad una componente di questa dottrina, cioè la conoscenza delle "cosiddette profondità di Satana" (v. 24). È probabile che si faccia riferimento a formule magiche o a pratiche rituali esoteriche destinate a tenere sotto controllo gli spiriti maligni. Gezabele è quindi simbolo della religiosità confusa e inquinata dalla superstizione, ma costante nella storia dell'umanità, capace di attrarre, sedurre e invischiare molti ingenui. Come è evidente da queste lettere, le comunità cristiane delle origini erano tutt'altro che oasi di perfezione idealizzata. Anch'esse erano lacerate da divisioni e rispecchiavano la complessità della società pagana in cui erano immerse rimanendone spesso intaccate. La promessa finale riservata ai fedeli (si noti da questa lettera in poi l'inversione delle formule "annunzio dello Spirito per l'ascolto" e "promessa al vincitore") ha due elementi significativi. Prima di tutto al cristiano vengono applicati – sulla base della citazione del salmo 2,8-9 – i titoli regali messianici attribuiti a Gesù Cristo: essere sovrano e pastore dei popoli governandoli con scettro di ferro, cioè con rigore, spezzando le ribellioni come se fossero fragili vasi d'argilla. Il cristiano, unito al Signore, partecipa della sua gloria messianica e pasquale. L'altro elemento è la promessa di ricevere "la stella dell'alba". Il fedele diventerà luminoso come Cristo, che è definito in 22,16 "la stella radiosa del mattino". Anche il credente sarà avvolto nello splendore della luce eterna della gloria immortale.
Anche questa lettera deve farci molto riflettere perché potrebbe succedere anche a noi di essere travolti da usi e costumi contemporanei che non sono evangelici e vengono spacciati come buoni: il consumismo sfrenato che rende dipendenti, l'attivismo che diventa idolatria, l'egocentrismo che porta ad ignorare gli altri e a vivere pensando solo a noi stessi, le divisioni nella comunità a scapito della comunione, la troppa fiducia nei segni esteriori o nelle pratiche quasi magiche...
L'invito ai cristiani ad essere consapevoli della loro identità che nessuno potrà mai deturpare: figli di Dio. La partecipazione reale ed attuale alla gloria pasquale del risorto. Come Cristo anche i cristiani sono portatori di luce e di pace.
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APOCALISSE
Quinta Lettura
Lettura
Col secondo capitolo iniziano le lettere mandate alle sette chiese. Gesù alla maniera di un capo di comunità da indicazioni concrete pe la vita della gente. Sono indicazioni pastorali. Le lettere hanno una forma letteraria identica. Esse però non fanno parte del genere epistolare classico.
Ap 2, 12-1712All'angelo della Chiesa che è a Pèrgamo scrivi:"Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli. 13So che abiti dove Satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di Satana. 14Ma ho da rimproverarti alcune cose: presso di te hai seguaci della dottrina di Balaam, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d'Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla prostituzione. 15Così pure, tu hai di quelli che seguono la dottrina dei nicolaìti. 16Convèrtiti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca. 17Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi lo riceve".CommentoLa terza lettera è destinata alla Chiesa di Pergamo, cittadina a circa 100 Km a nord di Smirne e 10 Km dalla costa mediterranea. Questa bellissima città era la capitale del regno ellenistico governato dagli Attalidi . Essi avevano eretto una famosa biblioteca ed avevano introdotto l'uso della "pergamena", la pelle di pecora usata in alternativa del papiro egiziano. Era una città molto fiorente dal punto di vista religioso e la sua acropoli era letteralmente coperta da magnifici templi. In particolare il grande altare di Zeus (oggi conservato nel museo di Berlino) ed il grande santuario dedicato ad Asclepio, dio dei malati. Per prima la città di Pergamo introdusse il culto all'imperatore Augusto. Tutte queste ragioni sono forse la causa per cui si afferma che in quella città "satana ha il suo trono". La spada affilata a doppio taglio si collega con 1,16 ed è la sua Parola. Nonostante le molte tentazioni idolatriche i cristiani di Pergamo avevano testimoniato la loro fede pur in questo ambiente ostile. L'esempio fulgido è Antipa. Egli era un cristiano, forse Vescovo, che è stato ucciso a causa della sua fedeltà al Signore Gesù . Tuttavia un'erba maligna stava insinuandosi nella comunità. Era la dottrina dei Nicolaiti già incontrata nella lettera ad Efeso (2,6). Era una degenerazione religiosa comparata alla dottrina di "Balaam". Chi era Balaam? Era un mago convocato dal re di Moab, Balak, per maledire gli ebrei in marcia nel suo territorio diretti verso la terra Promessa (Numeri 22-24). Egli divenne causa di tentazione per Israele (Numeri 31, 15-26), spingendo ai culti idolatrici che ora l'autore dell'Apocalisse richiama per la chiesa di Pergamo come consumare le carni sacrificate agli idoli nei riti pagani e come prostituzione (Numeri 25, 1-3). La tentazione sempre presente è di mescolare il cristianesimo con manifestazioni dei culti pagani. Cristo entra in scena con la spada del suo giudizio per chi è infedele alla dottrina cristiana e con una promessa per chi è fedele. Ai giusti sono assicurati due doni. "La manna nascosta", cioè un nuovo cibo celeste come quello ricevuto da Israele nel deserto (Esodo 16), che può essere un rimando all'Eucaristia secondo l'immagine già usata da Gesù nel discorso nel discorso sul pane delle vita nella sinagoga di Cafarnao (Giovanni 6,31.49). C'è poi il dono della "pietruzza bianca", che può avere diversi significati. Potrebbe riferirsi al segna posto nei banchetti, o alle pietre preziose usate come gioiello e dono di nozze, o ai sassolini bianchi impiegati nelle sentenze per assoluzioni, o nelle votazioni. L'elemento fondamentale di questa pietruzza bianca è nel "nome nuovo" e segreto inciso su di essa. È il nome di Cristo risorto (cfr. 3,12 e 19,12) che rende i cristiani uniti a lui in una comunione di mutua appartenenza. Come il Sommo Sacerdote nell'Antico Testamento recava sul suo turbante una lamina d'oro con la scritta "Sacro al Signore" (Esodo 28,36-38), così il cristiano è consacrato sulla fronte come appartenente in pienezza a Cristo, ne porta il nome, ne condivide la vita.
Nella nostra vita ci sono momenti positivi in cui noi siamo fedeli al Signore e momenti di tentazioni in cui siamo portati ad allontanarci da Gesù e dal suo vangelo. Siamo invitati a discernere bene il nostro comportamento per non illuderci di essere cristiani ed invece stiamo seguendo altre divinità. Nel nostro cammino ci sono tre aiuti potenti che ci salano dal male: la Parola di Gesù che fa chiarezza nella nostra vita, l'Eucaristia che ci nutre e ci sostiene, l'unione inscindibile con Gesù.
- Quali sono i momenti positivi e le tentazioni più forti che viviamo?
- Ci alleniamo a discernere i nostri comportamenti?
- Il valore della Parola di Gesù e dell'Eucaristia lo viviamo?
- Siamo consapevoli che siamo uniti per sempre a Gesù?
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LETTURA COMMENTO VITA
UNITÀ PASTORALE MADONNA DELLA SALUTE
1 gennaio - Maria Madre di Dio
MARIA SERBAVA OGNI COSA NEL CUORENumeri 6, 22-27 . Salmo 66 . Galati 4, 4-7 . Luca 2, 16-21
LetturaIl brano della festa odierna ci riporta agli inizi del vangelo di san Luca e precisamente alla "manifestazione" di Gesù Cristo avvenuta a Betlemme. Del racconto, strutturato in tre quadri (la nascita di Gesù vv. 1-7, l'annuncio ai pastori vv. 8-14, la venuta dei pastori a Betlemme vv. 15-20), la liturgia ci presenta il terzo, con l'aggiunta della circoncisione di Gesù e l'imposizione del nome (v. 21).
Lc 2, 16-21I pastori 16andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.Commento.Il testo si apre narrando dei pastori che, dopo aver ricevuto l'annuncio della nascita di Gesù, vanno a verificare di persona quanto a loro è stato detto: "andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia". Dopo aver visto direttamente Gesù, riferiscono a tutti "ciò che del bambino era stato detto loro". Essi diventano così i primi testimoni ed evangelizzatori. Il testo sottolinea che quanti ascoltano i pastori rimangono stupiti del loro messaggio che suscita sicuramente reazioni di incredulità, di interesse, di curiosità. Anche Maria è presentata tra coloro che reagiscono al messaggio dei pastori. Ella infatti raccoglie tutto quanto avviene attorno al suo figlio; serba "tutte le cose meditandole nel suo cuore" cioè facendole diventare parte importante della sua vita. I pastori a questo punto partono e, tornando alle loro terre, "glorificano e lodano Dio per tutto quello che avevano udito e visto". Si ha poi il breve brano che racconta la circoncisione di Gesù, avvenuta dopo otto giorni dalla nascita, e l'imposizione del nome: "gli fu messo nome Gesù". È questo un nome che non viene dato dai genitori, ma da Dio stesso. Infatti così "era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre". Il nome dato al bambino indica il progetto di Dio sulla persona: "il Signore salva".
La nascita di Gesù a Betlemme é per l'incontro di Dio con gli uomini, di cui i pastori sono i rappresentanti significativi. Chi incrocia sulla sua strada Gesù Cristo, necessariamente diventa un evangelizzatore. Questa esperienza si qualifica soltanto quando, come Maria, tutto ciò che riguarda Gesù si conserva nel cuore e tutta la vita si orienta alla volontà di Dio Padre.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa solennità della Madre di Dio prolunga la contemplazione della realtà di Dio che si manifesta nell'umanità di Gesù. Il tema di Dio che salva collega le letture di questa solennità. Nella prima lettura, l'antica benedizione sacerdotale presenta un Dio che vuole stare con gli israeliti e donare loro la sua benedizione. Questa garantisce al popolo protezione, fecondità e pace. L'attenzione di Dio verso il suo popolo è resa anche con l'immagine del volto orientato agli israeliti. Il volto luminoso di Dio, che salva il suo popolo, coincide con quello del suo Figlio Gesù Cristo inviato nella pienezza dei tempi per dare libertà a tutti gli uomini. Chi accoglie Gesù come Maria sua madre, che meditava nel cuore ogni cosa, partecipa direttamente della salvezza. Anche Paolo nella Lettera ai Galati richiama la pienezza dei tempi in cui Dio si è manifestato all'umanità per la salvezza. Qui addirittura si afferma che l'intervento decisivo di Dio nella storia, tramite il suo figlio, rende tutti figli dello stesso Padre.
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